Secrets
~I would know you~
«But let's be honest, Jack.
I'm… nothing more than a blip in time for you, Jack.
Every day, I grow a little older. But you're immortal.
You've already lived a thousand lifetimes.
How could you watch me grow old and die?
How can I watch you
live and never age a day?»
«Owen, sei stato uno stronzo»
L’affermazione decisa di Gwen fece rimanere
il ragazzo per un attimo immobile, sorpreso da tanta improvvisa spontaneità.
Poi rivolse lo sguardo verso la ragazza e le lanciò un sorrisetto beffardo.
«Ho solo detto la verità, Cooper. Non fare
la santarellina. E poi, non sono affari che ti riguardano»
Gwen parve pensarci un attimo; fece
scivolare poi gli occhi su Toshiko – alle prese con uno strano congegno
elettronico, ma comunque attenta alla discussione – e parve in attesa di un suo
commento.
«Sei stato uno stronzo» disse quella, senza
scomporsi.
«Due ad uno, Harper. Arrenditi all’evidenza»
Il dottore sbuffò irritato e voltandosi per
andare via, notò che sul divanetto di pelle era seduto Ianto, lo sguardo perso
nel vuoto e a miglia di distanza dalla discussione.
«Tu non sei d’accordo con loro, vero Ianto?»
gli chiese allora, speranzoso – se non sapeva di cosa si stava parlando, forse
gli avrebbe involontariamente dato ragione.
«Sapete dov’è Jack?» fece invece quello,
guardandoli senza dare segno di aver sentito la domanda di Owen – il ragazzo si
senti perso e represse un’imprecazione, tra le risatine delle due ragazze.
«Dovrebbe essere nel suo ufficio» fece poi
Toshiko, la voce ancora piena della risata.
Ianto le sorrise cordiale e poi si avviò di
sopra con la testa piena di pensieri. Prima di cominciare a salire le scale, però,
si fermò voltandosi verso i suoi compagni e scorgendo Owen che si avviava irritato
verso la sua postazione.
«Giusto per la cronaca» esordì, guardandolo
«Sì, sei stato uno stronzo – alle volte una bugia è migliore della dura verità,
soprattutto nei casi in cui siamo coinvolti. Risparmia dolore e noi conosciamo
bene l’argomento» poi voltò le spalle e sparì in breve.
Il dottore sbuffò per l’ennesima volta: il
solito Ianto! Se Tosh era quella che non si divertiva
mai, beh, Ianto neanche ci provava! Cavolo, doveva per forza essere tanto serio
– no, non serio.. più… simile ad un saggio pessimista, sempre? Non poteva solo provare a godersi la vita qualche volta?
Ianto entrò nell’ufficio di Jack senza
neanche bussare: sperava di coglierlo in flagrante e così fu. Il capitano Harkness era così preso che neanche si accorse del ragazzo
che era entrato: tra le sue mani un diario. Il diario di Ianto, per la
precisione. Le righe sottili del foglio, fitte della calligrafia sottile di una
stilografica nera, attirava così tanto la sua attenzione che sarebbe stato
quasi possibile arrivargli alle spalle senza che se ne accorgesse.
Il ragazzo fece un paio di passi
avvicinandosi alla scrivania e solo allora – per quanto fosse stato silenzioso
– Jack alzò il suo sguardo luminoso, vedendolo.
Appunto: quasi
possibile avvicinarsi senza essere sentiti. Ma a Ianto non importava. Aveva il
suo diario tra le mani e tanto bastava.
«Sapevo che era qui» disse spazientito,
incrociando le braccia al petto.
Jack sfoggiò uno dei suoi migliori e più
accattivanti sorrisi, di quelli che avrebbero fatto strage di donne e che
valevano tutta la fama che da pianeta a pianeta si era fatto dopo tanti anni;
entrambi, però, sapevano che non avrebbe avuto effetto su Ianto.
