Nothing
lasts Forever.
Chi
crede nel destino?
Io ho sempre creduto in esso,
sempre! Ho sempre pensato che quando accadono delle cose, belle o
brutte che siano, erano già state scritte e tu non puoi fare
nulla per impedire che il destino faccia il suo corso.
Non ho mai pensato che una
persona possa essere la responsabile del destino di un’altra.
Nessuno mai mi aveva detto
che se si ci trova in certe situazioni, con certe persone non
è perche è stato il destino a deciderlo.
E’ perche sei stato tu a volerlo.
Jonghyun dice sempre che il
destino non esiste. Che è solo una scusa che usano gli
assassini, i bugiardi e gli ipocriti per incolpare qualcosa di astratto.
Ma io testone che sono non
gli ho mai dato retta, finche non accadde l’inevitabile.
Erano precisamente le sei del
mattino quando Onew si svegliò per preparare la solita
colazione a Taemin, costretto a dover frequentare i corsi estivi a
causa delle sue numerose assenze a scuola.
Quell’inverno gli
SHINee avevano avuto molti impegni tra concerti, interviste, viaggi,
prove, coreografie nuove da imparare…. A causa di tutti
questi fattori il più giovane del gruppo –che
ancora frequentava il liceo- aveva dovuto saltare almeno una trentina
di giorni scolastici.
Così Onew, che si
sentiva in qualche modo colpevole e responsabile,
apparecchiò, preparò due uova strapazzate che
mise a tavola. Subito dopo si precipitò nella stanza buia
del maknae che era ancora incatenato al meraviglioso mondo dei sogni.
< Mmmh? Tae? Sveglia.
> gli sussurrò dolcemente all’orecchio.
< Non ci vado a scuola
> rispose di botto Taemin con un tono di voce mista tra il
deciso ed il mezzo addormentato
Onew corrugò la
fronte e sbuffò: quel ragazzo era proprio incorreggibile.
< Non costringermi sai?
Guarda che telefono a Minho e gli dico che non vuoi andare a studiare.
Lo sai che lui ci tiene particolarmente a te, no? >
A questo dire Taemin
tirò immediatamente su la testa da sotto le coperte e
andò a fissare preoccupato il volto del più
grande che sorrise compiaciuto dal fatto che sapesse come convincere il
ragazzo.
< Non oseresti.
> disse mordendosi il labbro inferiore.
< Oh si invece. Avanti
scendi dal letto! Oggi pomeriggio andrai a prendere Minho
all’aeroporto. > pronunciò Onew tornando
dolce.
Ogni volta che nominava il
nome di Minho, sembrava che Taemin si tranquillizzasse.
Così il maknae fece
la sua colazione, si vestì ed uscì di casa con lo
zaino in spalle. Una volta fuori alzò gli occhi al cielo:
sembrava stesse per piovere.
Ero davvero un ragazzino
ingenuo che viveva in un mondo di rose.
Tutto per me era perfetto e
non mi rendevo conto della fortuna che avevo ad essere circondato dalle
persone che amavo.
“Non ti rendi conto
di ciò che hai finche non lo perdi” scrisse un
tale.
Ma quel giorno, quando
accadde ciò che per me era impossibile, non potevo crederci..
Era accaduto tutto in un
attimo così veloce e fugace che facevo fatica a capire cosa
fosse accaduto.
Le cinque ore a scuola
passarono tra lo studio della lingua, la poesia, la matematica, la
biologia e la psicologia.
Come sempre le ragazze nei
corridoi lo fermavano per un autografo, per una foto. Ogni volta che
passava seguivano sempre applausi e grida sia da parte delle
studentesse sia da parte di alcune insegnanti.
Alcuni ragazzi invece erano
soliti chiedergli cose del tipo
Taemin non era affatto stufo
di tutto ciò: ne era contento.
Si, perche tutte quelle
persone erano per lui fonte di felicità, di gioia. Era
contento di poter far sorridere delle persone con un semplice gesto,
con dei passi o con la propria voce.
Per lui i fan erano questo:
felicità sia per loro che per sé.
Quando Taemin uscì
dalle mura scolastiche, le nuvole erano ancora in cielo più
scure e nere di prima.
Un debole tuono si fece
sentire in lontananza e solo ora il ragazzo si rese conto di aver
sbagliato ad uscire senza ombrello.
Ma poco importava perche
adesso veniva il bello della giornata. L’aereo di Minho
sarebbe atterrato tra poco.
Così Tae
s’incamminò e nel fare ciò
tirò fuori il cellulare: tre nuovi messaggi.
Key: scusa se non sono sceso a
salutarti piccolo! Buona fortuna a scuola!
Jongh: il nostro scolaro
all’attacco! Fai vedere chi sei e porta presto a casa il
nostro rapper preferito!!!
