Videogiochi > Final Fantasy VII
Ricorda la storia  |      
Autore: Nefthi    25/09/2011    9 recensioni
Piccolo esperimento. Ho voluto immaginare un incontro fra Seph e Lucrezia giocando su punti di vista differenti, però ho dovuto distorcere la trama del gioco giusto un pò. Il rating è alto perché all'interno sono presenti parole un pò... forti (alla fine sono solo due). E sarà trattato anche il triangolo Vincent/Lucrezia/Hojo secondo una visione personale (niente Dirge of Cerberus). Che dire? Buona lettura e spero che piaccia (magari facendolo sapere, NON E' CHE LE RECENSIONI MI DISGUSTINO!) XD
Ps: il paragone Aerith/Lucrezia sembrerà un pò forzato, però quando ho visto l'immagine di Lucrezia nel cristallo, l'avevo scambiata per Aerith all'inizio, ecco il perchè del paragone. XD
Ps2: ho dato un nome di battesimo ad Hojo, Elias, il nome di un profeta (legato a Dio e quindi usato in riferimento a Seph e Jenova).
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jenova, Lucrecia Crescent, Sephiroth
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: FFVII
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Madri
 
Cloud l’avrebbe seguito. Lo sapeva perché l’eroe, o meglio il FALSO eroe, non avrebbe permesso che la sua preziosa amica cadesse nelle mani del nemico.
Il vantaggio di non avere un corpo e di poter viaggiare attraverso il Life Stream era quello di avere la possibilità di trovarsi in più posti contemporaneamente: il vero lui si trovava al Cratere Nord, una parte di lui stava raggiungendo la Cetra alla Città degli Antichi ed un’altra emanazione di sé stesso stava sorvolando Cosmo Canyon.
Presto sarebbe divenuto un tutt’uno con il Pianeta grazie a colui che lo aveva strappato dalla vita con il fendente di una spada che neanche gli apparteneva. Chissà che faccia avrebbe fatto Cloud se avesse saputo i piani che Sephiroth aveva in mente per lui… L’ex SOLDIER sorrise al pensiero.
 
Doveva ringraziare la Madre per l’imminente trionfo che suo figlio avrebbe ottenuto: senza le sue sagge indicazioni, lui non sarebbe alla Città degli Antichi, lui starebbe sorvolando quel mondo che molto presto avrebbe distrutto e, soprattutto, lui non sarebbe al sicuro al Cratere.
«Perché perdere tempo ad esplorare questo ridicolo mondo?» La donna, se così Jenova poteva essere definita, non gli domandava altro e lui continuava a non rispondere: non gli andava di dirle il motivo, lo avrebbe preso per un bamboccio dal cuore tenero per colpa del periodo vissuto fra umani. Quando si stancò di sentirla bofonchiare, scelse di mentirle: «mi annoiavo… Non sto perdendo tempo, lo sto ammazzando, è diverso. Aspettare il “Salvatore del Pianeta” al Cratere o alla Città non è un gran bel modo per distrarsi, no?»
La Madresembrò tranquillizzarsi e lui tornò alla sua occupazione. Un modo per concedersi un vezzo da dio, ecco come definiva tre sé e sé questo viaggio per il mondo che non aveva mai avuto modo di vedere del tutto, una presa di coscienza su cosa stava per distruggere per un  bene superiore. Grazie a quelle steppe, grazie alle montagne, grazie a quei fiumi, lui avrebbe raggiunto le vette più alte dell’Olimpo, posto che spettava sia a lui che alla Madre, e quegli sporchi, meschini bugiardi avrebbero avuto la loro punizione per le menzogne che avevano usato per sedarlo.
 
Ricordi… Il bel viso dell’Angelo si stava deformando in una espressione di puro odio.
Ricordi vaghi si stavano affollando dentro la sua mente perlacea. Grida, siringhe, esperimenti, mako, disprezzo e …. Il silenzio di un sotterraneo…. Buio… e poi furia e frustrazione… aveva pensato di poter cancellare tutto col fuoco che tutto brucia e devasta, lo stesso fuoco che gli ardeva nel petto, fuoco di rabbia, dolore e sofferenza… Insufficiente, ci voleva molto di più. Doveva cancellare quelle sciocche e creature cancellando il Pianeta, doveva vendicarsi, per se stesso e per la Madre.
 
