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Autore: Feel Good Inc    02/10/2011    1 recensioni
{ Storia vincitrice del contest Il Mago di Oz in cosplay indetto da Graphictoons per la rivista Gira Gira }
Non sembrava pericolosa né strana, e per un attimo Dorothy si chiese perché mai la Strega possedesse un oggetto tanto ordinario. Poi, all’improvviso, la sfera si animò: nelle sue profondità si agitò un vortice di immagini, e mentre Totò guaiva e si accostava alle sue ginocchia, Dorothy ricordò con un brivido di eccitazione le sfere di cristallo in cui si diceva che i grandi maghi leggessero il futuro.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dorothy Gale, Spaventapasseri , Totò
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’altra faccia dei desideri

 

 

 

Dorothy si tirò su, scrollò il vestito e si guardò intorno nella cantina ripulita di fresco. Quanto tempo aveva già trascorso laggiù, a fare le pulizie per conto della Perfida Strega dell’Ovest? Ore, forse giorni interi. Strizzò il panno umido nel secchio, imbronciata; il lavoro non la spaventava – dopotutto era cresciuta in una fattoria, e la zia Emma sapeva essere molto esigente in fatto di lucidature e colpi di scopa. Tuttavia non le piaceva affatto l’idea di dover fare da schiava alla Strega per sempre.

Nelle favole che le leggeva la zia Emma, le fanciulle costrette a subire quelle umiliazioni venivano puntualmente salvate da principi azzurri su cavalli bianchi. Lei non conosceva nessun principe azzurro, e gli unici che avrebbero potuto aiutarla al momento erano in condizioni ben peggiori delle sue. Si costrinse a non rattristarsi per la sorte dello Spaventapasseri, svuotato della sua paglia e ridotto a fagotto di stracci senza vita, o del Boscaiolo di Latta, scaraventato tra le rocce appuntite dalle Scimmie Volanti, o del Leone Codardo, rinchiuso in un recinto a morire di fame – no, non poteva permettersi di piangere. Doveva essere forte anche per loro, per i suoi amici. Be’, avrebbe trovato da sola una soluzione: in Kansas era sempre così, per vivere ci si arrangiava.

Seguita passo passo da Totò, Dorothy ripose secchio e straccio nel ripostiglio che la Perfida Strega le aveva indicato, tornò al centro della stanza e osservò attentamente tutto ciò che la circondava. La Strega doveva usare quella cantina per esercitare le sue arti più oscure, poiché ovunque i suoi occhi si posassero si stendevano file e file di strani strumenti dall’aspetto ben poco rassicurante. C’erano dei pugnali d’argento in bella mostra sopra quello che somigliava a un altare. C’erano ampolle piene di un liquido rosso sangue che neppure una bambina golosa come Dorothy avrebbe mai avuto voglia di assaggiare. L’oggetto più curioso – e anche un po’ più innocuo – pareva invece la grande sfera di vetro nell’angolo, che aveva dovuto strofinare più e più volte per liberare da tutte le ragnatele. Sembrava quasi che la Strega avesse voluto disfarsene.

La ragazzina si avvicinò. Tanto valeva prendersi un altro po’ di tempo prima che la Perfida Strega le assegnasse l’ennesimo compito; e forse, dopotutto, in quella cantina piena di cose indiscutibilmente magiche avrebbe trovato un modo per fuggire da lì e salvare i suoi amici. Totò annusò la sfera con diffidenza, mentre lei si accucciava sui talloni e la fissava.

Non sembrava pericolosa né strana, e per un attimo Dorothy si chiese perché mai la Strega possedesse un oggetto tanto ordinario. Poi, all’improvviso, la sfera si animò: nelle sue profondità si agitò un vortice di immagini, e mentre Totò guaiva e si accostava alle sue ginocchia, Dorothy ricordò con un brivido di eccitazione le sfere di cristallo in cui si diceva che i grandi maghi leggessero il futuro. Era così, allora? Stava per accadere qualcosa di simile?

