Vorrei
tanto che Cas e Dean mi appartenessero, ma non è
così, uffi! Non scrivo a scopo
di lucro ma solo perché ho bisogno di svuotare la mia testa
(che è piena di
stupidaggini!) e quello che scrivo non è reale ma
è frutto della mia fantasia.
Il tizio
vestito alla Constantine avanzò verso Dean con
portamento fiero, attorniato da scintille che lo illuminavano a
intermittenza.
«Amico,
e tu chi saresti?» disse il cacciatore, sollevando
involontariamente il sopracciglio a causa dell’entrata da
prima donna dello
sconosciuto.
«Sono
quello che ti ha salvato dalla perdizione. Sono
Castiel» rispose semplicemente l’altro.
Dean non
poté evitare di alzare gli occhi al cielo,
sbuffando. «Bhe, tante grazie per quello, ma non hai risposto
alla mia domanda.
Mettiamola così: cosa
saresti?»
«Sono
un angelo del Signore.»
Il ragazzo lo
squadrò da capo a piedi. «Oh sì,
certo… ma
senti, dimmi una cosa signor ‘angelo’: per caso sei
uno di quei maniaci che vanno
in giro aprendosi l’impermeabile e mostrando
l’uccello?»
Castiel
inclinò il capo di lato e lo guardò sgranando gli
occhioni blu. «L’uccello? Non capisco cosa tu
intenda. Certo, io ho le ali… per
questo nomini gli uccelli?»
«Ah,
quindi tu avresti le ali? Come no!» rispose
l’altro,
passandosi una mano sul viso con fare esasperato. Aggiunse poi a bassa
voce,
quasi parlando tra sé e sé: «Ma da dove
diavolo salta fuori questo esaltato?»
«È
questo il tuo problema, Dean: non hai fede» disse
l’angelo, guardandolo intensamente e ignorando le sue ultime
parole. Rimase
pensieroso qualche istante, poi indietreggiò di alcuni
passi; l’aria si fece
elettrica e diversi tuoni scoppiarono all’improvviso, come
durante un temporale
devastante.
Sulla parete
alle spalle di Castiel apparve, maestosa e
agghiacciante allo stesso tempo, l’ombra scura di un
imponente paio d’ali.
Dean
trattenne il fiato per lo stupore, poi mormorò:
«Oh,
ok… hai le ali sul serio…»
Dopo alcuni
secondi tornò però padrone di sé, e
con la
stessa sfrontatezza di sempre aggiunse: «Ma questo non mi
distoglie dalla mia
idea iniziale. Conciato così sembri davvero un
maniaco!»
«Un
maniaco? Perché mai un angelo dovrebbe fare il
maniaco?»
«Bhe,
avrai anche tu un uccello lì in mezzo!»
«Proprio
non capisco cosa tu voglia dire. Aspetta un
attimo.»
L’angelo
frugò in una delle tasche del trench che
indossava e ne tirò fuori un dizionario tascabile che
recitava in copertina: Enochiano-Inglese,
Inglese-Enochiano.
Dopo averlo
sfogliato velocemente ed essersi soffermato a
leggere, socchiudendo un po’ gli occhi per la concentrazione,
Castiel tornò a
guardare Dean, il viso illuminato dalla consapevolezza. «Oh,
ora capisco. Con
la parola ‘uccello’ tu intendi l’organo
riproduttivo maschile. Ebbene sì, io ho
un pene, o meglio… il mio contenitore ce l’ha.
Questo non è il mio corpo, ho
dovuto occupare questo tramite perché nessun essere umano
potrebbe vedermi
nella mia vera forma; tieni presente che sono più grande del
Chrysler Building
e…»
«Woohoo!»
lo interruppe Dean, sogghignando. «Ora ti stai
dando delle arie, amico!»
All’ennesimo
sguardo smarrito di Castiel, Dean non riuscì
più a trattenersi e scoppiò in una fragorosa
risata.
«Vieni,
usciamo da qui» gli disse allungando una mano e
iniziando a scompigliare i suoi angelici capelli scuri. «Hai
parecchio da
imparare, sai?»
«Pensi
che le mie competenze in materia di ‘esseri umani’
non siano sufficienti?» gli rispose l’angelo, con
tono un po’ abbattuto.
«Decisamente!»
«Mi
aiuterai, Dean?»
«Con
piacere,
Cas» lo rassicurò il cacciatore.
Quel tipo non
era poi così male… un po’ svampito
forse, e
del tutto privo di senso dell’umorismo. Ma gli piaceva.
Sì, gli piaceva molto.