L’aliena era irrequieta. Diceva che avrebbe dovuto concentrarsi maggiormente sulla fioraia… Ma che pericolo avrebbe potuto costituire quella ragazzina che pensava di fermarlo? Sciocca ed ingenua ragazzina… sembrava una barzelletta! Chiuse gli occhi e attraverso l’altro sé stesso la vide pregare. Gli scappò una risatina. Neanche aveva portato la sua “arma” colei che voleva salvare il Pianeta! Avrebbe potuto toglierla di mezzo subito, ma non poteva farlo senza l’ospite d’onore, anzi avrebbe potuto affidare proprio al suo burattino quel piacevole compito. L’ultima Cetra, l’ultima di quel popolo che aveva ostacolato la Madre… e pensare che cinque anni fa si era erroneamente ritenuto parte di quella stirpe.
Riaprì gli occhi e trovò una cascata al posto del santuario e della ragazza in rosa. Una cascata che nascondeva… una grotta? Non rammentava che quel luogo fosse segnato nelle mappe, eppure la Shin-Ra gli aveva fatto studiare ogni singolo punto del mondo…
Planò con grazia verso l’ingresso della grotta. «Non mi sembra una buona idea!» Jenova sembrava allarmata ma Sephiroth ignorò le sue parole, voleva vedere quel posto, era come se qualcosa lo stesse trascinando verso quella fenditura... Intimò il silenzio all’aliena, con quel tono autoritario che era solito usare in passato, quando il suo destinatario era l’esercito della Shin-Ra, e lei tacque stizzita e sorpresa da quel modo di risponderle.
Oltrepassò quella piccola fenditura e ciò che vide furono cristalli di mako. I suoi occhi smeraldini scrutavano la grotta in cerca di qualcos’altro… ma niente. Sephiroth sbuffò: tanto disturbo per nulla. Fece per andarsene ma un rumore attirò la sua attenzione. Si girò e la vide: una figura accovacciata controluce davanti al cristallo più grande. Indossava un camice bianco, aveva i capelli scuri legati con un nastro giallo ed una frangia particolare. Probabilmente prima del suo arrivo pregava, aveva le mani ancora giunte. La sua figura gli ricordava l’Antica… Sembrava che a quei tempi pregassero tutti.
La donna si stava alzando. Era bella, bella da mozzare il fiato; nessuna donna era paragonabile a lei, mai nessuna lo aveva colpito così, si sentiva… bloccato. La donna lo fissava con le labbra socchiuse, sorpresa; gli occhi però erano tristi e malinconici. L’uomo si ritrovò a pensare a chi potesse averle fatto del male, ma soprattutto al perché avesse… l’impressione di conoscerla. Si sentì uno stupido, un debole; bloccato da una donna, come un patetico umano…
«Non può essere… S-Sephiroth?» lo chiese in un soffio, fra le lacrime…
 

*

 
«Silenzio!» Lucrezia aveva sentito la voce di un uomo fuori dalla sua caverna. Una voce profonda, stranamente armoniosa ma perentoria. Lei non si preoccupò… anche se lui fosse entrato, non l’avrebbe vista. Come poteva un uomo vedere un’anima legata al Pianeta per sempre? Non ne aveva le capacità, a meno che non vi fosse un legame forte tra l’anima e l’individuo e dubitava dell’esistenza di qualche amico o parente e se anche fossero esistiti non l’avrebbero trovata in quel luogo che rappresentava la sua tomba. Però Vincent… Vincent l’aveva trovata…
“Sephiroth è morto, Lucrezia.” Le aveva annunciato lui con la freddezza di un dottore che diagnostica un cancro utilizzando termini strettamente medici. E lei si nascose, per piangere lacrime di Life Stream. Che cosa altro sapeva fare quella donna se non auto commiserarsi? Piangere e nascondersi, nascondersi e piangere… le due cose che la dottoressa Crescent sapeva fare meglio in vita e quindi anche nella morte. Oltre che fuggire e mentire. Sephiroth, il suo bambino, era morto… da allora decise di pregare il Pianeta per incontrarlo almeno una volta.

Quando l’uomo fece il suo ingresso Lucrezia non poté credere ai suoi occhi. Alto, statuario, i capelli lunghi ed argentei fino alla vita che riflettevano la luce dei cristalli mako, il volto affilato, dall’espressione curiosa, si rifletteva sulle tante facce dei minerali. Era lui! Bello come nei suoi sogni, il suo bambino, Sephiroth. Le sfuggì un gemito di sorpresa lui si voltò e la guardò con curiosità. “Figlio mio… chissà se sai che io… sono tua madre!”
“Tu non sei sua madre!”. Una voce gelida le vibrava nella testa. Una voce che la tormentava da anni. Jenova, la sua unica compagnia… non avrebbe perso quell’occasione per colpa sua! Decise di ignorarla...
«Non può essere… S-Sephiroth?» il Pianeta aveva accolto la sua preghiera. Lui strinse gli occhi, riducendoli a fessure smeraldine «Chi sei tu?» un tono autoritario che non ammetteva repliche… Suo figlio aveva meritato la carica del generale. Lei sapeva chi era lui, o meglio chi era stato, lo aveva visto nei suoi sogni proprio grazie a Jenova che la torturava con quelle visioni da… quanto tempo era passato? Anni?  Sicuramente…

