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Autore: ma89vi    06/10/2011    5 recensioni
Salve a tutti! Mi scuso anticipatamente se eventualmente ci possano essere degli errori, ma sono nuova e non ancora sono pratica nel pubblicare storie! Spero che la storia vi piaccia!:)
Dal prologo: "Usagi non ricordava niente del suo passato. Da quel maledettissimo incidente, o almeno così le aveva raccontato quell’uomo. Quell’uomo con il camice bianco che l’aveva salvata, l’aveva accudita, si era preso cura di lei..."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Prologo: il caos.

Usagi era consapevole di ciò che stava facendo. Girava per la città in piena notte. Sola. Senza una meta. Senza un obiettivo. Senza un amore.

Era lì, sballottata qua e là dai fari delle macchine che le dicevano che lei c’era. Era viva. Già, era viva. O almeno lo era fisicamente. Dentro di lei, però, era morta. Morta da tempo.

Non capiva Usagi. Non capiva il perché. Perché si era ridotta in quello stato? Perché stava piangendo? Perché non ricordava nulla della sua vita? Perché da quando si era risvegliata in quel letto sconosciuto non riconosceva l’ambiente circostante? E chi era quell’uomo che le sussurrava di stare tranquilla e che prima o poi tutto si sarebbe risolto al meglio?

Era confusa Usagi. Non capiva chi fosse veramente. Forse una creatura piena di sogni. O paure. Forse una persona che fino a quel momento avrebbe desiderato solo l’abbraccio di sua madre. Lei non sapeva nemmeno di avere una madre. Spesso sognava una donna dai capelli dal color dell’argento più puro che le sorrideva..era forse lei sua madre? Avrebbe mai pronunciato quelle parole prima o poi? Erano mesi che se lo ripeteva.

Usagi non ricordava niente del suo passato. Da quel maledettissimo incidente, o almeno così le aveva raccontato quell’uomo. Quell’uomo con il camice bianco che l’aveva salvata, l’aveva accudita, si era preso cura di lei quando era in uno stato vegetativo. Quel giovane uomo dagli occhi buoni e stanchi per il troppo lavoro, quell’uomo che salvava vite umane l’aveva protetta e ospitata. L’aveva tranquillizzata, ma non resa felice.

Lei voleva ricordare. Ricordare gli occhi di sua madre, le carezze di suo padre, ma per quanto si sforzasse nessun ricordo affiorava nella sua mente. E ormai la sua testa era stanca, stanca di non sapere e ancor di più stanca di cercare.

Magari l’alcol avrebbe potuto aiutarla o forse avrebbe aggravato la sua situazione di estrema follia. Ma non le importava. Le interessava solo annebbiare la sua vista, sentirsi stordita e quasi libera. Libera di non pensare. Libera di sentire il vento freddo della sera sui suoi occhi bagnati da lacrime che rigavano il suo viso ininterrottamente. Libera anche da lui che con le sue attenzioni l’aveva fatta innamorare perdutamente.

Ma lui non capiva. Le ripeteva sempre di non affaticarsi troppo nel ricordare. Non comprendeva il suo dolore e nemmeno il suo amore. Forse lui aveva ragione. Bisognava lasciarsi alle spalle quel suo passato che solo un miracolo avrebbe potuto ridarle. O forse no.

Quando si guardava allo specchio, si ripeteva sempre: “Chi sei Usagi? Chi sei in realtà?” e a volte le scappava fuori un sorriso. Forse era davvero meglio per lei dimenticare. Se non fosse stato per quel sogno che tutte le notti la perseguitava!

D’improvviso tutto si fece buio davanti a lei. Usagi cadde a terra a peso morto. Prima di perdere i sensi vide un’ombra e sentì una voce che le sussurrava: “Stai bene piccola?”. Intravide delle ali spuntare su quella figura. Era un’allucinazione forse? Non fece in tempo a rispondere.

  
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