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Autore: lexy90    11/11/2011    6 recensioni
“E le senti le vene, piene di ciò che sei e ti attacchi alla vita che hai.
Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno senza destinazione.
Leggero, nel vestito migliore, sulla testa un po' di sole ed in bocca una canzone”
Kei Hiwatari durante il suo percorso ha perso la retta via, ha commesso errori e ha compromesso tutto il suo mondo, ma allo stesso tempo è cresciuto, è cambiato, ha scoperto nuovi interessi e nuove prospettive. Spetta solo a lui prendere in mano le redini della sua vita e darle un senso, un qualcosa per cui lottare, una ragione per esistere.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Credo nel rumore di chi sa tacere

Che quando smetti di sperare

Inizi un po’ a morire

 

 

 

Fast Car

 

 

 

Sentiva chiaramente aleggiare l’inquietudine che accompagnava dicembre; la avvertiva nell’aria, nelle sue azioni, ma la teneva il più lontano possibile dai suoi pensieri.

Si era ripetuto mille volte quanto fosse solo frutto della sua immaginazione, che non c’era nulla di scritto e deciso, solo una sua convinzione troppo radicata, ma che era solo frutto di una serie di coincidenze. L’anno precedente ne era stato la prova: ripensandoci lucidamente, a distanza di tempo e con meno pesi sul cuore, poteva affermare che la depressione di dodici mesi prima se la era cercata e creata con le sue stesse mani, plasmata da lui stesso pur di non rialzarsi, per non affrontare il presente.

Cazzate le sue, di cui doveva liberarsi, dalle quali doveva assolutamente prendere le distanze: l’ambiente lo aiutava nel suo scopo, anche se un principio di influenza che lo colpì in quei primi giorni di dicembre, misero a dura propria la sua determinazione.

Salutò Chayton, pronto di tutto punto per il suo appuntamento con una delle costumiste, la sua nuova fiamma, e si buttò sul letto sperando che il mal di testa si attenuasse: girò la testa di lato osservando la finestra dalla quale poteva vedere il manto blu scuro del cielo di quel tardo pomeriggio. Amava le giornate corte invernali e si soffermò su quel dettaglio piacevole chiudendo gli occhi.

Proprio quando sembrava aver raggiunto la pace sentì il cellulare vibrare contro la superficie marmorea del comodino: si prese almeno trenta secondi prima di decidersi a rispondere.

-Pronto?-

-Ehi!- Rei lo salutò calorosamente; non parlava con lui da diverso tempo, poiché, le poche volte che si attaccava al cellulare, i suoi amici si alternavano per ottenere una rara conversazione col russo –Come va?-

-Bene, a parte un po’ di mal di testa-

-Ti stai riposando o stai strafacendo come al solito?-

-Riposo..-

-Bravo..- si interruppe e Kei riaprì gli occhi cercando di abituarsi al buio della stanza, aspettando che l’altro riprendesse a parlare -..mi chiedevo.. come procedeva..-

-Te l’ho appena detto-

-No, intendevo.. con quel piccolo problema con dicembre!-

Al russo scappò un sorrisetto constatando che Rei si fosse ricordato di quel fattore, allineandosi con la sua linea di pensiero.

-Cerco di superarlo..-

-Quindi posso stare tranquillo?-

-Direi di sì..-

-E posso contare sul fatto che ne parlerai con qualcuno nel caso..-

-Questo non te lo posso assicurare-

-Immaginavo! Ne vuoi parlare adesso?-

Kei si rigirò valutando l’offerta e accoccolandosi meglio sul materasso.

-No, dovrei aver fatto pace col mio fantasma personale-

-Se dovessi cambiare idea sappi che..-

-..ho il tuo numero-

-Ecco!-

Il russo cambiò nuovamente posizione, trovandone finalmente una comoda e favorevole per il suo mal di testa.

-Vuoi riposarti? Butto giù se..-

-No..- lo fermò senza pensarci e chiudendo gli occhi nuovamente -..tu come va?-

-Io? Bene..- rispose incerto il cinese.

-Raccontami qualcosa-

-Riguardo?-

-Quello che vuoi.. gli altri, la scuola, Mao..- elencò sovrappensiero.

-L’ultimo punto è un po’ complicato ultimamente..-

-Sì? Come mai?- prese al balzo quel dettaglio per indagare.

-Beh..- Rei prese un respiro prima di convincersi a confidarsi -..è colpa della lontananza e..- iniziò a raccontare dei problemi che lo affliggevano, dei suoi dubbi, di una nuova ragazza che aveva conosciuto, ma per la quale non sapeva cosa provava. Kei lo ascoltò in silenzio, dando solo cenno della sua attenzione ogni tanto: valutò il cambio di ritmo e di tonalità della voce dell’amico nel passare da momenti di sconforto ad altri di rabbia. Acquisì tutte le nuove informazioni anche quando il cinese cambiò discorso e portò avanti le sue opinioni sui nuovi avvenimenti che regnavano nel dojo, senza però dare opinioni o giudizi.

Non sapeva catalogare ciò che lo aveva spinto a prolungare a quel modo quella telefonata, semplicemente sentiva il bisogno di estraniarsi completamente da quel mondo che lo attorniava e allo stesso tempo di qualsiasi cosa riguardasse se stesso e le sue paturnie: voleva normalità, qualcosa da osservare dall’esterno, come sarebbe potuto essere accendere la televisione, guardare un film o ascoltare della musica. Non considerò la possibilità che affiorò nella sua mente riguardo la vaga probabilità di stare provando nostalgia del Giappone; anche fosse stato così, non lo avrebbe ammesso.

-Anche al telefono riesci a farmi deviare i discorsi su di te-

-Devi arrenderti all’evidenza-

-Mi sa che sarebbe meglio!- annuì tra una risata e l’altra il cinese –Grazie della chiacchierata!-

-Mh.. ti farò una ricarica-

-Ci conto!- scherzò Rei prima di accertarsi nuovamente che il russo stesse bene e salutarlo.