Non era per quel sorriso affascinante e dal
malizioso sottinteso che si era innamorato di lui.
«Colpa tua» si difese allora «Dovresti avere
più cura delle tue cose e non lasciarle dove capita»
Errore. Ianto sfoggiò un sorriso di
vittoria: tutto gli si poteva contestare, tranne che il disordine e questo lo
sapevano bene entrambi.
«Per “dove
capita” intendi nel cassetto della mia postazione, sotto svariate
cartelline e fogli, giusto? Perché quello è proprio il posto in cui l’ho
lasciato. E poco fa, cercandolo, non c’era più»
Lo sguardo di vittoria che lanciò a Jack
mise fine alla questione su chi avesse ragione. Il capitano sospirò
sommessamente e chiuse il diario alzandosi. Fece il giro della scrivania senza
staccare gli occhi da dosso al ragazzo e si fermò col volto a pochi centimetri
da lui – Ianto sentiva il suo respiro caldo sul viso, ma non si lasciò
distrarre e tenne lo sguardo fisso negli occhi chiari dell’altro.
«Non capisco perché ti scaldi tanto. Cos’hai
da nascondere?» lo provocò.
«Non si tratta di “cose da nascondere”, ma
di rispetto per gli altri e di-»
Le labbra del ragazzo non ebbero possibilità
di andare oltre, catturate da quelle di Jack in uno di quei baci in cui il
cervello si azzerava e non c’era possibilità di fare altro che perdersi nei
brividi che, fino ad allora, solo il capitano era stato capace di dargli. Ianto
neanche provò a staccarsi – non che lo volesse – e anzi assecondò i movimenti
dell’altro che lo portò con velocità contro una delle pareti dell’ufficio. Le
mani vagavano frenetiche sui corpi mentre le lingue approfondivano il contatto.
Solo quando entrambi ebbero bisogno d’aria,
Ianto si accorse di essere caduto in pieno nella trappola del capitano. Di nuovo. Aveva cambiato argomento,
spostando l’attenzione su qualcosa che, ne era certo, lo avrebbe completamente distratto dalla questione
principale.
Quando Jack ebbe riacquistato fiato a
sufficienza, Ianto era pronto ad opporsi.
«Ottima distrazione, te lo concedo» ammise.
«Grazie»
«Ma non ho dimenticato il motivo per cui
sono venuto»
«Davvero…?» chiese il capitano con malizia,
riavvicinandosi a lui.
Ianto stavolta fu davvero bravo a non farsi
tentare, ma allontanandosi, fu dietro la scrivania e prese il suo diario.
Alzando lo sguardo, si accorse che il viso di Jack era completamente cambiato:
non c’era più traccia delle provocazioni e dei giochi di poco prima ed anche il
sorriso sembrava infastidito da qualcosa adesso. L’agente del Torchwood per un
attimo ebbe quasi paura di quel cambiamento: si fermò a ponderare con
attenzione i lineamenti dell’uomo che amava e tremò nel rendersi conto che
aveva paura. Stava cominciando a capire il motivo per cui, forse, Jack teneva
così tanto a leggere il suo diario.
«Non ti fidi di me» sussurrò, cercando di
nuovo il suo sguardo.
Era stata un’affermazione, sicura per quanto
debole e soprattutto aveva portato con sé una tristezza tale che per Jack fu
impossibile restare fermo, così distante da lui. Accorciò di nuovo la distanza
che li separava e gli fu di fronte.
«Potrei mai, Ianto?»
«Dovresti. Dopo la storia di Lisa… tutti voi
dovreste aver perso fiducia in me. Non so ancora in che modo io sia qui, dopo
quello»
Jack sospirò. Lisa. In ogni caso, quella
storia sarebbe sempre tornata. Non era bastato dirgli che era tutto
dimenticato, non era bastato farlo tornare in servizio e non menzionare più
l’accaduto. Tornava. E puntualmente
sembrava buttare giù tutto quello che avevano costruito. Nonostante il tempo,
nonostante si amassero.
