Capitolo 1
quindici anni dopo
“Dottor Hayama, la stanno aspettando nel suo ufficio.”
“Arriverò
tra 10 minuti, devo prima visionare questi documenti che mi hanno
portato” dissi senza distogliere lo sguardo da quel documento così
importante per la riuscita del progetto a cui stavo lavorando. Tutto
sembrava perfetto. Presi la pila di documenti che avevo lasciato sul
tavolo e li portai nel mio ufficio per incontrare l'ospite
inaspettato. Mi voltai verso il mio collaboratore.
“Non mi pare
di aver fissato degli appuntamenti per stamattina.”
“Effettivamente
no Ingegnere ma c'è qualcuno che a quanto pare ha urgenza di
parlarle.”
Ogni giorno è sempre la stessa storia,
pensai. Nessuno sa più cosa voglia dire la parola “appuntamento”,
ma è mai possibile?!
Entrai nel mio ufficio continuando a scrutare con attenzione i
documenti e chiusi la porta dietro di me. Alzato lo sguardo, vidi
all'interno della sala un signore con i tratti orientali che alla mia
vista fece un sorriso a trentasei denti. Portava un completo nero,
scarpe dello stesso colore e una cravatta viola con camicia bianca.
“Mi dispiace di averla disturbata Dott. Hayama” mi disse in
lingua giapponese, “ma sono qui da poche ore e il mio aereo partirà
nuovamente tra 2 giorni per il Giappone. Mi chiamo Makishi Fuiko,
collaboro per una trasmissione televisiva molto importante in
Giappone. Volevo farle una proposta che credo giudicherà
interessante.”
“Mi dica pure”, risposi nella mia lingua
madre.
“Ho saputo che nel suo progetto aeronautico ha
intenzione di avere delle convenzioni con il Giappone e così volevo
invitarla a partecipare alla diretta tv per parlare
dell'iniziativa.”
“Mi dispiace risultare scortese Signor...”
feci una pausa.
“Fuiko” rispose lui.
“Sì, mi scusi,
Signor Fuiko. Dicevo, mi dispiace deluderla, ma nel mio breve
soggiorno giapponese non credo avrò tempo per questo genere di
questioni. Ci sono tante problematiche da risolvere con i
collaboratori orientali e dobbiamo far quadrare tutto nel minor tempo
possibile. Mi vedo costretto a rifiutare la sua proposta.”
“Non
pensa che l'opinione pubblica sia importante?” disse con un'aria
risoluta.
“Questo non è compito mio, in seguito alla riuscita
del progetto e alla sua attivazione arriverà un mio collaboratore
direttamente dall'America; si occupa di pubbliche relazioni e
spiegherà tutto alla popolazione locale, una persona molto più
brava di me con le parole e soprattutto del mestiere.”
“Signor
Hayama, non crede che una persona proveniente dalla stessa terra
degli spettatori porti più fiducia e attenzione di un semplice
americano? E poi lei è l'ideatore dell'Ecoplane, non se lo
dimentichi. Sicuramente la sua rimarrà un'intervista molto più
interessante di un semplice PR.”
Vidi che cercava qualcosa
nella propria tasca interna della giacca. “Ecco” mi porse un
biglietto che afferrai prontamente, “questo è il mio biglietto da
visita. Ci pensi, poi mi farà sapere.” Mi strinse la mano e andò
via.
Che tipo strano! Infondo però ha ragione, essendo giapponese come gli spettatori, forse potrei attirare di più il pubblico. Spero solo di essere all'altezza della situazione; non sono mai stato bravo con i discorsi, specialmente sapendo un migliaio di persone attirate dalla mia presenza.
Squillò il telefono. “Scusi Signor Hayama, c'è sua moglie
sulla linea uno.” Era la voce della mia segretaria.
“La
ringrazio signorina, me la passi pure.”
“Tesoro?”
“Sì,
dimmi. Sai bene che non mi devi chiamare a lavoro se non per
questioni urgenti, vero?”
“Lo so, scusami, ho una notizia
importante da darti e vorrei vederti per pranzo se non hai degli
appuntamenti.” La sua voce preoccupata non prometteva niente di
buono.
“Va bene, ci possiamo vedere all'una davanti al solito
ristorante.”
“D'accordo tesoro, a dopo.”
“A presto.”
*****
“Sana dobbiamo essere allo studio di registrazione verso le
cinque ti sei già dimenticata?” disse Rei con la voce di chi ha
davvero perso le speranze davanti a una donna di spettacolo chiusa in
bagno per truccarsi.
“Sì Rei, comincia ad andare in macchina,
sto arrivando!” la sua voce arrivò dal piano di sopra più
squillante che mai. Questa è Sana, pensò
Rei, avviandosi verso la propria macchina parcheggiata, in
quindici anni non è ancora cambiata e non credo che cambierà
mai.
“Eccomi eccomi!” si
fermò davanti alla macchina. “Possiamo andare adesso”.
Agli studi televisivi vi era un sacco
di gente, come al solito, ma a questo Sana c'era abituata. La sua
carriera cinematografica era tramontata circa 15 anni fa, aveva fatto
solo qualche comparsa qua e là. In compenso, però, gli era stata
affidata una trasmissione da condurre nel pomeriggio che aveva un
discreto successo. Il suo lavoro dopotutto non procedeva così male.