Lasciò scivolare il cellulare sul materasso, guardandolo fermarsi a pochi centimetri dal suo volto e abbandonandosi alla stanchezza del suo corpo influenzato.

Riaprì gli occhi un indefinito tempo dopo: il buio della stanza non era cambiato, le tende sempre aperte lasciavano trasparire solo le vaghe luci del parco dell’albergo.

Chayton non era ancora nel suo letto, ma Kei non si aspettava comunque che tornasse: mentre cercava di mettersi prono, urtò con la mano contro il cellulare e ne approfittò per controllare l’ora. Si era addormentato per poco meno di due ore e lo testimoniava il fatto che si sentisse completamente rintronato.

Si mise seduto lentamente, valutando la possibilità di cercare di riprendere sonno: una strana sensazione all’altezza dello stomaco lo convinse che, invece, probabilmente sarebbe stato meglio andare a mangiare qualcosa, nella speranza di recuperare le forze.

Varcò la porta con una mano sulla tempia e mugugnò quando la luce potente del corridoio gli occupò la vista: una volta abituato si diresse verso l’ascensore e premette il tasto di chiamata.

Si trovava al quarto piano di un hotel di cinque e, per questo motivo, si spazientì nel notare il lungo periodo di attesa: quando, finalmente, le porte scorrevoli del mezzo si aprirono davanti a lui dopo cinque minuti buoni, fece per entrare, ma l’ammasso di persone chiassose che vi erano sopra lo convinsero a tornare indietro. Provò a richiamarlo di nuovo, ma, dopo poco si arrese e decise che per la sua salute mentale sarebbe stato meglio prendere le scale.

Impiegò un po’ per trovarle, visto che erano state nascoste, probabilmente per valorizzare l’aspetto estetico e moderno dell’hotel: aprì la porta che portava sul pianerottolo e si accorse di non essere da solo. Pochi scalini più in basso, la chioma bionda di una figura seduta fece capolino e lo guardò rabbuiata.

-Che ci fai qui?- chiese Kei iniziando a scendere.

-Mi nascondo..-

-Ottima scelta- disse il russo arrivato alla sua altezza.

-Dove vai?-

-A mangiare-

-Quando torni su non è che mi puoi portare qualcosa?-

Kei la guardò perplesso dalle richieste sempre più strambe di Lauren: doveva persino farle da facchino?

-Possibilmente molto fritto e molto calorico!-

-Non ce l’hai una dieta da seguire?- la prese in giro.

-Ci sono momenti in cui bisogna mandare a quel paese qualsiasi scrupolo!- rispose solenne, per poi unire le mani come per pregarlo –Per favore!-

Il russo sbuffò senza darle una risposta chiara e scendere verso il piano terra.

Passò al self service, dove era possibile portare via il cibo, e riempì il vassoio con i diversi contenitori di alluminio e due bottigliette d’acqua; prese il tutto e tornò verso le scale, salendo i piani che lo separavano dalla ragazza.

-Sei già qui?- rispose lei togliendosi le cuffiette dalle orecchie.

Kei non le rispose e le porse uno dei tre contenitori, uno lo poggiò sugli scalini, mentre l’ultimi se lo tenne sedendosi e appoggiando la schiena al muro.

-Guarda che potevi mangiare giù tu!-

-C’era troppo casino di sotto..- rispose facendo spallucce -..e io ho mal di testa-

-Buon appetito allora!- trillò la cantante togliendo il cartoncino che ricopriva il suo pasto e iniziando a mangiare –Non hai detto a nessuno che ero qui vero?-

-No.. visto che ti stai nascondendo..-

-Grande..-

-Dagli insulti ai complimenti.. si fanno passi avanti- notò lui indifferente.

-Ma ti ho insultato solo una volta.. e perché ero nervosa!- ricordò la prima occasione in cui avevano parlato, la quale era stata susseguita da una serie di incontri molto più civili, ma soprattutto divertenti.

-Sai..- disse tra un boccone e l’altro -..alla fine ho scoperto chi aveva spifferato la faccenda del concerto di Vancouver..- e iniziò a raccontare di un argomento di cui avevano già discusso altre volte -..secondo te ho fatto bene?-

-Perché ti interessa tanto la mia opinione?-

-Perché sei talmente antipatico che mi dici le cose senza mezzi termini e con sincerità!- gli fece la linguaccia.

Kei non le rispose, ma, notando lo sguardo in attesa dell’altra, riprese a parlare spazientito –Sì, hai fatto bene..- raspò con la forchetta in quello che rimaneva della sua cena, per poi prestare nuovamente attenzione a Lauren –Non riesco a capire come tutti si interessino alla vita di una persona.. neanche ti conoscessero..-

-Questo è un discorso complicato!-

-No, è semplice.. è senza senso-

-Invece ci sono tante spiegazioni psicologiche interessanti!-

-Ma ti da fastidio, ne scappi, ti lamenti..-

-Per uno che è contro queste cose fai fin troppe domande..-

-Le mie sono constatazioni.. e poi stiamo avendo una conversazione, non conta-

-Sarà..-

-Ne vale la pena?- chiese Kei curioso della risposta.

-E’ vero, a volte mi lamento, ma in verità devo solo che ringraziare tutte queste persone.. te l’ho già detto: mi permettono di vivere facendo quello che amo..-

-Mi chiedo solo il gioco valga la candela-

-Assolutamente sì!- esclamò senza pensarci e lasciando un sorriso fare capolino sul suo volto –Ho la possibilità di comunicare col mondo, di fare ascoltare quello che ho da dire.. emozioni da trasmettere..-

-E c’è bisogno di farlo col mondo intero?-

-Mi andrebbe bene anche cantare in un piccolo bar di provincia, ma.. le persone hanno deciso che la mia musica vale la pena di essere ascoltata, di identificarsi con le mie canzoni.. sarei egoista a tenere tutto per me stessa.. il mio lavoro, la mia arte è riconosciuta ed è un’emozione troppo forte per lasciarla scivolare via!-

Poggiò il contenitore ormai vuoto su un gradino e fu costretta ad abbassare lo sguardo quando incontrò gli occhi indagatori di Kei.