Per un attimo rivide le immagini di allora,
il modo in cui aveva scoperto quel segreto, le parole che aveva gridato a Ianto
e la rabbia che aveva provato. Sì, in quel momento si era sentito tradito e gli
aveva addirittura puntato contro una pistola, ordinandogli di ucciderla. Era stato freddo e crudele – ma sapeva
che era stato necessario. Aveva creduto che Ianto se ne sarebbe andato, che
dopo quello non sarebbe riuscito ad andare avanti, soprattutto con lui, ma
ovviamente si era sbagliato: non lo conosceva così bene. Non sapeva quanto
fosse forte. Ianto non era andato via e lui si era ritrovato molte volte a ringraziare
neanche lui sapeva chi per questo.
Quando incontrò di nuovo i suoi occhi chiari,
il cuore del capitano perse un colpo: lucidi e quasi rossi, stavano per tradire
le lacrime che fino a quel momento avevano celato. Senza neanche pensarci, Jack
lo strinse a sé annullando le distanze. Odiava vederlo soffrire: era già
successo troppe volte e lui si era ripromesso che non sarebbe accaduto mai più.
Eppure
sentiva di aver tradito quella promessa già in troppe occasioni.
«Sai che mi fido di te. Quante altre volte
dovrò ripetertelo? Come potrei amarti, se non riponessi la più completa fiducia
in te?» gli sussurrò tra i capelli.
«Io… non lo so…» si lasciò scappare l’altro,
la fronte e gli occhi bagnati che si nascondevano nell’incavo del collo con
forza, quasi volessero penetrarlo.
A quelle parole Jack si irrigidì e prese
Ianto per le spalle con gesto sicuro, allontanandolo quel po’ che bastava per
guardarlo negli occhi. Non aveva idea che dubitasse di loro in quel modo e in ogni caso non sarebbe riuscito a sopportarlo
oltre. Non era mai stato un tipo eccessivamente sentimentale: galante, certo;
ottimo seduttore e forse finanche romantico, ma con le parole e i discorsi
profondi non era mai andato molto d’accordo. Tuttavia, quello era Ianto e le
cose cambiavano inevitabilmente.
«Stammi a sentire. Non ho idea del perché tu
sia ancora così confuso a riguardo,
ma credimi: sei la persona di cui mi fidi di più al mondo e questo non solo
perché ti amo. Non staremmo ancora lavorando insieme se non avessi una completa
fiducia in te, capito? Io… sono semplicemente un curioso senza speranze e il
tuo diario non è di certo una cosa che passa inosservata per uno come me»
Le parole erano diventate più incerte e
basse nel finale e Ianto si concesse per alcuni istanti, felice e rinfrancato,
di guardare il vero Jack, quello che
si nascondeva dietro la spavalderia e la sfrontatezza, quello che i sentimenti
potevano toccare e come, anche se sembrava il contrario. Il suo Jack. Sentì
come se all’improvviso qualcuno avesse posato un tizzone ardente sul suo petto:
il calore che avevano emanato quelle parole, il calore che emanava ancora Jack,
di fronte a lui, erano riusciti a trascinarlo via dal baratro che i suoi
pensieri e le sue paranoie stavano scavando. E ancora una volta ringraziò il cielo di
averlo lì, con lui: non avrebbe voluto nessun altro e puntualmente lui glielo
faceva capire sempre più.
Avvicinò di nuovo il proprio volto a quello
bellissimo di Jack e lo baciò a fior di labbra, solo per sentire la loro
morbidezza. Poi si sedette alla sua scrivania ed aprì il diario seguendo il
nastrino scuro con cui il capitano aveva segnato la pagina a cui era arrivato.
Era un vecchio caso che avevano seguito poco lontano da Cardiff, ovviamente
legato alla fessura. Nessun rischio particolare, un lavoro ben fatto.
