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Autore: MJ Mink    02/06/2006    5 recensioni
AU ambientata qualche mese dopo TESB.Dopo il duello di Bespin, Luke e Vader si incontrano nuovamente durante una conferenza di pace.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Luke Skywalker
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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DICHIARAZIONE DELL'AUTRICE: Naturally, this story is for fun, not profit, and none of the Star Wars characters and universe belong to me; they belong to their Maker.
This story was first published in I Don't Care What You Smell #3, 1997

DICHIARAZIONE DELLA TRADUTTRICE: Ho tradotto dall'inglese in italiano la seguente fanfiction e la pubblico dopo averne chiesto il permesso esplicito dell'autrice.

FANFICTION ORIGINALE: http://www.fanfiction.net/s/598750/1/Consequences

CONSEGUENZE

Luke si piegò in avanti sul sedile felpato e incrociò le braccia sulla ringhiera del soppalco. Appoggiò il mento sulle mani, mentre studiava la scena che si stava svolgendo sotto. Una strana sensazione lo distrasse e sollevò la testa.

Era La Mano. Sapeva che doveva pensarla come una parte di sé stesso - questo gli aveva detto il medico - ma come poteva quando la sentiva differente? La temperatura era esiguamente scorretta - abbastanza vicina per soddisfare il team medico, ma per lui era o troppo calda o troppo fredda. Proprio ora era abbastanza fredda da gelargli il mento e penetrare la sua distrazione. Appoggiò la mano vera sopra la protesi, sperando di scaldarla. Allora forse avrebbe potuto dimenticare che la sua sola esistenza lo faceva sentire perso e vulnerabile. Ma era un Jedi e si supponeva non alla mercè delle emozioni. Le emozioni erano pregiudizievoli per il controllo... sarebbe stato passivo come Yoda gli aveva insegnato.

Fece scorrere un'occhiata furtiva a Wedge e al resto della squadriglia per vedere se avessero notato, ma stavano guardando con noia ipnotizzata alla piattaforma rialzata della platea principale. Le rappresentative Alleata e Imperiale avevano appena incominciato a sfilare e nessuno di importante era ancora arrivato.

Luke si risedette contro il cuscino spesso . Nei giorni normali, l'auditorium era un grande teatro, tanto rinomato nella galassia quanto lo era qui su Ukio. Questa settimana, comunque, era la sede di una storica conferenza di pace - ma una pace offerta solo agli abitanti del Settore di Abrion. Perché, mentre la Guerra produceva molta prosperità tra queste persone e pianeti che producevano le miriadi di merci necessarie da entrambi gli schieramenti - armi, navi, vestiti, prefabbricati - le migliaia e migliaia di prodotti di cui gli eserciti avevano necessità per spostarsi e vivere e combattere, Ukio, più di ogni altro pianeta, produceva la maggior parte dell'unico componente che entrambi gli eserciti non potevano né evitare, né sostituire: cibo. Le ricche fattorie di Ukio e il grasso bestiame davano loro un potere assai più grande di quando ne avessero entrambe le fazioni in guerra. Adesso, in una disperata ricerca di salvare la loro neutralità - e la loro vita - avevano chiesto che il loro sistema fosse dichiarato zona neutrale. Privatamente, Luke pensava che l'atto del governo fosse pericoloso; eppure, entrambi l'Impero e la Ribellione implicitamente riconoscevano che dichiarare l'esclusivo possesso di Ukio sarebbe stato provocare un conflitto che poteva distruggere la sola fonte di cibo che entrambi cercavano di possedere.

Nella galassia, altri sistemi stavano dando voce alle proteste su questo summit - benché le ragioni fossero attentamente celate. Nessun pianeta voleva ammettere che il suo futuro economico dipendeva dalla macchina della guerra, eppure tutti i pianeti sembravano desiderare improvvisamente la neutralità - e la sicurezza.

Le sue riflessioni furono interrotte quando apparve una figura minuscola vestita in abito bianco. Luke osservò Leia muoversi con grazia sulla piattaforma. Una volta l'aveva osservata con più interesse; adesso, siccome era un Jedi e obbligato ad essere indifferente alla passione, dominava la sua attenzione inopportuna. Non che l'avrebbe mai potuta conquistare; lei era troppo vivace per lui. Han era più il suo tipo, rapido a replicare, desideroso di rimbrottare piuttosto che di idolatrare, impudente, bello, simpatico - tutte cose che Luke Skywalker non era.

Mothma seguì la figura più piccola, poi Rieekan. Madine entrò, procedendo baldanzosamente a lunghi passi e imprecando come l'intrattabile ufficiale testa di bantha che era. Nella sedia Luke si spostò, raggiungendo istintivamente la sua spada laser per risistemarla - ma non era lì. Poteva richiamarla da grande distanza? Se solo l'avesse richiamata quando era nel raggio del suo sguardo. Sarebbe ritornata a lui da Bespin, avrebbe coperto la distanza, attraversato le pareti che li separavano? Come avrebbe potuto? Avrebbe dovuto chiedere a Yoda. C'erano così tante cose che non avrebbe mai saputo. Ben era morto e aveva deluso Yoda. L'unico Jedi che avesse mai risposto alle sue suppliche mentali stava entrando dalla parte più fosca del palco. Il grande Signore Oscuro.

Vader sembrava più un'apparizione che un uomo, un demone venuto a ossessionare i sogni degli esseri inferiori. Nessun segno della sua umanità era rivelato dall'abbigliamento nero, nessuna traccia di carne era esposta.

Assolutamente nessuna debolezza.

Si rosicchiò il labbro inferiore, guardando attentamente. I passi erano lunghi e fermi, l'intera postura piena di autorità. Luke sapeva che non appariva così; non era nemmeno un pallido riflesso di suo padre. Lui parlava piano, la voce di Vader era ricca in comando; lui si mischiava anonimo tra la folla dell'auditorium; Vader catturava l'attenzione dei presenti e li teneva avvinti, rapiti con la soggezione o il disgusto. Il suo aspetto era poco attraente; Vader era una un mito che aveva preso vita, un dio vendicativo.

Luke Skywalker era troppo gentile ed era stato ammaestrato nell'arte della indifferenza alle passioni; Vader -

Vader aveva un cuore?

Padre. Eri tu nel canale della Morte Nera, non è vero? Lo avresti rimpianto, se mi avessi ucciso allora? Lo avresti saputo?

Aveva solo pensato quelle parole, ma Vader guardò in su, direttamente a lui. Luke sprofondò nella sua sedia un po' più lontano. I terrori di Bespin erano troppo vicini alla superficie: l'umiliazione del duello - adesso poteva capire come Vader l'avesse eluso - lo shock di essere stato battuto così facilmente, il dolore e lo sconcerto quando la sua mano era stata recisa al polso. E, oltre l'immaginabile, la rivelazione dell'identità di suo padre.

Era passato attraverso ogni emozione durante l'ultimo paio di mesi, la negazione le dominava tutte. Persino quando alla fine aveva creduto che Vader avesse detto la verità, ne aveva ancora negato le implicazioni. Solo ora, rivedendolo, poteva incominciare ad accettare. Poiché, alla fin fine, che cosa era Vader se non un uomo? Un uomo poteva generare un figlio. Qualcuno aveva generato lui - perché non quel uomo? Quel uomo non l'aveva cresciuto, né gli aveva dato insegnamenti. Veramente, cosa aveva di Vader? Non l'altezza, ovviamente, non la costituzione forte. Non c'erano altre caratteristiche visibili per fare paragoni. No, tutto ciò che aveva da Vader era il potere nella Forza.

La Forza. Lui controllava la Forza - o lo avrebbe fatto un giorno, persino se non era certo che L'avrebbe capita. Sarebbe stato un Jedi - come suo padre lo era stato... era ancora? Si poteva smettere di essere un Jedi? Suo padre manipolava la Forza, e sembrava che avesse poteri incredibili - Leia gli aveva detto come Vader avesse deflesso lo sparo di blaster di Han con la mano, poi avesse strappato via l'arma. Luke capiva la parte di prendere via l'arma - era circa ciò che lui poteva fare con la sua spada laser. Ma fermare un attacco - Guardò alle sue mani. Forse qualcuno poteva provarci, sparargli e vedere se La Mano poteva fermare il fuoco del blaster. Suo padre aveva una Mano come la sua?

Guardò giù al palco. I diplomatici, i militari e i politici erano seduti. Rieekan stava scolandosi un bicchiere d'acqua, e Luke si inumidì le labbra, improvvisamente assetato. Si appoggiò di nuovo in avanti, sistemandosi per vedere i verbali. Di fianco a lui, Wedge sospirò. Gli altri piloti si muovevano senza pausa. Luke girò la testa.

"Voi altri non dovete rimanere dopo la cerimonia di apertura".

"Rimarremo", disse Wedge testardamente, senza consultare gli altri.

Luke sorrise debolmente. Siccome lui voleva esserci, il resto della squadriglia si era offerto spontaneamente per far parte del piccolo pubblico di invitati ufficiali. Avevano stretto i ranghi dopo il ritorno di Luke senza la mano come se pensassero che il loro sostegno lo avrebbe aiutato. Ma cosa sarebbe successo del loro sostegno se avessero conosciuto la verità? Che era la progenie del loro nemico - del suo stesso nemico?

Il suo nemico l'aveva combattuto, ma suo padre l'aveva sconfitto. Suo padre aveva preso la sua mano. Presa senza un fremito di rimorso, senza una parola di dispiacere o di scusa. Aveva ascoltato il suo urlo... poi continuato a parlare come se il dolore di suo figlio fosse una questione insignificante.

