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Autore: Doe    11/10/2011    5 recensioni
OS la cui idea è nata guardando il promo dell'episodio 5 della 3a stagione.
DAL TESTO:
“Non è vero, non è vero. Niente di tutto questo è reale. Stai sognando. Stai soltanto avendo un incubo”, era la nuova cantilena che popolava la sua mente.
Tic tac. Tic tac.
Gli ultimi secondi. Elena chiuse gli occhi.
Poi, semplicemente, il ticchettio si fermò.
Elena aprì gli occhi per capire cosa fosse successo e si ritrovò a urlare a squarciagola, vedendo uno Stefan che le veniva incontro con il volto del mostro.
Gridò ancor di più, quando i canini di lui le perforarono la pelle del collo.
- No!
L’urlo di Damon sembrava provenire da lontano, eppure sapeva che si trovavano nella stessa stanza.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I hurt myself by hurting you

 

- Quando il conto alla rovescia scade, io dovrò nutrirmi del tuo sangue. Non sarò in grado di fermarmi.

La voce di Stefan non era mai stata così graffiante. Il suo volto, mai così buio. Le sue intenzioni, mai così crudeli.

Faceva sul serio. Ma Elena non riusciva a convincersene.

Tic tac. Tic tac.

Perché non si ribellava? L’aveva già fatto in passato, in fondo. Si era ribellato al frenetico bisogno di sangue umano che avvertiva. Perché non ribellarsi a Klaus?

Stefan era stanco. Stanco di soffocare i suoi istinti, stanco di sentirsi ripetere di dover mantenere il controllo, stanco di non poter essere quello che realmente era.

Un cacciatore. Uno squartatore. Un vampiro della peggior specie.

Tic tac. Tic tac.

Ma Elena questo non riusciva a capirlo. Non riusciva a capacitarsi dell’idea che, quel mostro dalle labbra scarlatte e gli occhi luccicanti, fosse il suo Stefan. Che quelle fossero le stesse labbra che si erano modellate sulle sue, che quelli fossero gli stessi occhi che l’avevano guardata dolcemente.

Nonostante piangesse, di fronte a quella vista, continuava a cullarsi con l’idea che lui stesse solo recitando e che, ben presto, avrebbe tirato fuori il suo asso nella manica, avrebbe attaccato e ucciso Klaus e la sorella, con l’aiuto di Damon, e l’avrebbe tratta in salvo.

“ Perché lui mi ama. ” Elena continuava a ripeterselo a mente, cercando di usare quella certezza come rimedio alla paura.

Non funzionò.

Tic tac. Tic tac.

Il tempo scorreva veloce e, al contempo, fin troppo lento.

- Non ti arrendere, io posso aiutarti -, implorò Elena, ormai quasi del tutto consapevole che nessuno stesse recitando.

- Come puoi aiutarmi, Elena?! –, esplose Stefan.

E la paura, dovuta alla reazione di lui, fece stringere Elena ancor di più alla parete alla sue spalle. Altre lacrime corsero a rigarle le guance, raggiungendo le precedenti e gocciolando, insieme, a terra.

“ Non è vero, non è vero. Niente di tutto questo è reale. Stai sognando. Stai soltanto avendo un incubo ”, era la nuova cantilena che popolava la sua mente.

Tic tac. Tic tac.

Gli ultimi secondi. Elena chiuse gli occhi.

Poi, semplicemente, il ticchettio si fermò.

Elena aprì gli occhi per capire cosa fosse successo e si ritrovò a urlare a squarciagola, vedendo uno Stefan che le veniva incontro con il volto del mostro.

Gridò ancor di più, quando i canini di lui le perforarono la pelle del collo.

- No!

L’urlo di Damon sembrava provenire da lontano, eppure sapeva che si trovavano nella stessa stanza.

Provò quel dolore lancinante una seconda volta, quando i denti di Stefan furono strappati con forza da lei.

- Che cazzo fai?!

Ancora Damon.

Elena aprì gli occhi e lo vide in piedi, in posizione d’attacco, a pochi metri da uno Stefan che cercava di rimettersi in sesto, dopo uno spintone a quello che, fino a pochi attimi prima, era stato un muro solido e ben compatto.

Ringhiavano entrambi. Elena sentì quel suono per la prima volta. Era gutturale, sembrava salirgli dal petto e morire nelle loro gole.

Un lungo brivido le percorse la schiena.

Stefan non rispose - non a parole almeno.

Si limitò a focalizzare nuovamente la sua attenzione su Elena, che si copriva la ferità bruciante sul collo e osservava la scena con i grandi occhi scuri spalancati per il terrore. Prese la rincorsa, ma si ritrovò nuovamente Damon davanti, pronto a dargli il benvenuto col suo gancio destro.

Questa volta Stefan si riprese prima e tra i due fratelli iniziò uno scontro, fin troppo rapido perché gli occhi umani di Elena potessero distinguere le singole mosse di ognuno.

