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Autore: Garfield    08/11/2011    2 recensioni
Una storiella semplice, senza pretese. La storia di una goccia di pioggia durante l'alluvione del 1998, in Liguria.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una goccia come tante, la lacrima del cielo.

Per Fiona: Grazie dell'aiuto! ;)

Una goccia come tante, la lacrima del cielo.

 

 

Non ne posso più di stare in questi nuvolosi! Sono neri, brutti ed antipatici… Non vedono l’ora di liberarsi di noi, dei miei fratelli e sorelle e di me.

Sento che ci stanno spingendo verso il basso, vogliono che scendiamo. Io tento di aggrapparmi ai contorni sfuocati della nuvola, ma sento che sto diventando solido e la forza di gravità mi tira verso il basso. Tropo tardi, mi sono condensato!

Precipito. Precipito accanto ad altre centinaia, ma che dico, migliaia di migliaia di gocce come me.

Aaaaaaaaaaahhhhhh!!

Strillo. I miei fratelli e sorelle strillano come me mentre attraversiamo il cielo e ci schiantiamo al suolo.

L’impatto non è stato così duro dopotutto, la strada che sto percorrendo insieme ai miei compagni e compagne e piena d’acqua e noi sguazziamo contenti! Vedo fermi immobili molti di quegli aggeggi che usano gli umani per muoversi sulle strade, non mi viene proprio il mone… Autoqualcosa. Comunque quelle cose sono ferme in mezzo alla via e mi sembra che in una ci siano anche delle persone. Cosa ci fanno ancora lì? Non vedono che il fiume si è ingrossato? Non hanno paura di essere trascinati via insieme a quei loro trabiccoli?

Proseguo il mio viaggio passando accanto all’automobile (finalmente mi è venuto il nome!) in panne e mi getto nel fiume diventando ufficialmente parte di esso. Seguo il percorso del corso d'acqua, sono spintonato da altre gocce come me, ma non è divertente come quando si è in un fiume tranquillo. In quel caso la corrente non è forte, quindi noi gocce giochiamo e ci spintoniamo poco, solo per divertimento! Invece in questo momento il torrente si è animato di una forza brutale che ci spinge le une sopra le altre con rabbia. L’impeto della corrente è fortissimo ed impossibile da placare, il fiume vuole liberarsi di noi e ci spinge velocissimo verso il mare trascinando con sé qualsiasi cosa trovi sulla sua strada.

Vado a sbattere contro alberi e sassi, sento la terra appiccicarsi su di me e tanto di liberarmene, ma sono diventato tutto appiccicaticcio e marrone! Mi sento una cacca!

Una goccia affianco a me strilla una parola come “fanooo” da cui deduco che siamo diventati fango, certo che potrebbe essere anche più chiara quella goccia!

Cerco nuovamente di togliermi di dosso quella terra, ma quando ci riesco ne giunge di nuova. Maledizione! Immagino che rimarrò marrone fino a quando non arriverò al mare…

All’improvviso mi ritrovo un’enorme massa di cemento di fronte. Ma che diavolo è?

La guardo attentamente, o meglio, la corrente del fiume mi ci spinge contro e mi ritrovo spiaccicato sulla superficie grigia di una cisterna. Una cisterna?!

Eh si, a quanto pare il fiume era così arrabbiato da buttare giù quell’enorme serbatoio d’acqua e ora lo sta trascinando con forza giù lungo il suo corso, come se non pesasse. Lungo il percorso oltrepassiamo dei paesini costruiti sulle sponde.

Come mai gli umani hanno l’abitudine di costruire le loro case vicino ai fiumi?

Le poche facce umane che riesco a vedere sembrano terrorizzate, hanno paura della loro fonte vitale. La temono, paventano questo torrente in piena capace di portare via tutto, capace di strappare le loro vite facilmente. Gli esseri umani non possono fermare il fiume in piena.

Corriamo veloci, velocissimi, portando con noi detriti di ogni genere e la grossa cisterna, arriviamo giù fino ad una città. Il fiume ha distrutto ogni cosa sul suo cammino e ondeggia pericolosamente contro le sponde, quasi a sfidarle, come se fosse sicuro che di lì a breve la forza impetuosa dell’acqua riuscirà ad oltrepassare quei muri e ad avventarsi sui cittadini di quella povera città.

Ormai lo vedo, poco distante, il mare! Eccolo! È lì… Anche il fiume si è reso conto di aver raggiunto il suo traguardo e ci spinge più veloci giù fino al mare.

No, fino al mare non ci arriviamo.

Lo vedo poco lontano, ma non riusciamo più a raggiungerlo. Io che sono sempre attaccato alla cisterna subisco un fortissimo contraccolpo quando questa si ferma e mi rendo conto che un basso ponte, costruito proprio pochi metri prima della riva, ha bloccato il grosso serbatoio di cemento e questo, incastrandosi, impedisce all’acqua di raggiungere il mare, come se fosse un grosso tappo.

Ho paura. Sento il fiume ruggire inferocito e gettarsi contro la cisterna con forza cercando di spingere via l’ingombro e giungere fino alla meta tanto desiderata.

Mi sento compresso, spinto con forza contro la superficie in cemento.

Nulla. La cisterna non si muove e la pressione che si forma contro di essa aumenta.

