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Autore: 11cerbero    10/11/2011    0 recensioni
La storia parla di come la strega Matoya perse l'occhio di cristallo contro Astos. Final Fantasy I.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Matoya si siede sull’uscio della sua grotta. La vecchia maga è cieca, ma grazie al suo occhio di cristallo è capace di vedere molto più di quel che potremmo immaginare.
La grotta è isolata, lontana dalle città. Solo con una nave potrebbe esser raggiunta, ma solo uno stolto arriverebbe fin lì. Oltretutto, la vecchia strega non fa che allontanare i curiosi urlando a squarciagola. Ma, ammettiamolo, non è così cattiva come sembra.
La punta del suo lungo cappello rosso svolazza e ondeggia tra la brezza primaverile. Col suo occhio di cristallo osserva la distesa d’erba costellata da qualche raro albero. Lei vede più di quanto possiamo immaginare, come ho già detto, e in questo momento lei osserva non il paesaggio in sé, ma le energie che emana. Ogni filo d’erba, animale, mostro, emette una lussureggiante ondata calda di vita che si attorciglia con le altre fino a morire. Per l’appunto un piccolo scoppiettio d’energia si sta fiondando verso di lei a tutta velocità, seguita da un altro poco più grande. Si tratta di un coniglio, una minuscola palla di pelo bianca, che cerca di scappare da un goblin. Quest’ultima creatura compie un improvviso balzo per afferrare la sua preda e rotolare rovinosamente verso la strega Matoya.
Il goblin, dalla gialla pelle e naso adunco, stringe vittorioso la sua preda quando si accorge di esser capitato nella zona della incantatrice. Sgrana gli occhi e si allontana, scivolando e arrancandosi, verso un nascondiglio qualsiasi.
“Tranquillo, piccolo Goblin. Non ti farò del male. Oggi sono stanca e annoiata. Anzi, perché non ti avvicini per riscaldare il tuo pasto? Della carne cotta ti farà bene una volta ogni tanto.”
La strega porge il suo più accogliente sorriso, lasciando che il suo volto si increspi di rughe simili a una sottile ragnatela. Sussurra una parola magica, “Fuoca”, lasciando scorrere l’energia arcana fuori dalle dita che si avvolge, rotola e si scontra col terreno, provocando una fiamma ardente e controllata.
Il goblin si avvicina soddisfatto, pregustando di già il suo pranzo.
“A dire il vero” gracchia l’essere “Non dovrei restare qui. Il vento mi ha detto che il malvagio re degli elfi oscuri sta giungendo in questa zona, sarebbe meglio restargli alla larga. Te lo dico, vecchia maga, per ringraziarti del fuoco e per non avermi  ucciso. Un baratto è importante.”
Sentire un goblin blaterare del baratto fa quasi ridere. È risaputo che queste creature si riuniscono numerosi per aggredire viandanti e depredarli di ogni loro tesoro, sebbene non siano nemmeno capaci di utilizzare armi complesse o di mercanteggiare in città. Ma questo goblin in particolare è giovane e ingenuo, forse più intelligente e intuitivo dei suoi compagni per permettersi addirittura di conversare con un nemico.
La strega inarca un sopracciglio bianco, nascosto dai capelli altrettanto bianchi.
“Che stai blaterando? Cosa vuoi saperne tu del re degli elfi?” Dice prendendolo poco sul serio. Ma il goblin alza un dito, mostrando un’unghia affilata e sporca con fare ammonitore. “No! Non il re degli elfi: lui resta nella sua tana di elfi. Io dico il re degli elfi oscuri, che sono tutta un’altra cosa! Gli uccelli scappano a centinaia di scarpe di distanza da lui, il suo fetore è perfettamente percepibile. Parlo del grande Astos.”
Matoya sobbalza, lasciandosi quasi cadere il cappello. A quanto pare il goblin non sta parlando a vanvera: sa quello che dice. Ma come mai un infido demone come lui sta viaggiando verso questa zona?
“Quanto è vicino, goblin?”
“Mezza luna a partire da adesso.” Bofonchia lui masticando carne e pelo di coniglio caldo.