Sorrise e decise di giocare con lui, in un certo senso.
«Usare questo tono con una signora…. Non è buona educazione!» lo bacchettava scherzosamente, come una madre.
«Compiacere le donne non è mai stato uno dei miei obiettivi, e per quanto riguarda l’educazione, l’unico precetto che mi hanno insegnato è stato “obbedisci al tuo superiore” e mi è sempre bastato. Ma non hai risposto alla mia domanda, sto aspettando.»
«Lucrezia Crescent.»
«E come conosci il mio nome?»
«Chi non conosce il nome del generale Sephiroth, il veterano, l’eroe? Domanda superflua non trovi?» chiese la donna sorridendogli maliziosa.
«Umph, vorrai dire ex generale, ex veterano ed ex eroe. La gente cambia la propria fedeltà con la stessa frequenza con cui cambia il proprio abito, cambia i propri eroi al minimo errore da questi commesso, ricorda le volte in cui tu l’hai oltraggiata e non quelle in cui l’hai aiutata... Così volubili, così patetici. Cadendo ci si fa male, distraendosi ci si ferisce, è questa la lezione. Ed io ripeterei tutto ciò che ho fatto, perché sono nel giusto» parlava più a sé stesso che a lei, ma non le importava. Poteva sentirlo e vederlo dal vero, non era una visione, lo sentiva nonostante lei non avesse più un corpo o meglio, nonostante lei non potesse più farne uso.
«Mi dispiace… E cosa sei venuto a fare qui?»
«Potrei rivolgere la stessa domanda a te non credi?»
«Sono una dottoressa, studio i cristalli» mentì lei: la verità doveva essere “Ero una dottoressa, sono un’anima incastrata qui per colpa della mia debolezza”, ma aveva senso rivelarglielo? «Ora dimmi di te.»
«Non ti è dato saperlo»
«Ma io te l’ho detto! Non mi sembra giusto!» replicò lei con un tono fintamente indignato.
Il ragazzo storse gli occhi e sbruffò «Viaggio.»
«Oh! E che posti hai visitato?»
Inarcò un sopracciglio argenteo «Non mi và di elencarli.»
«E va bene… Hai una famiglia?» il tono voleva essere disinvolto, non le riuscì molto bene, lui però non sembrò accorgersi del lieve tremore alla parola “famiglia”. La guardava in silenzio. Aveva serrato la mascella e mosso le mani. Perché? C’era qualcosa che non andava… «Perché tutte queste domande, donna?» Ecco… «Semplice curiosità! Si dice che la curiosità sia donna, adesso ne hai la prova! Che ti costa dirmelo? Ho la possibilità di una conversazione con il decantato generale della Shin-Ra, quando mi ricapiterà?» Silenzio. Lui non la guardava più. A che pensava?
Volse lo sguardo verso di lei «Sì, ho una famiglia… Jenova, mia madr…»
«Jenova?! JENOVA?! Ti hanno detto che Jenova è tua madre?! Quando il nome di tua madre sarebbe il mio!» era scoppiata, interrompendolo involontariamente. Lui aveva spalancato gli occhi, e lei con lui resasi conto del grande errore che aveva appena commesso. “Perdonami figlio, non volevo spaventarti.”
 

*

 
Quella donna lo stava irritando, sembrava una bambina euforica per aver ricevuto un nuovo giocattolo. Gli dava del “tu” come se si conoscessero da anni, lo interrogava come neanche il presidente Shin-Ra aveva fatto mai e scherzava con lui, chi si credeva di essere? Ma lui stette al suo assurdo gioco. Poteva andarsene, poteva levarla di mezzo con un fendente della sua katana, ma non ne valeva la pena. Si annoiava e quella donna strana, Lucrezia, era una distrazione; la guardava passeggiare e sorridergli… Stranamente si sentiva… a casa. C’era un mistero dietro quella figura esile, era… evanescente e voleva capire il perché.
E poi… quella domanda che da sempre aveva odiato. «Hai una famiglia?» Come al solito sentì i muscoli irrigidire. Dopo anni ed anni quella domanda aveva sempre lo stesso effetto. «Perché tutte queste domande donna?» La vide vacillare, non lo sapeva neanche lei, la dottoressina dalla risposta pronta «Semplice curiosità! Si dice che la curiosità sia donna, adesso ne hai la prova! Che ti costa dirmelo? Ho la possibilità di una conversazione con il decantato generale della Shin-Ra, quando mi ricapiterà?»
Quella scienziata gli ricordava una ragazza che era arrivata ad infiltrarsi nel suo bagno pur di avere qualche informazione in più sul “decantato generale della Shin-Ra”. Avevano usato le stesse parole… un passato così lontano… Decise di rispondere. Del resto a quella ragazza aveva risposto un educato “non lo so”, a questa avrebbe detto la verità dato che ora che ne era a conoscenza. «Sì, ho una famiglia, e la mia famiglia è Jenova, mia madr...»
« Jenova?!» l’uomo si bloccò irritato: l’aveva forse interrotto? E perché ripetere il Suo nome così? «JENOVA?! Ti hanno detto che Jenova è tua madre?! Quando il nome di tua madre sarebbe il mio!»
CHE COSA?!
Senza rendersene conto portò la mano sull’elsa nera della sua Masamune e si avvicinò pericolosamente a lei. «Ritira quel che hai detto! Ritira la tua insinuazione!» La donna abbassò lo sguardo mordendosi il labbro. Cosa sapeva? Aveva capito bene? Lei…. Sua madre? No… no… non c’era nei documenti… No.
 
