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Autore: Remedios la Bella    04/11/2011    4 recensioni
Un ragazzo tedesco che tollera gli ebrei e trova misera la loro condizione. Max.
Una ragazza Ebrea dallo sguardo vuoto e dal passato e presente tormentati e angustiati. Deborah.
Due nomi, un'unica storia. 15674 è solo il numero sul braccio di lei, ma diverrà il simbolo di questa storia.
In un'epoca di odio, nasce l'amore.
E si spera che quest'amore rimanga intatto per lungo tempo, e sradichi i pregiudizi.
Enjoy!
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Benritrovati! Volevo postare il capitolo ieri, così da potervi fare una sorpresa proprio il giorno del mio compleanno, ma a quanto vedo non è andata come speravo.
Buona lettura!
PS: ogni giorno scopro nuovi recensori, che mi deliziano con i loro complimenti! Sappiatelo, mi rallegra davvero sapere che questa storia vi piace a tal punto!
Buona lettura! Remedios

Capitolo 32

 
Collegata alla botola, stava una scala di legno ancora buona. Salii per prima, facendo attenzione che i gradini non mi crollassero sotto i piedi, mentre Elly mi stava dietro.
Non vedevo tantissimo, solo un fio di luce penetrava dallo spiraglio della botola, che con tutte le forze spinsi verso l’alto per aprire. La luce della stalla mi investì debolmente mentre con una grande spinta salii in superficie sul pavimento della stanza. La botola era situata al centro della stalla, e l’odore del fieno mi punse fortemente le narici, Con una mano aiutai Elly a salire accanto a me e dopo ci sedemmo sul pavimento, per riprendere fiato.
“ Menomale che siete arrivate ragazze!” la voce di John spuntò dal nulla, e poco dopo lui fece capolino con la sua testa da dietro una balla di fieno nel mucchio:” pensavo vi avessero catturato!”
Con mia enorme sorpresa mi accorsi che, quando fu vicino a noi, nessun appoggio lo aiutava a tenersi in piedi; stava ritto davanti a noi, come se fosse perfettamente in salute.
“ John .. ma tu cammini?” rimasi esterrefatta da quel che stavo vedendo.
Lui si imbarazzò non poco:” Scusate se vi abbiamo mentito per tutto questo tempo … ma mi serve la scusa dell’invalidità per poter restare accanto ai miei  e aiutarli nelle faccende riguardo la clandestinità. Sapete, voi per adesso siete le uniche a sapere del mio segreto.”
“ Non l’hai mai detto agli altri fuggiaschi?”
“ mai … di solito me lo tengo per me, ma questa volta è più grave di quanto pensassi … Ora andiamo, dobbiamo uscire di qui, prima che le guardie ci scoprano.”
Io e Elly, ancora frastornate dalla verità, gli andammo dietro, mentre lui cautamente si avvicinò alla porta della stalla per orecchiare. Restai in silenzio assoluto per facilitargli la cosa, e anche Elly fece lo stesso. L’unico rumore che però, riuscivo a sentire, era il canto delle cicale misto alle urla attutite dei soldati, proveniente dalla casa.
“ Come facciamo a scappare, se sono ancora lì?” Chiese Elly, preoccupata.
“ cani non ne hanno portato, basterà aspettare che se ne vadano, in totale silenzio … comunque, voi salite al piano superiore e nascondetevi.” John ci indicò una scala di legna, che portava esattamente a un pianerottolo mezzo nascosto dal fieno abbondante.
La sua proposta, però, non volevo accettarla: Ancora una volta le persone che avevo accanto rischiavano per me, e questo non potevo accettarlo.
“ Io per adesso rimango qui …” esclamai, facendo girare John dalla mia parte con uno sguardo tra lo stupito e l’arrabbiato.
“ Cosa? Non dire sciocchezze, tu e Elly dovete scappare prima che vi prendano!” tuonò lui apprensivo.
“ E tu come farai?” stavolta era stata lei a parlare, e nel tono della sua voce risuonava un lieve tono di tristezza.
“Io ho la pellaccia! Vedrai … me la caverò.” Si avvicinò a Elly, e le scompigliò affettuosamente i capelli, sotto lo sguardo lucido di lei:” E non piangere … non è da te farlo.”
“ Lo so benissimo …” Elly abbassò lo sguardo ormai con gli occhi gonfi di lacrime, e tutto quello suscitò in me il ricordo del mio distacco da Max.
Il mio cuore ne aveva sofferto di pene, e soprattutto quell’evento .. lo aveva segnato. Desideravo ardentemente che mi riconciliassi con lui, anche solo per un istante, ma dovevo aspettare, chissà quanto, tutto era contro di me in quel momento. Dunque non c’era via di scampo. Solo il destino poteva darmi man forte in quel momento.
Distolsi lo sguardo dai due innamorati, che nel mentre si erano stretti in un abbraccio malinconico, entrambi in lacrime, e andai accanto alla porta, socchiudendola leggermente per guardare fuori.
Ciò che vidi non mi diede il tempo neanche di emanare fiato: uno sparo, poi uno sbattere di porta improvviso, e una delle guardie che usciva dalla casa e si dirigeva pericolosamente dalla parte della stalla.
“ Ragazzi! Non vorrei disturbarvi ma … abbiamo una visita.” Dissi cercando di essere disinvolta, ma con il cuore che mi pulsava in modo incontrollabile.
 