Se le voci che aveva sentito a proposito della deturpazione di Vader erano vere, allora la perdita di una mano era roba da poco.

E se tutte le voci che aveva sentito sui poteri di Vader erano vere, perché il Signore Oscuro aveva bisogno del figlio? Era una pedina per le macchinazioni di Vader, un vantaggio? Luke chiuse gli occhi e immaginò il Signore Oscuro venti anni prima, generare di proposito un figlio da tener nascosto e riprenderlo solo quando il bambino era cresciuto e capace di assisterlo nello spodestare l'Imperatore. Si poteva pianificare così avanti?

Si poteva essere così privi di cuore?

Perché Ben non glielo aveva detto? Perché Yoda non l'aveva preparato? Perché l'avevano scagliato ciecamente contro al suo padre-nemico? Perché non avrebbero risposto alle sue implorazioni adesso? Si era fidato di loro, e loro lo avevano abbandonato - proprio come suo padre lo aveva abbandonato venti anni prima.

Un'ondata improvvisa di calore gli fluì in faccia. I suoi occhi si spalancarono mentre l'elmetto nero si inclinò di un infinitesimo nella sua direzione. Luke si raddrizzò mentre un ardore lo riempiva. Che cos'era? Veniva da suo padre, ma che cos'era? Cosa voleva dire, quale messaggio cercava di trasmettere?

"Stai bene?"

Girò velocemente la testa, prima di aver il tempo di nascondere lo sgomento sulla sua faccia. Wedge lo osservò. "Luke? Vuoi andartene?"

Sbatté gli occhi, cercando di ritrovare il fuoco dei suoi pensieri. "Io... no. No, sto bene"

Wedge guardò al palco, i suoi lineamenti si indurirono. "Lo odi tanto quanto me. Ha ucciso entrambe le nostre famiglie e adesso - " Esitò e lanciò un'occhiata a La Mano. "Guarda cosa ti ha fatto. Mi piacerebbe ucciderlo con le mie - " Wedge si morsicò il labbro. "Scusa."

Luke si girò dall'altra parte. La pietà gli dava delle strane sensazioni. Leia lo compativa, e perciò stava con lui, per seccarlo e consolarlo, mentre i suoi occhi tristi desideravano ardentemente Han. E i suoi piloti, erano qui per pietà, non era così? Fece un aspro sospiro. "Non odio Vader", disse e fu sorpreso dalla debolezza nella sua voce.

In un istante, una mezza dozzina di paia d'occhi si focalizzarono su di lui. La mascella di Wedge si strinse. "Allora sei matto", dichiarò. "Ne hai tutte le ragioni - come puoi non odiarlo?"

"Non me lo posso permettere", sussurrò in maniera oscura, sapendo che nessun altro poteva capire le risposte molteplici insite in quelle poche parole. Un Jedi era in pace, passivo; ma per lui era impossibile essere passivo e pacifico con quelle emozioni selvagge che gli si agitavano nel petto. Un Jedi non ha diritto di provare sentimenti, perché tutte le passioni, provenissero dall'odio o dall'amore, erano pericolose. Non poteva cadere a causa del richiamo della rabbia o la brama ardente delle parole di un padre. Improvvisamente l'universo era composto di sentimenti che non osava provare. Un Jedi non prova passione, né rabbia, nessuna emozione; un Jedi era in pace e passivo, in controllo come lo era Ben. Abbastanza facile vivere di quei comandamenti. Tutto ciò che doveva fare era smettere di provare sentimenti - o seppellirli così profondamente che nessuno li avrebbe mai trovati.

Un Jedi non mostrava sentimenti, un Jedi non aveva sentimenti; lo ripeteva silenziosamente, un mantra da tenere stretto al suo cuore. Non come Vader che trasmetteva rabbia e potere, trionfo e odio. Vader provava così tanto - troppo. Erano quei sentimenti che avevano portato alla sua caduta? Troppa passione, troppa preoccupazione, reagire troppo velocemente con troppo? Luke era quasi caduto lui stesso. Era diventato furibondo a Bespin - e quando era diventato furibondo, aveva colpito Vader alla cieca e, indietro, aveva avuto la mano recisa. Una lezione imparata molto velocemente: la rabbia porta distruzione. Le emozioni causano devastazione. Guardò giù a La Mano e strinse le dita.

"Non te lo puoi permettere?"

Si rigirò verso Wedge. Gli occhi scuri erano fieri, e stizza, non comprensione, era riflessa nelle loro profondità. Non voleva che Wedge lo guardasse in quel modo. "Se lo odio", disse lentamente, alzando la sua voce appena sopra un sussurro, "mi consumerà. La rabbia porterebbe...un Jedi non può essere arrabbiato". Era quella la chiave? I sentimenti di un Jedi erano così intensi che potevano distruggere la sua bontà così velocemente come un fuoco divorante inghiottiva il legno secco? I sentimenti di un Jedi erano così avviluppati nella Forza che non gli si poteva permettere di essere espressi? O persino di esistere?

"Jedi". La testa ebano si scosse. "Lascia perdere, Luke. Lascia perdere questa faccenda dei Jedi prima che ti uccida. Sai quanto sei cambiato in questo ultimo paio di mesi? Perché vuoi essere qualcosa che ti porterà solo sofferenza? Guarda a Vader - la gente dice che era un Jedi!"

Sorrise debolmente. "Esattamente"

Wedge lo guardò, i pensieri correvano attraverso la sua sua testa chiaramente riflessi sulla faccia. "Stai dicendo che pensi di poterti trasformare in qualcuno come Vader? Questo è folle, Luke!"

"Forse. Ma non posso prendermi il rischio". Il suo sguardo guizzò agli altri piloti, poi piegò la testa verso Wedge, desideroso di confidarsi solo con lui. "Se accadesse, se diventassi come lui, non ci sarebbe via di ritorno. Sarei intrappolato come lo è lui"

Wedge si tirò indietro. "Luke... hai parlato di questo con il medico? Forse dovresti. Forse è solo una reazione per..." Indicò con la testa La Mano, senza indugiare lo sguardo.

Come se avesse potuto spiegare a qualcuno la vera ragione dietro le sue preoccupazioni: la paura, pienamente fondata, che avrebbe potuto imitare suo padre. Troppa rabbia in lui, aveva detto Yoda, proprio come in suo padre.

...proprio come in tuo padre.

Luke scosse la testa, salvato dalla replica successiva dalla campanella che segnalava l'apertura del summit. Avrebbe avuto la vita intera, corta o lunga che potesse essere, per considerare questa minaccia. Per il momento, poteva osservare suo padre in segreto. E farsi domande.

Perché c'era una altro pensiero che lo tormentava, anche se a mala appena osava rifletterci.

C'era una via di ritorno?


***


Luke si lasciò cadere nella sua solita sedia in prima fila sulla balconata e sorrise a Wedge. Il Corelliano era l'unico a essere rimasto con lui in questa sua assurda osservazione del padre, benché se Wedge avesse saputo la verità...

"Perché vieni a tutte le sessioni?" chiese curiosamente. Lo avrebbe dovuto chiedere il primo giorno, invece di presumere che Wedge fosse lì solo come suo amico.

Lo sguardo scuro non si spostò dal palco. "E' storia. Voglio vederla, esserne parte". Wedge lo guardò accortamente. "E voglio vedere lui."

"Oh". Luke volse la faccia in avanti. Erano lì per vedere lo stesso uomo, ma per ragioni molto differenti. Eppure... Vader aveva rubato entrambi i loro padri. "Ho perso qualcosa?"

"Soprattutto le minacce e la retorica di Vader". Wedge incrociò le braccia e si accigliò. "Mothma si è detta d'accordo con lui - tatticamente. Gli Ukiani non hanno cambiato la loro posizione. Penso che questa sarà una sessione corta."

Luke si muoveva senza posa, deluso di aver perso il discorso di suo padre. Si era aggrappato ad ogni parola che Vader aveva proferito in queste assemblee, cercando un indizio dell'uomo dietro la maschera.

Guardò Leia. Come poteva sopportare di sprecare tempo, negoziando sempre gli stessi punti, quando sapeva che stava pensando di salvare Han? Avevano parlato dei piani possibili a lungo e parecchie sere aveva lasciato le stanze di lei sentendosi arrabbiato, sconvolto e triste.

Ma un Jedi non poteva avere quelle emozioni. Non doveva indugiare così sulla perdita di Han. Le sue emozioni minacciavano il suo controllo su sé stesso e sulla Forza.

Imparare a conoscere la Forza richiedeva controllo. Era un adulto, poteva controllare i suoi sentimenti, non lasciarli liberi di scorazzare attraverso la sua vita, distruggendo tutto ciò che toccavano. Un Jedi era in controllo totale. Totale. Guardate a suo padre. Vader era in controllo. Persino i movimenti del suo corpo erano controllati. Vader non faceva mai un movimento sgraziato o un gesto inutile. Non sprecava mai una parola su un argomento inutile, non si placava mai, non si rammolliva mai, non diceva mai qualcosa che non intendeva dire. Questo controllo totale era ammirabile.

Perciò perché Vader era Oscuro? Se aveva questo controllo, cosa era successo? L'Oscurità non era la lusinga malvagia contro cui era stato messo in guardia? Era piuttosto la passione ad essere stata la caduta di Vader?