Lucrezia sospirò profondamente. La sovrastava in altezza, sembrava così piccola… Lo guardò tristemente e provò a sorridergli, era meno luminosa di prima, e poi cominciò a parlare. «Sei un ragazzo così bello… l’ultima volta che ti ho visto eri appena nato. E l’ultima volta che ti ho toccato» una piccola risata indignata «non ti ho mai toccato direttamente, solo attraverso il mio grembo. Ti hanno strappato a me proprio il giorno in cui sei nato… Stavi piangendo, ti eri appena affacciato alla vita. Agitavi le braccia come se stessi lottando contro un nemico invisibile che vedevi solo tu. Forse il nemico ero io, la folle che ha acconsentito a tutto questo. Ho avuto il tempo di sentire il nome che loro avevano scelto per te. La risata e la voce di tuo padre che parlava di te come di un trofeo riecheggia ancora nella mia mente… Sono svenuta» sorrise con amarezza «non ho avuto neanche la forza di resistere ai dolori del parto. Non sono stata forte neanche per te, per tenerti subito tra le mie braccia per la prima volta.»
Sephiroth rise, rise come un folle e lei lo guardò stupita «Padre?! Io non ho un padre. E tu saresti mia madre?? Hai molta immaginazione donna, la mia unica Madre è Jenova.»
«Ma….. è la VERITA’!» lo disse quasi urlando, era sull’orlo delle lacrime e Sephiroth sentì la presa sulla Masamune farsi più salda. Verità o menzogna, menzogna o verità… Era stanco! Hanno sempre giocato con lui, utilizzando questi concetti per condizionargli la mente. La verità l’ha scoperta da solo, come doveva essere, ed ora questa donna…. Anche lei si permetteva di giocare con lui? Lui non era più il fantoccio, era diventato il burattinaio. Rise sprezzante «E allora dimostramelo! Dimostrami che dici il vero, donna! Dimostrami che neanche le tue sono bugie! Se sei mia madre, provalo!» Tanto non ci sarebbe riuscita. Lucrezia abbassò il capo sospirando «E va bene.»
 

*

 
Non appena Lucrezia smise di parlare, Sephiroth rise in una perfetta imitazione di suo padre, e proprio mentre lei stava notando la somiglianza, lui stava negando l’esistenza di quel traditore. Si sentì ferita… Non le credeva, ma come biasimarlo? Era infuriato ed era chiaro: il suo volto era una maschera d’odio, come quella che aveva indossato a Nibelheim cinque anni fa… anche qui lei lo aveva visto. Voleva una dimostrazione, e va bene… Avrebbe usato il Life Stream per vivificare i suoi ricordi, come aveva fatto con Vincent. Chiuse gli occhi.
La grotta svanì, come anche l’uomo dinanzi a lei.
 

°*°

 
Ricordi, ricordi, ricordi…Ed eccolo lì. Un ragazzo dai capelli neri e scompigliati studiava nella biblioteca come ogni pomeriggio, col viso giallastro chino sul libro di chimica. Portava gli occhiali e si vestiva sempre di nero, forse era questa sua aura misteriosa che faceva colpo nelle ragazze. Quel ragazzo solitario e scontroso era Elias Hojo, il classico genio incompreso. Non parlava quasi mai, ma quando lo faceva, lasciava chiunque di stucco con quel suo modo pacato ma allo stesso tempo tagliente nel dire le cose aveva affascinato persino lei, Lucrezia Crescent.
La ragazza gli si avvicinò con cautela, avevano ricevuto un compito da svolgere insieme e doveva fare in modo che Hojo acconsentisse. Lui non aiutava mai nessuno. «Ciao, sono Lucrezia, frequento il corso di chimica con te» gli lanciò un gran sorriso, quello affabile e ammaliatore che scioglieva chiunque ma lui non aveva neanche alzato gli occhi dal libro e ricevette un grugnito in risposta alla sua presentazione. Che la stesse invitando a continuare? Scontroso o no, doveva collaborare! Lei voleva quel 30 e la sua ritrosia non doveva ostacolarla!
«Sono qui per il progetto che ci è stato assegnato dal professore. Che ne dici di cominciare?» Finalmente Elias alzò gli occhi dal suo libro e la squadrò come se volesse studiarla, una delle due folte sopracciglia, quella a sinistra, inarcata. Temendo un “no” Lucrezia stava per mettersi a supplicarlo, ma il ragazzo la sorprese: «Hai i libri e la chiave del laboratorio?»
«Certamente!» si rese conto che il suo tono trasudava un tacito senso di vittoria e decise di contenersi. Per un attimo incontrò gli occhi neri del ragazzo che si affrettò a calare lo sguardo verso il pavimento, irritato. «Molto bene, andiamo.»
 