«Amo la tua precisione» fece Jack
poggiandosi al bordo del tavolo e guardando Ianto «Hai una memoria
particolarmente forte e una calligrafia molto elegante»
«Cosa devo aspettarmi dopo i complimenti?»
chiese il ragazzo tra il prevenuto e il divertito.
«Credi ti stia lodando per qualche altro
motivo?» fece l’altro offeso.
Ianto sorrise di nuovo, alzando lo sguardo
come chi la sa lunga. Jack sapeva che era un sì.
«Ho notato che…» di fece avanti allora e
cercò di non tener conto del sorriso che si allargava vittorioso sul volto
dell’amato «quando non ci capitano casi – cosa davvero rara, mi sono reso conto
– sotto la data ci sono frasi come “Siamo ancora vivi” o “Tutto per il meglio
oggi”. Altre volte invece, compare il mio nome. Solo “Jack”, magari alla fine
della pagina se c’è stato altro da scrivere o come unica annotazione se le
pagine sono libere» e prese con gentilezza il diario dalle mani di Ianto,
mostrandogli cosa intendeva.
In effetti, l’annotazione “Jack”, da sola e
senza spiegazioni, appariva molto spesso. Per qualche istante i due paia di occhi
si guardarono senza che le parole spiegassero ciò che passava fra di loro. Poi
“il ragazzo del tè” sospirò: il capitano non si sarebbe arreso e lui,
dopotutto, non aveva nulla da nascondere.
«Tutte le volte che hai letto “Jack”… Sai,
ci sono delle volte – molte volte, ad essere sincero – in cui i tuoi occhi sono
così lontani da qui, da quello che stiamo facendo… E quando si allontanano,
quando vedono il passato – come credo sia – si oscurano, immancabilmente. Non so cosa tu veda, ma è così triste, così buio, che alle volte mi manca il fiato
solo a specchiarmi dentro»
Jack rimase in silenzio. Sapeva bene quanto
Ianto fosse attento a qualsiasi particolare lo circondasse, ma non avrebbe mai
creduto di essere stato un libro aperto per lui così tante volte. Sospirò,
sperando che non gli fosse chiesto a cosa stesse pensando ogni volta in cui si
perdeva in quel modo. Sapeva, però, che non aveva chances in quella preghiera.
«A cosa pensi?» fu infatti la richiesta
quasi istantanea di Ianto che non aveva smesso di guardarlo con insistenza: ora
era il suo turno di confessare i propri segreti.
Il capitano distolse lo sguardo, puntandolo
a terra: non voleva parlarne, anche perché non aveva idea da dove iniziare.
«Non potremmo semplicemente lasciar perdere?
L’hai detto tu stesso che il più delle volte sembrano pensieri tristi: non mi
pare il caso di parlarne, specialmente dopo una giornata come questa» tentò.
La missione che avevano concluso da poco, in
effetti, li aveva messi psicologicamente a dura prova, coinvolgendo – tra
l’altro – anche dei civili e uccidendone tre prima che riuscissero a fermare
l’attività aliena. Le vittime erano poco più che adolescenti.
Ianto sospirò: forse quello non era solo un
diversivo, ma non poteva in ogni caso lasciarsi scappare una simile opportunità
di chiarimento.
«Come posso credere che ti fidi di me se
puntualmente non mi dici nulla?»
Evitò di alzare la voce, ma il suo tono
suonò allo stesso modo rabbioso, per quanto sapesse che quello era un colpo
basso. A quelle parole il capitano, infatti, si riscosse come se lo avessero
improvvisamente colpito. Gli lanciò uno sguardo ferito e allo stesso tempo
terribilmente risentito, tanto che l’altro quasi si pentì delle proprie parole.