Pochi secondi dopo, il pensiero affondò nel suo cervello, e cadde indietro nella sedia come se fosse stato schiaffeggiato. Come poteva pensarlo? Da dove veniva quel pensiero? Era suo, era già contaminato dalla sua eredità? O Vader glielo aveva spedito in testa senza che lo sapesse?

Delle dita si piantarono nel suo braccio. "Cosa c'è che che non va? Luke, che cos'è?"

"Sono solo stanco"

"Bene", Wedge disse seccamente e lo lasciò andare.

Sapeva che gli altri piloti si risentivano per la sua... freddezza, la chiamavano. Li aveva sentiti di nascosto parlare di lui in caserma. Scostante, distaccato, distante, freddo, remoto - usavano tutti i luoghi comuni. Presuntuoso era un altro. Pensa di essere un grande eroe. Se ci fosse stato Han qui, gliela avrebbe raccontata... La perdita di Han aveva fatto un altro grande buco nel suo petto che non poteva essere riempito. Han si era preso cura di lui, guidato attraverso il labirinto della gente, insegnato come parlare e andarci d'accordo, ascoltato le sue lamentele e le sue insicurezze, lo aveva rassicurato. Adesso non aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lui, ma ancora aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, soprattutto di suo padre. E solo con Han lo avrebbe fatto.

Era completamente solo. O la solitudine era una passione? Non si doveva nemmeno sentire solo? C'era qualcosa che poteva provare, qualcosa che non fosse proibito dal codice Jedi? Suo padre era capace di provare qualsiasi emozione a parte la rabbia? Sapeva che non avrebbe dovuto chiamare, ma la vocina dentro di lui rifiutava di starsene buona. Padre, domandò con esitazione. Padre?

Lontano più in basso, Vader non diede segno fisico che avesse udito. Luke si piegò in avanti e mise le braccia sulla ringhiera, irragionevolmente deluso. Non ci sarebbe mai stato nessuno che -

Il calore del primo giorno ritornò, inondando l'interno del suo corpo. Le sue dita di piegarono attorno al metallo, ma rimase fermo. Quello era suo padre? Ma ciò che aveva sentito era buono - più che buono. Non era oscuro o malvagio o vile o disgustoso. Era una carezza, il tocco gentile di un'altra mente. Qualcuno sussurrò senza parole che i suoi pensieri violenti stavano dando gli incubi a tutti i sensibili alla Forza nel raggio di tre anni luce.

Sorrise involontariamente. Vader capiva!

O era la sua stessa mente che gli dava le risposte di cui aveva bisogno?

Lo scetticismo ha il suo tempo e il suo spazio, ragazzo. Ma questo non è il posto per nessuno dei due.

Una risata di sorpresa fu quasi vicina ad irrompere dalla sua gola; ma la soffocò. Sorrise vivacemente e nascose la faccia tra le braccia così che nessuno vedesse. Non era solo. Suo padre era qui. Suo padre - il navigatore, il Jedi, Il Signore Oscuro - chiunque egli fosse, era qui!


***


L'invito lo sorprese. Era stato recapitato verbalmente dal Maggiore Dorland in caserma e gli altri piloti avevano reagito in maniera bizzarra. Un paio di loro lo avevano canzonato, ma il resto era rimasto stranamente disinteressato ed era ritornato a pulire gli stivali o registrare i messaggi da spedire a casa. Solo Wedge si era attardato.

"Il banchetto di chiusura, huh? E non sei nemmeno un delegato. Cosa hai fatto per meritarlo?"

Luke alzò La Mano. "Ho barattato questa per un invito dai piani alti"

Wedge inghiottì, poi rise in maniera imbarazzata. "Sì, beh... Assicurati di mangiare il valore dei tuoi soldi". Il colore era affluito velocemente sulla sua faccia, e si era affrettato ad andarsene, urtando lo stinco su una branda e non fermandosi che per lanciare una singola imprecazione.

Cena con i partecipanti alla conferenza. Si chiese se Vader avesse la temerarietà di chiedere che fosse invitato. Oh, a proposito, mio figlio può venire a cena? Luke aprì il cassettone sotto il suo letto. Non aveva mai indossato l'uniforme Jedi che aveva fatto fare sulla base della descrizione di Yoda. Stasera era giunto il momento di mostrare il suo nuovo status.

A differenza dei vestiti larghi di un maestro, il guerriero Jedi vestiva un'uniforme liscia formata da pantaloni e da una giubba di tipo militare. Nera come l'armatura di Vader, i vestiti gli stavano aderenti come la pelle. Si spogliò e si fece la doccia, poi scivolò i pantaloni sopra le gambe. La stoffa era forte ma flessibile, si muoveva con lui, senza impacciarlo. La pettorina della giubba si abbottonava al collo, i polsini erano confortevoli sulla pelle. Desiderò che la spada laser fosse al suo fianco. Era il simbolo di ciò che sperava di essere. Ciò che l'Alleanza aveva bisogno che lui fosse. Si sentiva perso senza di essa. Ma persino senza spada, l'uniforme lo proclamava un Jedi. Suo padre l'avrebbe visto. Forse suo padre avrebbe rispettato l'uniforme, se non il figlio.

Un momento mondano precedeva la cena. Le delegazioni Imperiale ed Alleata, i dignitari della città ospitante, qualche militare - e lui, che si sentiva un po' più che fuori posto. Voleva stare vicino a Leia, ma ciò avrebbe potuto essere percepito come una debolezza. Pensavano che fosse un Jedi; doveva agire come tale. Accettò un drink che era di un bizzarra sfumatura rosso-porpora. La sorseggiò e immediatamente sentì l'acredine dell'alcol sulla lingua. Gli bruciò la gola, gli diede qualcosa su cui concentrarsi. L'alcol abbassava le sue inibizioni, perciò doveva essere cauto - no, doveva essere controllato. Gironzolò tra gli estranei, occasionalmente annuendo quando incontrava uno sguardo curioso, più spesso facendo finta che stava avvicinandosi ad un amico che aspettava sulla parte opposta della larga sala. Girava intorno a Leia, sperando di attirare la sua attenzione - se lei lo avesse chiamato, sarebbe stato accettabile parlarle. Ma quando lei lo notò, semplicemente annuì, sorrise sottilmente, e ritornò alla sua conversazione con un uomo canuto.

Lord Vader era vistoso per la sua assenza.

Luke considerò di scivolare fuori dalla doppia porta fino alla cena. Nessuno avrebbe sentito la sua mancanza. Forse un momento per schiarirsi le idee nella fresca aria di campagna, un attimo di pace nel giardino che aveva ammirato da lontano -

Sulla porta, si fermò all'improvviso e guardò dentro la maschera di Darth Vader. Il fiato gli si affrettò affannoso.

La stanza tacque e il silenzio non era nella sua immaginazione. Era per questo che era stato invitato? Era una sensazione dolorosa nel petto. Un'idea di Leia - di Mothma - di Madine? Volevano un altro confronto, una seconda possibilità per il loro nuovo campione?

Sta' tranquillo, giovanotto. Questi mortali non ti possono toccare.

Lo fissò, cercando qualche segno di espressione nella maschera lucida. Non aveva avuto l'opportunità di esaminarla così vicino a Cloud City. Aveva una dura bellezza fredda. L'elmetto era ben levigato, nessun graffio o ammaccatura rovinava la sua superficie pura. E la maschera aveva la caricatura di un naso, un buffo bottone lucido che era tentato di premere. Le protezioni degli occhi erano riflettenti; poteva vedervi la sua faccia, due piccole sfere smorte. Un'apertura triangolare formava la bocca - era un ricambio di aria miniaturizzato? Sotto c'era un vocalizzatore - li aveva visti abbastanza spesso sulle protezioni di supporto vitale. Suo padre non poteva respirare alcun tipo di atmosfera per niente? Era condannato a vivere per sempre sotto una protezione di duracciaio? O era tutto un macabro costume destinato a terrorizzare la gente comune?

Se era così, lui faceva parte della gente comune, perché lo spaventava a morte.

Ma nessuno avrebbe visto la paura sulla sua faccia.

"Jedi Skywalker". Una voce profonda uscì dal vocalizzatore, e si trovò a fissare il piccolo apparecchio, scosso dal titolo datogli.

Forzò i suoi occhi in su. "Lord Vader", salutò. La stanza si stava avvicinando a loro - o meglio, la gente. Luke si morse il labbro e raccolse le sue riserve. Sicuramente gli erano rimaste delle riserve di forza, non era vero? O le aveva usate tutte immediatamente dopo Bespin, cercando di tenere insieme i pezzi infranti del suo Io?

"Ah. Vedo che la tua mano è stata sostituita"

Guardò con stupore mentre La Mano veniva afferrata al polso e alzata in aria. Vader la studiò. La rigirò all'insù, tirò in su la manica aderente, e aprì il panello di accesso.

"Cosa stai facendo?" domandò Luke, diviso tra il ribrezzo e il desiderio al contatto con suo padre.

Le nuove dita vennero piegate avanti e indietro. Si sottrasse ai suoni schioccanti - sicuramente tutti nella stanza potevano udirli! - e alla vista dell'hardware che controllava i suoi movimenti.

"Non equivalente allo standard imperiale delle protesi", Vader commentò rudemente. "Vieni con me, e mi assicurerò che tu riceva il miglior ricambio possibile. Non sarai capace di distinguere la differenza tra la replica e la tua vera mano".

