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Autore: _Syn    19/09/2011    8 recensioni
Claire centric
La domanda arriva secca, diretta, con un tono così naturale e quotidiano che Claire si ricorda di sussultare solo tre secondi dopo.
“Allora, chi c'è stato prima di quel bel figo di Quil?”
[...] Ha senso?
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Autrice: alexiel_fay / AlexielFay ; Fandom: Twilight ; Titolo: Claire non sa rispondere

Genere: Introspettivo, triste, romantico ; Rating: Verde ; Avvertimenti: One Shot, Future!Fic

Prompt: Jolly (Paura)

Link alla community: http://bingo-italia.livejournal.com/

Link alla tabella: http://alexiel-fay.livejournal.com/53516.html#cutid1

Note: a fine storia :)



Claire non sa rispondere

Nessuno. Chiunque.



La domanda arriva secca, diretta, con un tono così naturale e quotidiano che Claire si ricorda di sussultare solo tre secondi dopo.

“Allora, chi c'è stato prima di quel bel figo di Quil?”

Sarabeth ammicca verso l'amica e la prende sottobraccio, mentre escono da scuola e si dirigono al solito posto, il bar vicino la spiaggia, per riunirsi con gli altri. Claire le rivolge uno sguardo confuso, come se non avesse capito la domanda, e poi si volta e guarda davanti a sé, una ciocca di capelli intorno al dito. Quando è nervosa fa così, Quil glielo dice sempre. Poi, per farla rilassare, comincia anche lui ad attorcigliare i capelli di lei intorno alle dita, fino quando Claire scoppia a ridere.

Ripensa a questo e la domanda di Sarabeth ha ancora meno senso.

“Che... che vuoi dire?” domanda a sua volta.

Sarabeth ridacchia e le stringe il braccio con più energia.

“Ooh, non dirmi che si tratta di una vecchia vecchia cotta che lui ha scoperto di ricambiare molto tempo dopo? Che romantico!” trilla.

Claire tende le labbra per rispondere qualcosa, per dirle che ci ha quasi preso, ma è ancora presa alla sprovvista da quel discorso.

Prima di Quil. Vecchia cotta. Ha senso?

“Beata te, Claire, io sono così volubile. La settimana scorsa mi piaceva Timothy, oggi ho visto Theo e... be', l'hai visto?” dice Sarabeth, guardando il cielo con gli occhi che brillano di spensieratezza.

Claire vorrebbe risponderle che non ha neanche idea di chi sia questo Theo, che per lei sono tutti uguali e che vede solo Quil, ma poi, pensa, arriverebbe un'altra domanda a cui lei non potrebbe rispondere senza sembrare completamente fatta. In effetti, per lei è completamente normale, è solo il resto del mondo, meno qualche amico che sa, a non capire davvero.

Perciò fa l'amica, finge spensieratezza, e con la ciocca di capelli ancora intorno al dito ride insieme a Sarabeth e annuisce.

“Sì... fareste una bella coppia.”

Detesta farlo, ma lei non capisce davvero quello che Sarabeth sta dicendo. Timothy, Theo... Sono solo nomi e Claire proprio non capisce perché non ci sia un Quil anche per Sarabeth. Lei ha da sempre il suo Quil, la cosa più bella del mondo, e quello sguardo spensierato non lo rivolge al cielo, a ragazzi diversi o a un futuro vago. E' solo per Quil, è lo specchio dei suoi occhi. Claire ha lo sguardo fisso davanti a sé, verso un orizzonte finito che può raggiungere pronunciando solo il nome di lui. Sarabeth non ha orizzonti e le va così bene che Claire rabbrividisce.

Ha senso?

Sarabeth, intanto, fa un mezzo salto sul posto, mentre passeggiano in mezzo al resto della folla, e in quel momento sembra davvero felice, in un modo che Claire non comprende. Per lei è iniziato tutto così tanto tempo prima che ora, per quanto sia bello come se fosse appena iniziato, non sa come comportarsi davanti agli altri. Perché poi arrivano quelle domande.

“Dici davvero? Magari è insieme agli altri, proverò a parlargli.”

“Sì, sì... dovresti.”

Le guance di Sarabeth sono rosse per l'emozione. E' sempre sulle nuvole, la sua amica, e ha grandi speranze per se stessa. Le piace vivere, le piace cambiare idea ogni cinque secondi, le piace non farsi mancare neanche un'occasione. E' un uragano e le loro personalità non potrebbero essere più diverse.

Claire è molto più silenziosa, molto più “ho deciso ed è così”, molto più “è così ovvio, perché dovrei farmi queste domande?”.

Lo sa cosa è successo a lei a Quil, lo sa cos'è l'imprinting e sa che non succede a tutti. Ma la sua mente si è focalizzata su Quil quattordici anni prima, quando era solo una bambina, e il mondo si è illuminato di una luce azzurra, gialla, bianca.

E' con la domanda di Sarabeth che le rimbomba nella testa che Claire dice di non sentirsi bene - “Sì, sei impallidita tutto un colpo, stai bene? - che decide di lasciar perdere il bar, per quel giorno, e di andare a casa.