-Questo cos’è?- chiese la ragazza riferendosi al terzo contenitore ancora intatto.

-Il dolce-

-Mi hai preso proprio alla lettera allora!-

-Se non lo vuoi lo mangio tutto io- disse il ragazzo togliendo il coperchio e rivelando due fette di torta.

-Non posso dire di no!- si affrettò a correggersi la cantante afferrando una porzione: ripresero a mangiare in silenzio –E tu? Perché proprio il ballerino?-

-Non l’ho propriamente scelto.. è successo per caso- rifletté il russo.

-Però ti sei trovato bene.. e hai continuato..- aggiunse lei cercando di addentare un pezzo del dolce che stava per cadere.

-Per ora-

-Vuoi dire che lasceresti tutto questo?- chiese stupita.

-Non lo so..-

-Parliamo francamente.. cosa c’avrai mai di meglio da fare?-

-Mh.. che ne so.. dovrei finire la scuola ad esempio..-

-Sul serio?- chiese spalancando gli occhi perplessa.

-Non lo so- rispose infastidito da quello sguardo.

-Secondo me ti mancherebbe troppo.. io non potrei mai fermarmi, ne sento proprio il bisogno fisico.. ovviamente se non è il tuo caso, non c’è molto da insistere, però.. non so..-

Kei cercò di non soffermarsi troppo sull’espressione ‘bisogno fisico’ sapendo fin troppo bene cosa volesse dire, non solo se abbinato a quel lavoro.

-Posso darti la mia opinione?- insistette Lauren.

-Dipende..-

-Hai detto che è accaduto tutto per caso..- il russo annuì lasciandola continuare, comprendendo solo in quel momento che piega avesse preso quella conversazione -..se non l’hai scelta tu direttamente questa strada.. beh, è come se la danza avesse scelto te!-

-Non metterti a parlare come Jay per piacere- sbuffò lui.

-Quell’uomo sarà anche infantile, ma su molte cose ha ragione! Comunque.. è come se il tuo percorso fosse stato scritto, tutto quello che hai fatto è stato per portarti fino a qui..-

-Non ci credo a queste cose..-

-Non credi nel destino?-

-No.. più nelle scelte..-

-Ti contraddici.. secondo la tua teoria questa strada l’avresti scelta tu..-

-Sì l’ho scelta, ma mi si è presentata per caso.. non l’ho cercata io..-

-Quindi se l’hai scelta una volta, perché non dovresti farlo anche una seconda e una terza e riempirne la tua vita?-

-Non mi piace fare progetti.. mi concentro sul presente-

-Comunque preferisco vederla in modo poetico.. la vedo bene.. una figura che rappresenta la danza che ti prende per mano e ti guida e accoglie!-

Kei alzò un sopracciglio sempre più perplesso –Hanno messo dell’LSD nella tua fetta?-

Lauren lo guardò incredula e autoritaria –Sono un’artista io.. vedo il mondo in un modo diverso!-

-Come vuoi- disse il russo impilando i tre contenitori vuoti.

-La tua freddezza mi sconvolge- constatò altera alzandosi –Sarà meglio che vada.. se no mi daranno per dispersa!-

-Sicura che ti cercassero? Non è grande questo hotel.. ti avrebbero trovata- la prese in giro dirigendosi con lei verso la porta sul pianerottolo.

-Ormai nessuno si avvicina più alle scale con la comodità dell’ascensore.. è il posto più sicuro!- gli spiegò con un sorrisetto –Ovviamente questo discorso non vale per te.. sicuro di essere una persona normale?-

-Per niente- disse tenendole aperta la porta per farla passare.

-Ah ecco, appunto.. mi era venuto il dubbio!- constatò alzando l’indice al cielo e superandolo.

Kei la salutò, constatando, una volta entrato in camera sua, che il mal di testa gli era passato: diede il merito al cibo e alla chiacchierata che lo aveva tenuto occupato. Decise comunque di andare a dormire presto per non rischiare una ricaduta, soprattutto poiché il giorno successivo sarebbe stato giorno di spettacolo.

Che quella fosse realmente la sua medicina?

 

Come aveva previsto, il giorno di Natale rimasero in pochi, la maggior parte degli altri ballerini era tornata  a casa approfittando dei tre giorni liberi proprio durante le feste.

Erano tutti contenti di poter passare quella festività a casa con i familiari, le persone care: erano rimasti solo in quattro più qualche attrezzista per motivi ignoti a Kei: questi, però, avevano organizzato comunque un pranzo di Natale nel ristorante dell’albergo poiché non volevano rinunciare a un’atmosfera serena e ai festeggiamenti.

Kei appena venutone a conoscenza se ne era tenuto fuori: se c’era una cosa che non comprendeva era proprio il Natale. Non lo aveva mai festeggiato veramente, l’unica volta era stato l’anno prima, ma non si era concluso propriamente con pace e amore, anzi si era rivelato un totale fallimento.

Non avrebbe potuto sopportare tutte quelle persone felici per la nascita del redentore che si dimostravano buoni verso il mondo intero.

I suoi piani si erano risolti in un semplice isolamento nella sua stanza, come se fosse stato un giorno qualsiasi; per lui in fondo quello era proprio un giorno qualsiasi.

Quello che però non aveva previsto era il fattore Jay. Non avrebbe dovuto abbassare la guardia nemmeno un secondo e, invece, cercare di mantenere le distanze da lui il più possibile, ma non lo fece e si lasciò coinvolgere nella conversazione che gli avrebbe, ne era certo, portato problemi.