Con uno strattone liberò il polso e chiuse lo sportello del compartimento. Scivolò la manica nera al suo posto, tirando il polsino. La faccia bruciava all'umiliazione della sua fragilità esposta agli occhi curiosi degli estranei.

"Una povera imitazione della tecnologia dei cloni. Persino i sensori della temperatura sono inadeguati. Sicuramente devi ricevere dei feedback sotto lo standard"

Non sapeva cosa Vader intendesse dire, ma sapeva che qualcosa era sbagliato con La Mano e annuì in immediato accordo.

"Non preferiresti un dispositivo a regola d'arte?"

Era una sfida. Luke sospettava che Vader e tutti quanti si aspettassero che lui avrebbe detto di no e che avrebbe dichiarato la sua preferenza per l'inferiore tecnologia ribelle. Beh, li avrebbe confusi tutti e avrebbe detto la verità. "Sì, che preferirei", dichiarò chiaramente.

"Allora vieni con me", Vader rispose immediatamente.

"Lord Vader, vi auguro una buona serata"

Luke si rilassò. Mon Mothma, si fece avanti maestosamente come l'Imperatrice madre, piena di grazia e ingannevole buona volontà, salvandolo dal pericolo di quello che la sua logorata compostezza potesse palesare.

"Mothma". Vader si inchinò sopra la sua mano, un gesto elegante che provava come non fosse estraneo al protocollo di corte. "E' stato un piacere arrivare a questo summit e trovarvi affascinante come sempre"

"Grazie". Ritirò la sua mano, non sorridendo, e si girò verso Luke. "Buona sera, Comandante Skywalker"

"Signora". Inclinò la testa, sentendo che il suo saluto era in tutto elegante come quello di suo padre, anche se considerevolmente più moderato. "Grazie per avermi esteso un invito"

"E' stato un suggerimento di Lord Vader. Ha espresso il desiderio di incontrarvi in una... situazione non combattiva"

Ciò significava che la sua mano sinistra era al sicuro, suppose. Involontariamente, i suoi occhi scivolarono al fianco di Vader. Sì, pensò di vedere la sagoma di una spada laser sotto quel mantello pesante. Tornò a focalizzare la sua attenzione sulle parole del Signore Oscuro.

"- e speravo", Vader stava dicendo, "di convincere il Jedi Skywalker dell'opportunità di permettermi di continuare il suo addestramento Jedi. Incresciosamente, ha ritenuto opportuno declinare la mia offerta nell'ultimo nostro incontro"

Lo sguardo snervante di Mothma si fermò su Luke.

"Dovrò trovare tempo di rileggere il vostro rapporto, Comandante, riguardo al vostro confronto con Lord Vader a Cloud City. Non ricordo che questa offerta fosse descritta".

"Sono sicuro che questo particolare minore è sfuggito durante il dolore e la confusione del Jedi Skywalker", Vader disse tranquillamente. "Ecco perché sto ripetendo la mia offerta. E devo anche dire, Mothma, che il vostro trattamento del Jedi Skywalker mi addolora. Così tanto che questa era una delle mie principali ragioni per presenziare questo summit"

Sembrò come se tutti nella stanza avessero inalato lo stesso profondo respiro. Luke era sorpreso che lì ci fosse ancora dell'ossigeno. Il tono di Vader era stato di duracciaio rivestito di velluto, calcolato e freddo. Ma c'era qualcosa sotto la sfida -

L'espressione di Mothma divenne fissa, un segno certo che fosse agitata. "Quale trattamento sarebbe, Lord Vader? E perché vi causerebbe preoccupazione?"

"Osservate". Vader fece alcuni passi e un gesto al pubblico assorto. "Vedete un altro Jedi? Sfortunatamente" - qui la sua voce si addolcì - "Skywalker è l'ultimo rimasto, tranne me stesso. Eppure voi rischiate la sua vita in missioni insignificanti. Lo trattate come trattereste un soldato comune. Sembra che voi crediate che non sia niente più che un pilota, che il suo arrivo nella vostra ribellione al tempo giusto sia semplice fortuna. Voi, signora, potete declamare la vostra devozione alla Forza, ma non siete una Credente. Se lo foste, capireste chi sia il Jedi Skywalker, e lo trattereste di conseguenza. Non rischiereste l'Equilibrio mandandolo ad affrontare una potenziale morte per un principio di armonia. Per reazione alla vostra negligenza, mi trovo a prendere interesse personale nel suo benessere"

Luke ascoltava in stupore. Vader stava dicendo - ? Suo padre. Suo padre stava esprimendo ansia per il suo benessere. Suo padre non voleva che morisse, non importava che fossero su fronti opposti. Suo padre non aveva saputo l'identità del pilota che aveva cercato di uccidere nel canale della Morte Nera. Suo padre l'aveva mutilato piuttosto che ucciderlo a Bespin. E adesso - questo era più che volere che si unisse a lui nel governo della galassia, questo era affetto.

Ma come poteva essere? Vader era Oscurità, un Jedi rinnegato che aveva infranto le regole. Vader provava passione. Le passioni erano sbagliate. Se Vader provava affetto per suo figlio, allora era passione ed era sbagliata. L'affetto era sbagliato.

Ma come poteva essere? Stava percorrendo un circolo vizioso e non c'era via di fuga. C'era amore dove non ce ne sarebbe dovuto essere. C'era una passione che non era pericolosa. C'era la nascita di interesse in uno che aveva abbandonato la sua famiglia, i suoi amici, e i suoi voti.

C'era una via di ritorno.

C'era una via di ritorno! Si ripeté la rivelazione diverse volte. Suo padre, il suo vero padre, era ancora lì sotto la maschera che Palpatine gli aveva dato. Un cuore vero batteva ancora, una vera anima ancora gridava di proteggere suo figlio.

Non poteva credere a niente di meno.

"Sono toccato da questa preoccupazione", Luke disse gentilmente con sincerità totale.

Sia Mothma, sia Vader si girarono e trasalirono come se si fossero dimenticati della sua presenza.

"Non è preoccupazione, è praticità", dichiarò Vader, negando inspiegabilmente le sue parole di un momento prima. "Unisciti a me. Completerò il tuo addestramento"

Praticità? L'Imperatore supporta questa tua idea di blandirmi - o sospetta i tuoi piani di tradimento?

Vader rise. Amplificato dal vocalizzatore, era un suono terrorizzante. "Naturalmente", disse a Mothma, "Jedi Skywalker è un giovanotto insolente. Forse posso capire il vostro desiderio di esserne liberata".

"Non provo questo desiderio". Gli occhi di Mothma si illuminarono in una rara espressione di noia. "Il comandante Skywalker è altrettanto prezioso come ogni membro dell'Alleanza. Noi non innalziamo nessun singolo individuo sopra gli altri. Siamo un esercito di compagni, non una monarchia che sacrifica i membri della sua popolazione in flagranti dimostrazioni di terrore"

"La vostra retorica è sprecata con me, Mothma", disse Vader con noncuranza, "e sospetto che anche il Jedi Skywalker veda troppo chiaramente per credere alle vostra pia indignazione e alla vostra dichiarazione di totale equità. Il ristretto gruppo che avete portato a questo ricevimento prova che la vostra Ribellione è elitaria quanto la Corte Imperiale. Il vostro disagio a includere il Jedi Skwalker rinforza il vostro atteggiamento".

"Voi non avete qualifiche per discutere di eguaglianza, Lord Vader", Mothma disse brevemente, "con o senza il Consiglio dell'Alleanza".

"Vedi?", Vader disse a Luke con divertimento nella sua voce. "La difesa della democrazia e dell'eguaglianza è stata ridotta dalle intere forze ribelli al Consiglio dell'Alleanza. Nelle sue stesse parole, la signora ristabilisce i suoi credi discriminatori"

Luke soffocò un sospiro. Era infantile, ma gli era piaciuta di più la discussione quando stavano parlando di lui. E da quando precisamente Vader si era mosso per star di fianco a lui? O - c'era un sentimento che stava affondando nel suo stomaco - lui stesso si era mosso per stare di fianco a Vader? Adesso Mothma era all'opposto rispetto a loro. Sapeva ben poco dei movimenti del corpo e dei messaggi inconsci che mandavano, ma sapeva abbastanza da capire che si stava visibilmente allineando con suo padre. Fece un piccolo passo di lato per accomodarsi in una posizione più neutrale.

La mano di Vader balzò fuori. Dita rivestite di cuoio afferrarono il suo mento e costrinsero la sua testa ad alzarsi. Luke guardò la maschera con sfida.

"Hai gli occhi di tuo padre, ragazzo"

Oh, ma questo era scortese per entrambi. A Vader erano rimasti gli occhi? Qualcuno li aveva visti nei decenni? Socchiudendo gli occhi, si sforzò di vedere attraverso le schermature tinte.

"Mi fa piacere saperlo, anche se spero di avere di più di mio padre che il semplice colore degli occhi"

Le dita si strinsero. "Davvero? E cos'altro vorresti avere, giovane Skywalker?"

"Spero di aver ereditato la bontà essenziale del suo cuore", disse gentilmente. Anche se non poteva sorridere a Vader, non di fronte a quella stanza piena di guerrieri, permise alla compassione di ardere nel suo sguardo serio.

Le dita rilasciarono la sua faccia. "Bah. Altre stupidaggini Jedi senza senso. Quando sei pronto per prendere seriamente la tua eredità nella Forza, chiamami. Ti sentirò"

Con un cenno secco a Mothma, Vader li lasciò per raggiungere le rappresentative Imperiali. Mothma diede a Luke uno sguardo penetrante.