«Non farmi questo, Ianto» sussurrò con una
vulnerabilità che l’agente del Torchwood non avrebbe mai creduto possibile «Ci
sono così tante cose del mio passato di cui mi vergogno, tanti errori per cui
non sono stato punito…»
Sembrava improvvisamente stanco, come se non
avesse più la forza neanche di parlare. Ianto si alzò e fu di nuovo di fronte a
lui. Lo strinse a sé e quello per alcuni istanti si beò del contatto salvifico,
nascondendo la testa nel suo petto ed abbracciandolo con forza, quasi potesse
in quel modo scaricare l’ondata di dolore che stava provando.
Ianto avvertiva pienamente il bisogno che
stava provando Jack: in un certo senso era anche il suo – al di là della
curiosità, sentiva la necessità di
conoscere il suo passato, anche solo per poterlo aiutare.
«Parlami» lo incitò con più calma, ma sentì
la testa del capitano muoversi sul suo petto in segno di diniego.
«Non vuoi saperlo davvero, credimi. In quei
ricordi non c’è quasi più nulla del Jack che sono ora. Sono cambiato, Ianto»
«Allora lascia che veda chi eri prima»
«Non c’è nulla di buono»
«Non importa»
«No, Ianto: importa. A me importa» continuò a fare resistenza il capitano.
«Lascia che sia io a giudicare, per una
volta»
«No. Non voglio che tu veda chi… cosa sono stato. Perché t’interessa
tanto?»
Il ragazzo sospirò chiudendo gli occhi e
trattenendo a stento una brutta esclamazione.
«Insomma Jack!» disse poi con forza «Ti amo,
ecco perché m’interessa! Perché sei la persona migliore che abbia mai
conosciuto, perché sei la sola persona che abbia amato così tanto! Quindi cosa c’è di sbagliato se sono l’unica
persona al mondo felice di capirti?»
La disperazione di Jack ora pareva essersi
trasferita nelle parole di Ianto, tanto che il capitano alzò la testa verso di
lui e per alcuni attimi si guardarono, semplicemente, gli occhi che brillavano
e le parole che faticavano a riempire il silenzio.
«Mi chiedo che cosa abbia fatto di tanto bello
per meritarti, Ianto Jones…» si lasciò scappare Jack.
«Ti ostini a non volermelo dire» mugugnò
l’altro, tirandolo di nuovo a sé «Alle volte mi rendo conto di non poterti
capire davvero perché in realtà non ti conosco per nulla: potresti
perfettamente essere un estraneo per le poche cose di cui sono a conoscenza e
questo alle volte fa davvero male» confessò.
Spesso si era sentito messo in disparte,
rilegato in un angolino come un vecchio giocattolo da usare finché non stanca e
poi lasciar perdere e nonostante Jack gli avesse più volte detto che non era
così, che lo amava davvero, che era importante per lui, non riusciva a non
pensare che, in effetti, per tutto ciò che lo separava, non doveva poi essere così importante.
«Te ne parlerò, Ianto. Ti dirò tutto ciò che
vuoi sapere. Ma non ora; per adesso, ti prego, lasciami così tra le tue
braccia, non chiedermi altro»
L’assurda vulnerabilità di quella richiesta
stroncò sul nascere qualsiasi insistenza da parte di Ianto che ritenne
sufficiente per il momento un simile abbassamento di guardia.
«Solo, fallo presto: non ho tutta l’eternità
come te» gli ricordò.
Come se Jack avesse, poi, potuto
dimenticarlo! Era una costante nei suoi pensieri, un chiodo fisso in ogni
missione, un pensiero che gli toglieva inevitabilmente il fiato perché
immaginare una vita senza Ianto Jones ormai significava impazzire.
«A volte ho paura che te ne dimentichi»
confessò, quasi con egoismo, il ragazzo, quasi avesse seguito il flusso dei
suoi pensieri.
«Non potrei mai. È come una ferita aperta
che non smette di bruciare. È costante: mi scopro a pensarci anche quando non
ne sono inizialmente consapevole»
Come risposta Ianto lo strinse ancora più
forte.