Onew: già che ci siete
prendete anche del latte! E’ finito. E magari una confezione
di pollo?
Taemin rispose a tutti e tre
gli amici mentre continuava a camminare a passo svelto per la strada.
Quello era un suo brutto
vizio, camminare col cellulare in mano senza guardare le persone che ti
circondano.
L’aeroporto non era
lontano, infatti Taemin arrivò lì a
piedi in meno di mezz’ora.
L’edificio era
davvero enorme, con le pareti bianche, le piastrelle marroni e
moltissime finestre che si affacciavano all’area di volo.
Il ragazzo si fermò
a chiedere informazioni sul volo di Minho che sembrava non essere
ancora arrivato.
< Mi scusi,
l’aereo 111 è già atterrato? >
< Mmmh, si!
All’incirca dieci minuti fa! > rispose sorridente la
donna.
Ma Minho dov’era?
Tae decise così di
uscire dall’edificio e fu allora che lo vide seduto su una
panchina con le gambe incrociate e lo sguardo fisso sulla strada.
< Minho! Eccoti
finalmente! > urlò caloroso il giovane facendo
sobbalzare l’altro.
I due si abbracciarono
saldamente come fecero esattamente la volta in cui il rapper dovette
partire.
Era un mese che non si
vedevano, ma sembravano passati anni vista la felicità di
Taemin nel rivederlo.
< Il solito Tae! Non
sai quanto mi sei mancato piccolo! > disse Minho abbracciandolo
e scompigliandogli i capelli.
< Ahah! Prima di
tornare a casa dobbiamo fare due commissioni: a casa non
c’è più pollo e neanche il latte.
> pronunciò Tae.
< Ah! Allora corriamo!
Il pollo a casa non può mancare. Poi Onew chi lo sente?
> ironizzò l’altro prendendo la mano del
più piccolo per poi mettersi a correre lungo il marciapiede
fino ad arrivare al negozio di alimentari.
Sulla soglia del negozio,
Taemin lasciò la mano a Minho per chinarsi a riprendere
fiato.
< Perche abbiamo dovuto
correre? > chiese ansimante.
< Voglio fare in
fretta! Non vedo l’ora di riabbracciare gli altri. >
Le disgrazie accadono proprio
quando meno te l’aspetti. Quando sei più
vulnerabile.
E quando accadono, tu sei
completamente impreparato, incosciente.
Cos’avrei dovuto
fare io quel giorno!?
Giorno di felicità
in principio e di dolore alla fine.
Uscirono con gli acquisti dal
negozio.
Taemin teneva il sacchetto che
conteneva cinque grandi confezioni di pollo, mentre Minho teneva tre
litri di latte.
< Ora possiamo tornare
a casa. > pronunciò ansioso il maknae.
< Non vedevo
l’ora. Questa sera si cenerà finalmente tutte e
cinque insieme! Ehi, ma.. quello laggiù non è
forse Jongh? > domandò Minho indicando
dall’altra parte della strada.
< Si! E’ lui!
Che ci fa qui? JONGH! > lo chiamò Tae.
Quest’ultimo si
voltò sentendo la voce del ragazzo e alzò un
braccio salutandoli.
Così Taemin fece un
passo fuori dal marciapiede, poi un altro ed un altro fino ad arrivare
a metà della strada.
Si sentì poi un
fortissimo rumore di clacson proveniente dalla destra del maknae, che
si voltò di scatto vedendo un camion venirgli addosso ad una
velocità davvero improponibile.
Taemin si ritrovò
completamente impotente, incapace di muovere il proprio corpo.
Con la coda
nell’occhio riuscì a intravedere Jongh che correva
nella sua direzione, ma non avrebbe fatto in tempo: il veicolo era a
pochi, pochissimi metri dal ragazzo.
< NO! TEAMIN! >
urlò Minho.
Dopo
ciò… Si scatenò l’inferno.
Chi darebbe la propria vita
per un’altra persona? Chi?
Non me l’ero mai
fatta una domanda simile prima di quel giorno. Prima di
quell’incubo.
Era accaduto tutto in quanto?
Cinque o sei secondi?
A me sembrò un
eternità quando vidi il volto terrorizzato di Jonghyun.
Qualcuno spinse Taemin con una
forza tale, che il ragazzo si scostò all’istante
dalla sua postazione e si ritrovò a terra tra le braccia
possenti di Jongh.
Si sentì poi un
rumore fortissimo e qualcosa schizzò sul volto candido di
Taemin che non osava aprire gli occhi per vedere cosa fosse accaduto.
Sentiva il forte respiro di
Jonghyun sempre più affannoso, più strozzato.
Quando decise di riaprire gli
occhi gli si parò davanti un’immagine cruciale,
troppo cruda per quegli occhi innocenti.