"Uno scambio interessante, Comandante"

"Signora", replicò in maniera neutrale.

Crix Madine li raggiunse mentre la tensione nella stanza si rilassava e le conversazioni resuscitavano. "Più che interessante", disse a voce bassa. "Cosa significa tutto ciò, Skywalker?"

Qualcosa nel contegno di Madine lo irritava sempre. O quella era una reazione troppo forte? "Come avete sentito, Generale". Stava diventando in gamba in questo tipo di conversazione blando e lesinato. Gli dava una sensazione esaltante, tutto ciò. Quella sera, proprio in quel momento, si sentì completo, sentì che aveva trovato il suo posto.

Al mio fianco.

Non diede indicazione di aver sentito il commento di Vader. Concentrandosi fieramente, alzò le sue barriere mentali; poi, dopo una riflessione, le abbassò di nuovo. Non stava pensando niente che suo padre potesse usare contro di lui, e una dimostrazione di fiducia poteva solo incoraggiare la bontà persistente. Ma cosa stava pensando Vader? Perché Luke non poteva sentire i pensieri di suo padre? Aveva solo bisogno di più allenamento - o curiosare nella mente degli altri era un talento del Lato Oscuro?

Disperava di trovare mai delle risposte.

"Comandante?"

Luke sbatté gli occhi. Madine si stava accigliando. "Signore?"

"Ti ho chiesto cosa voleva dire Vader quando ti ha avvisato di 'chiamarlo'."

Guardò Madine in modo assente. Vader l'aveva chiaramente incastrato con quello. Era proprio sul punto di riflettere sul fatto che suo padre non l'aveva tradito, quando aveva trovato questa trappola. Una cosa che un Jedi poteva fare era mentire, e poteva probabilmente pensare ad una bugia appropriata per rispondere a Madine. Ma a quale scopo? "Siamo entrambi Jedi. A volte possiamo comunicare su basi mentali"

"Stregoneria. Era stregoneria una volta ed è stregoneria adesso", Madine mormorò in modo criptico. "Io non mi fido dei Jedi, Comandante. Farai meglio a ricordarti che ti sto guardando"

"Non vi ho dato ragione di non fidarvi di me, signore"

"Se ci credi, hai la memoria corta". Gli occhi grigi si fissarono su di lui. "Sei stato assente senza autorizzazione per mesi dopo la ritirata di Hoth. Poi senza vergogna ti dichiari discepolo della stregoneria. Questi due fatti da soli sono quasi un tradimento. Un giorno persuaderò Mothma e il Consiglio ad agire secondo le mie raccomandazioni". Il generale fece un cenno verso Mothma e se ne andò via impettito.

Mothma non rispose alle osservazioni di Madine, ma onorò Luke appena di un accenno di sorriso a labbra strette. "Comandante. Parleremo più tardi"

La guardò sorpassare la breve coda degli ospiti che aspettavano presso la porta doppia che dava accesso alla vasta hall illuminata. Luke raggiunse la coda dove la gente stava dando il proprio nome. Sbirciando oltre, poteva vedere tavoli dopo tavoli, tutti apparecchiati con tovaglie argentate e attrezzate con posate luccicanti e limpide. Sperò che si sarebbe seduto vicino a qualcuno che gli avrebbe mostrato come usare tutti quegli utensili. O non ci si aspettava che un contadino Jedi fosse socialmente competente?

"Skywalker", disse quando fu il suo turno di fronte al droide protocollare.

"Tavolo quattro", disse prontamente, "prima fila sulla sinistra, seconda dall'uscita più distante".

Ebbe un assurdo desiderio fugace che suonasse come 3PO, pignolo e pieno di preoccupazione per lui. Il suo momento di solitudine consapevole svanì quando, con un vortice di nero, Lord Vader fu su di lui come un fulmine improvviso. "Vieni con me", comandò il Signore Oscuro, e l'impulso di Luke ondeggiò in una strana combinazione di desiderio ed ansia.

In pace, passivo, mantieni il controllo. Si ripeteva di continuo quelle parole mentre seguiva il Signore Oscuro al lungo tavolo in testa alla stanza.

Gli ospiti si stavano risistemando gettandogli di sfuggita degli sguardi annoiati - ciò significava che Vader li aveva fatti spostare tutti per fargli spazio. Un posto, vide, che era giusto vicino al Signore Oscuro.

La cena iniziò in modo imbarazzante.  Nel lato più lontano della stanza, un piccolo complesso d'archi iniziò a suonare un tema familiare, uno che non aveva rispettato fino di recente. Era, aveva appreso, più che una semplice musica tradizionale dei ricevimenti sociali e di affari; era l'antico Inno della Forza. Yoda gli aveva detto come doveva mostrare rispetto, e questa era la sua prima opportunità. Spinse la sua sedia indietro per alzarsi.

Così fece Vader.

Entrambi esitarono e si guardarono l'un l'altro. Vader si riprese per primo; Luke seguì con il colore che fluiva sulla sua faccia quando realizzò che ancora una volta lui e Vader erano il centro dell'attenzione degli invitati. Si sentiva una frode; la gente si sarebbe aspettata un vero Cavaliere Jedi, quando lui era solo uno studente senza insegnante.

Quando la musica finì e si furono riseduti, la conversazione generale riprese. Luke disse una benedizione silenziosa che non c'erano discorsi in programma prima del pasto, perché dopo settimane in cui aveva appena toccato il cibo era affamato. Ma quando una piccola scodella fu posta di fronte a lui esitò. Qualunque cosa fosse il cibo, era morto ma non cotto. Fece scivolare uno sguardo a Vader per osservare come mangiasse la cosa - ma naturalmente non gli era stato dato cibo. Immediatamente Luke si sentì stupido. Incrociò le mani in grembo.

"Sono 'radici d'erba' Ragoniane", vennero le tranquille parole di Vader. "Considerate una squisitezza nella maggior parte della galassia"

Luke annuì.

"Usa l'utensile più lontano a sinistra", Vader disse dopo una pausa. "Separa le impugnature, poi fora la fine del filamento della 'radice' con la tenaglia"

Provò a nascondere tutto il suo sollievo mentre manipolava lo strano utensile come se lo avesse usato tutti i giorni. La Mano aveva difficoltà ad esercitare la pressione corretta, ma insistette e alla fine ci riuscì, anche se non con la delicatezza che aveva sperato. Ingoiò la 'radice d'erba' senza masticarla. Gli lasciò un retrogusto leggermente aspro in bocca. "E' un qualche tipo di radice?" chiese al Signore Oscuro.

" 'Radice d'erba' è il nome della specie. E' un tipo di verme"

Involontariamente stirò la sua bocca in una smorfia. Mise l'utensile da parte e si girò di nuovo verso Vader. "Non mangi?"

L'elmetto si inclinò verso di lui. "Pensi di collegarmi ad un'alimentazione di energia come il tuo droide astromeccanico?"

"No!" Arrossì e abbassò la voce. "Mi stavo solo chiedendo perché vieni a banchetti come questi se non puoi mangiare".

"Io posso mangiare. Scelgo di non farlo"

Luke considerò l'affermazione. Per mangiare, Vader avrebbe dovuto rimuovere l'elmetto e la maschera. "La tua faccia è sfregiata?" chiese in un soffio.

Dopo l'esitazione di un battito di cuore, Vader replicò, "Sei un figlio impertinente".

Ebbe una breve tregua mentre un maggiordomo umano rimuoveva il suo piatto di vermi. "So molto poco di te", disse in una cauta scusa.

"Vieni con me, e ti dirò tutto ciò che desideri sapere"

L'offerta non era così spaventosa lì in quella elegante sala ornata di lampadari preziosi come era stata nella galleria su Bespin. Vader non era così sinistro e minaccioso. Non c'era pericolo fisico. L'unico pericolo era per la sua anima.

"Non posso. Siamo diversi. Non posso essere come te"

"Non siamo così diversi, giovanotto. Posso sentire la rabbia in te, il desiderio di potere. Se non ti arrendi a lui, lo combatterai per tutta la tua vita. E, alla fine, perderai e non ti rimarrà niente. Vieni con me adesso e prendi la galassia nelle tue mani". La voce di Vader era appena un soffio ed era intesa solo per le sue orecchie. "Ti ho sentito piangere, ho percepito la tua infelicità, la tua sensazione di essere fuori posto e indesiderato. Ti sentirai sempre in quel modo se continui a negare il tuo destino"

"Pensi che il mio posto sia con te?" Quelle parole lo ferivano; persino mentre le pronunciava, sentiva che contenevano un po' di verità.

"Il posto di un figlio è con suo padre"

Un'acuta vampata di rabbia si agitò in lui. "Avresti dovuto pensarci venti anni fa". Si appoggiò indietro mentre un altro piatto veniva posto davanti a lui. Almeno questo sembrava più familiare: pane - sperò.

"Dita", Vader istruì un un tono stranamente gentile.

