31/10/2011
8 recensioniI personaggi presenti in questa storia non mi appartengono. Essa è frutto della mia fantasia e non è stata scritta per scopi di lucro.
E continua la quarta stagione a ispirare one shot! XD
Avviso sin d'ora che la fiction contiene uno spoiler per quanto riguarda l'episodio 4x05, quindi chi non vuole spoilerarsi non prosegua!
Comunque, no dico, potevano gli sceneggiatori non inserire tutto sto Merhur e aspettarsi che non piovessero nei fandom decine di fiction? U_U
La scena in cui Artù osserva i cavalieri dalla sua tenda mi ha trasmesso un senso di solutidine assoluto.
Merlino è stato il primo ad accorgersi del suo sguardo e l’unico a interpretarlo in due istanti.
Stolen glances and nights without darkness
Le risate, le voci lievi, sottili.
Sussurri di fiducia e sorrisi, celati dal calore intimo delle fiamme.
Dietro lo sprazzo di buio della solitudine, Artù fissò i suoi uomini, in fondo amici fedeli.
Si domandò a cosa levassero i calici.
Forse alla fortuna, forse alla speranza.
Una speranza di cui li aveva privati con una decisione sbagliata e di cui li avrebbe privati ogni giorno di più.
Ogni alba di più.
Ogni notte di morte e dolore, a cui li stava conducendo senza redenzione.
Forse sarebbe stato il primo, quel chiaro di luna.
Il primo di centinaia, nei quali avrebbe visto i loro volti sempre più stanchi, sempre più provati, con sorrisi che si sarebbero affievoliti fino a spegnersi, come quelle fiamme ora calde, e vive.
Si chiese quando la morte avrebbe cominciato a falciare impietosa.
Si chiese chi, fra loro.
Lo sguardo si posò su di lui, beandosi di quel qualcosa che ancora non riusciva a spiegarsi ma era capace di scaldargli il petto.
Non lo aveva mai perso un’istante.
Era stato con lui sempre, ai margini della sua visione, qualunque cosa osservasse.
Non importava con quanto rapimento lo facesse, o quanto distratto fosse.
Lui era sempre lì.
Crollava il capo sotto le carezze rudi di Sir Leon, mentre gli altri si prendevano bonariamente gioco della sua ingenuità.
La luce delle fiamme macchiava il viso sottile, dorando i lineamenti delicati, eppure forti, così com’era dentro.
Gli zigomi affilati, il collo sottile, nel quale avrebbe voluto annegare parole troppo pericolose per poter essere pronunciate.
Fu il primo ad accorgersi di lui.
Acque in tempesta nelle iridi color del cielo. Un cielo scuro, che socchiudeva ogni spiraglio di paura quando lo investiva con il suo buio.
Nell’istante del suo sguardo consapevole, qualcosa si strappò al centro del suo cuore.
Un lembo di speranza, un altro piccolo lembo di una speranza folle, di una pazzia a cui da mesi si era votato e che stava distruggendo la sua pace senza pietà.
Guardò quegli occhi, prima di percepire anche gli altri su di sè.
E lo gridò.
Con la mente gli gridò ciò che non avrebbe ma saputo trovare il coraggio di dirgli.
Perchè era sbagliato.
Perchè era una follia logorante.
Perchè era un sentimento che non poteva esistere.
Quegli occhi scrutarono ciò che vibrava nel suo petto.
Gli accordi stonati di ciglia tremanti.
La massa oscura e offuscata del mondo alle sua spalle.
Solo l’aura delicata del fuoco, ad accarezzare quella visione, la sola cosa che non avrebbe voluto perdere mai.
Il solo prezzo che non poteva pagare.
Il più alto di quella guerra.
Ed era stato lui a coltivarla.
Se la battaglia gliel’avesse restituito con la morte sul volto, nelle briciole di perdono che si era lasciato donare con tanta fatica, si sarebbe scatenato il vento, disperdendole.
Nel petto, soltanto il vuoto di notti senza buio.