Pochissime gocce riescono ad infilarsi nelle fessure lasciate libere dal “tappo”, ma io non riesco a spingermi fino là e vengo spinto sull’argine del fiume. Da qui posso vedere chiaramente il livello dell’acqua salire velocemente.

Il torrente continua a portare giù altra acqua, ma questa va a sbattere con violenza contro la cisterna e non riesce a raggiungere il mare, così torna indietro e si ributta con più forza contro l’ostacolo e ancora, ancora, ancora.

Mi sento spingere verso l’alto mano a mano che il fiume porta giù ogni cosa, i detriti si vanno ad accumulare contro il serbatoio e il tappo si espande, neanche più una goccia riesce a superare l’ostacolo.

Vedo il bordo dell’argine avvicinarsi velocemente. Continua ad aumentare il livello dell’acqua.

Pochi secondi e finalmente vedo oltre l’argine!

Case, strade, un parco giochi in lontananza, negozi, altre case…

Il fiume, in cerca di altre vie d’accesso al mare, mi spinge fuori e mi ritrovo nuovamente a vagare per una strada, solo che questa volta alle mie spalle c’è il torrente in piena, che con la sua forza scaraventa lontano ogni automobile ed ogni oggetto che si trova davanti.

Vengo spinto dentro una casa insieme a molte altre gocce e formiamo circa un metro d’acqua. Rimaniamo lì fino all’arrivo di alcuni esseri umani.

Vedo delle nuove gocce cadere dagli occhi di uno dei due esseri umani, un piccolo uomo con gli stivaloni di gomma.

Non sapevo che anche loro avessero delle gocce al loro interno! Sono come le nuvole…

Quando mi avvicino alle gocce dell’umano mi accorgo che sono strane, salate, come quelle del mare.

L’umano raccoglie qualcosa, sembra un pupazzo, forse un orsetto, ma è tutto sporco di fango. Il piccolo umano continua a far cadere gocce e stringe forte l’orsacchiotto al petto.

Guardandomi intorno noto di essere in una stanza tutta azzurra, con dei disegni sulle pareti, ormai rovinati dall’acqua e dal fango. C’erano anche degli oggetti colorati e dei mobili azzurrini, tra questi un letto piccolo, ora distrutto dalla forza del fiume, che lo ha scaraventato contro una parete.

Gli umani ci raccolgono con dei secchielli, io finisco in un secchiello giallo!

Il mio secchiello passa di mano in mano fino a quando un umano non ci scaraventa con forza in mare.

Sono arrivato finalmente.

 

 

 

L’alluvione del 1998 fu disastrosa nella provincie d’Imperia. La ricordo ancora, anche se non perfettamente. Avevo cinque anni. Ero alle materne e vedevo i grandi agitarsi, ma non capivo perché, poi mia madre mi e venuta a prendere. Per le strade della mia città scorrevano dei veri e propri fiumi d’acqua. La strada per andare a casa era bloccata, perché uno dei fiumi era uscito dal suo letto. Era tutto così entusiasmante per me! Vedevo acqua da tutte le parti, ma non avevo alcuna paura, dopotutto secondo la mia mente infantile non c’era nulla di pericoloso.

Ci rifugiammo nella questura, poiché è molto in alto rispetto al livello del mare. Mio padre era rimasto bloccato a lavoro a Ventimiglia per una frana e la mamma era preoccupatissima, ma io ero tranquilla e ammiravo i poliziotti che correvano da una parte all’altra e tornavano tutti bagnati.

La mia città stessa fu molto colpita, ma in uno dei paesini poco lontano, San Lorenzo, si arrivò al metro d’acqua nelle case a causa della fuoriuscita del fiume dai suoi argini, la cosa bizzarra fu che l’acqua non riusciva a raggiungere il mare, perché il fiume aveva tirato giù una cisterna in cemento e l’aveva trasportata fino a quando questa non si era bloccata sotto un ponte cittadino e qui aveva fatto da tappo.

Il disastro avvenuto a Genova mi ha riportato alla mente questi ricordi, quindi vorrei scrivere qualcosa su quest’argomento e la vorrei dedicare a questa città che ha sofferto veramente molto.

Vi prego, non lasciate mai che le tragedie altrui vi scorrano addosso senza toccarvi. Ci sono morti che erano figli, genitori, nonni, amici. Non sono persone che non conosciamo, non sono creature mai viste. Sono come noi, anche noi siamo amici, figli e forse saremo genitori. Come oggi è accaduto ad altri, un domani potrebbe accadere, non sia mai, anche a voi o a me.

A parte la solidarietà, vi prego anche di non sottovalutare mai nulla. Non è “un po’ d’acqua”, non è “un piccolo tremolio delle pareti”, non sono “fuocherelli”, ecc…! Sono alluvioni, terremoti incendi e altre catastrofi naturali!

Essere bravi a nuotare non vi salverà da un mare di fango, ne essere forti vi salverà dalle macerie che potrebbero cadervi addosso, quindi siate accorti. Non sottovalutate la natura e tutelatevi come meglio potete, se siete ragazzi non prendete sottogamba le prove di evacuazione, se siete persone influenti informate la gente dei rischi e tutelatela.

Non abbiamo il potere di opporci alla natura, ma possiamo salvarci ed aiutare gli altri! :)

  
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