Si fermarono, per riprendere fiato, solo dopo un altro pugno di Damon.

- Che ti prende, fratellino?! Torna in te, diamine! E’ Elena.

Alla ragazza sembrò di sentire il cuore uscirle dal petto, quando Damon fece il suo nome. Ma non fu paura.

Era il modo in cui l’aveva detto, l’importanza che le aveva dato - quella stessa importanza che lei si sarebbe aspettata solo da Stefan.

Perché aveva detto Elena come fosse tutto, tutto ciò che Stefan avrebbe avuto bisogno di sentirsi dire per tornare in sé, tutto ciò che sarebbe bastato a Damon per andare in capo al mondo.

Solo un nome. Solo Elena.

Ma Stefan doveva essere sordo, perché entrambi i palmi delle sue mani furono sul petto di Damon che, un attimo dopo, si schiantò al muro.

L’urlo di Elena, nel vedere Damon a terra, fu puramente istintivo. Lei stessa si sorprese e si portò le mani alla bocca.

Stefan si voltò di nuovo a guardarla.

No. Non a guardarla. A fulminarla, per poi ghignare esattamente come un qualunque mostro di fronte alla sua preda preferita.

Ma nemmeno questa volta ebbe il tempo di sferrare il suo attacco.

Damon era alle sue spalle e gli aveva conficcato un paletto alla base della schiena.

Stefan urlò, ma per poco. Era molto più forte di ciò che, sia Elena che Damon, ricordassero. Estrasse il paletto dalla schiena e si voltò per avventarsi, ancora una volta, sul fratello.

La lotta ricominciò, frenetica. I due vampiri non facevano che spingersi, afferrarsi per il collo e togliersi di mano il paletto, a vicenda. Di tutto questo, ovviamente, Elena riuscì a scorgere ben poco.

Eppure, ebbe la sensazione che il tempo avesse preso a scorrere molto più lentamente, quando Damon si schiantò al suolo e Stefan fu sopra di lui. Poi, ilmostro infilzò il vampiro dagli occhi cristallini dritto al petto.

E il tempo si fermò del tutto.

Elena non udì più alcun suono, e tutto intorno a lei perse ogni colore, divenne sfocato e privo di ogni significato.

Vedeva solo un viso. Quel viso, contratto in un’orribile smorfia di dolore.

La testa di Damon ruotò, come per reazione a qualcosa a cui Elena non fece caso, e vide i suoi bellissimi occhi fissarla, sgranati e grandi come mai prima d’ora.

Riuscì a ritrovare la forza di trasmettere ai propri muscoli gli impulsi e correre da lui, e solo quando gli fu accanto, in ginocchio, si rese conto che era stata lei a farlo voltare, poco prima.

Stava urlando. Urlando il suo nome e singhiozzando, senza nemmeno essersene accorta.

Non le importava più nemmeno di vedere cosa stesse facendo Stefan e quali fossero le sue intenzioni - se, adesso che si era liberato del fratello, avrebbe fatto lo stesso con lei.

Avrebbe potuto fare quello che voleva, per lei non avrebbe avuto più alcun senso. Nel cuore di Elena, Stefan era morto esattamente quando aveva fatto del male al suo Damon.

Quello stesso Damon che adesso giaceva, sofferente, tra le sue braccia.

- Damon! Damon! Non lasciarmi! Ti prego, non lasciarmi!

Singhiozzava con tanta violenza, come reazione alla paura e al dolore che provava.

- Resta con me! Damon, non lasciarmi! Ti prego, ti prego…

Il volto di Damon era imperlato di sudore, ma non era ancora morto. Fortunatamente, il paletto aveva mancato il cuore per pochissimi millimetri e Damon se n’era accorto.

Ma non riusciva a dirlo a lei. Non riusciva a parlare per il dolore, e vederla piangere e star male così, lo faceva solo stare peggio.

Con le poche e deboli forze riacquistate, sollevò un dito per posarlo sulle labbra di lei, che smisero di tremare.

Shh -, le sussurrò poi.

Elena parve illuminarsi di speranza, anche se le tramavano ancora mani e voce.

- C-Come stai? Come ti senti? Stai bene?

Muoveva freneticamente le mani sul petto di lui, come cercasse altre ferite oltre a quella da cui sporgeva ancora il paletto.

- S-sì -, tossì Damon. – Ma starei decisamente meglio se togliessi quel pezzo di legno dal mio petto.

Tra le lacrime, Elena rise. Damon era salvo. E persino in grado di fare ancora del sarcasmo.

Ci mise tutta la forza che aveva in corpo, per strappare via il paletto dal petto del vampiro. Lui urlò dal dolore. Lei lo strinse di più a lui e, quasi senza rendersene conto, prese a dargli tanti piccoli baci tra i capelli, sulla fronte e sulle guance.