Trattenne una risposta e ruppe un pezzo del ricciolo caldo. Qualche tipo di pasta dolce, molto masticabile, che gli ricordava il pane che zia Beru era solita fare. Inaspettatamente, ricordò le dita di lei, dorate di farina, che si muovevano velocemente ed efficientemente, pestando, impastando, modellando -

Il pane era insapore. Lo mise da parte, il suo appetito era sparito. Quando il piatto fu rimosso, un vassoio fumante fu posto davanti a lui. La portata principale era vagamente riconoscibile come qualche tipo di piccolo mammifero. Luke lo guardò per un po' di secondi, poi raggiunse il bicchiere di cristallo e mandò giù una boccata di vino fruttato, leggermente acido. Fu immediatamente riempito da un droide cameriere che era appostato al loro tavolo per quel unico scopo. Curiosamente, sorseggiò di nuovo per vedere se il droide sarebbe ritornato. Dopo aver riempito un altro bicchiere dalla parte opposta, quello ritornò da lui e stappò il vino.

Qualcuno che non fosse stato un Jedi si sarebbe ubriacato e avrebbe ignorato le conseguenze. Sarebbe stato veramente così noioso essere normali? Sarebbe stato tranquillo e sicuro, e non avrebbe neanche lontanamente fatto soffrire così tanto.

"Ti stai rattristando", disse Vader gravemente.

Luke studiò la maschera che celava gli occhi azzurri che aveva ereditato. Questo uomo aveva mai vissuto su Tatooine ed era stato normale? Beru aveva cotto il pane per Anakin Skywalker? "Mi rattristo sempre. E' la mia natura", rispose con leggerezza, anche se la verità vi si infiltrò e tradì la sua stolta difesa.

"Anche io. Mi rattristo per tua madre. Per te. Per me stesso".

Era il rimorso che udiva, o semplicemente un altro elemento di seduzione? Se un mezzo di persuasione non funziona sul figlio ribelle, provane un altro.

"Sei sempre stato così diffidente?"

Lo era stato? "Penso di sì". Non aveva mai creduto che Beru e Owen si fossero preoccupati davvero di lui o che Biggs lo avesse apprezzato, persino quando l'evidenza diceva il contrario. Non aveva creduto che Leia lo avesse amato - e non l'aveva fatto. Perché avrebbe dovuto credere a qualsiasi cosa detta da questo estraneo che aveva abbandonato il suo bambino?

"Abbandonarti non era mia intenzione. Ma questo non è il posto per una discussione del genere. Fai due passi con me dopo cena"

Non rispose, anche se sapeva che il suo silenzio era senza significato. Non poteva rifiutarsi di imparare la sua stessa storia, non importava quanto odiosa fosse la fonte.

Odiosa? Un giudizio severo basato su così poche prove, figlio mio. Dammi l'opportunità di convincerti altrimenti.

Una proposta pericolosa. Pericolosa perché era vulnerabile a questo uomo, questo Vader che lo stava blandendo, non combattendo. Guardò lungo la tavola verso Mothma. Tra bocconi e conversazioni gentili con i vicini, osservava lui e Vader, con la speculazione evidente nei suoi occhi. Giudicando la sua lealtà. Giudicando lui.

Lui non pensava che fosse piacevole essere giudicato.


***


"Al mio fianco, saresti un principe"

Luke non dubitava che gli sarebbe piaciuto essere un principe. Per quanto l'idea di Vader del loro regno era roba da incubi. "Non voglio essere il tuo principe"

"Non sprecare il mio tempo con assurdità". Nell'oscurità del giardino tranquillo, Vader appariva come un'ombra appena visibile.

"Non ti ho chiesto io di venire qui", replicò mitemente. "Tu stesso sprechi il tuo tempo"

Vader si girò. "Sei uno sciocco", sibilò.

"Così dici tu". Passivo. Sarebbe stato passivo.

Un pugno massiccio si strinse nell'aria, poi si abbassò piano. Il Signore Oscuro rimase in silenzio per un lungo momento prima di parlare. "Il tuo tempo con me non è stato sprecato. Già percepisco la differenza in te. Ti ho dato sicurezza e senso dell'orgoglio"

"Ridato indietro, vuoi dire, visto che sei stato tu a togliermelo".

"Io ti ho tolto solo la mano. Avessi avuto fiducia in te stesso, non sarei riuscito a distruggere anche la tua autostima".

La sua lingua non era abbastanza veloce e il suo cuore abbastanza duro per dibattere con questo tizio che lo chiamava figlio. Luke incrociò una panca di pietra e si sedette. Un arbusto che stava fiorendo era lì vicino, e l'aria della notte era impregnata con la fragranza della sua fioritura. Inalò profondamente. "Puoi sentirlo?"

Inaspettatamente, Vader lo raggiunse sulla panca. "Sì. I miei sensori possono rilevare odori più sottili di quanti tu possa sperare di sentire con il tuo imperfetto organo olfattivo".

"Ma il profumo è gradevole?"

"Gradevole?" La parolina fu pronunciata con disgusto - o era semplice estraneità? "Non è un odore spiacevole"

Guardò le proprie mani e intrecciò le dita tra di loro. Oziosamente si chiese quando avesse iniziato a pensarle come una coppia e a non segregare La Mano. "Vieni tu con me", sussurrò. "Ti prego. Io non posso venire con te"

"Non posso. Luke, tu non conosci il potere dell'Imperatore"

Questo l'aveva già sentito. "Se è così potente, perché la nostra Ribellione non può essere sconfitta?"

"Palpatine potrebbe schiacciarla facilmente"

"Allora perché - ?"

"Potere personale - e ragioni economiche", il Signore Oscuro dichiarò sdegnosamente.

Luke condivideva il suo sdegno. Una misera ragione per il massacro di milioni di persone... come se qualunque ragione avesse potuto essere adeguata. "Allora perché vuoi che uniamo i nostri poteri? Se l'economia è la ragione principale per continuare la guerra, non possiamo interrompere la carneficina solo per creare caos ad un altro livello."

"Ordine, Luke, possiamo portare ordine". Vader si girò leggermente per guardarlo in faccia, con la sua voce accesa per lo zelo. "La galassia reclama una guida forte, la guida che la Forza può fornire. A Palpatine non interessa nulla delle persone, solo il controllo che può esercitare su di loro. Noi possiamo mette la galassia sulla retta via, creare armonia dove c'è disaccordo. La via della Forza è la strada giusta. Con tu ed io a guidarla, la galassia potrebbe fiorire sotto l'influsso della Forza"

C'era così tanta sincerità nella voce che Luke quasi si vergognava della sua mancanza di supporto. "L' 'influsso' della Forza?", ripeté. "Lord Vader, quello che stai proponendo è semplicemente un'altra forma di tirannia. I pianeti della galassia hanno bisogno di una libera unione, non di oppressori spietati mascherati sotto le sembianze della benevolenza Jedi".

"Tu non capisci"

"Io capisco. Ma tu ti sbagli"

"Giovanotto sciocco". La reprimenda suonò quasi affezionata. "In questa vita solo da così pochi anni, eppure già pensi di essere più saggio di chi ti ha dato la vita. Tutto quello che fai rispecchia le idee dei tuoi amici".

Era un punto valido; eppure, Luke credeva ancora di aver ragione. "Non è una questione di saggezza, ma di filosofia. Io credo nella libertà e - "

"Libertà da cosa - controllo? Credi nell'anarchia? Perché quello sarebbe il risultato della mancanza di governo"

"Naturalmente ci deve essere una struttura formale, ma un'organizzazione libera di governi planetari sarebbe sufficiente a - "

"Come la Vecchia Repubblica", Vader disse seccamente. "La tua istruzione è stata inadeguata? Non hai studiato storia? Sei inconsapevole di come la Repubblica divenne corrotta e crollò?"

"Ne sono consapevole", replicò bruscamente. "Ci volle molto tempo perché la Repubblica divenisse corrotta - mentre l'Impero è nato dalla corruzione"

"Proprio come i giovani politici". Vader ruppe un rametto dell'arbusto e si girò verso di lui. "Potremmo discutere queste questioni all'infinito e non raggiungere mai un accordo"

"Suppongo". Non c'era allora nessuno scopo nel ripetere la supplica che suo padre si unisse a lui.

"Non metteresti la politica da parte, Luke, e ti uniresti a tuo padre per amore del tuo legame familiare? C'è tanto che potrei insegnarti. E mi piacerebbe conoscerti".

Con quanta chiarezza Vader lo capì in quel momento! Era quello che voleva - che suo padre lo conoscesse, conoscere suo padre. Mettere fine alle domande non risposte, al senso di solitudine che lo aveva sempre afflitto. Dividere le sue speranze e i suoi sogni con un genitore amato, imparare i segreti dei Jedi. Guardò all'elmetto nero. Persino nell'oscurità, luccicava come una brillante promessa.

Ma una promessa di cosa?

"Lo farei, se tu lasciassi l'Impero", disse alla fine. "Se potessimo lasciare tutto questo alle spalle e - "

"Scappare?" Vader terminò.

Rimase in silenzio. Espresso così bruscamente, il suo suggerimento era ridicolo.

"Desideri lasciare i tuoi amici e la tua preziosa Ribellione indifesi? Desideri che Palpatine regni senza freni?

"No", disse con un sospiro.

"Ad ogni modo, non posso lasciare l'Imperatore. Non lo permetterebbe"

Rifiutò di contemplare il tipo di potere che poteva legare il Signore dei Sith contro il suo volere. "Allora siamo ad un impasse"

"Per adesso. Ne riparleremo ancora. Se ci sarà tempo"

Sapeva che suo padre non si stava riferendo alla fine incombente di quel summit, ma piuttosto alla sensazione che il Tempo stesso avesse cominciato a muoversi più velocemente, trascinandoli in avvenimenti che nessuno di loro due poteva controllare. Tutti i nodi stavano iniziando a venire al pettine - e allora ogni questione sarebbe stata sciolta. Immediatamente la sua paura più profonda fu che uno solo di loro due sopravvivesse al cataclisma ormai prossimo.