-Dai vestiti e esci, ah portati un cambio per domani!- Jermaine costrinse Kei a fare come diceva e lo aspettò sullo stipite della porta.

Senza sapere nemmeno come, Kei si ritrovò catapultato su un taxi verso una direzione ignota.

-Ah a proposito.. buon Natale Kei!-

Il ragazzo fulminò l’altro con gli occhi non appena partirono.

-Si può sapere dove mi stai portando? Non dovevi andare a festeggiare il Natale dai tuoi?- chiese cercando di marcare il suo disprezzo verso ciò che si apprestava a fare, sicuramente qualcosa di spiacevole.

-Appunto! Abitano nella cittadina qui vicino! Vedrai ti piaceranno!-

-Mi stai portando dalla tua famiglia?!-

-Dai non farne una tragedia! Credevi davvero che ti avrei lasciato festeggiare il Natale da solo in quell’albergo?-

-Ma io non avrei festeggiato- lo guardò speranzoso che si rivelasse tutto un brutto incubo.

Lui del Natale non ne voleva proprio sapere. Da quello che aveva capito oltretutto la famiglia di Jay era religiosa e, se avessero avuto anche solo la metà della sua esuberanza, sarebbe stato davvero terribile.

-Calmati! Andrà tutto bene!-

-Ma non saranno un po’ contrariati ad avere un estraneo in casa?- lo sperava.

-Mia madre accoglie sempre tutti a braccia aperte! Sarà contenta di vedere che ho portato qualcuno.. anche se lei preferirebbe che portassi una ragazza!-

-Quindi non lo sa nemmeno? Perfetto..-

Il broncio di Kei si fece ancora più marcato mentre Jermaine continuava a tranquillizzarlo elencando tutti i parenti che avrebbe conosciuto. Cercò di ignorarlo, ma fu difficile non deprimersi.

-Com’è che da qui sei finito in Giappone?- gli domandò il russo curioso, osservando il paesaggio nel quale sfrecciavano.

-Lavoro.. vado dove mi porta la mia danza!- rispose l’uomo osservando l’altro scuotere la testa esasperato.

Arrivarono dopo un’oretta e mezza davanti ad una bella casa di periferia: l’esterno era addobbato a festa, l’esterno era tinto di un giallo acceso e tutto, dal cancello alla porta, dava la sensazione di qualcosa di zuccheroso.

Kei non tentò nemmeno di nascondere l’espressione esasperata.

Nemmeno ebbero messo piede nel vialetto che sentirono un picchiettare alla finestra del piano inferiore e aprirsi la porta di ingresso, dalla quale fuoriuscì una donnona nera che indossava un grosso vestito a fiori.

-Manny caro! Finalmente sei arrivato, ti stavamo dando per disperso..- la donna si era avvinghiata a Jermaine e lo stava stritolando affettuosamente, staccandosi ogni tanto per vedere quanto era “ingrassato il suo figliuolo”, poi finalmente si accorse di Kei. –E lui chi è?-

-Lui è Kei, il ragazzo di cui ti parlavo sai? Sarebbe rimasto da solo in albergo e allora ho pensato di proporgli di venire con me!-

Il russo non sapeva se essere più contrariato di essere già stato oggetto di discussione tra Jermaine e sua madre o per la bugia sul fatto che gli era stato proposto di venire, quando in realtà era stato costretto con l’inganno. Cercò comunque di dimostrarsi gentile.

-Piacere signora Crowde- le strinse la mano, ma fu letteralmente incastrato in un forte abbraccio.

-Sei il benvenuto, nessuno dovrebbe starsene da solo a Natale! E chiamami Fara, caro!-

Si sforzò di sorriderle mentre veniva trascinato in casa, ma ne uscì solo una strana smorfia.

L’interno era ancora più festaiolo dell’esterno, pieno di addobbi e colori, e pieno di persone, tanto che non sembrava abbastanza grande per contenere tutte le persone presenti.

Venne presentato a tutti, ma non si ricordò nemmeno un nome alla fine del giro; sperò vivamente di non essere costretto a chiamarne qualcuno perché altrimenti sarebbe stato un guaio.

Jermaine lo raggiunse dopo aver salutato calorosamente tutti i suoi familiari, e lo portò in una grande sala dove stavano stipati un grande albero e un’enorme tavola imbandita.

Era già l’ora di pranzo e si accomodarono tutti a tavola. A Kei sembrò un miracolo che ci stessero tutti; lui era capitato tra Jermaine e un signore di mezza età, lo zio di Jermaine, mentre di fronte aveva una ragazzina, che doveva avere al massimo 10 anni, molto silenziosa, ma che lo guardava incessantemente.

Quando arrivò la prima portata faceva molto caldo e tutti quei sorrisi e gesti affettuosi fecero sentire il ragazzo ancora più fuori posto.

Per fortuna la sensazione di disagio andò attenuandosi minuto dopo minuto. Cercò di non inserirsi nei discorsi se non era direttamente interpellato, cosa che accadde spesso, più di quanto Kei sperasse. Per un quarto d’ora buono si ritrovò addirittura ad essere l’argomento principale di conversazione: Jay elargì complimenti e commenti positivi sul suo modo di ballare, e su quanto si trovasse bene a lavorare con lui.

-Mi stupisce ogni giorno che passa!-

Non mancò la fatidica domanda sul colore dei suoi occhi alla quale elargì la solita vaga risposta e ripetuta ormai tantissime volte.

Per fortuna il padre di Jermaine, un uomo che di fianco alla moglie sembrava piccolissimo, con gli occhiali spessi, spostò la discussione sulla mancanza di responsabilità del figlio che non si decideva  a mettere la testa a posto.

-Sì, dov’è finita quella.. com’è che si chiamava? Kelly, Jenny, Penny?- aggiunse la sorella minore di Jermaine, una ragazza molto carina, abbastanza in carne, che, nonostante fosse la più piccola, era già sposata con tre figli.