Le immagini si fecero più nitide. Dorothy si avvicinò ancora, scrutando la sfera della Strega come se fosse stata la superficie di un laghetto. A poco a poco, distinse i lineamenti di un viso molto familiare... Il suo riflesso, che rideva e abbracciava le figure dello zio Henry e la zia Emma.

Dorothy rimase a bocca aperta, perplessa e delusa: che la sfera mostrasse il passato anziché il futuro?

Poi l’immagine cambiò; la fattoria svanì – e adesso vedeva una città meravigliosa, con alte guglie e torri scintillanti di un verde profondo: riconobbe immediatamente la Città di Smeraldo, dimora del Meraviglioso Mago di Oz. Dorothy si fece così vicina che il suo naso quasi sfiorava la superficie di vetro; era molto curiosa di conoscere il passato della Città di Smeraldo.

L’immagine le mostrò il trono dal quale Oz aveva ordinato a lei e ai suoi amici di uccidere la Perfida Strega dell’Ovest per dimostrare di meritare i doni che gli chiedevano, ma con sua grande sorpresa non vide né la grande testa che aveva parlato a lei, né una delle straordinarie apparizioni che le avevano descritto lo Spaventapasseri, il Boscaiolo e il Leone: sul trono del palazzo della Città sedeva lo Spaventapasseri in persona, con una corona d’oro cucita al sacco che gli faceva da testa e che il fantoccio teneva abbandonato su un guanto con aria triste e annoiata. Ma com’era possibile? Lo Spaventapasseri era sempre vissuto nel campo di grano finché lei non l’aveva tirato giù dal palo! Cosa ci faceva sul trono di Oz? E poi – cosa più strana di tutte – come poteva sembrare così triste, quando in tutto il tempo che avevano passato insieme non aveva fatto che sorridere?

L’immagine cambiò ancora e Dorothy restò lì a guardare il suo Spaventapasseri che si trasformava nella sagoma luccicante del Boscaiolo di Latta, il quale passeggiava in quello che... sì, sembrava proprio il castello della Strega dell’Ovest, rifletté la ragazzina, adesso decisamente sbalordita. Il Boscaiolo non aveva mai neanche messo piede in quel posto, perché le Scimmie Volanti l’avevano quasi distrutto prima che lui e i compagni potessero raggiungerlo. E anche il Boscaiolo aveva un aspetto diverso dal solito: sul suo petto liscio c’era un taglio appena visibile, come uno sportellino, all’altezza del punto vuoto in cui avrebbe dovuto esserci il cuore, e il suo volto gentile era lucido di lacrime, anche se le labbra erano distese in un sorriso. Che cosa strana.

Totò guaiva sempre di più, tremando al fianco di Dorothy, ma lei se ne accorse a stento. La sfera vorticò di nuovo e al posto del Boscaiolo comparve il Leone, in una postura incredibilmente regale, intento a ricevere gli onori di una schiera di animali in una foresta lussureggiante: sembrava proprio che lo stessero acclamando come un re, eppure i suoi occhioni liquidi erano pieni di tristezza. E anche in questo caso, non poteva trattarsi del passato, perché il Leone Codardo diceva sempre di non aver ricevuto altro che sbeffeggiamenti da tutti i suoi simili.

L’immagine si accartocciò su se stessa; ci fu un ultimo intrico di colori e infine, semplicemente, tutto scomparve così com’era apparso.

Dorothy restò a un soffio dalla sfera gelida e trasparente, a domandarsi cosa volesse dire quel che le aveva mostrato. Se era una sfera magica – in grado di predire il futuro – la spiegazione non poteva essere che una: era rotta, e la Strega l’aveva cacciata laggiù in cantina proprio per liberarsene. Oppure... Oppure... Be’, non vedeva altre spiegazioni. Insomma, se lei avesse potuto tornare nel Kansas, allora anche lo Spaventapasseri, il Boscaiolo e il Leone avrebbero trovato la felicità qui a Oz, giusto? Il Mago avrebbe esaudito i desideri di tutti loro e nessuno avrebbe sofferto. Sì, la Perfida Strega dell’Ovest doveva aver abbandonato la sfera nella polvere perché sapeva che quella non avrebbe mai più risposto alle sue domande con la verità.