“Vuoi che ti accompagni?” chiede l'altra.

Claire scuote il capo e la tranquillizza con un sorriso.

“Non è niente, forse ieri ho studiato troppo.”

Sarabeth la guarda, disapprovando, e poi le schiocca un bacio sulla guancia.

“Stasera non fare gli straordinari sui libri, mi raccomando!”

Si sistema la borsa a tracolla e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo all'amica, Sarabeth sparisce in mezzo alla folla di studenti.



Ha due anni e Quil ne ha quindici, sedici, diciassette, e lei, secondo il mondo che non sa, è sempre e comunque troppo lontana. Ma lei questo non lo sa, non le importerebbe neanche.

Ha due anni e Quil non è un ragazzo, non è un bambino, non è un uomo, è solo Quil.

Ha due anni, poi tre, poi quattro e Quil la protegge, la porta sulle spalle e le raccoglie pietre colorate sulla spiaggia.

Ha due anni, poi tre, poi quattro, poi cinque e Quil non è né troppo lontano né troppo vicino. Solo dove deve essere.

Claire sussulta quando un gruppo di ragazzi, che ride, scherza e chiacchiera, la sorpassa lungo la strada. Uno di loro la guarda e lei non sente niente. Quel ragazzo non ha lineamenti, è come un manichino che cammina.

Ha paura, all'improvviso, e vuole solo rifugiarsi tra le braccia di Quil. Ha paura di quei manichini che a Sarabeth piacciono, che rincorre con gli occhi che brillano, con cui chiacchiera tranquilla.

Sono sempre stati così, tanti manichini che non significavano nulla di fronte a Quil. Non tutti, certo. Claire vuole bene a Sam, a Emily, a Jared e Kim, a Jacob e Leah, a Seth, a Embry, a Paul... Loro non fanno domande strane, loro hanno un ritmo che lei capisce e afferra. Loro hanno un volto. Ma il volto di Quil... è come se fosse modellato in quello di lei. Il suo respiro non finisce nell'aria, nel vento, ma nei suoi capelli, nelle sue labbra, le tiene aperti gli occhi e la tiene in vita.

Allora, chi c'è stato prima di quel bel figo di Quil?

Basta, basta! Claire stringe al petto la borsa e comincia a correre. Non vede i passanti, non sente le spalle urtarli, non vede niente, tranne la strada che la porta a casa di Quil. Tranne Quil.

Un singhiozzo, poi due, e la mente arretra lentamente, lungo gli anni che hanno passato insieme.

Due anni. Se lo ricorda, anche se è tutto vago. Più che un ricordo, è l'inizio di un filo che lei stringe tre le dita. Basta solo seguirlo e lì, all'inizio, c'è Quil.

C'è Quil che sorride e apre le braccia, lei che corre e rischia di inciampare; Quil che, più velocemente, scatta in avanti e l'afferra. Quil che si prende cura di lei.

Poi c'è Quil al suo compleanno – dieci anni – e Claire lo costringe a indossare una collana di fiori hawaiana per seguire il tema della festa. A lui non dà neanche fastidio e la sfoggia con orgoglio, balla una danza buffa con Embry, e lei si unisce, ridendo, tenendogli la mano per seguire il ritmo.

C'è Quil il giorno in cui ha iniziato il liceo, che la incoraggia e le dice che andrà tutto bene. C'è lei che si chiede perché è così strano lasciargli la mano per entrare in una classe piena di gente che non conosce. C'è lei che piange come se fosse un bambina al primo giorno di asilo, che si sente tradita e abbandonata dai genitori.

Ma no, oh no, lei non incolpa Quil. E' solo quel martellare nel petto che suona il nome di Quil in continuazione. Nei suoi confronti, prova le stesse cose, ma martella, martella, martella, come se non dovesse finire mai. E lo vuole accanto a lei, anche se sa che lui è là fuori e l'aspetta. E' sempre stato così, no? Perché ora le cose dovrebbero cambiare? Sente uno strappo quando si allontana da lui, continua a vedere la sua mano ondeggiare nel vuoto, la sua voce che le dice “ciao, a presto, sarò qui e aspetterò.” Lo sa, Claire lo sa, perché Quil non potrebbe sparire. Non è mai sparito, Quil è arrivato. Non è come il canarino che è fuggito dalla gabbietta che aveva nella sua stanzetta.


Il sentimento è quello, è lei che cambia sotto i suoi occhi, è Quil che comincia a guardarla da un'altezza diversa; prima non riusciva a guardargli oltre l'ombelico, ora che può sfiorargli il naso con la testa Claire si sente così vicina. Non sa cosa sia cambiato, perché lei gli vuole bene come al solito – è Quil, è la cosa più bella, è tutto quello di cui ha bisogno – ma ora gli arriva al naso e i suoi occhi sembrano più sorridenti.

Passa un altro anno e compie quindici anni.