-Ma quella è storia vecchia! E’ da tanto che non ci sentiamo più!- si difese Jermaine.

-Che peccato, era tanto cara!- rifletté Fara, mentre toglieva i piatti usati.

-Sapesse che tipo era in verità non direbbe così!- bisbigliò il coreografo all’orecchio di Kei per non farsi sentire da tutto il parentado.

Kei sperò che non ci fosse più nulla da mangiare. Si sentiva pienissimo, era tutto delizioso, ma le porzioni davvero troppo abbondanti e non poteva assicurare di riuscire a ingurgitare ancora qualcosa.

Quando gli servirono una grossa fetta di torta si sentì leggermente male, ma non poteva non assaggiare quel dolce che, a quanto gli stavano raccontando, era costato tanta fatica a Fara.

Solo mentre cercava di mangiare quella marea di panna e cioccolato si accorse di essere ancora l’oggetto continuo di osservazione della ragazzina seduta di fronte a lui. Non appena incrociò il suo sguardo, la bambina si concentrò sulla torta nel suo piatto arrossendo.

Kei diede la colpa al caldo di quella stanza e al tanto cibo e cercò di non guardarla più.

Finirono di pranzare ad un orario improponibile: nessuno si era accorto che erano arrivate le cinque e diedero la colpa alla buona cucina e al divertimento della conversazione.

Si spostarono in un salottino dove c’erano un divano e delle poltrone e ( Kei notandolo rimase allibito) un altro albero di Natale. Sotto di questo però stava una pila enorme di pacchetti e pacchettini di ogni forma e colore.

Tutta la famiglia si ritrovò lì riunita a scartare i regali ridendo serenamente e scambiandosi baci e abbracci.

Kei non poté fare a meno di notare quanto fossero affiatati come famiglia: non gli era mai capitato di assistere a un’atmosfera del genere, pensava fosse possibile solo nei film, invece era lì proprio davanti ai suoi occhi.

Anche il Natale prima si era ritrovato circondato da tante persone e tanto amore verso quella festa, ma, anche se la famiglia di Takao era molto unita e ci fossero i suoi amici, era completamente diverso: il padre e il fratello di Takao erano sempre in viaggio e Nonno J era amorevole tutto l’anno.

In quel quadretto familiare si divertì ad osservare i svariati tipi di regali che venivano aperti, dagli oggetti per la casa ai vestiti, ai giochi per i tre bambini presenti in casa.

Jermaine ricevette da sua madre una sciarpa fatta a mano con tanto amore e, anche se dalla sua espressione sembrava non esserne troppo entusiasta, abbracciò la madre calorosamente e la ringraziò.

Mentre scorreva lo sguardo sulla scena, seduto sul bracciolo del divano, incrociò di nuovo lo sguardo con la bambina di prima, Emily se aveva capito bene. Lei ebbe di nuovo la stessa reazione di poco prima, abbassando lo sguardo e concentrandosi sul suo nuovo diario segreto.

A distoglierlo dai suoi pensieri fu Fara che gli chiese se avesse portato qualche regalo.

Lui rispose che li aveva già aperti quella mattina, anche se non era vero; aveva raccomandato tutti di non fargli regali, ma era sicuro che quella risposta avrebbe solo fatto preoccupare la donna che si stava impegnando in tutti i modi per farlo sentire parte della festa.

Kei trovava molto difficile riuscirci, considerando quello che pensava a riguardo del Natale, ma si sforzò per non rattristarla: aveva un viso tanto buono e gentile che non se la sentiva di rovinarle la giornata. Kei si disse che quella era l’espressione che avrebbe dovuto avere una madre; di nuovo non aveva termini di paragone perché anche a Takao mancava la figura materna, ma era convinto che anche lei doveva aver avuto quello sguardo.

Fara, però, non era la sola a cercare di far sentire a suo agio Kei, infatti anche Jermaine non perdeva occasione per stargli vicino e cercare di infondergli un po’ di spirito natalizio.

Fu molto soddisfatto quando vide spuntare un sorriso sul volto del ragazzo, uno di quelli sinceri, quelli che riservava sempre per le occasioni davvero speciali, mentre il nipote più piccolo dell’uomo, che doveva avere solo 3 anni, battezzò il suo orsacchiotto nuovo col nome del nonno.

Si fece ancora più tardi e nessuno sembrava intenzionato a fermarsi anche per cena, sempre che qualcuno avesse ancora avuto bisogno di cenare.

Piano piano la casa si svuotò e a Kei sembrò che, ad ogni persona che varcava la porta, la stanza si facesse sempre più grande.

Gli ultimi ad uscire furono la sorella di Jay con la sua famiglia. Sia lei che suo marito salutarono il ragazzo con due baci sulle guance e esortarono i figli a fare lo stesso chiamandolo ‘zio Kei’.

I due più piccoli si dovettero far convincere e ci misero un po’ ad acconsentire, a Kei sarebbe andato bene anche evitare, ma non obiettò: mentre Emily, che non aveva smesso un secondo di fissarlo, gli si avvicinò contenta e con un sorriso da un orecchio all’altro senza esitazioni.

Gli scoccò un bacetto sulla guancia e gli augurò ancora ‘Buon Natale’.

La bambina si allontanò ancora più contenta e sparì dietro la porta.

Kei, che si era dovuto abbassare per essere all’altezza dei bambini, si rialzò confuso; quando si girò si ritrovò faccia a faccia con un Jermaine più sorridente che mai.

Non potè fare a meno di notare quanto somigliasse a quella bambina.

-Che c’è?-

-Hai fatto colpo!-

-Cosa stai dicendo?-

-Me l’ha detto prima quando non guardavi!-

-Ma di cosa stai parlando?-

-Di mia nipote! Le piaci!-

Molte cose si spiegarono con quelle semplici parole. Aveva fatto battere il cuoricino di una bambina, gli mancava giusto quello.