Infondo non le interessava più il cinema, ci aveva rinunciato da
un bel po' di tempo.
“Puoi andare Rei grazie, mi dispiace di
averti costretto ad alzarti presto stamattina, torna pure da tua
moglie e salutamela tanto! Ti prometto che non appena farò
aggiustare la macchina potrai fare il tuo lavoro con più
tranquillità!!!”
“Non ti preoccupare Sana, è sempre un
piacere.”
Lo studio cinque era più luminoso che mai, autori
e collaboratori scorrazzavano per tutta l'immensa sala.
“Sana
eccoti qua!” disse un uomo sui quaranta, “sei incorreggibile! lo
sai che non possiamo tollerare troppi ritardi, se fossero tutti come
te il nostro lavoro finirebbe a pu...” Prontamente Sana gli mise un
mano sulla bocca.
“So bene cosa intendi tesoro” gli diede un
bacio sulle labbra. “È tutto apposto, ora sono qui.”
*****
Ecco il ristorante,
pensai correndo come un matto dopo esser uscito dalla macchina senza
esser sicuro di averla chiusa a causa della fretta. Spero che
Violet non se la prenda, dopotutto stavo lavorando!
Entrai
nell'atrio e chiesi del tavolo. Mia moglie mi aspettava con aria
assente al tavolo 8, proprio quello vicino alla vetrina, dove ci
sediamo spesso. Ho sempre adorato quel posto, forse perché cucinano
ogni tipo di pietanza, compreso il Sushi.
“Scusa cara” dissi
con il fiatone “ho avuto un contrattempo” cercai di scusarmi
senza inventare troppe storie, alla fine facevo così ogni
giorno.
“Siediti per favore” mi disse con aria seria. A quel
punto iniziai ad avere paura.
“Cosa è successo?”
“Devi
sapere che... devi sapere che sono incinta Akito.” Sgranai gli
occhi ed ebbi una sorta di vertigine. “So che ne abbiamo parlato, e
so anche che tu non ami l'idea di diventare padre, sia per il tuo
lavoro che sta avendo un'ascesa prorompente, sia perché pensi di non
esserne all'altezza. Sai invece io cosa penso?” Feci no con la
testa, ancora sotto shock. “Non lo sai perché non mi hai mai
ascoltato. Se tu mi dessi un po' d'attenzione qualche volta, sapresti
qualcosa su di me. Sapresti che odio i girasoli che ti ostini a
comprarmi per le ricorrenze, sapresti che adoro andare a vedere i
film di vecchia data al cinema... e soprattutto sapresti che vorrei
avere un figlio più di ogni altra cosa.” Teneva un tono di voce
basso e triste, ora aveva abbassato la testa e probabilmente stava
piangendo.
Il pranzo continuò in silenzio per tutto il tempo,
come se l'uno non si accorgesse di avere l'altro di fronte.
Adesso che faccio? Non penso di essere in grado di fare il padre, tanto meno ritengo di avere abbastanza tempo da dedicargli. Io e mia moglie ne avevamo parlato parecchie volte, ma in realtà la discussone non mi toccava nemmeno. Ero sicuro della mia posizione e forse, infondo, non m'importava nemmeno della sua opinione. Non ricordo neanche perché ci siamo sposati. Forse perché siamo stati insieme una vita, era giusto che finisse così. Ci siamo conosciuti circa un anno dopo il mio trasferimento a L.A., mi piaceva la sua compagnia, mi faceva sentire più a casa. Ma forse questa non era una ragione sufficiente per sposarla.
Senza
un minimo di preavviso mi guardò negli occhi con un tono di voce
deciso pronunciando queste esatte parole: “Forse è meglio
prenderci una pausa”. Quelle parole riecheggiarono nella mia mente
per qualche secondo.
“Ma Violet...” mi bloccò.
“Violet
non ha più voglia di sopportare questa situazione. Fai la tua
esperienza in Giappone, ti auguro una bella carriera Akito! Desidero
non sentirti per un po'. Questo bambino per il momento non è affar
tuo, non voglio che ti trattenga qui con la forza. Al tuo rientro si
vedrà sul da farsi, ma prima di allora non ho intenzione vederti o
sentirti, sono stata abbastanza chiara?” non aveva un'aria
arrabbiata, e questo mi stupii parecchio. Sembrava piuttosto
rassegnata.
Non avevo idea delle parole da poter usare, così
abbassai la testa e dissi un semplice “Va bene”.
Andai a vivere da mia sorella Natsumi e suo marito per qualche settimana, poi finalmente partii per la mia avventura in Giappone.
Ciao a tutti :) eccomi qua con un nuovo capitolo, come promesso. Il nostro Akito partirà per il Giappone finalmente :) Ci tenevo a ringraziare per le visite e le recensioni ricevute :D Un grande ritorno da vincente aggiungerei :) Ci tenevo a ringraziare tutti quelli che hanno visitato la storia e coloro che hanno recensito, mi ha fatto molto piacere :D che dire? spero di non avervi deluso con il seguito... continuate a seguirmi :) un bacione