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Autore: Akiram_len    22/10/2011    1 recensioni
Sono passati sette anni dallo scontro con i Volturi, e le cose sono andate avanti per la famiglia Cullen, specialmente per la piccola Renesmee, ormai diventata una giovane donna. "La mia vita è perfetta", dice, e per un po' è così, ma non sa che il passato sta per ripresentarsi alla porta, e purtroppo neanche la veggente di casa riesce a vedere in tempo cosa succederà nel loro futuro, sempre se ne avranno ancora uno...
Okay, a questo punto credo di aver detto troppo: se vi ho incuriositi almeno un po', beh, allora non vi resta che iniziare a leggere la mia storia!
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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la nostra storia insieme: capitlo 6 CIAO A TUTTI! So di essere imperdonabile, all'inizio di questa storia avevo promesso che avrei pubblicato regolarmente e ultimamente non l'ho fatto, ne sono consapevole, ma ho avuto un po' di problemi nello scrivere questo capitolo e tra la scuola e il lavoro non avevo molto tempo per farlo...Oggi per fortuna ho trovato un po' di tempo, quindi eccomi qui! Spero che il capitolo sia di vostro gradimento :)

Capitolo 6:

Tempo che passa e preparazioni

RENESMEE

Quel mese passò molto in fretta, anche troppo.
La zia Alice mi aiutò molto, e fui sorpresa quando mia madre accettò di aiutare nei preparativi e si divertì anche nel farlo. Poiché il tempo era poco, il ritmo delle cose in casa era frenetico fin dal giorno dopo la proposta di Jacob, ma grazie a quel folletto che mi ritrovavo come zia riuscimmo a finire tutto quello che c’era da fare in tempo: anzi, avevamo finito anche prima del previsto.
Jake ed io avevamo scelto di sposarci in una chiesetta situata nella periferia di Anchorage, piccola e molto antica: infatti era stata costruita verso il 1600, durante gli anni di caccia alle streghe, ed era stata utilizzata proprio da quest’ultime come rifugio*. L’interno era caldo e accogliente, sul soffitto e sulle pareti erano rappresentate numerose icone religiose, e l’altare in fondo alla chiesa era qualcosa di spettacolare: vi si accedeva attraverso una piccola scalinata, che conduceva al vero e proprio altare, fatto interamente di marmo rosa perlino. Se la chiesa già di per se era stupenda, non osavo immaginare come sarebbe stata addobbata per il matrimonio.
L’unica cosa che Jacob ed io non avevamo scelto insieme era stata la casa. Infatti avevamo deciso di comune accordo che dopo sposati saremmo andati a vivere in una casa diversa da quella vicino al campus in cui vivevamo adesso, ma Jacob non voleva dirmi niente sulla nuova casa: diceva che era il suo regalo di matrimonio. Quindi avrei lasciato questa casa di lì a un giorno, senza sapere neanche come fosse quella nuova, sperando che avrebbe avuto qualche stanza in più.
Infatti, speravo tanto di poter dare un figlio o una figlia a Jacob: sapevo di poterlo fare, altrimenti Jacob non avrebbe mai avuto l‘imprinting con me, ma non sapevo quanto tempo avremmo dovuto aspettare affinché ciò accadesse. Volevo dargli una famiglia, una famiglia tutta nostra, come quella che si erano creati i miei genitori con me. E non vedevo l’ora di farlo; ma mi rendevo conto che per la mia natura forse ci sarebbero stati alcuni problemi, anche se speravo tanto che non ci fossero stati.
Cercai di tornare al presente, perché se continuavo a pensarci, rischiavo di insospettire gli sguardi dei miei familiari, e non volevo aggiungere altre preoccupazioni.
Senza rendermene conto ero rimasta tutta la mattina a pensare al mio immediato futuro, e solo quando venne mia madre nella stanza mi alzai. Era accompagnata dalla zia Alice, che portava tra le mani una custodia bianca, una di quelle per i vestiti.
Non appena mi vide nel letto, mia madre mi venne accanto e mi disse “Come mai ancora a letto a quest’ora? Non ti senti bene per caso? Ti vedo un po’ pallida“.
“Non ti preoccupare mamma, non è niente. È solo un po’ d’agitazione, sai“.
“Ti capisco, anch’io ero agitata il giorno prima del matrimonio, ma poi non appena vidi tuo padre, la mia agitazione scomparve. Vedrai che succederà anche a te così, non appena vedrai Jacob all‘altare“.
“Spero sia come dici tu“.
“Adesso alzati, devi fare l’ultima prova del vestito - ci interruppe la zia - non c’è più tempo, e voglio vedere se le modifiche che ho apportato vanno bene, o ne devo fare altre“.