«Durerà ancora per poco. Presto non sarò che
un ricordo sbiadito di tanti anni fa» disse poi, come se con quelle parole
potesse consolarlo.
Jack non rispose più nulla, non ribadì che
invece non lo avrebbe mai dimenticato, neanche fra mille vite; non gli disse
che era e sarebbe sempre stato una delle cose più preziose al mondo, l’unica ad
averlo reso veramente felice.
Restarono così abbracciati per molto tempo,
un turbine di emozioni che li attraversava e solo il contatto stretto della
persona amata come àncora che permetteva ad entrambi di non essere portati via.
Anche quel giorno Ianto, dopo un minuzioso
rapporto sulla missione, avrebbe scritto la parola “Jack”, ma per la prima
volta avrebbe avuto un significato leggermente diverso.
*
“…
Non vuole parlarmi del suo passato: dice che non c’è nulla di buono, ma non gli
credo. Qualunque cosa abbia fatto, so che deve essere partito da una buona intenzione. Jack continua ad essere la persona migliore che abbia conosciuto.”
Solo quella volta Ianto aveva aggiunto una
nota alla parola “Jack”, ma lui l’aveva letta troppo tardi.
Troppo tardi per potergli finalmente
raccontare tutto, troppo tardi per poterlo ringraziare di quella fiducia
immeritata. Troppo tardi anche solo per tradirla. Ianto era morto e lui non
aveva fatto nulla se non lasciare che ciò accadesse sotto i suoi occhi, tra le
sue braccia.
Il capitano chiuse il diario con gesto
gentile ed attento, timoroso di poter sciupare il più prezioso dei suoi
ricordi, il solo oggetto che aveva deciso di portare con sé subito dopo
l’ultima missione del Torchwood. Si era detto che viaggiare gli avrebbe fatto
bene, che avrebbe alleviato il dolore e reso più dolci i ricordi, ma si era
sbagliato. A mesi e mesi di distanza dall’accaduto il dolore e l’assenza di
Ianto erano ancora qualcosa di insopportabile, una ferita che non si sarebbe
mai rimarginata.
Si era detto tante volte che sarebbe
successo prima o poi, quasi a volersi preparare al dolore che avrebbe provato,
ma la verità è che non esiste preparazione che regga alla morte di chi si ama e
– ora sapeva anche questo – non esiste luogo che possa allontanarci da noi
stessi.
In quei mesi aveva letto e riletto il diario
di Ianto, imparandone le pagine pressoché a memoria: era come averlo ancora con
sé, con le sue emozioni e i suoi modi di fare, i suoi pensieri e i suoi giudizi
che raramente sbagliavano. Alle volte gli pareva di sentire addirittura il suo
profumo nella stanza e allora annusava quasi con disperazione le pagine del
diario per cercare una fragranza che semplicemente era stampata a fuoco nella
sua memoria.
Quello che, in ogni caso, gli mancava di più
di lui era il suo sorriso, la morbidezza delle sue labbra sulle proprie o
l’innocenza con cui dormiva sul suo petto dopo aver fatto l’amore. Quelle erano
cose che non avrebbe mai più riavuto, non importava quanto lontano da Cardiff o
dall’intera Inghilterra fosse andato.
Per questo aveva deciso di lasciare la
Terra. Si era illuso di aver finalmente trovato una vita vera lì, ma aveva
perso ugualmente ogni cosa. Era ora di ricominciare: avrebbe salutato Gwen e Rhys e sarebbe partito per lo spazio più remoto, portando
con sé il diario di Ianto non perché si ricordasse di lui – era certo che
avrebbe mantenuto ugualmente la sua ultima promessa – ma perché ad ogni “Jack”
su quelle pagine, lui avesse potuto aggiungere uno “Ianto” per ogni cosa nuova
dell’Universo che avrebbero visto insieme. Ianto gli aveva sempre detto di
trovare straordinario tutto ciò che c’era al di là della Terra ed ora lui gli
avrebbe mostrato ogni cosa.