Claire ha visto cosa fanno le ragazze delle sua età, le vede mano nella mano con i ragazzi, le vede farsi belle per loro, le vede mentre piangono per loro perché sono stata lasciate. E si sente male, stupita, sconvolta, all'idea che qualcosa del genere possa succedere.

Quil gliel'ha spiegato: loro sono diversi, non hanno la magia.

Non sono come noi.

E Claire lo guarda negli occhi, alla sua stessa altezza, in piedi su un gradino di casa. Se lo scendesse, arriverebbe di nuovo al naso, ma rimane lì. Lo guarda e lo stringe a sé, lo sente forte e concreto sotto le dita, il suo profumo è ovunque. Prima non ci faceva caso. Ora quel profumo è improvvisamente più importante e si aggiunge a quelle cose così importanti e indispensabili. E' importante perché le fa battere il cuore, le mette tante farfalle nello stomaco e non può che inspirarlo come se fosse aria pura.

Quella sera, Claire bacia Quil per la prima volta, come Emily bacia Sam, come Jared bacia Kim. Non come Sarabeth bacia Timothy o Theo o chiunque altro.

Claire bacia Quil sapendo che quel momento è solo la continuazione naturale di qualcosa di più grande, inciso nella pietra, disperso nel vento e nel profumo della primavera che li avvolge.

Claire bacia Quil e sorride sulle sue labbra. Lui fa lo stesso e sa che è giusto, che tutte le domande hanno già una risposta.

Che bisogno c'è di fare domande?



Ma esistono altre domande e Claire non sa come interpretarle. Ce ne sono tante, forse, e Sarabeth potrebbe continuare a farne ogni giorno. Lei sussulterebbe, andrebbe via, fingerebbe un malore e continuerebbe a chiedersi:

“Perché non so rispondere?” e avrebbe paura.

Se non ci fosse stato Quil – singhiozza un'altra volta – forse ne sarebbe stata capace. Ma quel pensiero non dovrebbe neanche nascere, perché Quil c'è da sempre, perché lei è quella che è grazie a lui.

Se lui non ci fosse stato...

Comincia a tremare mentre cerca di aprire la porta di casa, la chiave che non riesce a entrare nella serratura.

Se lui non ci fosse stato, lei sarebbe diversa. Ma Quil NON può non esistere. Né ora, né nel passato. E' come immaginare di afferrare la prima estremità e l'ultima dell'infinito. Non si può, perché non esistono estremità da afferrare.

Quil è l'infinito e lei...

Lei chi è?

L'infinito di Quil?


“Claire?”

Ignora la voce della madre e sale in fretta le scale per andare in camera. Non si accorge che è tornata a casa sua, che non è andata da Quil, che non saprebbe cosa dirgli.

Lei è l'infinito per Quil.

Ma per se stessa, Claire cos'è? La bambina che raccoglieva pietre con il suo fratello maggiore, la bambina che aspettava di uscire da scuola per mostrare i compiti a Quil e farsi spiegare quella regola di matematica, la ragazzina che piangeva di fronte al liceo perché lui non poteva entrare con lei. La ragazzina che capiva cos'era l'amore in quel modo, sapendo di averlo avuto dentro da sempre, in una forma diversa. Era stato tutto così traumatico, così tutto incentrato su Quil e su quei sentimenti impossibili da controllare, che Claire aveva smesso di guardarsi allo specchio.

Di farsi bella per lui, perché Quil la guardava sempre allo stesso modo. Adorante, come se guardasse la vita stessa negli occhi.

Anche adesso che quei pensieri le hanno violato la mente, però, Claire non può che stringere forte a sé il cuscino e sperare che sia Quil. Lo vuole con sé, vuole il suo respiro, vuole la sua compagnia per tutta la vita.

E piano piano si calma, la confusione scende mentre la mancanza di lui aumenta. Respira di nuovo, la sua pelle riprende colore, e la domanda di Sarabeth comincia a dissolversi. Lampeggia solo ogni tanto, ma Claire si dice che la risposta esatta è solo:

“Nessuno. Non c'è stato nessuno prima di Quil.”

Quil è la vita.

Perciò si alza dal letto, lascia il cuscino e prende il telefono. Compone il numero di Quil e aspetta di sentire la sua voce per ritrovare completamente il buon umore, per essere felice.



Chi saresti stata, Claire, se Quil non fosse mai arrivato?

Nessuno. Come tutti gli altri. Chiunque. Come tutti gli altri. E poi Claire, la risposta alla domanda più importante.

Ma la risposta sprofonda nel buio, ora imprigionato nella luce della voce di Quil. Lei non può rispondere.

“Qui casa Ateara, chi parla?”

Claire non sa rispondere.






Note finali: Io detesto profondamente l'imprinting. Detesto ancora di più il fatto che sia dovuto succedere a una bambina di due anni, che a quel punto non aveva più scelta E ho sempre pensato che per questo motivo per lei tutta la faccenda dell'imprinting sia stata più assoluta che per gli altri. Per questo, ripensandoci, ho provato a immaginare un momento di confusione per Claire, ed ecco il risultato.
Grazie per aver letto e per le eventuali recensioni. :D

Alexiel.






  
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