*Fa capolino nel Fandom*
Buongiorno! È un po’ che non ci si vede è?
>_<
Lo ammetto sono sparita per un po’, sorry! Vi sono
mancata? (NO! Ndt: tutti XD)
Ma che brutta giornata che è oggi, prima ha fatto
un acquazzone e tuonava *gongola* era troppo tempo che non faceva un temporale
con i fiocchi e spero che continui XD
Comunque, bando alle ciance e veniamo al dunque.
Questa piccolina qui sotto, è stato uno sfogo per
la mancanza totale di Yaoi che ho avuto in questo ultimo periodo.
Dovete sapere che sto portando avanti un progetto,
sempre riguardante i GazettE, ma totalmente etero.
Ebbene si avete capito bene, mi sto cimentando di
nuovo in una etero, non è la prima volta che ne scrivo una, ma come sapete la
mia “ specializzazione “ è lo yaoi U_U
Ma di questo ne parleremo quando sarà pronta,
quindi verso il 3014 XD
“ The Devil Inside Me”
sarà di quattro piccini capitoli, ho finito di correggere proprio ora l’ultimo
così non tarderò nel postarli. (grazie Strix XD)
Il titolo mi è stato ispirato dalla loro canzone: “ MY DEVIL ON THE BED “ l’avete sentita? Splendida!
Avvertenze:
- Questa storia tratta temi omosessuali, anche se
appena accennati.
- A volte il linguaggio usato sarà volgare.
- Tutto ciò da me descritto è stato partorito dalla
mia testolina, quindi non c’è nulla di reale in quanto segue.
- I personaggi non mi appartengono, ma se volete
regalarmeli per il mio compleanno non disdegno U_U
*sbadiglia* ho detto tutto? Mi sembra proprio di
si.
Buona lettura.
The Devil Inside Me
Capitolo uno
Akira
Come
tutti i giorni, la fastidiosa sveglia suona puntuale alle sei del mattino
svegliandomi. Questo è il suo compito, ma ciò non comporta che io non la odi lo
stesso.
«
resto altri cinque minuti a letto » dico alla stanza vuota, mentre gli occhi si
chiudono senza il mio volere.
«
Akira, forza svegliati o farai tardi a scuola » mia madre mi riporta alla
realtà, ormai sa che se non fa così sarei in grado di dormire fino a
mezzogiorno e al diavolo la scuola.
«
ok mamma » dico alzandomi dal letto ancora intontito, mi stiracchio e sbadiglio
sonoramente.
Guardando
la sveglia, noto che sono le sei e trenta, come pensavo mi ha lasciato dormire
un’altra mezz’ora.
Mi
preparo in tutta fretta, vestendomi e lavandomi in meno di dieci minuti, però
per i capelli e il trucco me la prendo con calma; di certo non posso sfigurare
di fronte a tutta la scuola.
Prima
di uscire dal bagno do un’ultima occhiata alla mia persona, la cresta bionda
sta su come per magia e la matita nera intorno agli occhi è perfetta.
Mi
porto in camera dove prendo la boccetta del mio profumo, lo spruzzo fino a che
la stanza non ne è satura, ogni volta mi intossico da solo e Kouyou non perderà
occasione per dirmi che puzzo come una troia; sorrido al pensiero.
Scendo
di corsa le scale, afferrando al volo la cartella che mia madre ha preparato
per me, la amo.
«
non fai colazione nemmeno oggi? » mi chiede lei, non appena mi vede spuntare in
cucina.
«
vado di corsa mamma scusa, Kouyou mi starà aspettando » dico infilandomi un po’
di riso in bocca.
La
vedo sorridere e avvicinarsi a me « aspetta che ti sistemo la cravatta » non
sono mai stato bravo a legarla.
Vorrei
dirgli di lasciarla stare così, che tanto appena sarò abbastanza lontano da
casa la toglierò; non la sopporto e ormai a scuola lo sanno tutti anche i muri
che non la porto, persino i professori si sono rassegnati a vedermi senza.
«
ti amo mamma » le dico e come ogni volta che pronuncio queste parole, i suoi
occhi si fanno umidi dall’emozione.
«
anche io Aki, tanto »
Le
metto una mano sulla testa scompigliandogli i lunghi capelli neri, vederla così
piccola e fragile mi intenerisce sempre. Sapere ciò che ha dovuto subire in
passato, quando io ero ancora piccolo, al contrario mi fa ribollire il sangue.