La vecchia incantatrice comincia già a sudare freddo. Cosa diamine significa mezza luna? Dannati goblin con le loro assurde unità di misura. La strega scava nella sua mente tra le centinaia di informazioni ricevute e immagazzinate nel tempo. Mezza luna vuol dire.. dieci ore!
“Dannazione, goblin, ma è tra pochissimo tempo! Non posso permettermi di restare con la mani in mano. Devo assolutamente agire in qualche modo, sono più che sicura che stia venendo per me.”
La strega si alza e si precipita verso la sua grotta, bloccandosi però per un momento.
“Non restare lì seduto, seguimi subito. “
Il goblin, comprendendo di non avere altra scelta, si asciuga le mani sporche e trotta verso di lei.
La casa di Matoya è piccola e poco confortevole. Essendo scavata nella grotta risulta essere un’ambiente umido e acquoso. Ma la strega non sopporta la sporcizia. Dieci scope animate grazie a un suo incantesimo arcano puliscono e spolverano ogni angolo della casa, continuamente e senza sosta.
Una di queste scope si scontra contro la strega ed esclama con una voce vigorosa “Ops! Devo lavorare, devo pulire, lasciatemi stare!”
“Sì, sì, stammi alla larga.” Sbotta l’incantatrice avvicinandosi al grosso tavolo pieno di libri arcani. Ne prende uno e lo sfoglia velocemente. Innervosita dalla lentezza del lavoro, dà libero sfogo alla sua energia magica che fuoriesce dalle spalle e dai polsi e, come invisibili braccia, afferrano altri libri e li sfogliano a loro volta. Dopo diversi minuti Matoya urla “Ecco! No, non va affatto bene. Gli elfi oscuri non hanno debolezze elementali e soprattutto posseggono un’elevata difesa magica. Non ho scampo.”
L’incantatrice passa le sue dieci ore disponibili per creare trucchi, trappole e tranelli per bloccare un possibile attacco del re degli elfi oscuri. Viene aiutata anche dal volenteroso goblin, che si è trovato inevitabilmente invischiato in questa faccenda pericolosa.
Ma più il tempo passa più Matoya è stanca finché, data anche la sua età, cade sul letto stremata e si addormenta in un battibaleno senza dir nulla. Il goblin, dopo averla guardata per qualche secondo, si raggomitola sotto il letto e riposa con un occhio sempre aperto.
Quando sente urlare “Vecchia!”, l’incantatrice si alza di scatto. Il suo occhio, ancora funzionante e al suo posto, gli indica subito un’entità malvagia. Di fronte a lei si trova un sorridente re. È nudo, la sua pelle bluastra e gli occhi obliqui e gialli lo contraddistinguono come elfo oscuro. I suoi lunghi capelli sporchi e annodati ricadono sulle spalle. Le lunghe mani, irte di lunghi artigli, tengono stretto la piccola spada del goblin. A quanto pare la stanchezza le ha giocato un brutto scherzo.
Diverse scope sono per terra, una buona parte spezzate o ridotte in numerosi pezzi. Delle trappole infuocate che aveva posizionato diverse ore prima non c’è più traccia.
“Astos! Sapevo che saresti giunto da me. Cosa vuoi?”
“Semplice, vecchia Matoya. Sono venuto qui per ucciderti.” Ghigna l’elfo oscuro, mostrando i denti lunghi e gialli. “Il mio piano per conquistare la terra degli elfi è a buon punto, ma so che solo tu puoi rovinarlo risvegliando il principe degli elfi.”
“Hai usato quel maleficio, non è vero? Solo io, al mondo, sono capace di creare un antidoto tanto potente da guarirlo. È per questo che vuoi uccidermi.”
Astos sorride, mostrando nuovamente i denti. “Sì, e non avrai scampo.”
Neanche il tempo di aggiungere altro che Matoya ha alzato già le mani, mostrandone il palmo. Pronuncia una litania sconosciuta. Il potere delle parole antiche si avvolge tra l’energia magica emessa, arrotolandosi e formando una sfera. “Fuocaga!” Urla infine la strega.