E se qualcuno gli avesse chiesto del suo
enorme passato, finalmente non avrebbe avuto più paura di non avere nulla di
buono alle spalle: avrebbe parlato di Ianto, della sua buona intenzione, dell’unica cosa che poteva affermare
con certezza non sarebbe mai stata solo un puntino nel tempo infinito della sua
vita.
«You will never be just
a blip in time, Ianto Jones. Not for me»
_________________________
Non ho idea di che effetto vi faccia questa cosa, ma spero che abbia meritato il
primo posto anche se nel contest ci sono stati solo due partecipanti >.<
Anyway, è la prima che scrivo su Torchwood e sulla Janto, quindi spero che il cliché del diario non sia stato
troppo banale.
Riporto qui il giudizio ringraziando ancora A_DaRk_FeNnEr.
I°
Posto: “I would know you” di Alchimista
Una storia davvero intensa, che mi ha lasciata
praticamente in lacrime al finale, con Jack che parte, solitario, per lo
spazio. Una “finestra” sul rapporto tra Jack e Ianto, con i suoi alti e bassi,
le sue bugie e le sue verità, delicata ma reale, assolutamente umana.
Davvero, davvero complimenti.
Ho
particolarmente apprezzato l’utilizzo all’inizio ed alla fine di quella
citazione dal telefilm stesso, che ha legato insieme tutta la storia, dandole
un gusto agrodolce, del quale tutta la fic è poi
intrisa.
Ma
ora andiamo con ordine.
L’attinenza
al pacchetto è innegabile, con una maestrale combinazione di immagine e
citazione, in modo assolutamente naturale e non forzato. Jack e Ianto che
cercano di capirsi a vicenda, di fidarsi, attraverso le pagine di un diario è
un’immagine assolutamente meravigliosa.
Molto
originale la trama: nonostante il cliché del diario, che comunque era contenuto
nel pacchetto, hai saputo dare vita ad una trama originale e non noiosa. Un
dialogo del genere è quello che ci si aspetta tra due uomini così pieni di
segreti, che tentano di carpire quelli dell’altro per poter loro tendere la
mano. Mi piace soprattutto l’idea delle pagine di diario con scritto Jack e
successivamente di quelle con scritto Ianto, molto intelligente e
ben giocata. Un’aggiunta originale, seppur assolutamente credibile come parte
della trama “canon” della serie. Ho inoltre
apprezzato l’inserimento degli altri membri del team, che danno un contorno
plausibile alla storia in sé.
La caratterizzazione dei personaggi è molto buona, nonostante le tue
preoccupazioni al riguardo. Ritengo che sia Jack che Ianto rientrino
nei canoni delle loro personalità originali, con Jack curioso di leggere il
diario dell’altro, e Ianto che cerca di non perdere il controllo della
situazione. Ritengo inoltre che il fatto che Jack non voglia che Ianto veda
cosa lui fosse prima (prima del Dottore e di Torchwood) sia
assolutamente plausibile, e francamente comprensibile. Le battute di Ianto sono
IC e credibili.
Per
concludere, vorrei sottolineare come, nelle prime righe della storia, Owen sia
assolutamente Owen: penso che tu l’abbia catturato esattamente
com’è.
Passando
alla parte grammaticale, non ho notato grossi errori, se non uno sporadico uso
scorretto dei puntini di sospensione (due al posto di tre) e qualche virgola
fuori posto, ma per il resto nulla di eclatante. Mi piace molto il tuo lessico,
delicato e mai inopportuno.
In
conclusione, ti ringrazio per avermi dato l’opportunità di leggere questo tuo
lavoro, che spero pubblicherai al più presto!^^
Ringrazio chiunque presterà attenzione alla
cosa, invitando a lasciare magari una recensione ^^
Alla prossima! Baci.
Alchimista ♥