Lasciò cadere il discorso cercando di allontanarsi da Jermaine; ora che erano rimasti solo in quattro in casa doveva ammettere che l’ambiente era molto più respirabile e spazioso.

Fara si offrì di scaldare qualcosa per cena, ma Kei le assicurò che stava benissimo anche così e che non sarebbe riuscito a mangiare più nulla.

L’unica cosa di cui aveva bisogno era una sigaretta, ma non sapeva come allontanarsi.

Cercò di non pensarci tenendosi occupato decidendo quindi di aiutare Fara a mettere in ordine la sala da pranzo.

Iniziarono a sparecchiare e portare tutto nella grande cucina dove caricarono la lavastoviglie.

-Spero ti sia trovato bene oggi!-

-Sì molto- non poteva considerarla una bugia, anche se non era il suo habitat ideale aveva trascorso una giornata diversa e piacevole, anche se molto (troppo) zuccherosa.

-Volevamo anche invitare la cugina di Manny, ma lei ha altri quattro bambini e non avrei saputo dove metterli!-

Kei si stupì alla notizia dell’esistenza di parenti mancanti all’appello, per di più con altri quattro bambini, anche se ciò che notava divertito era sempre il nomignolo con il quale la donna si rivolgeva al figlio.

-Come avrai capito la nostra è una famiglia numerosa, l’unico che sembra non voler portare avanti la tradizione è quello screanzato di mio figlio!-

Jermaine sentendosi interpellato cercò di difendersi, ma si arrese dopo poche battute scoccando un bacino alla madre.

Stavano togliendo le ultime cose rimaste sul tavolo, quando Fara partì con un resoconto dettagliato di tutte le attitudini della famiglia, di quando i suoi figli erano piccoli e di quanto fossero vivaci e cose così.

-Jermaine dammi una mano a riportare di là questo tavolo!- Jay partì con suo padre col tavolo in mano, che doveva essere portato in un'altra stanza.

Al loro ritorno le pulizie erano già terminate e Kei era sommerso da una serie di album e fotografie varie sparse.

-Mamma! Non mi dire che sono le mie!-

-Ma certo che sono le tue! Guarda caro, qui mio figlio era al suo primo saggio!-

Kei prese in mano una foto che ritraeva un piccolo bambino nero, molto magro e con i vestiti troppo larghi per lui e un riconoscibile sorriso, che sembrava lo stemma di famiglia. 

Le foto con il piccolo Jay con indosso diversi costumi di scena erano infinite; già da piccolo aveva iniziato a studiare danza e sembrava averle provate in pratica tutte. Dalla classica al tip tap, dall’hip hop ai balli da sala, una moltitudine di immagini testimoniavano quel grande amore che viveva ancora in lui.

Finalmente le foto a carattere artistico finirono e iniziarono quelle normali, dei suoi compleanni e della scuola. Era sempre attorniato da una folla di gente, che fossero amici o parenti erano sempre tantissimi: ciò che accumunava tutte le foto era comunque quel grande sorriso amichevole e a volte un po’ sfacciato. Jermaine prese a commentare tutte le situazioni con foga, indicandosi  anche se Kei lo avrebbe potuto riconoscere in mezzo a mille solo che da quel dettaglio.

Dopo svariate ricerche, trovò finalmente una foto in cui era serio, cioè aveva solo un principio di sorriso e non guardava in camera. Era girato a tre quarti ed era seduto su quello che poteva essere un grande prato: doveva avere all’incirca l’età di Kei.

-Questa è la mia preferita!- disse la madre del coreografo osservando fiera la foto. All’improvviso si chinò a cercare qualcosa tra la miriade di scatti che teneva in una scatola di scarpe.

Quando ne uscì, aveva in mano una fotografia molto più vecchia, doveva essere stata scattata con una delle prime macchine a colori e rappresentava un ragazzo sui diciott’anni appoggiato ad uno steccato in un paesaggio di campagna. Era incredibilmente uguale all’altra foto di Jermaine, ma era troppo vecchia per poter rappresentare lui.

-E’ mio fratello! Non sono uguali?-

-Molto..-

-Manny ha preso tutto dal mio lato della famiglia, mentre Janice è tutta mio marito!- Guardò Kei con affetto –Anche la passione per il ballo l’ha presa da me! Io volevo diventare ballerina, ma non avevo il fisico adatto! Il mio ragazzo ha fatto abbastanza per tutti e due direi!- Stavolta guardò con amore il figlio che ricambiò con un sorriso, abbandonandosi stravolto su una sedia dietro Kei.

-Ci siamo divisi equamente i figli cara! Ma a me è capitata la più bella!- disse il signor Crowde.

-Anche io sono bello, papà!- biascicò contrariato Jay.

-Ma certo che lo sei! Non ascoltare tuo padre..- mollò un buffetto al marito per poi rivolgersi a Kei che era stato lasciato in disparte -..tu sei figlio unico?-

-Sì-

-Tua madre deve essere una donna bellissima..- Kei intravide delle mani agitarsi dietro di lui -..anche tuo padre! Per avere un ragazzo bello come te..- avvertì anche un colpo di tosse forzato -..devono essere proprio belli!- Fara concluse con un occhiolino.

Le mani continuavano a sventolare e Kei si voltò guardando divertito verso Jay che aveva un espressione davvero buffa: affaticato per il tentativo di fermare la madre e dispiaciuto per non esserci riuscito.

-Immagino che lo fossero..-

-Oh mi dispiace..non lo sapevo!- Fara mise una mano davanti alla bocca intuendo la situazione dall’uso del verbo al passato e Jay sembrava ancora più a disagio.

-Non c’è problema davvero..- la sua espressione serena li convinse della veridicità delle sue parole, anche se risultava parecchio strano.

-Comunque non so da che parte della famiglia devo aver preso, non ho mai visto foto di mio nonno da giovane però non mi sembrava ci fossero molte somiglianze..- Kei continuò normalmente a parlare dell’argomento per tranquillizzare anche gli altri presenti.