Totò alzò il muso verso di lei con uno sguardo incerto. Dorothy gli sorrise e lo accarezzò con affetto sulla testa.

«Hai avuto paura, Totò? Non preoccuparti, qui non c’è niente che possa farci del male.»

Si alzò di nuovo, stringendo il cagnolino al petto, e pian piano s’incamminò verso le scale per andare a ricevere il prossimo ordine della Perfida Strega.

«Però non c’è neanche niente che possa aiutarci» mormorò, di nuovo imbronciata.

Non si guardò indietro quando si lasciò alle spalle la cantina vuota e la sfera silenziosa.

 

 

 

Dorothy mi raccontò questo episodio pochi giorni dopo aver trovato il modo di sconfiggere la Perfida Strega dell’Ovest, quando le Scimmie Volanti entrarono ai suoi ordini e mi rimisero in sesto. Anche il Leone e il Boscaiolo di Latta erano sani e salvi, e nel breve e sereno periodo che trascorremmo nelle terre dell’Ovest lei volle parlarci di tutto ciò che le era successo da quando la Strega l’aveva imprigionata.

Quella strana sfera trovata in cantina doveva essersi guastata, concluse con convinzione: tutti noi fummo d’accordo, perché era evidente – persino a me, che non avevo ancora raggiunto la strepitosa intelligenza donatami più tardi dal Meraviglioso Mago – che se lei fosse tornata nel suo Kansas, anche noi avremmo ottenuto ciò che desideravamo più di ogni altra cosa. La sfera non poteva aver ragione, ecco tutto.

Sono trascorsi alcuni mesi da quei giorni spensierati nel castello della Strega sconfitta, e oggi, ahimè, posso affermare con dolorosa certezza che la sfera di vetro non era affatto rotta, e non mostrò a Dorothy nient’altro che la verità.

La nostra cara amica è tornata a casa. Non abbiamo più saputo nulla di lei, ma supponiamo che sia felice: Zio Henry e Zia Emma le mancavano infinitamente, e non c’è dubbio che il Kansas sia il solo posto giusto per Dorothy. Ma per noi è un po’ diverso.

Il Leone è diventato Re degli Animali; ha dimostrato finalmente il proprio coraggio, assicurandosi la fedeltà dei sudditi e riscattandosi ai loro occhi. Non è felice, però. A volte viene a trovarmi e mi racconta di avere una paura tremenda di lasciarsi sopraffare dal dolore dell’improvvisa solitudine di cui si è scoperto vittima.

Il Boscaiolo di Latta è diventato Imperatore dell’Ovest; i vecchi sudditi della Strega hanno amato la sua bontà d’animo prima ancora che lui trovasse il suo cuore, e gli hanno chiesto di restare. Neppure lui è molto felice. Vuole un gran bene a tutti loro, ma mi scrive di sentire la mancanza della persona che più di tutte sente di amare.

Io siedo sul trono di Oz, e regno sul Paese per il quale un tempo non ero altro che un fantoccio senza cervello. Rifletto e ragiono tutto il giorno e mi dico che non dovrebbe esistere nessuno più felice di me. Eppure sono ancora qui seduto, a chiedermi perché la lontananza di Dorothy mi faccia sentire più inutile e vuoto di quanto non sia mai stato; e non trovo risposta.

 

 

{ dai diari dello Spaventapasseri di Oz, Città di Smeraldo, primo anno dalla Caduta delle Streghe }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Sono scandalosamente fiera di rivelarvi che questo racconto è risultato uno dei vincitori del contest Il Mago di Oz in cosplay indetto da Graphictoons, ed è stato pubblicato nel numero di Gira Gira uscito in occasione dell’ultimo Romics (29 settembre – 2 ottobre). Come da liberatoria, mi avvalgo dei diritti d’autore relativi alla pubblicazione della storia in altri formati condividendola con i miei lettori qui su EFP.

E no, non so cos’altro dire. Perché il fatto è che sono ancora troppo felice per farmi venire in mente qualunque cosa.

Aya ~

   
 
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