Dedicata a Linsi e Marziolìn.
Le mie piccole grandi Dementi <3
So far away
Prologo
Rachel Berry era
frustrata.
Esageratamente
frustrata.
Il giorno prima,
all'ennesimo colloquio di lavoro – era il
quinto solo di
quella settimana -, aveva ricevuto l'ennesimo
rifiuto. E
l'ennesima delusione era difficile da digerire,
soprattutto
quando le restava da fare una sola cosa, ed era la cosa peggiore che
poteva succederle: continuare a lavorare in pizzeria.
Rachel Berry che
consegnava pizze...
O meglio, Rachel Berry che
consegnava pizze in una città piena d'oppurtunità
come New York.
Il mondo stava per finire.
"E quindi mi ha
buttata fuori," stava dicendo concitatamente, il telefono
incollato all'orecchio. "Mi ha brutalmente buttata fuori, e solo
perché gli avevo detto che la canzone che aveva messo di
sottofondo
era inascoltabile. Ma che posso farci io se non ha gusto? Io gli ho
solamente dato una dritta su quale musica ascoltare."
Dall'altra parte della
cornetta, Kurt Hummel sbuffò concitatamente.
"Rachel, ormai sai
che la maggior parte della popolazione maschile ha gusti barbari in
fatto di musica, ma non puoi rinunciare ad un offerta di lavoro per
questo motivo."
Kurt non aveva tutti i
torti...
"Ok, probabilmente
sono un pochino petulante..." dal silenzio di Kurt, immaginò
che condividesse alla perfezione quell'affermazione. Sentì
lo
sconforto schiacciarla. "E ora che faccio? Eh? Che cosa posso
fare?"
Il silenzio che seguì
quelle parole la spaventò, e cominciò a camminare
più veloce;
doveva rassegnarsi, ecco cosa doveva fare.
"Prima di tutto, ti calmi: sento il tuo respiro agitato fin qui," la voce sicura del suo amico alleviò per un attimo l'ansia che le stava divorando le viscere. "Seconda cosa: stasera ti fai un bel bagno, una bella maschera per il viso e domani sarai così bella che stenderai tutti, al colloquio."
Facile per lui parlare.
Non era lui che si trovava solo, in una città che conosceva
a
malapena e con tutti i sogni infranti.
Stava per rispondere che
non sarebbe mai stata calma, che qualsiasi lavoro che non
comprendeva il cantare non le interessava, ma nella fretta
andò
a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno: il
cellulare
le cadde a terra, mentre quasi perdeva l'equilibrio.
Se quello fosse stato un
film, sicuramente chi l'aveva quasi stesa a terra
l'avrebbe
presa tra le braccia e l'avrebbe protetta contro il suo muscoloso
petto, non l'avrebbe di certo lasciata aggrapparsi ad un palo per non
ruzzolare sul marciapiede.
Ma ovviamente la sfortuna
di Rachel Berry non poteva permettere che la prima opzione si
avverasse. Senza contare che la sua vita non era decisamente
un film – nei film i sogni si realizzano, no?
Ecco, riusciva a fare
pensieri tragici anche in un momento come quello; quanto poteva
risultare patetica ad occhio esterno?
E quando alzò gli occhi
fu anche peggio.
"... Puckerman?"
"Dove hai detto che
lavori, precisamente?"
Si erano seduti su una
panchina che dava su un giardino molto curato, e appena seduti lei
aveva già cominciato ad ammorbarlo di domande.
"Alla 'Quattro
esse'," le rispose Puck, mentre uno sguardo fiero appariva sul
suo viso. "L'ho fondata io stesso, e ora è famosa in tutta
New
York."
La bocca le si spalancò
senza neanche volerlo.
"Tu? TU'" chiese, la voce stridula. "In un anno sei riuscito addirittura a fondare una società?" deglutì, "ma per cosa starebbe 'Quattro esse'?"
"Società Scambi
Sociali non Sussidiati."
Incredibile.
Puck. Il teppista, lo
scemo, l' immaturo Puckerman che riusciva a
sfondare.
Puck che sfondava, mentre
lei rimaneva bloccata in una stupida pizzeria.
Ora sì che era
depressa.
"Tu, invece?" il
ragazzo ruppe il silenzio, guardandola con un sopracciglio alzato.