*

 
In una settimana avevano terminato la ricerca, quando un normale studente ci avrebbe impiegato minimo un mese. Hojo era un instancabile studioso, voleva conoscere sempre più cose: quando scopriva qualcosa di nuovo commentava “intrigante” e prendeva appunti su appunti. Era anche audace, azzardava di tutto pur di vedere i possibili effetti anche se i rischi potevano essere tanti. Mischiare acidi e basi forti non era una cosa da sottovalutare ma lui era sempre calmo e dopo aver constatato gli effetti le spiegava tutto –non senza un accenno di arroganza- e Lucrezia, stupefatta dalla sua gentilezza, annuiva e capiva. Era un genio ed era bravo a spiegare, non è cosa da molti.
Stranamente era anche una piacevole compagnia. I confronti che scaturivano fra loro la appassionavano! Hojo aveva idee tutte sue e Lucrezia era contenta perché lei aveva trovato qualcuno con cui parlare. Doveva ammetterlo: l’aveva colpita a tal punto da definirlo “amico” anche se lui preferiva la definizione “collega con cui passare piacevoli momenti”.
 
Elias era astuto, calcolatore, cinico, ma soprattutto ambizioso: come lei voleva lavorare alla Shin-Ra e riuscì a convincerla a spedire un curriculum. Grazie al suo consiglio, subito dopo la laurea, venne chiamata dalla potente compagnia. Lui, lei ed un certo Faremis Gast erano le nuove speranze del reparto scientifico a soli 25 anni.
E fu il giorno dell’assunzione che lui le pose quella domanda senza apparentemente staccare gli occhi dalla sua rivista scientifica e lei sapeva che lui la stava studiando, come suo solito: «vuoi essere la mia ragazza?»
Lucrezia era stata presa alla sprovvista ma in ogni caso  sorrise e disse di sì.
 

*

 
Un anno  dopo Nibelheim, il primo progetto importante. Tutti i sogni, tutte le idee, tutte le macchinazioni per diventare padroni del reparto scientifico si stavano realizzando in quella città grazie alla scoperta di Jenova. Erano lei, Elias, Faremis e…
«Vincent Valentine. Sono il Turk assegnato per la vostra protezione.»
«Eccellente! Seguimi Turk, ti spiegherò le zone che tu non devi varcare: siamo scienziati, non abbiamo bisogno di ulteriori presenze in laboratorio. Tu servirai durante gli spostamenti in città, per proteggerci dai montanari ottusi che potrebbero attaccarci.» Elias aveva condotto Vincent in una stanza al primo piano della magione, con grande disappunto del Turk.
Alto, snello, elegante, sulle sue, Vincent Valentine sembrava il prototipo del piccolo lord, aveva la stessa età dei tre scienziati ma sembrava più giovane dei due uomini messi insieme, in confronto a lui loro parevano vecchi ingobbiti –ed in effetti la schiena di Hojo stava cominciando ad incurvarsi probabilmente a causa delle sere passate in laboratorio-; pallido, capelli neri e spettinati come Elias e… occhi cremisi. Sono state quelle iridi meravigliosamente rosse ad aver attirato l’attenzione della donna, risaltavano grazie al pallore del viso e alla scura divisa dei Turk e si sposavano perfettamente con il nero dei capelli. La scrutavano con intensità, ma sempre in modo rispettoso, facendola sentire unica…Si sentiva avvampare nel pensarci.
Ma non doveva… non doveva pensare ad un ragazzo appena conosciuto! Doveva pensare a lei, ad Elias, al progetto da elaborare… eppure…La stanza al primo piano sulla destra sembrava triste e silenziosa…gli avrebbe fatto visita, per tenergli compagnia, una volta o due.
 

*

 
Dopo un mese, la Shin-Ra aveva provveduto nel portare la creatura al reattore di Nibelheim e gli scienziati l’avevano vista per la prima volta. Gast era colpito dalla bellezza di quella donna aliena chiusa nella capsula, Hojo era euforico, sorrideva e si strofinava le mani esaminando Jenova, e Lucrezia… Lei sorrideva tiepidamente ma non per la visione dell’aliena che la inquietava, ma nel vedere il suo ragazzo felice come non lo era mai stato, neanche con lei: non ricordava di averlo mai visto così Ultimamente non faceva che parlare di quella creatura, la donna non sapeva se esserne gelosa o meno.
Un tocco delicato al braccio, Vincent! Ed una delicata richiesta appena sussurrata «Ti posso parlare?»
Lucrezia annuì.
 

*

 
Le aveva chiesto di fuggire con lui. Le aveva detto che non gli sembrava felice, che quel posto e soprattutto quell’uomo non erano per lei, che… l’amava. Elias non glielo aveva mai detto…
Vincent la guardava con quegli occhi così rossi e così dolci insieme, in attesa.
“Sì”, stava per dirlo, una parte di lei voleva… Ma il viso del fidanzato, adirato per il troppo tempo che passava con Vincent ed il rimprovero di due settimane fa si ripresentarono pressanti nella mente della scienziata. Buttare sogni, progetti, speranze di anni ed anni di studio per un uomo conosciuto in un mese aveva senso?
«No, Vincent, non posso!» lui spalancò gli occhi e sobbalzò e Lucrezia fuggì per la prima volta.
Al suo ritorno Vincent era scomparso, per la gioia di Elias.
 