“Altre modifiche? Non ti sembra che tu stia un po’ esagerando zia? Dopotutto ci saranno solo qualche vampiro e qualche licantropo, a chi vuoi che importi del vestito che avrò? E poi lo indosserò pochissimo…” m’interruppe mettendomi una mano sulla bocca, poiché avevo iniziato a blaterare senza sosta. Ero proprio agitata!
“Importa a me! Non vorrei che un giorno tu rimpianga di non aver festeggiato per bene il tuo matrimonio. Voglio che domani sia un giorno perfetto per te. Questo sarà il mio regalo e voglio che te lo goda al meglio. E adesso non discutere e metti il vestito. Te lo chiedo per favore. Fallo per me“.
“Tutto per la mia dolce zietta” le stampai un bacio sulla guancia e andai a mettere il vestito, certa che non si sarebbe accontentata di quello.
***
Quella mattina mi svegliai di colpo, tutta sudata e spaventata dopo il sogno che avevo fatto.
In realtà appena sveglia non ricordavo neanche cosa avevo sognato, ma mi aveva messo addosso un senso di angoscia e inquietudine tale che senza accorgermene avevo iniziato a piangere: lacrime copiose uscivano dai miei occhi e più passava il tempo più non riuscivo a fermarle. Come se non bastasse iniziarono anche i singhiozzi, e così mi ritrovai tra le braccia di mia madre, che mi aveva sentito piangere dall’altra stanza, nella quale si trovava con mio padre dalla sera precedente.
Non mi chiese niente, né parlò; sapeva quando avevo bisogno delle sue parole, e quando invece avevo bisogno soltanto di stare stretta tra le sue braccia. In quel momento avevo bisogno solo del suo abbraccio che mi rassicurava come nessuno avrebbe mai fatto, come solo una madre sa fare.
Rimanemmo così per molto tempo, per tutto il resto della notte, finché non spuntò il sole. I suoi raggi colpirono i nostri volti, e illuminarono tutta la mia camera.
Mio padre era rimasto tutta la notte sulla soglia della porta, senza entrare nella stanza - forse non voleva semplicemente disturbare, o forse non voleva peggiorare le cose. Non appena vide che il peggio era passato e che ero tornata quella di sempre, però, entrò con passo deciso, si avvicinò a me e alla mamma, e sussurrò vicino alle mie orecchie “Pronta per il grande giorno?”.
Sussultai minimamente, però se ne accorsero entrambi. Però non dissero niente, fino a che non parlai io.
“Non preoccupatevi, adesso è passato tutto“. Mi guardarono ancora un po’ in ansia. “Dico sul serio, non preoccupatevi, sto bene. Ho bisogno solo di andare a farmi una doccia, e poi possiamo andare a casa dei nonni. Scommetto che la zia Alice mi starà aspettando nel suo gigantesco bagno, già pieno di tutte le sue cianfrusaglie” sorrisi, cercando di non farli preoccupare. Funzionò.
Mi staccai da mia madre e andai a fare una doccia calda, che come avevo previsto mi rilassò.
Dopo neanche dieci minuti, eravamo a casa dei nonni. La zia Alice era nel suo bagno, e probabilmente mi aspettava da molto, visto la faccia un po’ arrabbiata che aveva.
“Scusa il ritardo zia” le dissi come entrai. Lei mi prese la mano e mi fece accomodare sulla sedia di fronte allo specchio. Non appena vidi nello specchio, notai che dietro di me c’era un vestito, il mio. Ma non ci pensai molto, e distolsi lo sguardo. La zia alzò gli occhi al cielo, e sussurrò qualcosa del tipo << proprio come la madre >>. Risi.
Iniziò subito a truccarmi, usando creme che resero ancora più soffice e profumata la mia pelle. Mi truccò in modo semplice. Avevo un ombretto bianco perlato sulla palpebra e una leggera linea di eye-liner. Per dare profondità all’occhio aveva messo un marroncino pescato sfumato nella piega dell’occhio e un po’ di matita color panna. Sulle labbra avevo messo un rossetto color pesca con un po’ di lucida labbra e sulle guance un blush aranciato. I capelli erano morbidamente raccolti in uno splendido chignon, con una ciocca che scappava da esso mettendo in risalto il mio viso. Il tutto era reso prezioso da alcuni fili di metallo intrecciati, dove erano incastonati dei piccoli cristalli azzuro-trasparenti.
Quando finì di truccarmi, mi aiutò a indossare il vestito. Mi guardai allo specchio.
Zia Alice aveva fatto altre modifiche, ed era diventato ancora più bello. Adesso era perfetto per me.
Era tutto bianco, senza spalline. Il corpetto avvolgeva il mio busto, senza stringere troppo, ed era rifinito con qualche disegno fatto con gli strass. Un sottile nastro color panna stringeva il corpetto vicino ai fianchi, e sotto il fiocco formato dal nastro, iniziava una gonna molto semplice. Non c’erano disegni né rifiniture. Era di candida seta bianca, ricoperta dolcemente da un semplice tulle.