Non
mi importa che mio padre mi picchiasse, che un giorno, tornato ubriaco da
lavoro, mi abbia spezzato il braccio sinistro solo perché volevo giocare con
lui; non mi importa che ancora adesso mi sveglio nel cuore della notte sudato e
con il cuore a mille per averlo sognato, io posso sopportarlo. Ma ciò che
invece mi fa male più di ogni altra cosa, è ricordare le urla di mia madre
quando quel bastardo la picchiava o quando, lei cercava in tutti i modi di
proteggermi dalla sua ira, o ancora, quando la stuprava.
Un
brivido percorre per intero la mia schiena, a quel tempo non capivo esattamente
cosa facesse mio padre a mia madre, ero troppo piccolo ma ora, ora so bene che
abusava di lei e se solo lo rivedessi potrei ucciderlo con le mie mani.
«
Aki, farai tardi… » dice mia madre vedendomi imbambolato.
«
si hai ragione, a dopo mamma » la saluto correndo via, questa volta Kouyou mi
ucciderà per davvero.
Arrivo
di fronte al cancello della scuola in netto ritardo, sudato e ansante dalla
corsa; tutti i ragazzi sono già entrati nell’edificio, solo uno è poggiato al
muretto di cinta.
Kouyou
sbuffa una nuvoletta di fumo grigio dalle labbra, mi porto vicino a lui e lo
vedo alzare i suoi occhi nocciola su di me.
«
sei in ritardo » mi dice annoiato.
«
scusa Kouyou » dico con un sorriso bastardo disegnato in faccia.
«
e non ridere! Ci faranno saltare la prima ora lo sai si? » anche se è l’ultima
cosa che vuole fare, non riesce a trattenersi dal ridere.
«
forse no, ma solo se ci diamo una mossa »
«
sei tremendo » mi dice, sapendo perfettamente cosa ho intenzione di fare.
La
prima ora abbiamo storia, questo vuol dire che a farci la lezione ci sarà la
Professoressa Atsuki, la quale dall’altro dei suoi quarantacinque anni, ha un
debole proprio per il sottoscritto.
«
in fin dei conti mi ha insegnato tante cose, a letto » dico ridendo, mentre
insieme al mio migliore amico corro verso l’aula.
«
sta zitto Aki! Ti ho già detto mille volte che mi fa schifo pensarti a letto
con quella! »
«
abbassa la voce, cretino » lo ammonisco guardandomi intorno e donandogli uno
schiaffo sul braccio, ridendo entriamo in classe.
Tutti
gli occhi delle persone presenti si posano su di noi, insieme a questi ce ne
sono anche un paio che non conosco.
«
a sedere, tutti e due » come pensavo la professoressa non ci lascia fuori,
anche se sarebbe ciò che andrebbe fatto; in cambio ammicco in sua direzione.
Appena
arrivo in prossimità del mio banco, mi sento chiamare proprio da lei.
«
Suzuki »
«
si? » mi volto verso di lei.
«
la cravatta » mi fa notare lei, come se non sapessi di stringerla tra le dita,
anziché portarla al collo.
«
mi soffoca » dico sensuale, mentre con le dita sbottono i primi quattro bottoni
della camicia candida che indosso, lasciando vedere in questo modo la pelle del
petto e la collana che tanto amo.
Sedendomi
sposto lo sguardo da lei al ragazzo che si trova in piedi al suo fianco, ad
attendermi trovo due occhi duri e color del ghiaccio, il colore artificiale li
fa sembrare più freddi di quanto siano in realtà, credo.
Non
sposta lo sguardo come in genere fanno tutti, al contrario lo tiene senza
difficoltà apparente, mi piace. I capelli corvini gli ricadono leggermente sul
collo, ad alleggerire tutto quel nero una ciocca color rosso fuoco; il corpo
minuto, forse anche troppo vedendo come gli và larga la divisa della scuola e
quell’aria sfacciata mi incuriosiscono non poco.
«
interessante » dico soprapensiero.
«
Rei piantala » l’ammonimento serio di Kouyou, che è seduto al banco di fianco
al mio.
«
riprendiamo da dove ci hanno interrotti i vostri compagni, dicevo, lui è
Matsumoto Takanori, si è trasferito da poco qui a Kanagawa, da oggi sarà un
vostro compagno di classe quindi, trattatelo bene » pronunciando le ultime due
parole la professoressa guarda me.
E
ti pareva, chi sa come mai, devo essere sempre io a combinare guai, tse!