Minho disteso a terra a pochi
passi dai due, il camion proprio davanti al naso di Taemin rivestito di
sangue che gocciolava dai fari ancora accesi. Il guidatore con la
fronte insanguinata privo di sensi al volante.
Dalla sua bocca
uscì un urlo disperato, un grido, un lamento di dolore fuso
con la rabbia.
Quelle urla non esitarono ad
arrivare alle orecchie delle persone intorno che si girarono
immediatamente per vedere quanto fosse successo.
Taemin si liberò
dalla stretta del più grande e strisciò verso il
corpo privo di vita di Minho.
L’asfalto freddo
graffiò le braccia del ragazzo che quando sopraggiunse
sull’amico, sentì chiaramente le prime gocce di
pioggia cadergli sui capelli, sul volto, sul corpo.
< Minho? Minho! Stupido
apri gli occhi! Guardami! Non puoi farmi questo…. Dobbiamo
andare a casa…. Dobbiamo….. Ti prego! > le
lacrime iniziarono a rigargli il viso.
Lacrime che andavano a
mischiarsi col diluvio che si era andato a creare.
< MINHO! > lo
scrollò invano.
< Taemin >
sussurrò Jongh in lacrime raggiungendolo e abbracciandolo.
Ed i lamenti del ragazzo si
trasformarono nuovamente in grida che non potevano restare dentro il
suo corpo.
Taemin si
accovacciò sul corpo di Minho e pianse, urlò
sperando che lui lo potesse sentire, pregando che Minho potesse
rialzarsi a scompigliarli ancora i capelli per dirgli “Non
piangere piccolo! Era tutto uno scherzo.” Ma non accadde.
Dopo quel fatto la band si
sciolse.
Sì, perche non
aveva senso continuare se mancava un elemento.
Sono passati tre anni da quel
giorno e sono mesi che non vedo Key, Jongh e Onew.
Ho sentito dire che sua
moglie ha partorito un bellissimo bambino il cui nome è
Minho.
Io invece non ho
più nulla. Non mi è rimasto niente!
I miei amici non ci sono
più perche tutti s’incolpano a vicenda: Onew
afferma che se Jongh non fosse uscito, io non mi sarei distratto. Key
dice che se Onew non ci avesse chiesto di andare al negozio, noi non
avremo attraversato proprio quando passò quel camion. Jongh
incolpa me.
Non si poteva continuare e
nonostante sapessimo che Minho non l’avrebbe certo voluto la
band oggi non esiste più. Gli SHINee sono ora un vago
ricordo delle persone.
A chi attribuisco io la
colpa? A quello stronzo che guidava ovviamente.
Gli hanno fatto
l’analisi del sangue e si è scoperto che quello
era ubriaco marcio.
Ora, ogni volta che fuori
piove, io ripenso a quel giorno.
Ogni volta che ripercorro
quella strada le gambe non mi reggono e credo di sentire la voce di
Minho che mi sussurra “Non fermarti. Vai avanti
piccolo”.
Darei la vita per riavere
ciò che avevo.
Mi strapperei via ogni arto
del corpo per ritornare a quei tempi in cui tutto era perfetto. Dove le
parole “Tristezza” o
“Solitudine” non potevano toccarmi.
Ma non
c’è giorno in cui io non penso a quanto sia
ingiusto questo mondo.
A quanto possa essere crudele
questa vita.
Minho, come avrei voluto che
tu non ti fossi messo in mezzo.
Come avrei voluto morire al
posto tuo per poterti continuare a guardare dall’alto.
Ma tu mi hai insegnato una
lezione che altrimenti non avrei imparato: se non hai nessuno per cui
sacrificare la vita, allora vivere non ha senso.
Spero che ciò
possa servire a tutte le persone che in questo momento hanno tutto ma
che non si rendono conto che l’equilibrio di quel tutto si
può spezzare facilmente.
Continuerò a
vivere sperando in un nuovo giorno. Sperando in una nuova
felicità finche quando arriverò alla fine di
questo viaggio non ti ritroverò lì seduto con una
chitarra al tuo fianco mentre mi aspetti sorridente a braccia aperte. E
stai sicuro che non mancherò.
Note dell’autrice: voi non sapete quanto ho pianto
scrivendo questo capitolo
Mentre scrivevo ascoltavo
“Please don’t go” e ad un certo punto ho
iniziato a piangere come una bambina.
Ma questa storia è
più che altro a scopo di insegnare e di far capire che noi
tutti ci lamentiamo perche non abbiamo un certo oggetto e non ci
preoccupiamo di quello che invece abbiamo tutti i giorni.
Niente è per sempre
quindi cerchiamo di tenerci ben stretto ciò che abbiamo
finche possibile.
Spero che la storia vi piaccia.
Un grande grazie a tutti coloro
che l’hanno letta fino alla fine.