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Autore: Ariana_Silente    23/10/2011    3 recensioni
La nascita di un bambino è sempre un evento eccezionalmente lieto nella maggioranza dei casi. Tuttavia ci sono modi diversi di vivere un evento simile, dipende tutto da come lo si interpreta.
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Oggi voglio rendere omaggio al pilota caduto. Marco era un ragazzo come tanti che aveva un anno più di me e un sogno diventato realtà tra le mani perchè ha avuto le capacità per realizzarlo. E' morto facendo ciò che amava e sapeva fare meglio: correre. Dedico a lui questa storia nata oggi, anche se con lui non ha niente a che fare. Un pensiero alla sua famiglia che deve rimanere e trovare la forza per andare avanti. Ciao Sic.//
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era da un po' che non pubblicavo niente, ma, purtroppo per voi, rieccomi =P
Comunque sia era da un po' che mi ronzava in testa l'idea di scrivere una storia su Sokka e Katara, e oggi, non so come, è nata (tanto per restare in tema) questo racconto.
Chiedo venia, so che le nascite della coppia di fratelli della serie non sono coordinate (mi pare di ricordare che azula e zuko siano più grandi di katara e sokka) comunque in entrambi i casi prima è nato il maschio e poi la femmina, e quindi, et voilà, ho provato a mettere a confronto i due eventi.


 

§§§
 



 

Benvenuta, sorella.

 

«Padre! Padre! È nata! Mia sorella Azula è nata! Piange e strepita, l'ho vista, è così piccola! Venite presto, venite anche voi!»
Il bambino sorrise, gli occhi luccicanti.

 Nell'emozione del momento aveva dimenticato di tenere la voce bassa e mantenere un passo di distanza dal Principe, suo padre.
Anzi esattamente in quell'istante aveva afferrato la ricamata manica del padre e la tirava verso di sé, attirando gioioso l'attenzione paterna.

 ****

«Papà! Papà! Sta nascendo, sta nascendo, la nonna mi ha mandato a chiamarti! La mia sorellina sta nascendo!»
«Sokka! Finalmente: vieni dobbiamo subito tornare indietro.»
L'uomo sorridendo passò l'arpione che stava pulendo al compagno al suo fianco che gli aveva battuto una mano sulla spalla e preso in braccio il figlioletto scalpitante, si diresse a grandi falcate verso le tende, rincorso dai cori ben auguranti dei compagni dietro di lui.
Quella sera la luna piena sorrideva benevola sulle ultime attività del Polo Sud e l'uomo cercava di tenere a bada la propria emozione rispondendo alla raffica di domande che il piccolo agitato che portava fra le braccia gli faceva.

 ****

L'uomo, freddo come non mai, rivolse lentamente il capo verso il bambino e gli lanciò uno sguardo severo, guardando poi le manine paffute che stringevano la stoffa delicata.
Il piccolo, spaesato, senza capire, seguì lo sguardo del padre, mentre anche l'ultima nota della sua voce euforica si spegneva in lontananza nel corridoio.

Comprese quello che aveva fatto.

Con un brivido lasciò subito la presa e fece un passo indietro, sfoggiando tutto il galateo che gli avevano insegnato, rimase fermo con le mani dietro la schiena e lo sguardo verso le scarpine lucidate di fresco.

 ****

L'uomo giunse alla sua tenda in cui brillavano vive luci e un bel falò proprio all'entrata. Alcune donne erano lì attorno, chi tenendo un panno, chi portando dell'acqua.
«A che punto siamo?» domandò nervoso, carezzando una guancia del figlio.
Le donne sorrisero.
«Ormai dovremmo esserci.» come in conferma, un vagito irruppe nella sera e in quel momento un raggio di luna illuminò l'ingresso di una luce perlacea, invitante.
«Papà! Papà! Che significa?» strillò Sokka a metà tra l'euforico e il terrorizzato aggrappandosi al suo collo.
«Significa, mio caro piccolo Sokka, che tua sorella è nata. Ora potete entrare.» concluse l'anziana donna appena uscita dalla tenda, una ciocca di capelli bianchi sfuggiti alla stretta crocchia, con un sorriso soddisfatto sulle labbra e negli occhi e rivolgendosi per lo più all'uomo davanti a lei che le baciò la fronte riconoscente.

 ****

«Io conosco tutto ciò che succede in questa dimora, principe Zuko. Se mai avrò bisogno di uno strillone, allora andrò a cercane uno che sappia fare il suo mestiere per le strade della mia Nazione. Torna dalle tue tutrici.
Non voglio che disturbi la principessa Ursa che deve curarsi della piccola, mi sembrava di averti avvertito.»
Ozai osservò soddisfatto la reazione del bambino che a quelle ultime parole aveva alzato lo sguardo, con un lampo doloroso negli occhi, rammaricandosi tuttavia della sua insita imperfezione: in quel marmocchio rivedeva troppo l'inutile bonarietà del fratello maggiore.
Il bambino, mantenendo il viso chinato per nascondere le lacrime, così congedato, si inchinò e si allontanò a passo mesto, lasciandosi dietro i vagiti di protesta della neonata e la gioia materna, con le spalle in avanti come colpito da un'improvvisa spossatezza.