Un
sorriso bastardo si disegna sul mio volto, mentre con lo sguardo seguo la
figura minuta del nuovo arrivato, dapprima inchinarsi in segno di saluto di
fronte alla classe e poi, sedersi all’unico posto libero in tutta la classe; il
banco di fronte al mio.
Poi
si dice la sfortuna, o la fortuna.
♣ ♥ ♠ ♦
Come di consueto, nell’ora di pausa per il pranzo,
una piccola folla si raduna intorno a me e Kouyou; i soliti lecca culo che
vogliono entrare nelle mie grazie e le solite troie, che vogliono entrare nel
mio letto; gli uni sicuramente più fastidiosi delle altre.
Kouyou chiacchiera gentilmente con tutti, lui è fin
troppo buono con le persone; almeno fino a quando non lo si fa incazzare sul
serio, a quel punto non vorrei per nulla al mondo, essere nei panni del
malcapitato.
« scusa Uru, ci vediamo dopo » mi alzo per
raggiungere la persona che ha catturato la mia attenzione.
Il ragazzo nuovo, quello che ha fatto finta di non
vedermi ne sentirmi per tutta la mattina, nonostante io abbia fatto di tutto
per farmi notare.
È seduto sotto un albero, la schiena è poggiata al
tronco e alle orecchie ha infilate delle cuffie, probabilmente dell’I-Pod.
Ha gli occhi chiusi, quindi non si accorge della
mia presenza fino a che, inchinandomi di fronte a lui, afferro con le dita il
sottile filo dell’auricolare strappandogliela dall’orecchio.
Solo a questo punto apre gli occhi, posando il suo
sguardo color del ghiaccio in quello nero che mi appartiene.
« che vuoi? Non hai nessuno da infastidire, o mi
hai preso di mira solo perché sono nuovo? » mi chiede freddo.
« che caratterino! E io che volevo solo darti il
benvenuto » dico alzandomi in piedi e spolverandomi i pantaloni della divisa.
Lui segue i miei movimenti in silenzio, l’unica
cosa che muove sono i suoi occhi; quegli stessi occhi che fatico a non
guardare.
Il suo volto è duro, sempre contratto in una
smorfia di rabbia.
« se vuoi restare solo non c’è problema »
sentenzio, infilandomi entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni.
« bene » sembra sorpreso dalla mia dichiarazione,
forse si aspettava che insistessi.
Ma ciò che lui non può sapere è che io non prego
nemmeno i Kami, figuriamoci un moccioso come lui.
Mi volto verso l’entrata della scuola e con passo
lento e cadenzato, mi avvio per raggiungere Kouyou.
« ‘fan culo » sibilo visibilmente incazzato.
Una volta dentro sorpasso anche Kouyou, non ho
voglia di affrontare quella mandria di ragazzini senza midollo.
« Rei aspetta! » Kou mi chiama ma io non accenno a
fermarmi.
« dove vai? » mi chiede una volta che si è portato
al mio fianco.
« ho bisogno di fumare » lo avviso e in silenzio
raggiungiamo la terrazza all’ultimo piano.
« non capisco cosa ti prende » fa lui dopo un po’.
Mi volto verso di lui « in che senso? »
« perché ti fai condizionare da quello lì » fa lui,
come se io fossi nel suo cervello e potessi capire cosa gli passi per la testa.
« spiegati » aggiungo, tanto continuerebbe lo
stesso, quindi è inutile non interagire.
« perché permetti a un ragazzino appena arrivato di
farti stare di malumore? Non so cosa ti abbia fatto, ma so che ci è riuscito in
una mattinata ».
La porta dietro di noi si apre con un tonfo, da
essa fa capolino un professore.
« voi due in classe! Subito. »
Presi com’eravamo dalla conversazione, non ci siamo
accorti del passare del tempo e non abbiamo sentito la campanella suonare.
Insieme gettiamo di sotto le sigarette, prima di
sorpassare il professore e dirigerci verso l’aula.
♣ ♥ ♠ ♦
«
Akira puoi venire un attimo qui? » mia madre mi chiama dal piano di sotto.
Stancamente
mi alzo dal letto, abbandonando su di esso il manga che tenevo in mano e scendo
le scale arrivando fino in cucina dove si trova mia madre.
«
eccomi mamma, è successo qualcosa? » le chiedo.
«
no nulla Aki, solo che mi sono dimenticata di comprare il latte. Ti andrebbe di
andarci tu? »
«
certo, mi preparo e vado » la lascio lì per andare in camera mia, non posso di
certo uscire conciato così.