Qualche giorno dopo Elias le propose una passeggiata, di quelle che facevano a Midgar e la teneva pure per mano, come non faceva da tempo. Le aveva anticipato che doveva dirle una cosa importante. Che il progetto fosse fallito? Che fosse stata licenziata? Lucrezia attendeva con trepidazione il discorso che il compagno stava per pronunciare…
 
Niente di tutto ciò.
Le aveva chiesto di sposarlo, senza preamboli, guardandola dritto negli occhi e due mesi dopo si scoprì incinta. In quel periodo lei riposava e i due scienziati confabulavano senza coinvolgerla –non che prima le dicessero tante cose- le ripetevano che si sarebbe affaticata. Fortunatamente Mary, una ragazza del paese, le teneva compagnia. Aveva i capelli neri e gli occhi… con orrore Lucrezia aveva notato che erano rossi. La ragazza non sembrava accorgersi dell’ inquietudine della donna. Parlava e parlava raccontandole di come aveva conosciuto l’uomo della sua vita, un certo Lockheart… Tutto sommato Mary era un’ottima compagnia ed anche una brava cuoca, se però avesse avuto gli occhi di un altro colore sarebbe stato meglio.
 

*

 
«…a grandi linee è questo il progetto Jenova» Gast tornò a sedersi dietro la scrivania ed incrociò le mani dinanzi al suo viso senza staccare i dolci occhi castani da lei; ciò significava che aveva concluso il suo sermone e che adesso toccava a lei dire la sua. Elias era poggiato al muro del sotterraneo e la guardava con curiosità da dietro le lenti spesse. Durante la spiegazione di Feramis non aveva fatto altro che esprimere il suo consenso e le molteplici possibilità che dischiudeva il progetto: bastava un suo “sì” per cambiare volto alla Shin-Ra e al mondo intero, definiva tutto ciò una “consacrazione di nostro figlio all’altare della Scienza”.
Lucrezia chiuse gli occhi e vide il suo nome insieme a quello dei suoi due colleghi nella targa del reparto scientifico, vide il presidente che le stringeva la mano per la brillante conferenza da lei tenuta…
«Accetto!» aveva appena donato sé stessa e suo figlio ai due colleghi, alla Shin-Ra, al mondo e alla Scienza. Suo figlio che non era neanche nato.
 

*

 
Lucrezia sorrideva a quella creaturina che si era appena affacciata alla vita. Si contorceva e menava pugni all’aria piangendo fra le braccia di Mary che l’aveva assistita per tutto il tempo. La neo mamma aveva allungato le mani per tenere il bambino; la ragazza le sorrise dolcemente e si avvicinò per porgerglielo ma qualcuno l’aveva preceduta: suo marito.
Mary sembrava sorpresa da quel gesto possessivo ed egoistico e lo guardò con rabbia «E’ delicato, professore! Sia meno impulsivo!» Elias però neanche la guardava, aveva occhi solo per il bambino. La mora alzò le spalle per scusarsi con Lucrezia e le sorrise «E allora… come lo vuole chiamare?»
Lucrezia stava per aprire bocca, ma Elias l’aveva nuovamente preceduta «Sephiroth!» aveva il tono sbrigativo dei ragazzi che aspettavano il suono della campana per andare a casa «Questo bambino porterà il nome di un dio perché lui è perfetto! E’ perfetto come un dio!» Mary scambiò lo sguardo maniacale di Hojo per amore paterno e perfino Lucrezia notò una certa ossessività nei confronti di quel bambino.
 
Ma tutto stava sfumando, qualcosa non andava. La stanza dell’albergo stava svanendo. Mary guardò la dottoressa allarmata «Professore! Sua moglie non sta bene! P-professore! Non le importa nulla di sua moglie?! Professore!» Lui se ne era già andato… con il bambino.
Svenne.
 

*

 
«Una settimana.»
Disponibile come sempre Mary l’aveva appena informata delle sue condizioni: era stata in coma per una settimana. Lucrezia ringraziò e nonostante la paura chiese dove fosse suo figlio. Lesse la risposta sul viso triste della giovane. Andati…
 