- E-Elena… - Il piccolo angolo di paradiso che si era creato tra Elena e Damon venne infranto dalla voce spezzata di Stefan.

Elena alzò la testa di scatto, con così tanta rabbia negli occhi come non ce n’era mai stata. Persino Stefan si ritrovò a indietreggiare di un passo, nell’incontrare il suo sguardo.

Il vampiro sembrava confuso, spaventato. Come si fosse appena reso conto di ciò che aveva fatto.

- I-Io… -, riprese a balbettare senza nemmeno terminare la frase.

Elena teneva ancora il paletto ben impugnato, nella la mano destra e, alzandosi, prese ad avanzare verso di lui.

- M-Mi dispiace. N-Non volevo, Elena, credimi.

Elena si bloccò di colpo.

- Io non ti credo più, Stefan. Non so più chi sei… E non ho alcun interesse a saperlo.

- I-Io…

Tu -, continuò Elena, - sei morto, per me. 

- Elena, lo sai che non ho…

Scelta?! – finì lei, per lui. – Stronzate! Tutti noi abbiamo scelta, Stefan. Tutti, senza nessuna eccezione, persino Klaus. Persino te… Persino me. Tu hai solo fatto la tua scelta e adesso, le tue conseguenze, saranno la mia.

- Elena, io…-, provò a dire lui, disperato.

Non voglio vederti. Non voglio stare con te. Voglio solo che tu te ne vada.

Elena ripeté le esatte parole che Stefan le aveva detto, qualche giorno prima. Quelle stesse parole che l’avevano ferita con la potenza di una lama e che, sperava, avrebbero avuto lo stesso effetto su di lui.

Stefan era paralizzato. Una statua di marmo, pallida e immobile.

- Dì pure al tuo amico Klaus, quando lo vedi, quello che preferisci. Che sono morta, così magari ti darà la lode per l’ottimo lavoro. Altrimenti, digli che sono ancora viva e che lo aspetto.

Dopodiché, Elena si voltò, aiutò Damon a mettersi in piedi e, cingendolo per la vita, andarono via insieme da quell’incubo.

 

Elena guidò fino alla pensione, giungendovi che era ormai calato il buio. Sempre cingendolo per la vita, aiutò Damon a uscire dall’auto e lo depositò sul suo letto.

Si allontanò per una manciata di minuti dalla stanza, per andare a prendere un bacino pieno d’acqua – indecisa se il disinfettante utilizzato dagli esseri umani sortisse effetti anche sui vampiri – e una pezza. Tornata, si accomodò sul letto accanto a lui, gli sbottonò la camicia – quasi del tutto a brandelli, e prese a lavargli ogni ferita e graffio che trovava.

Non gli fece male – o, almeno, non lo sentì mai lamentarsi. Ogni tanto, però, lo udiva sospirare pesantemente.

Le immagini di tutto quello che era appena accaduto, si fecero nuovamente strada nella mente di Elena, che riprese a piangere silenziosamente.

- Ehi.

Damon se ne accorse subito e, voltandosi ad osservare il suo viso, Elena capì che non aveva smesso un attimo di guardarla.

- Scusa -, disse lei, asciugandosi una guancia.

- Non scusarti perché piangi…

- Ma non mi stavo scusando per quello.

Damon la guardò come fosse pazza.

- Scusa per non essermene accorta prima.

- Di cosa non ti sei accorta?

- Di quello che provo per te.

Damon si irrigidì.

- Mi dispiace di averti fatto passare le pene dell’inferno e che tu abbia dovuto rischiare la tua stessa vita, prima di sentirmelo dire. Mi sono resa conto che ho fatto del male a me stessa, facendone a te -, continuò Elena.

Damon era allibito.

- Non fa niente… -, fu tutto ciò che riuscì a dirle in risposta, sentendosi un po’ idiota.

Si fissarono a lungo. Lei si perdeva nel ghiaccio degli occhi del vampiro, lui annegava nel caffè di quelli di lei.

Poi Elena si chinò e lo baciò. Fu un bacio casto, dolce, sincero.

- Un altro bacio d’addio? -, chiese Damon, con una punta d’ ironia, ma con gli occhi lucidi di commozione.

- No -, rispose Elena, imbarazzata.

Una lacrima solitaria rigò la guancia del vampiro.

- E tu? -, domandò lei, catturando quella goccia con il polpastrello. – Piangi per il dolore?

- No -, rispose lui, sorridendo come mai aveva sorriso prima.

 

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L'angolino dell'autrice.

Grazie a chi ha recensito la mia precedente OS (The better man):

 poppococco

LadyJonas

 jarjar

 Elen91

a chi l'ha inserita tra le storie preferite... e anche ai lettori silenziosi ;)

Spero che anche questa sia stata di vostro gradimento!

   
 
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