Una
volta in camera sostituisco la tuta con un paio di jeans strappati sul
ginocchio e una t-shirt bianca, ora si che va bene.
Di
nuovo scendo al piano di sotto e prima di uscire, mi infilo gli anfibi ai piedi
e afferro la giacca di pelle marrone.
«
io vado mamma, a dopo! » urlo, mentre chiudo la porta di casa.
Scalciando
qualche sassolino, percorro la strada che mi separa dal negozio che è la mia
meta; dannazione a quegli occhi color ghiaccio che mi ritrovo sempre davanti,
anche prima in camera mia mentre leggevo il piccolo volume, non ho potuto fare
a meno di pensarci.
In
effetti Kouyou non ha tutti i torti, non capisco perché dovrei permettere a
quel ragazzino di condizionarmi in questo modo; ho vissuto dieciassette anni
senza conoscerlo, quindi posso andare avanti tranquillamente.
Forse
è solo l’aspetto trasgressivo ad incuriosirmi, anche perché in questi ultimi
tre anni mi sono portato a letto mezza scuola e quasi tutti, erano meglio di
lui.
D’un
tratto mi ritrovo con il culo a terra e dolorante, qualcosa o meglio, qualcuno
mi è venuto addosso; giuro che adesso lo uccido.
Ma
appena riesco a capire di chi si tratta sbuffo, è il nuovo arrivato.
«
ma si può sapere che cazzo fai? » gli chiedo in collera, non riesce nemmeno a
guardare dove va.
Appena
si alza in piedi, liberandomi in modo che possa fare lo stesso, mi accorgo del
sangue che gli esce dalle labbra e un grosso livido, il quale parte dalla
tempia sinistra per arrivare all’angolo dell’occhio.
«
ECCOLO! » tre ragazzi svoltano l’angolo correndo, penso proprio che ce
l’abbiano con lui.
Li
riconosco, sono Ueda e i suoi due scagnozzi, attacca brighe di prima categoria;
sbuffo per la situazione che si è venuta a creare.
Il
moccioso non si muove, resta fermo nella sua posizione e non lo invidio affatto
se è stato preso di mira da loro.
«
Ueda » dico quando i tre ci raggiungono.
«
Suzuki » la sua risposta.
«
qual buon vento ti porta qui? » gli chiedo mentre mi porto tra lui e il
moccioso, lui non fa una piega e resta fermo dietro di me, almeno un po’
d’intelligenza ce l’ha.
«
vogliamo lui e tu non centri nulla, quindi fatti da parte Suzuki » mi intima
lui, ma io non mi faccio di certo mettere paura da loro.
Solo
ora noto che uno dei due scagnozzi perde sangue dal naso come Matsumoto, ma per
di più ha anche il naso sanguinante; forse ho capito cos’è successo.
«
dai è nuovo, lasciatelo stare. Anche perché, non ho intenzione di farmi da
parte » dico tranquillo.
Gli
occhi di Ueda si fanno sottili, la rabbia cieca si riesce a notare ad occhio
nudo, fino a che non lo vedo annuire.
Tutti
sanno del mio pessimo carattere e di quanto sia abile nella lotta, farei fuori
tutti e tre senza fatica.
«
va bene ce ne andiamo, ma tu ragazzino sappi che non ci sarà sempre Suzuki a
pararti il culo » soffia tra i denti.
Resto
immobile e come me anche il nuovo arrivato, fino a che i tre non scompaiono
dalla nostra vista.
«
pessima scelta » sovvengo.
«
cosa » fa lui senza guardarmi, resta fisso sul punto in cui sono scomparsi Ueda
e i suoi scagnozzi.
«
arrivare qua e far incazzare Ueda »
«
non sono affari tuoi, chiaro? » la sua secca e fredda risposta.
«
prego » dico sarcastico, gli ho praticamente salvato il culo e questo è il modo
di ringraziare? Un grazie sarebbe bastato.
Senza
dargli l’opportunità di ribattere mi incammino per la mia strada, mi chiedo
ancora chi me lo abbia fatto fare; mettermi contro Ueda che è un vero scassa
cazzi quando ci si mette, per quel moccioso che non riesce nemmeno ad essere un
minimo riconoscente.
♣ ♥ ♠ ♦
Takanori
« nooo! Lasciatemi » un urlo
si alza nella notte fredda e buia.