Dalla hall dell’hotel compose quel numero che ben conosceva, la voce di una donna la informò che aveva appena chiamato la Shin-Ra company –come se lei non sapesse di chi fosse quel numero non propriamente alla portata di tutti- e con la falsa disponibilità tipica delle segretarie, le chiedeva se potesse fare qualcosa per lei. «Sono la dottoressa Crescent, richiedo di parlare con il dottor Hojo.» Dopo pochi minuti Elias prese il telefono e la salutò con tono beffardo «Dimmi tutto moglie.»
«Restituiscimi  mio figlio!» le si era già rotta la voce.
«Cara parli di lui come se fosse una merce di scambio, lui era tuo figlio. Quando tu hai detto quel fatidico “sì” –e grazie al cielo perché ci hai risparmiato tanti problemi- quel figlio è diventato mio, di Gast e dell’azienda che ci ha finanziati. Avresti dovuto capirlo fin da subito, ma il tuo brillante cervellino era offuscato dall’ombra di Valentine come una sciocca ragazzina innamorata! Lui era il tuo principe forte e muscoloso, mia cara ex collega?»
Lucrezia boccheggiava come un pesce fuori dal suo elemento: Hojo era da sempre stato più bravo di lei in tante cose, fra le tante nella dialettica in particolare –anche se Gast con la sua pacatezza lo batteva in questo campo-. Si stava rendendo conto che non aveva alcuna speranza… Era la preda destinata a perire sotto le fauci del predatore. «Io… Io… Ho acconsentito solo per amore della Scienza! Io…»
«Moglie, non sai dire le bugie, ti fai scoprire subito! Come quando mi avevi detto che fra te e Valentine non c’era nulla… Ma dimmi un po’, chi ho visto scopare nella stanza a secondo piano moglie? Chi ho visto dormire in quel letto moglie? Due mostri che volevano aumentare la popolazione per infestare meglio la casa? Dimmelo, dimmelo bugiarda di una puttana! CHI HO VISTO?! CHI SI ROTOLAVA IN QUEL LETTO?!» Lucrezia era allibita: lui sapeva, lo aveva sempre saputo… Era stata sciocca. Ma come…? Loro avevano chiuso a chiave quella camera quel giorno…
«Non sforzare la tua bella testolina, avevo il doppione delle chiavi» aggiunse lui, ancora col respiro agitato, come se le avesse letto nella mente. Elias era scaltro, senza ombra di dubbio, come lo era sempre stato, ma la donna non avrebbe mai pensato di sentire suo marito parlare così… Così agitato, così affannato, così…umano.
Lucrezia sospirò rassegnata «Ti prego, ti prego, fammelo vedere almeno una volta! Fammelo toccare, vorrei fargli una carezza, voglio parlargli, cantagli una ninna nanna e vederlo dormire beato. Voglio…»
«Vuoi, vuoi, vuoi… sei sicura che lui voglia conoscere quella puttana di sua madre?» si era già ricomposto. Lucrezia piangeva «Hojo non fare il bambino! Ti prego! Ti prego!» ormai urlava come un’isterica e non le importava più.
«Mph… Bambino io… Non mi risulta di aver mai messo i miei due piedi in una scarpa come invece tu hai fatto e non mi risulta neanche di aver mai preteso qualcosa che non mi spettasse come stai facendo tu adesso, a torto peraltro. Pensa al suo bene: come potrebbe diventare il soldato perfetto se venisse infettato dai tuoi vizi?» risate «Mio figlio diventerà il primo SOLDIER della Shin-Ra company. Ormai tu sei inutile, adesso puoi raggiungere il tuo eroe dagli occhi rossi… all’Inferno!- e rise, rise come un folle come quel diavolo che era sempre stato ma che lei non aveva visto, o forse che si era rifiutata di vedere.
«COSA GLI HAI FATTO? COSA SEI DIVENTATO?! RISPONDI! DIMMELO DEMONE!» troppo tardi,  aveva attaccato.
Chiamava lui “demone”, ma lei era così diversa da lui?
Ricompose il numero e stavolta chiese di Gast… Non si fece trovare, “era assente per lavoro”, figurarsi…
Voleva morire.
 

*

 
Una lama argentea luccicò nelle pareti della grotta dei cristalli prima di scendere velocemente in direzione del suo stomaco. Freddamente Lucrezia tentava di distruggere quel ventre che lei stessa aveva maledetto col suo “sì”.
Le forze la abbandonavano, forse la pace stava giungendo.
«Eccoti.» una voce sibilante,  sentì una voce fredda e gelida di donna chiamarla nuovamente in una nuova non-vita. Doveva essere lei…
«Jenova perché?» Non rispose.
 

°*°

 
La nebbia svanì, era nuovamente nella grotta e la donna lo guardava tristemente. Sephiroth si sentiva male: disgustato, orripilato, devastato tuttavia manteneva il suo solito atteggiamento. Contegno, forza, disciplina e concentrazione, il marchio del soldato perfetto. E poi lei ricominciò a parlare, non senza esitare lievemente «Io sentivo tutto con te figliuolo, le fiamme di Nibelheim, le tue ferite, il vento che ti accarezzava i capelli nella caduta verso il mako –avrei tanto voluto essere quel vento- e poi nulla, ma nonostante avessi cominciato a non sentirti più, non volevo credere alla tua morte anche perché non ti trovavo nel Life Stream. Grazie a Jenova sentivo che…»
«Allora cerca di capire cosa sento adesso donna! Visto che puoi, fallo!» Sephiroth la sovrastava persino con le parole «Sai cosa sento? Sento che sei una strega illusionista, sento che le tue parole sono menzogne, sento che sai creare solo immagini illusorie come so fare io, sento che quello scienziato da strapazzo non può essere mio padre, sento che una pecora debole e codarda come te non può essere mia madre e sento che la mia unica Madre è Jenova! Lei mi ha riportato alla vita, lei mi ha aiutato, lei mi ha dato il suo corpo ed i suoi poteri per farmi arrivare sul podio e tu che avresti fatto per me? Piangere e lamentarti del tuo ingiusto destino… e pregare! Quella sì che è un’attività gratificante, sì? Aiuta i molti!» la rabbia ed il risentimento lo stavano divorando. La donna aveva gli occhi spalancati per il terrore «Sephiroth, io…»
«E sai cosa altro sento donna?» Sephiroth la fece tacere con un solo gesto della mano «Sento che più conosco questo Pianeta, più voglio distruggerlo… Voi umani siete solo indegne creature, Lei ha ragione…»
«SMETTILA!» nuovamente la donna si era presa l’onore non concesso di interromperlo. Sephiroth incurvò le labbra sottili in un ghigno sadico «E sai cosa ho sentito strega? Che questo non è il tuo vero corpo, che il tuo vero corpo è cristallizzato laggiù» puntò la katana verso il più grande cristallo, quello che al centro presentava una macchia scura, ed accompagnò il gesto con un lieve cenno del capo «Indovina chi mi sta suggerendo questa indicazione se non mia Madre Jenova? Le và un esperimento, dottoressa Crescent?» aggiunse il generale in un sibilo «Vuole vedere cosa le succederebbe se io distruggessi quel cristallo con la mia fida Masamune?»
Sephiroth si stava preparando a fendere il cristallo con la sua katana e la donna si buttò in ginocchio «Ti prego Sephiroth, non essere come lui! Ti prego perdonami! PERDONAMI!» L’uomo la squadrò con freddezza «Tu non meriti alcuna pietà.» Tirò il braccio indietro, i muscoli tesi e la katana pronta ad uccidere.
Lei abbassò lo sguardo lacrimoso con umiltà.
 