-Come non lo sai?- Fara non resistette alla tentazione di chiederglielo.

-Non li ho mai visti, sono morti che ero troppo piccolo per ricordarmeli-

-Ma li avrai visti in foto!- si aggiunse Jay un po’ confuso.

-No non ne ho mai viste-

Kei notò l’atmosfera che era calata nella stanza. Sia Jay che i suoi genitori lo guardavano dispiaciuti per avergli parlato di quelle cose.

-Scusatemi..- iniziò il ragazzo -..mi dimentico sempre che non è una cosa normale. Cioè per me è normale, ma per gli altri non tanto..Non volevo rovinarvi la giornata-

-Non ti devi assolutamente scusare per questo!-

-Davvero non vi preoccupate- sperò di infondere un po’ di sicurezza nelle persone di fronte a lui, mantenendo l’espressione che aveva da tutta la serata.

Li convinse, o almeno così sembrava; comunque Fara mise via in fretta le foto come se non fosse conveniente lasciarle lì.

Andarono a dormire quasi subito dopo quella conversazione.

Kei era stato sistemato in una camera al piano superiore, molto spaziosa e con un candido soffitto dai colori caldi. Aveva completamente dimenticato che voleva fumare e solo nel buio della camera se lo ricordò.

Fece un ultimo sforzo per resistere e cercò di addormentarsi, nonostante si rivelò una operazione più complicata del previsto.

Dormì solo poche ore.

Si svegliò molto presto e ne approfittò per sgattaiolare in giardino ad accendersi una sigaretta.

La via in cui si trovava era molto tranquilla; vide passare solo un signore in bicicletta e una ragazza che passeggiava col cane nella mezz’oretta che rimase fuori.

Quando rientrò la casa si era riempita di un dolce profumo.

Lo aspettava una colazione abbondante, in perfetto stile americano, di quelle che ogni tanto si preparava Max.

Non era sicuro di aver ancora digerito il cibo del giorno prima, ma mangiò lo stesso.

La confessione della sera precedente sembrava non essere mai avvenuta, invece che imbarazzata, la madre di Jermaine si dimostrò ancora più affettuosa e materna nei suoi confronti, cosa che lo spiazzò leggermente: non era abituato a quel tipo di affetto. Cercò, quindi, di non dare a vedere troppo quello che provava.

Quando il coreografo finalmente nel pomeriggio chiamò il taxi, i saluti si rivelarono lunghissimi: fu di nuovo abbracciato e baciato dai signori Crowde e vide che lo stesso trattamento era riservato al suo compagno di viaggio.

-Torna presto a trovarci! Sei sempre il benvenuto caro!- lo aveva salutato Fara, rimasta insieme al marito nel giardino ad osservare la vettura che si allontanava.

Solo quando non furono più visibili, Jermaine smise di salutare dal finestrino.

-Ci tiene che la saluti fino alla fine!- si giustificò l’uomo.

Passarono metà del viaggio in silenzio, ma questa volta Kei non era più imbronciato, anzi si rivelò più sereno del previsto.: il Natale per quell’anno non aveva riservato troppe brutte esperienze e aveva solo dovuto sopportare affollamento, affetto e mancanza di nicotina.

-Mi dispiace di averti costretto a venire!-

L’improvvisa dichiarazione di Jermaine lasciò l’altro spiazzato.

-Come mai questo cambio di rotta?-

-Non avevo pensato che magari per te non fosse piacevole..- Kei cercò di interromperlo il prima possibile.

-Cosa dici? Non è mica stato così tremendo. Ho conquistato anche il cuore di tua nipote-

L’uomo si lasciò scappare una risatina prima di continuare –Dico per ieri sera.. Pensavo che passare il Natale in compagnia ti avrebbe fatto piacere, cioè è stato un po’ crudele da parte mia farti sopportare la mia famiglia così invadente..-

-Ma non è stato crudele davvero..Solo perché io non ho una famiglia non vuol dire che tutti gli altri non possano essere felici-

-Lo so, ma..-

-Ascolta, davvero per me è una cosa normale..fino a qualche anno fa non sapevo nemmeno cosa fosse una famiglia..per me è normale dire di non aver mai visto i miei genitori e queste cose qui..-

-Non so come fai!- affermò Jay smettendo di guardare il paesaggio scorrere dal finestrino.

-Alla fine sono gli altri a soffrire per le cose che dico più che io- rispose divertito -..è abbastanza paradossale non pensi?-

Non gli rispose.

-Non mi da fastidio vedere come sono gli altri.. mi ci vuole solo un po’ per abituarmici, ma non ci sto male..- osservò l’espressione scettica dell’altro -..non lo dico solo per farti piacere-

-Poi guardando la tua famiglia ho capito molti tuoi comportamenti-

-In che senso?-

-Forse si da per scontata come cosa, ma ognuno è lo specchio della propria famiglia e ora capisco perché sorridi sempre così fastidiosamente e ti affezioni facilmente a tutti..- si prese qualche secondo prima di continuare -..anche a me..-

-Ti irrito quando sorrido?- chiese stupito Jermaine.

-Un po’..- il ragazzo si concentrò sul paesaggio.

Il coreografo rimase ancora allibito per l’affermazione sul suo sorriso che di solito piaceva a tutti e poi ripensò a quello che Kei aveva detto, non solo pochi minuti prima o la sera precedente, ma anche le altre rare volte in cui avevano parlato, e iniziò a ricomporre i pezzi.