"D'accordo", mormorò, consapevole con disagio quanto la sua risposta fosse inadeguata.

Vader si alzò. "Mi chiami "padre" nella tua testa. Non lo dirai a voce alta?"

Guardò in su. Disperatamente e spudoratamente voleva pronunciare quella parola e sentirla riecheggiare nelle orecchie. Ma non c'era prova, non per davvero, che Vader fosse suo genitore. Il suo cuore concordava con la richiesta - ma il suo cuore era stato ingannato prima. "Non posso", replicò alla fine. "Non sono sicuro che tu sia... lui. Ma sia che tu lo sia o che non lo sia, sono contento che abbiamo avuto questo tempo per parlare."

"Conoscere il tuo nemico?". Il tono era sarcastico, ma celatamente pungente.

"Proprio conoscerti", disse fermamente. Si alzò e allungò la mano.

Vader esitò, poi la prese, inghiottendola nella sua larga presa. "Vieni con me", ripeté.

Luke abbassò le ciglia e ritirò la mano. "Non posso. La tua Oscurità non è la mia. E ti sbagli", disse tranquillamente, con la sua voce velata di pietà, "sulla rabbia. Io sono in pace. Non provo rabbia, né con te, né con nessun altro".

"Tu l'avrai", sibilò Vader.

Si sentì rimpicciolire sotto la malizia che risuonava nella voce. "No". Ma quando Yoda aveva detto le stesse parole, detto che avrebbe avuto paura - l'aveva avuta. L'aveva ancora. La paura stava in agguato dentro di lui, sempre in movimento, un serpente che si svegliava nel caldo mattutino e che si preparava a colpire.

"Vedo molti possibile futuri per te, " Vader continuò tranquillamente. "se ti unisci a me, distruggeremo l'Imperatore insieme. Se non lo fai..."

Girò la testa di lato, desiderando di fuggire nella sala del ricevimento illuminata intensamente, per lasciare le sue paure in questo giardino dove sarebbero state assorbite dalla sua bellezza. "Cosa?" sussurrò, incapace di resistere al richiamo del suo futuro.

"L'Imperatore ti avrà in un modo o nell'altro. O gli apparterrai in vita o la tua anima lo sarà sua dopo la morte. O - "

"O cosa?" domandò,  mentre la rabbia, che aveva sconsideratamente negato di provare, cresceva nella sua gola, soffocando le sue parole.

"C'è un destino peggiore". Una mano coperta dal guanto nero gli si avvicinò, ma si abbassò centimetri prima di accarezzargli la guancia. "Puoi distruggerlo ma essere corrotto nel processo. La tua vita sarebbe spesa combattendo il dubbio dentro di te su quale sia la tua eredità da me. Ciò ti infetterebbe. Ti nasconderesti da ogni genere di emozione, incapace di amare o odiare, di ridere o piangere. Diventeresti la caricatura di un uomo, un fantasma di quello che una volta eri. Né morto né vivo. Vivresti in un inferno di tua stessa creazione"

Luke fece pochi passi, guardando il palazzo solenne, udendo il rumore distante di voci, il ritmo fluido di una melodia sconosciuta, una dolce canzone intesa per calmare i lati aspri della discordia tra gli ospiti avversari. "Ti sbagli", mormorò. La negazione debole non riuscì a convincere nemmeno sé stesso.

"E' una possibilità, e già ti sei incamminato su questa strada. Neghi i tuoi sentimenti. Solo io posso sentire i conflitti nel tuo cuore. Vieni con me, figlio. Impara a controllare la Forza prima che Lei controlli te."

"Non posso venire", rispose raucamente, ma con meno certezza di quanta ne avesse sentita precedentemente.

Questa volta la mano lo toccò e non si tirò indietro mentre scivolava lungo il suo collo e afferrava la sua spalla sinistra. "Pensaci. Io pregherò che tu capisca la verità prima che sia troppo tardi. Quando decidi, chiamami. Ti ascolterò sempre. Ti salverò, ma solo dietro tua richiesta"

Fissò gli occhi sulle luci intermittenti del monitor del respiratore, così assurdamente luminose ed allegre nell'oscurità. Scosse la testa.

Veramente la scelta del suo destino gli apparteneva? O la faccenda sfuggiva dalle sue mani, tolta di mezzo dalla contesa con il suo cuore? Lo zio Owen l'aveva spesso rimproverato perché non usava il cervello; Beru era stata più gentile, dicendo che pensava con il cuore.

Beh, lo stava ancora facendo. Stava indugiando con la pietà - un'emozione pericolosamente seducente - perché tutto ciò che poteva vedere era suo padre intrappolato in una maglia di errori dalla quale non riusciva a scappare.

O non voleva. Forse Vader non vedeva nulla se non il potere, forse non capiva l'immoralità delle sue azioni. Ma si poteva essere così ciechi da non capire gli omicidi commessi e le conseguenze di lungo periodo?

Una cautela sconosciuta soffiò nella sua mente e combatté per identificarla. Un avvertimento di una possibilità messa da parte, una supplica non risposta? Se quella fosse stata l'unica possibilità di salvare suo padre -

Premette i pugni contro il petto, cercando di calmare l'agitazione tempestosa.

"Cosa c'è, giovanotto?"

Luke squassò la testa. "Non so. Qualcosa è sbagliato. Non si suppone che ci lasciamo così. Non - Si suppone che io... Io voglio - "

"Cosa vuoi?", chiese curioso il Signore Oscuro.

"Voglio salvarti", Luke si lasciò sfuggire onestamente.

Un gesto involontario di sorpresa fu trattenuto. "Salvarmi?", Vader ripeté dopo una pausa. "Che idea straordinaria. Salvarmi da cosa, figlio?"

"Dall'Oscurità". Coraggiosamente toccò il braccio di Vader con due dita. Il tessuto di cuoio era imbottito e rinforzato da una fine trama di metallo. "Ti voglio indietro. Posso mostrarti la via. Se me lo permetti, ti posso salvare".

Sperò, allora, di aver raggiunto il padre che si nascondeva nella corazza intimidatoria, perché Vader non lo respinse immediatamente con sdegno. Un uccello volò attraverso il giardino e si posò da qualche parte dietro di loro, cinguettando teneramente per una compagna che non c'era. Le dita di Luke sfregarono la manica di cuoio, lasciando un'insenatura che era lenta a sparire.

"Luke", suo padre disse finalmente e con tanta gentilezza quanta ne avrebbe potuto sperare, "Sono un mostro tale?"

Era furibondo per l'offesa e, con suo sgomento, per l'angoscia. "Sei malvagio. Hai torturato i miei amici, ucciso la mia famiglia - Han è disperso per causa tua, Alderaan distrutta. E pensi che io voglia essere come te? Non lo voglio!" Portò lontano le sue dita, e il suo cuore con loro. Prese due profondi respiri per ristabilire il suo controllo che andava crollando.

"Così innocente e giusto", lo derise Vader. "Skywalker, Nemico Numero Uno dell'Impero"

Si inumidì le labbra. "Cosa vuoi dire?"

"Nell'Impero, sei tu visto come un mostro". Vader si piegò verso di lui. "Il figlio segue le impronte del padre. Sei stato tu, e tu da solo, che hai distrutto la Morte Nera. Sai quanti uomini c'erano a bordo?"

Luke scosse la testa.

"Stimiamoli in un milione. Dopo tutto, cosa ve ne importa a voi Ribelli di un centinaio di migliaio o suppergiù di Imperiali?"

"Io non - "

"Un milione di uomini. Quanti sogni presupponi che avesse ognuno di loro?"

"Sogni?" Luke ripeté in confusione. "Di cosa stai parlando?"

"Diciamo, per amore della concisione, che ogni persona abbia dieci sogni. Perciò finora il tuo totale personale di distruzione in quel unico combattimento è un milione di vite e dieci milioni di sogni. Ora, quale sarebbe la tua stima di quanti tra quel milione di persone avevano famiglia, amici, e cari non a bordo della Morte Nera?"

"Io non - "

"Hai ragione, sarebbe impossibile da calcolare. Supponiamo che che diversi milioni di altre persone siano state emotivamente ferite dalla distruzione della Morte Nera. E per quanto riguarda i bambini, Luke?"

"Bambini?" Il suo cuore stava correndo così velocemente che poteva a mala pena respirare. Quando urtò contro un albero, realizzò che stava indietreggiando, allontanandosi dalla sfida del Signore Oscuro.

"Quanti bambini cresceranno senza un padre? Quei figli non avranno una leggenda a proteggerli come hai avuto tu. Quei - tre milioni? - di bambini sapranno che i loro padri morirono a bordo dalla Morte Nera, assassinati dal Jedi Skywalker"

La sua visione si offuscò, e scosse la testa, cercando inutilmente di chiarirla.

"E quanti bambini non saranno mai concepiti? Quanta parte del futuro della galassia hai distrutto personalmente, Luke? I geni, gli artisti, i medici, i lavoratori comuni. I loro figli. I figli dei loro figli per infinite generazioni a venire". Vader afferrò le sue braccia. "Tu, Luke Skywalker, hai osato fare appello al potere della Forza prima di comprenderne le conseguenze - e con un colpo solo, hai commesso uno dei più efferati atti che la galassia abbia mai visto. E adesso tu osi definirti Luce ed etichettare me Oscurità? Se la storia chiamerà qualcuno Signore dell'Oscurità, quello sarai tu"

Il terreno scivolò via sotto i suoi piedi e sarebbe caduto non fosse stato per una mano forte sotto il suo gomito.