"Scommetto che canti tutto il giorno. L'anno scorso ci assillavi
anche solo se abbassavamo il tono di una nota."
Ecco... E ora?
Non poteva di certo
ammettere di fronte a colui che l'aveva presa in giro per anni e
anni, che ancora non era riuscita a coronare il suo
sogno. Era
fuori discussione.
Era così sbagliato
mentire ad una persona che tanto non avrebbe mai più
rivisto?
"Io, beh..." oh, al diavolo! "Io canto a Broadway, ovviamente, davvero non hai mai sentito parlare di me su qualche manifesto? Eppure sono la più brava in mezzo a quelle ochette – che, diciamocelo, non hanno un briciolo del mio talento. Adoro gli spettacoli e soprattutto adoro il pubblico: quando senti gli applausi partire dal fondo e ti senti potente, come se nulla può toccarti o -"
"Ne hai ancora per molto, Berry?" la interruppe, con lo sguardo arcigno. "Vedo che non hai perso l'abitudine di parlare a raffica. Sei la solita petulante."
"Constato che anche
tu sei rimasto uguale: il solito spocchioso cafone."
Si fissarono per qualche
secondo, entrambi con gli occhi socchiusi in una silenziosa sfida.
Ma era difficile
trattenere il sorriso al ricordo di quando si guardavano allo stesso
modo, qualche anno prima – ovvero quando Puck interrompeva i
suoi
monologhi con qualche battuta sprezzante.
Rachel scosse il capo,
cercando di togliersi dalla testa quei momenti felici. Il Glee Club
era stato la sua ancora di salvezza, il centro esatto del suo mondo,
per tanto, tanto tempo. Ma da allora era passato più di un
anno e
lei doveva crescere.
‘Crescere’ la parola
che più di tutti la spaventava.
“Sai, ” si schiarì la voce, sperando di non aver fatto trasparire il suo timore. “Sembri anche simpatico, quando non fai il gradasso, Puckerman.”
“Anche tu, Berry, ma non ne sono sicuro.”
“Beh…” tentò
Rachel, con sguardo incerto. “Potremmo ritornare
com’eravamo
prima… Amici?”
“Amici?”
“Sì… Beh,
il Glee ci
aveva unito, no?”
“Non ‘uniti’
nel senso che intendo io, però,” lo
sentì borbottare.
Beh, ci erano andati
vicini per ben due volte.
“D’accordo,” acconsentì Puck, dopo qualche attimo di riflessione. “E amici sia.”
“Perfetto!” Rachel si alzò in piedi, tutta emozionata. “Sai, è appena uscito a teatro uno spettacolo assolutamente fantastico. È un rifacimento di Grease. Potremmo andarci, così vedrei se quell’attore che hanno scelto – anche se, devo ammetterlo, ha una voce sin troppo roca – è davvero all’alto livello come ne hanno parlato. Ma soprattutto se l’attrice protagonista sarà di una bellezza al pari di -“
“Berry.”
“Non preoccuparti se non
capirai nulla della musica, lo so che certe cose non sono di tua
competenza. Ti spiegherei io i vari particolari della vicen- “
“Berry.”
“… Hai ragione, parlo
troppo.” Sospirò, senza però perdere
l’entusiasmo. “Allora,
ci andiamo?”
"Mmm, facciamo
decidere al destino." Puck le si avvicinò, un sorriso strano
sul viso. "Come nei cliché dei film New Yorkesi: se ci
rincontriamo, allora iniziaremo a frequentarci... Da amici,
certo."
E mentre Rachel Berry
pronunciava un 'ci sto' piuttosto a bassa di voce – insicura
-, non
aveva idea che il destino avesse in serbo per lei tanti, tanti
problemi.
Non ho idea di dove sia
nata questa... Cosa.
Se all'inizio non è ben
chiaro è normale, nel mezzo dei capitoli si
scoprirà che fine hanno
fatto tutti gli altri del Glee Club e cosa è successo Rachel
dopo la
scuola.
In più si conoscerà il
mondo di Puck, che anche se sembra essersi messo la testa a posto...
Chissà xD
Il titolo, comunque, viene
da una canzone che io amo molto degli Avenged Sevenfold :3