Sentite le parole di Deborah, Io e John ci staccammo da un abbraccio che mi sembrò essere durato in eterno e ci guardammo negli occhi spaventati.
“ Presto, saliamo su e nascondiamoci bene!” disse lui, e senza farcelo ripetere due volte salimmo in fretta la scala che conduceva al pianerottolo, poi la scala venne tratta su in fretta, di modo da evitare la salita delle guardie verso il nostro nascondiglio.
E nel momento in cui l’ultimo pezzo di scala venne nascosto sotto una coltre di fieno, la porta della stalla si spalancò con enorme chiasso e il vocione di un soldato irruppe nel silenzio rotto solo dal canto continuo della notte.
“ Chi c’è qui?” tuonò con gran voce l’unico soldato che era entrato dentro:” Fatevi vedere, luridi latitanti! E non costringeteci a usare le maniere forti!”
La sua voce emanava autorità e brutalità, e questo mi accapponò la pelle più di quanto i miei sensi potessero permettere.
“ Cosa facciamo? Se ci muoviamo quello ci scopre!” sussurrai con un filo di voce, cercando di stare più attenta possibile a non farmi sentire.
“ Restiamo qui, fino a che non se ne va .. e evitiamo di farci scoprire.” Sussurrò in risposta Deborah, che di tanto in tanto buttava un’occhiata verso il piano di sotto.
Il soldato continuò a mandare le sue minacce al nulla, mentre noi aspettammo che si arrendesse e che se andasse. Ma sembrava che niente stesse dalla nostra parte in nessun momento.
Dopo un minuto di silenzio inquietante, l’uomo uscì dalla stalla, ma non mi fidai comunque. E infatti, evitai che John si alzasse di botto nel momento preciso in cui lui ritornò con un fucile a canne mozze in mano.
“Che intenzioni ha?” fece Deborah terrorizzata. Il soldato scomparve dal nostro campo visivo, ma avevamo già intuito cosa volesse fare e il terrore ci corse nelle vene.
“ Ragazzi dobbiamo subito andarcene da qui!” urlai senza voce agli altri, che erano agitati visibilmente quanto me.
Sentii il rumore di un grilletto, e il legno del pianerottolo rompersi sotto al furia di un proiettile scagliato a pochissimi centimetri dal mio braccio e dal quello di Deborah. L’uomo stava sparando da sotto per stanarci, probabilmente il nostro silenzio era stato udito ugualmente.
Il guaio di quei proiettili che ci avrebbe sparato è che non avevamo idea di come ci avrebbero colpito, e se ci avrebbero colpito. Già dal primo tentativo, sembravamo spacciati.
Non emisi fiato, anche se avrei voluto gridare come un’ossessa, e un altro proiettile forò il pavimento vicinissimo al mio braccio. Potei sentire il calore del colpo bruciarmi la pelle.
“ Elly! Torna qui!” Mi incitò John spaventato. Cercai di muovermi verso di lui, di modo da spostarmi verso destra, Ma qualcosa fece in modo che il mio movimento venisse visto. Il proiettile stavolta mi passò talmente vicino che non feci in tempo ad arrestare il grido strozzato che mi uscì dalla gola.
Ora ero nei casini più totali.
“ Beccati! Portate la scala!” tuonò il soldato da sotto. 

   
 
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