Il silenzio gli rimbombava nelle orecchie quasi da fargli male, senza gli insistenti gridolini di Azula.

 

****

Entrò scostando rapido un lembo della tenda, con un leggero tremito. Aveva messo giù il bambino che si era ammutolito e lo teneva per mano, una stretta gentile e decisa al contempo.
L'ambiente della tenda era tiepido e luminoso, un leggero aroma delicato si levava da alcune ciotole fumanti da un lato, ma la sua attenzione fu subito attratta dalla donna semi seduta sul letto di morbidi pelle, rivestiti di teli caldi. Stava allattando un minuscolo fagotto che reggeva delicatamente tra le braccia. Il respiro era regolare e la sua attenzione concentrata sulla piccola.
I capelli le ricadevano sulle spalle nude, facendo risaltare il candore della pelle e disegnando il profilo del seno gonfio.
Senza che avessero fatto altro che respirare, Hakoda intravide la fossetta sulla sua guancia, indice del suo sorriso nascosto e dimostrazione che si era accorta della loro presenza.
Il bambino fece per precipitarsi verso la madre e la sorella, ma il padre gli pose delicatamente una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione.
«Fai piano.» gli disse con un sorriso e lo sospinse avanti.
«Vieni, Sokka, vieni a conoscere la tua sorellina.» lo chiamò Kya, distogliendo lo sguardo dalla neonata. Ma furono in due ad avvicinarsi.
Entrambi si sedettero al suo capezzale, Hakoda accarezzò con tenerezza la testa sudata della moglie, lasciandole un bacio a fior di labbra, mentre Sokka osservava rapito la sorella, un cosino tutto rosa e rosso.
«Hai visto, eccola qui la tua sorellina. Sei suo fratello maggiore, dovrai prenderti cura di lei ora. Dovrai darle il buon esempio.» gli disse la voce calda ed emozionata del padre, mentre la donna gli passava la bambina e attirava a sé il maschietto baciandogli la guancia.
«Allora, sei contento?» era esausta, ma la felicità di avere tutta la sua famiglia lì accanto a lei era qualcosa di impagabile. Il piccolo sorrise, passando lo sguardo dalla mamma, al papà e alla piccola sorellina.
   «Sì, ma come si chiama?» chiese guardando i genitori con espressione buffamente seria.
Hakoda adagiò la piccola sonnolenta fra le braccia accoglienti della madre, studiandole per un intenso attimo gli occhi.
Quindi le cinse le spalle, stringendosela amorevole al petto mentre con l'altro braccio acchiappava e stringeva, come a portarsi tutti quei tre volti sorridenti più vicini a sé, il bambino.
«Saluta tua sorellina Katara, Sokka.» il bambino si sporse sul viso addormentato della sorellina e le depose un bacetto timidamente rapido sulla guancia rosea e tiepida che profumava intensamente di latte.
«Ciao sorellina. Non avere paura ci sarò io con te.» due sguardi radiosi si incrociarono sopra le teste ravvicinate dei bambini. 

***

 Il bambino non sapeva per quanto avesse camminato. Solo che a un tratto aveva alzato lo sguardo e aveva incontrato le braccia aperte dello zio.
Lo abbracciò e il piccolo si lasciò avvolgere dalla imponente figura dello zio, aspirando con piacere l'aroma di té al gelsomino che la sua mente legava inscindibilmente a lui.
L'uomo si inchinò e lo afferrò per le spalle, gli sorrideva radioso.
«Come mai quell'espressione, principe Zuko? È nata tua sorella, non sei felice? » il bambino abbassò lo sguardo.
«Certo. Ma non devo disturbarle.» mormorò sconsolato. Non vide l'espressione di dolore che attraversò gli occhi gentili dello zio.
Con un sospiro gli posò una mano sul capo, tornando a stringerlo con l'altro braccio.
«Tua mamma è stanca, è stato un giorno impegnativo sia per lei che per tua sorella. Ma vedrai che al più tardi di stasera ti richiamerà. Su, ora vieni con me.» lo prese in braccio chiacchierando, ma il piccolo principe rimase corrucciato, ferito dalle parole del padre, lontano e solo dalla sorellina appena nata e dalla madre.
Andando verso le sue stanze, Iroh intravide il fratello minore.
Si scambiarono un lungo sguardo rovente, mentre teneva nascosto il viso del bambino e se lo portava via.

  
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