Ero incantata. M’immaginai come una principessa, ed era così che mi sentivo, una principessa che tra qualche minuto avrebbe incontrato il suo principe, lo avrebbe sposato, sarebbe diventata la sua regina e sarebbero vissuti per sempre felici nel loro regno.
Ero sola in quel bagno gigantesco, ed iniziarono a tremarmi le gambe. Per fortuna in quel momento entrò mia madre, che mi prese in tempo prima che cadessi a terra.
Mi resse quel tanto che bastò a farmi tornare lucida da reggermi in piedi da sola.
“Non immaginavo fossi in tutto e per tutto come me. Speravo prendessi qualcosa anche da tuo padre” mi disse sorridendo.
“Lo speravo anch‘io - ricambiai il sorriso, e in quel momento sentii che era arrivato qualcuno - Chi è arrivato?“.
“Probabilmente Charlie“.
Era tanto che non vedevo il nonno Charlie, ed era una sorpresa sapere che lui fosse qui, dato che del soprannaturale non ne voleva sapere - ed era meglio così, per lui.
Entrò nel bagno, e immaginai che per lui questa scena fosse come un flashback, come se era tornato al giorno del matrimonio della mamma, con l’unica differenza che questa volta mia madre era mamma e vampira e lui era più vecchio di sette anni.
Con lui venne anche la sua nuova moglie, Sue, la mamma di Leah e Seth. Adesso erano i miei zii per modo di dire. Quel pensiero mi fece sorridere.
“Quanto sei cresciuta, mi ricordi sempre di più tua madre. Le assomigli tanto” disse il nonno, una volta entrato.
“Non sei l’unico a dirlo, nonno. Sono felice di vederti di nuovo” gli andai incontro e posai un bacio sulla sua guancia, attenta a non sgualcire il vestito. Non osai immaginare cosa mi avrebbe fatto la zia Alice se sarebbe successo.
Poi, rivolgendosi alla mamma, disse “Bells, dov’è tuo marito? Non l’ho ancora visto”  nonno che chiedeva di papà? Strano! pensai.
“Sta aiutando Esme a finire i preparativi“.
“Ah va bene. Avete bisogno di un aiuto? Posso fare qualcosa?”.
“No grazie papà. Anzi, potresti rintracciare Jacob e dirgli che abbiamo finito. È quasi l’ora“.
“Okay vado. Ah ehm Nessie?“.
“Sì, nonno?”.
“Sei bellissima“. Detto questo si girò e uscì. Io arrossii.
Era arrivata l’ora di calarmi nella parte che aspettavo da un mese.
Papà mi raggiunse dopo qualche minuto dopo e mi aiutò a scendere le scale e poi ad entrare nella sua lucida Aston Martin nera, con la quale mi avrebbe accompagnato in chiesa.
Il viaggio non durò più di dieci minuti grazie alla sua guida spericolata, ma bastarono a farmi agitare più di quanto lo ero già nel bagno di zia Alice. Feci un sospiro nervoso mentre mio padre mi aiutava ad uscire dal caldo abitacolo della macchina e mi diceva nell’orecchio “Stai tranquilla, Jacob è arrivato qualche secondo fa, ti sta aspettando“. inaspettatamente con quelle parole riuscì a rassicurarmi, e mi rilassai.
Superate le scale davanti la chiesa, vidi che all’interno ad aspettarmi c’erano tutti quanti. C’era Eleazar, Carmen, Tanya, Kyle, Kate, Garret, poi anche Zafrina, Senna e Kachiri. C’era il branco al completo: Jared, Kim, Paul, Rachelle, Quil, Claire, Embry, Sam, Emily, Leah, Seth, e anche Billy. Tutta la mia famiglia.
A quel punto la zia Alice mi passò il mio bouquet di fiori: erano rose bianche e naturalmente rosa, poi c’erano anche le fresie e i gigli bianchi. Gli stessi fiori erano messi alle estremità dei banchi in piccole composizioni floreali. Ogni profumo si bilanciava con l’altro, inebriando l‘ambiente.
Mi strinsi di più a mio padre, per paura di cadere inciampando nel tappeto rosso. La musica mi spingeva sempre più verso l’altare, verso Jacob. Non l’avevo ancora guardato in faccia. Non appena alzai lo sguardo, incontrai i suoi occhi, che esprimevano una gioia tale da fare sciogliere tutte le mie insicurezze. La sua gioia adesso era anche la mia.
La cerimonia non durò molto. Al momento di rispondere alla fatidica domanda, Jacob pronunciò un “sì” deciso, e io lo pronunciai allo stesso modo, le mie parole e la mia decisione specchio delle sue.
Ormai sentivo che niente poteva separarci. Questa convinzione si rafforzò quando mi baciò. Fu un bacio dolce, che cresceva piano piano. Durò poco, ma fu tanto, tanto dolce.
In quel momento sentii che pensavamo la stessa cosa: io gli appartenevo, come lui apparteneva a me.
Per sempre.


* tutto quello riguardante la chiesa, nonchè la chiesa stessa, è tutto inventato. Non c'è una chiesa così ad Anchorage, e non ci sono neanche state delle streghe, che io sappia U.U però esiste davvero l'altare che ho descritto, ed è quello di una chiesa dedicata ad una dea, ma purtroppo non ho trovato altro riferito a questa chiesa >.< quindi non so dove si trova...

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