"Siedi"

Obbedì, si sedette? Tutto ciò che percepiva era dolore, orrore, echi di urla e il lutto di milioni di persone. Pianti di morte, cordoglio di cari perduti, figli che singhiozzavano, i bambini di quei padri che lui aveva ucciso -

Luke pianse dentro di sé, rifiutandosi di arrendersi alle lacrime. Il suo dolore per gli uomini che aveva ucciso rimaneva silenzioso, ma la sua mente gli dava nomi e volti. Accettò il peso delle loro famiglie, di Alderaan, Biggs, Owen, Beru. Han. Il padre che aveva perso e ritrovato. Il sogno che aveva trovato e perso.

Signore dell'Oscurità...

Un Jedi era in pace, passivo, sereno. Nessun dispiacere, nessun rimpianto, nessun senso di colpa -

Allora non era un Jedi.

Aveva condannato Vader perché non vedeva le conseguenze delle sue azioni; Luke Skywalker non era meno colpevole. Era vero ciò che il Signore Oscuro sosteneva: il figlio segue le impronte del padre.

Ma per quanto riguardava suo padre? Era così che suo padre era caduto? Anakin Skywalker era involontariamente stato attirato nel male mascherato da rettitudine?

Yoda e Ben l'avevano entrambi messo in guardia dal Lato Oscuro, ma non avevano detto che sarebbe stato così facile cadere. Ben l'aveva aiutato a distruggere la Morte Nera, perciò Ben aveva saputo cosa avrebbe significato.

Lo stesso atto poteva essere innocente quando commesso sotto la parvenza della Luce, ma malvagio sotto il nome di Oscuro? Se quello era ciò che i Jedi insegnavano, allora ciò che aveva imparato era una bugia. La distruzione era distruzione, non importava il nome che gli era dato.

Un'idea lo rodeva nei meandri dei suoi pensieri. Non era un'idea nuova, ma non aveva mai permesso al pensiero di formarsi pienamente. Sembrava blasfemo, eppure...

"La Forza è solo la Forza", mormorò. "Non c'è differenza tra Oscurità e Luce? Sono semplici percezioni del singolo?"

"I Jedi definiscono l'Oscurità e la Luce."

"Ma la Morte Nera... I Jedi sono sempre stati guerrieri, perciò se uccidere è sbagliato..." La sua voce venne meno. Doveva gettare via tutte le sue vecchie assunzioni come non valide? Uccidere non era sbagliato? Uccidere era giusto, non importava per quale ragione?

O non c'era nessun giusto e sbagliato?

"I Jedi fecero più che definire - crearono la Luce e l'Oscurità? Giusto e sbagliato sono semplici regole per controllare la gente e prevenire il caos? E' questo ciò che l'idea di Oscurità e Luce fece per i Jedi, li controllò? O li vincolò nell'autocontrollo?" Titubante, fece un altro passo nel mistero. "Se i Jedi sono più potenti degli uomini ordinari, possono causare più distruzione e creare più bene. Le loro leggi devono essere più forti"

Guardò in basso ai ciottoli aspri del vialetto. "Perciò non c'è né bene, né male, né Oscurità, né Luce. Ci sono solo azioni, percezioni e propositi. La Forza è solo la Forza, totalmente neutrale, senza preoccupazione riguardo agli scopi per cui viene usata"

"Questa non è una filosofia nuova", Vader disse seccamente. "E' vecchia come la galassia stessa".

Ma era totalmente nuova per lui. "Se la Forza è neutrale - " Esitò, poi continuò impazientemente "- allora i Jedi sono neutrali. Possiamo creare noi stessi... e controllare la nostra stessa creazione. Usiamo la Forza come strumento. Non la controlliamo, non la possediamo - ed essa non possiede noi" Se fosse stato vero, aveva meno da temere. Se fosse stato vero, significava che Vader aveva scelto la sua propria strada; non era crollato sotto il peso schiacciante della Forza.

"Non capisco la tua riluttanza a venire con me. Sembra che tu abbia rimosso le barriere filosofiche tra noi; perché esiti adesso?"

"La tua strada non è nel mio cuore. Io non voglio governare, non voglio il potere. Voglio la pace" Si appoggiò indietro sulla panca e indagò la forza delle sue convinzioni. Pace, passività - cosa volevano veramente dire? E se avessero significato accettazione di Sé, non perdita delle passioni?

"Il potere porta la pace"

Luke inclinò la testa. "Il tuo prezzo è troppo alto. Pretendi troppo"

"Tu sei il mio prezzo"

Guardò il Signore Oscuro, il messaggio in parole semplice gli sfuggiva. Cosa voleva dire quello? Se a Vader importava di lui, ciò rendeva la sua decisione finale inevitabile e impossibile allo stesso tempo.

Non avrebbe lasciato i suoi amici e l'Alleanza.

Non poteva rigettare suo padre.

C'erano trappole che non avevano vie di fuga, nemmeno per il Signore dell'Oscurità, fosse esso il padre o il figlio?

O le trappole erano di loro stessa creazione?

Non c'era tempo per decidere quale strada seguire, sebbene tutto il tempo nell'universo non sarebbe stato sufficiente per fare ordine tra le idee contrastanti. Tralasciò il suo cuore ingannevole e ascoltò la sua testa. Gli diceva di rimanere dove era, salvare ciò che poteva del suo presente ed del suo essere per formare il suo futuro. La speranza si accendeva con un esile guizzo, che suo padre - non schermandosi più al suo retaggio - potesse riformare il suo proprio futuro, che le sue passioni non fossero autodistruttive.

"Tu sai che ciò che fai è sbagliato", Luke disse cautamente. "Tu eri un Jedi una volta; ciò che sei oggi non è ciò che speravi di diventare. Prego che tu possa iniziare ad accettare questo Signore dell'Oscurità che tu hai creato. Non lasciarlo governarti". Strinse i pugni, desiderando ardentemente raggiungere e conquistare la comprensione di suo padre . "Non verrò con te ai tuoi termini. La mia vita non è la tua. Non voglio distruggere più; voglio costruire"

"Questo è quello che voglio anch'io", disse Vader con voce stanca e lenta. "Troverai, Luke, che la crescita non è possibile senza distruzione"

"Non lo credo". Si alzò e strinse la mano del Signore Oscuro tra le sue. "Per favore, credimi quando dico che la nostra separazione mi rincresce. Ma non posso prendere un'altra decisione - e anche tu te ne rendi conto"

"Figlio stolto" Vader strinse le sue dita, poi si liberò. "Quando cambierai idea, sarò lì ad aspettarti. Nel frattempo, fai vedere quel sensore della temperatura sulla mano"

Se ne era dimenticato. "Adesso sembra a posto. Forse si doveva solo adattare"

"O ti sei adattato tu. Che tu possa adattarti così facilmente a ciò che è veramente importante. Buonasera, Comandante"

Con la sua tipica rudezza, Vader se ne andò, scomparendo nella notte prima che avesse compiuto dieci passi. Luke osservò per pochi minuti. Aveva sperato più comprensione, ma le ultime parole di suo padre avevano dimostrato un vasto abisso invalicabile tra le loro convinzioni.

Si girò verso la costruzione oscurata. Leia sarebbe stata confortata di mettere in azione il salvataggio di Han, e Luke poteva continuare la sua vita come Jedi, seguendo il proprio cammino. C'era tanto che poteva fare, e raggiungere suo padre era il suo più profondo desiderio.

Crix Madine guardava in giù verso di lui dal balcone soprastante. Luke colse il suo respiro.

"Sei senza uniforme, comandante", il generale osservò mitemente prima di sparire attraverso le porte aperte e svanire nella calca della folla.

Luke lo fissò con una sensazione pungente che gli correva lungo la spina dorsale. C'era un'improvvisa urgenza nella consapevolezza che doveva dare le dimissioni dal suo incarico e distanziarsi dai militari prima che lo avviluppassero nel loro abbraccio ingannevolmente confortevole. Sarebbe stato troppo facile perdersi nelle tentazioni, permettere ai suoi poteri di crescere sotto i ministeri accoppiati di forza e potere.

Erano stati la rovina di suo padre; non gli avrebbe permesso di conquistare anche lui.

Saliva a grandi passi, fermandosi per riposare contro la balaustra. Ben e Yoda potevano considerare strano che fosse il Signore Oscuro dei Sith ad avergli insegnato così tante lezioni. Ma non tutti i figli imparavano dai loro padri?

E, in qualche occasione rara e preziosa, poteva un figlio insegnare al padre?

O la sua appena trovata fiducia in sé stesso era mal posta? Vader lo aveva ingegnosamente incitato con delle falsità, aveva distorto il significato semplice della Forza, insegnando perversioni ad un innocente fiducioso? Un padre avrebbe raccontato una bugia crudele per riguadagnare un figlio perso?

Inalò gravemente. Per quanto ne sapeva, Vader non gli aveva mentito quella notte. Vader gli aveva detto la verità come la sentiva.

Rallentando il respiro, Luke concentrò i pensieri e fissò lo sguardo sul suo futuro. Si profilava davanti a lui come un monolito appena ricavato, piano e insondabile.

In attesa della sua creazione.

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Traduzione di NonSoCheNickMettere2

  
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