« stai fermo, tanto lo
sappiamo che ti piace, troietta » il soffio nel suo orecchio, da parte di uno
dei tre ragazzi che lo hanno assalito.
« Vaffanculo! » soffia per poi
sputargli in faccia, un poderoso schiaffo si abbatte sulla guancia già
dolorante.
« fa il difficile è? » il
ragazzo alle sue spalle che lo tiene fermo, aiutato da un altro.
« a quanto pare » sorride
malefico l’altro.
« lasciatemi! » cerca di
dibattersi, di riuscire a svincolarsi dalla morsa in cui lo hanno costretto. Se
solo riuscisse a liberarsi gli farebbe vedere lui con chi hanno a che fare, ma
in quel modo non ha nessuna possibilità di riuscita.
Gli occhi gli si sbarrano
quando sente i jeans scendere verso le caviglie, l’incubo che sta vivendo
sembra non avere fine.
« AIUT- » le parole gli
vengono soffocate, da una mano che preme sulle sue labbra, in questo modo non
può attirare l’attenzione di nessuno, nessuno si accorgerà della loro presenza.
Solo, insieme ai suoi
assalitori, senza riuscire a divincolarsi né a difendersi deve soccombere alla
volontà dei tre; una lacrima e poi un’altra ancora, sgorgano dai suoi occhi.
« ti piacerà vedrai… » ringhia
il ragazzo di fronte a lui, mentre sente qualcosa spezzargli il corpo in due.
«
AAHH!! » mi sveglio nel cuore della notte, urlante e imperlato di sudore.
Nonostante
sia passato quasi un anno da quella notte, più precisamente nove mesi e dieci
giorni; ancora non riesco a dimenticare, ancora non riesco a dormire una notte
intera senza sognarli.
Intorno
a me fa da padrone il buio, una flebile luce viene prodotta dai numeri della
sveglia elettronica sul mio comodino.
Il
mio corpo trema ma ormai ci sono abituato a tutto questo, credo che non tornerò
mai più normale.
Non
riuscirò mai a parlare tranquillamente con una persone, a non guardarmi
continuamente le spalle per paura di essere aggredito. Vorrei davvero tanto
tornare il ragazzo spensierato che ero, ma so che non accadrà mai, ciò che mi è
accaduto mi ha cambiato nel profondo, troppo in profondità per essere
cancellato.
Stringo
la testa tra le mie mani, la stringo talmente forte come a volermi far uscire
il cervello dalle orecchie; non ce la faccio più a vivere in questo modo.
Non
voglio andare dallo psicologo, perché assolutamente non voglio parlare di ciò
che mi è accaduto e per avere questo, devo fingere che stia bene di fronte a
tutti, anche a casa.
Osservando
le mani riesco a vedere il sangue scarlatto che cola da esse, l’odore acre e
nauseabondo mi entra nelle narici. Stringo gli occhi per cacciare via questa
visione e quando li riapro, finalmente le mie mani sono tornate pulite.
Mi
siedo sul letto per poi alzarmi per raggiungere il bagno, una volta arrivato mi
soffermo ad osservare la mia figura riflessa, non ho per niente un bell’
aspetto e il sudore non aiuta di certo le cose.
Dovrei
morire, uccidermi, almeno in questo modo starei in pace; non sopporto più
nulla, nemmeno respirare.
Mi
sento sporco, marcio dentro. Anche se sono quella che si chiama una vittima, ciò che ho fatto non potrò mai
più cancellarlo. Non posso tornare indietro nel tempo per modificare le cose,
mi odio, odio ciò che mi è successo, odio tutto il genere umano specialmente
quello maschile.
Non
dovevo passare per quella strada, non dovevo fare lo spavaldo in quel modo, non
dovevo, punto.
A
sedici anni mi ritrovo con la vita completamente distrutta, pensare di vivere
molti anni in questa condizione mi da la nausea.
E
come ogni notte, vomito fuori tutto ciò che ho dentro, fino a che sono vuoto
come la mia anima.
Passando
di fronte allo specchio per recarmi in camera mia, mi soffermo di nuovo sulla
mia immagine pallida; sembro un fantasma.
«
assassino » soffio.
To be
continued…..
*consegna coppa di cioccolato e panna a chi
arriva in fondo al capitolo*
Allora che ne pensate?
Vorrei sapere le vostre
impressioni su ciò che pensate dei personaggi e ciò che gli è accaduto, sempre
che vi vada XD
Un grazie anticipato a tutti/e ^_^
Mi siete mancati! <3