*

 
«Tu non meriti alcuna pietà.»
“Hai ragione figliuolo, sei l’unico che ha il diritto di farlo, sei tu che devi punirmi, sono stata io la causa dei tuoi mali, mali che tu hai tenuto dentro, mali che ti sei caricato sulle tue spalle forti, come se dovessi essere tu a dover pagare per i miei peccati. Se non ora, spero che un giorno mi perdonerai”. Non voleva neanche più esprimere ciò che voleva dire, un groppo in gola glielo impediva. Lucrezia chiuse gli occhi e calò il capo, la risata fredda di Jenova le risuonava nella testa.
Sarebbe morta e per mano di suo figlio…
 
«Ho altro da fare donna.» Sephiroth abbassò l’arma e si voltò senza guardarla «Non posso sporcare la mia lama con il tuo sangue indegno, prede migliori mi aspettano…» L’aveva risparmiata… Perché?
«No, no ti prego! Non andare via! Non lasciarmi qui! Aspetta!» Lucrezia cominciò a camminare incerta verso il figlio che si stava dirigendo verso l’uscita «Ti prego! Abbandona questa via di sangue! Non ripetere ciò che hai commesso a Nibelheim! Tu sei diverso, non sei così… non sei un soldato, non sei un mostro, sei solo il mio bambino. Abbiamo tutto il tempo per recuperare!»
Sephiroth si fermò sulla soglia, non si era neanche voltato, forse c’era qualche speranza… «Ho già perso abbastanza tempo qui con te… Non sono più un soldato, non sono stato mai un mostro e non sono mai stato il tuo bambino. Io sono di più, io sono un Dio, erede e figlio di Jenova e non ho niente a che fare con te, stupida umana.»
Gelido come quei cristalli, Sephiroth le parlò per l’ultima volta e sparì così come era venuto.
La risata di Jenova continuava a riecheggiare nella mente… Lucrezia si mise in ginocchio con la testa fra le mani.
 

*

 
Gli spettatori erano giunti. La protagonista in rosa pregava ancora… Quanto tempo era passato?  La guardava con gelido disprezzo. Così simile a quella donna… la coda, il nastro, la strana frangia… stava pregando come quella strega.
Aveva provato a far fare il tutto a Cloud, come di programma, ma Tifa lo aveva riportato in sé solo chiamandolo, e dire che la pugile aveva tanti motivi per odiare quella ragazza: Sephiroth conosceva i sentimenti che lei provava per il soldato biondo. Davvero bizzarro… Capire gli umani e riuscire a vedere nei loro cuori nonostante lui fosse tanto diverso da loro.
 
Quel compito spettava a lui fin dall’inizio: vendicare la Madre per l’ingiuria subita dagli antenati della ragazza, dimostrare alla Cetra la sua vulnerabilità, colpire Cloud nel profondo, far capire ai suoi avversari cosa comportava l’averlo sfidato e… Dannazione! Era così simile a Lucrezia… la Masamune rivendicava il suo sangue per avere ingannato il suo padrone. Sephiroth si spinse oltre la sporgenza e cominciò a precipitare verso il basso, finché la lama argentea come i capelli del proprietario non attraversò quel fragile corpo che piano, piano si piegava senza vita.
L’assassino rise ed alzò le braccia al cielo. Cloud parlava di dolore, sofferenza e perdita. Vedere la fioraia in rosa priva di vita fra le braccia del nemico affranto lo rallegrava, ma per un momento credette di vedere una donna dal camice bianco al posto della Cetra e la cosa lo inquietò… ma solo per un momento.

FINE

  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Nefthi