Il bene effimero della bellezza
La chiamavano bocca di rosa
metteva l'amore sopra ogni cosa.
Feliciano aveva addotto
quella scusa, davanti alla domanda titubante della ragazza, e sorrideva
sornione, gli occhi socchiusi, davanti all’unico dipinto che
aveva scelto di esporre
al pubblico assieme ad alcune delle più belle opere
italiane: la delicatissima Nascita di Venere,
il David di Michelangelo, Flora di Tiziano.
« Sei proprio bravo.» replicò
lei, con una vena di nostalgia, studiando la coppia al centro del
dipinto; le
tonalità accese e voluttuose dei due personaggi brillavano
sullo sfondo caliginoso.
Le piaceva tanto, tantissimo.
« Noi siamo italiani e grandi
amatori.» disse lui, ridendo.
Ma la passione spesso conduce
a soddisfare le proprie voglie
senza indagare se il concupito
ha il cuore libero oppure ha moglie.
In quella affollata galleria
d’arte, la ragazza scoppiò in una risata
liberatoria, seppure un poco stridula,
facendo ondeggiare pericolosamente il prosecco nel bicchiere.
« Dunque, Feliciano da
Venezia, non ricordo di aver mai sperimentato la vostra
tecnica.» gli sussurrò
all’orecchio. Feliciano era così affascinante,
come, dopotutto, tutte le sue
Regioni, e amante delle belle arti e della musica e delle belle donne e
del
vino com’era, e così ingenuo.
« Inghilterra non mi ha
perdonato mai per quella sera.» le rivelò
l’italiano, conducendola in un’altra
alla della mostra, dopo aver buttato giù anche
l’ultimo dito di spumante. Entrambi
lasciarono i bicchieri vuoti su un piedistallo di marmo e caddero sul
pavimento
lucido e gelido.
Beckah chiuse gli occhi,
concentrandosi sulle dita da artista di Feliciano che le scostavano i
capelli
dal volto.
Il cuore tenero non è
una dote
di cui sian colmi i carabinieri
ma quella volta a prendere il treno
l'accompagnarono malvolentieri.
«
Arrivò Venere e se ne andò.»
recitò Feliciano, le mani intrecciate dietro la nuca.
L’inglese voltò la testa
verso di lui; corrugò le sopracciglia scure e
sgranò gli occhi verdi, prima di
chiedere: « Di cosa stai parlando?»
« Di Venere e dell’amore.»
gorgheggiò Feliciano, con la solita aria da bambino. Beckah
fece una smorfia.
« Dovrei rivestirmi e
sbrigarmi: il mio aereo parte tra,» controllò
l’orologio da polso, « tre quarti
d’ora.» Il volto di lui si rischiarò e
l’italiano ricominciò a raccogliere i
propri vestiti, distogliendo con tatto lo sguardo dalla biancheria
intima dell’inglese.
Lei fece un sorriso imbarazzato.
a salutare chi per un poco
portò l'amore nel paese.
Il brusio degli altri
passeggeri si stemperò e divenne un rumore di natura, un
sovrapporsi di foglie
mosse dal vento e di acqua che scorreva. Riuscì perfino a
credere di avere un
piede quasi immerso nel ruscello di quel giorno tristemente lontano, la
bocca
fresca di Feliciano sulla sua, le loro mani unite: e quella di lui
efebica come
la sua, la gamba destra attorta attorno alla sua vita calda e
abbronzata. Sotto
l’albero, doveva essere un salice, c’era il
cavalletto del pittore e una
scatola di colori mal assortiti.
« Così va bene?» domandò in
un soffio, spostando un sasso che le premeva sotto la scapola.
« Perfetto… perfetto.»
Feliciano sollevò le mani sulla sua gola, immobile nel
tentativo di catturare la
scena.
E con la Vergine in prima fila
e bocca di rosa poco lontano
si porta a spasso per il paese
l'amore sacro e l'amor profano.
«
Tiziano, sei riuscito a
finire?»
Gli alberi e il vento e l’acqua
e le cicale; ardente, Beckah stese le gambe sull’erba che
piluccava pigramente,
e Feliciano, una striscia blu sulla guancia sinistra, continuava a
mescolare le
tinte sulla tavolozza.
« Quasi.»
« E come lo chiamerai?»
L’italiano vergò la sua firma
nell’angolo sinistro e sospirò, infatuato:
« Amor profano?»