Un’immensa palla di fuoco partorisce dalle sue mani, sfrecciando ed esplodendo in faccia al nemico.
Astos urla dal dolore, le lacrime di rabbia evaporano ma non il sentimento. La attacca con gli artigli, le graffia le carni e la sbatte contro il muro. La cappa rossa della maga si intinge di sangue.
Due lunga dita annodate si avvicinano al suo occhio di cristallo. Le unghie si infilano tra le orbite, graffiandole le palpebre. “Questa sfera la prendo io, se non ti dispiace.” Dice Astos leccandosi le labbra.
Una volta ottenuto il tesoro, il re degli elfi è pronto a uccidere. “Adesso sei cieca, ma è l’ultimo dei tuoi problemi. Preparati a morire.”
Ma qualcosa gli impedisce di attaccare. Matoya non può vederlo, ma il goblin è saltato sulle sue spalle. Pianta sul suo collo il piccolo pugnale e gli strappa la carne.
Astos urla, si contorce e con uno scrollone lo fa cadere per terra.
“I guerrieri della luce stanno per arrivare, re degli elfi oscuri! Ti consiglio di dartela a gambe.” Urla la piccola creatura, ansimante. Ma non ha idea dell’effetto che scaturisce queste affermazioni.
Sul volto di Astos si dipinge un’espressione sconvolta. Sa che deve scappare, è a conoscenza delle leggende e non può permettersi di scontrarsi con loro prematuramente.
“Non importa, Matoya. Non sei in grado di vedere né tantomeno di preparare quella pozione.”
Dopodiché scappa a gambe levate. Il re degli elfi oscuri deve rintanarsi nel suo castello distrutto e deve trasformarsi in un elfo normale, così da evitare di venir ucciso.
Matoya fa fatica ad alzarsi e a tastoni cerca il corpo sudato del goblin.
“Mi dispiace non esser riuscito ad avvertirti in tempo, vecchia.”
“Non preoccuparti, goblin. Hai dimostrato un coraggio che nessuno, della tua specie, ha mai avuto. Sei un vero eroe.”
Il piccolo essere gonfia il suo petto di orgoglio.
“Siediti” dice, accompagnandola a una sedia “Mi occuperò io di te.”
“No” La strega si oppone. Lascia cadere il cappello e si siede. Tocca il volto del goblin e richiama energie arcane. È un tipo di magia che non usava da tempo.
Una forza magica nuova si avvolge alle ossa del goblin, che sgrana gli occhi dallo spavento. I suoi vestiti cambiano, la sua statura cresce, persino la sua espressione sembra esser più fiera.
“Ti ho donato un potere arcano che ti accompagnerà per sempre. Sono i ricordi dei guerrieri valorosi che sono caduti in guerra in passato. Adesso puoi andare. Tu mi hai salvato la vita e io ti ho donato una forza superiore a quella dei tuoi simili. È un baratto.”
“Non è più questione di baratto, vecchia.” Esclama solenne il nuovo goblin. “Io cercherò Astos in capo al mondo e ti ridarò l’occhio. Sei una mia amica adesso.”
Dopodiché se ne va, lasciando sul volto della strega un sorriso che increspa il suo volto di rughe.
 
A esser sinceri, il goblin non riuscì a recuperare l’occhio di Matoya. I quattro guerrieri della luce si scontrarono contro il re degli elfi oscuri, presero l’occhio di cristallo e lo diedero alla strega. Quest’ultima creò la pozione magica per guarire il principe degli elfi e, beh, tutti vissero felici e contenti.
Matoya non ebbe più notizie del goblin e si era rassegnata all’idea che fosse morto.
In realtà il piccolo eroe arrivò troppo tardi da Astos e lo trovò già morto. Dalla vergogna scappò e continuò ad allenarsi per il mondo, diventando sempre più forte. Non salvò più nessuno, anche se divenne una specie di mito tra le leggende dei goblin. Visse da solo, accumulò un po’ di tesori e un’arma, la Lightbringer e li lasciò in uno scrigno da qualche parte.
   
 
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