Non aveva mai conosciuto una persona che affascinasse così tanta gente con così poca stima di se stessa: ricordò quando qualche settimana prima Kei si era definito ‘uno dei piccoli bastardi di Mosca’, allora non aveva ben capito perché parlasse così, sapeva che non aveva i genitori, ma non pensava fosse stato così da sempre, era convinto che magari fosse accaduto dopo: anche la storia di suo nonno non gli quadrava, era suo parente biologico eppure Kei lo odiava e non aveva nessun tipo di rapporto con lui. Perché gli aveva lasciato quell’eredità immane allora? E soprattutto perché non aveva nemmeno mai visto una foto dei suoi? Perché non gliel’avevano fatta vedere? O lui non l’aveva cercata? Ripensò al volto di sua madre e pensò che lui, al suo posto, avrebbe voluto conoscere l’aspetto dei suoi genitori se ne fosse stato sempre separato. Pensò a come si poteva sentire Kei, a cosa proverebbe se fosse stato nella sua situazione e ancora si pose mille domande. A partire dal come Kei facesse a parlarne così tranquillamente, poiché sembrava davvero tranquillo quando lo faceva. Gli pose la prima domanda che gli balenò nella testa.

-Non vorresti sapere come erano i tuoi genitori?-

-No..-

-Perché?-

-Perché non mi importa molto..-

-E non ti mancano?-

-No..-

Quella volta Jermaine guardò Kei con insistenza e incredulità. Era imperturbabile: come poteva essere così insensibile?

-Non capisco..-

-Non devi capire..-

-Ma voglio farlo.. fammi capire.. come puoi non provare nulla verso chi ti ha dato alla luce?-

-Non ho mai fatto nulla in loro funzione, ho vissuto con persone nella mia stessa situazione, nessuno mi ha mai detto come sarebbe dovuto essere, l’ho scoperto solo dopo..-

Jermaine si mostrò insoddisfatto e più sconcertato ancora, scrollando le spalle come per allontanare qualche brutto pensiero.

-Beh a te mancherebbero perché tu sai come è la tua vita con loro.. io non lo so come sarebbe stata, come mi può mancare qualcosa che non ho mai avuto? So che sarebbe stato tutto diverso se ci fossero stati per me, sarebbe stato meglio di sicuro, ma non è successo e non mi mancano..-

Jermaine rimase ancora stupito, come al solito le parole di Kei erano come una doccia fredda, erano così crude e così vere che facevano paura; decise di non indagare oltre.

-Non ti rovinare le feste per colpa mia-

-Non è colpa tua! Non mi hai rovinato le feste! Anzi mi fa piacere quando ti apri così con me! Quando mi fai entrare nel tuo mondo.. sono gli unici momenti in cui me lo permetti! E so che c’è un mondo immenso dentro di te!-

-Questo me l’hai già detto- aggiunse Kei sollevato che non fosse arrabbiato con lui.

-Perché è vero..- 

  

Anno nuovo, vita nuova.

Questa era la frase che Rei gli aveva detto il 31 dicembre dell’anno prima, pochi secondi antecedenti alla mezzanotte, e mai come in quel momento le sue parole si erano rivelate così profetiche.

Quella era tutta un’altra vita ed era la sua: la sua routine, le sue abitudini. Eppure riusciva sempre a trovare aspetti nuovi e sconosciuti e, soprattutto, si ritrovava come sempre coinvolto nel mondo fatto di danza di Jermaine: anche quella, probabilmente, doveva rassegnarsi a considerarla al pari di una routine.

-Unisciti a noi!- lo aveva incoraggiato il coreografo alla fine di una delle loro sessioni di Hip Hop per rilassarsi e tenere la mente fresca e allenata: diverse volte gli era stato proposto di prendere parte alla lezione successiva, ma aveva sempre declinato.

Quel giorno di un nuovo ennesimo anno, invece, in una sala non troppo grande rispetto al solito, con le grandi vetrate che mostravano una metropoli illuminata a giorno e una strana e familiare tranquillità ad avvolgerlo, acconsentì. Fino a quel momento aveva sempre e solo osservato, non aveva mai preso parte a niente del genere e quindi il Jazz Lyrical era per lui un completo estraneo: la loro conoscenza non iniziò nei migliori dei modi.

Mentre Jermaine cambiava la traccia, da quella potente e ritmata precedente, a una melodica e struggente, in sala rimasero solo in cinque: Kei, Blake, Nene, Monique e Senia.

-Lezione con quelle? La vedo dura..- lo prese in giro l’assistente del coreografo mentre gli passava accanto, riferendosi alle scarpe che ancora aveva indosso. Il russo si limitò a guardarla esasperato e a rimediare, rimanendo solo coi calzini. Ondeggiò sulle piante dei piedi per abituarsi a quella nuova sensazione.

-Perché continui..?- sentì nuovamente la voce di Monique, questa volta diretta a Jermaine che la zittì scrollando una mano e girandosi.

Iniziarono con un veloce rilassamento a terra per preparare i muscoli a un diverso tipo di lavoro rispetto a quello precedente, per poi passare alla lezione vera e propria.

-Ricordami perché ho accettato- sbottò Kei, con le mani sui fianchi e un cipiglio perplesso, a Blake, che invece non poteva trovarsi più a suo agio.

-E’ normale la prima volta sentirsi idioti.. per tutto! Rilassati!- cercò di tranquillizzarlo tirandogli una pacca sulla spalla e rimettendosi al lavoro.

Essendo in pochi quel pomeriggio, Jermaine era partito come un treno, accennando poca tecnica e passando direttamente a una coreografia.

-Non è complicata.. è solo questione di dinamica e di intenzione!- li aveva incoraggiati mostrando una serie di passi e l’unico che sembrava come un pesce fuor d’acqua era proprio Kei.

Diverse volte, durante il corso di quell’ora e mezza, ebbe la tentazione di mettersi a sedere e osservare il resto della sessione, ma strinse i denti e non rinunciò.

-Da qui..- urlò Jermaine, battendo le mani per attirare l’attenzione già focalizzata su di lui -..piroette, seconda, chaines, chaines, respiro e..- continuò con quella serie di parole che non avevano alcun significato per lui che si limitava ad apprendere per immagini.

In quei mesi aveva scoperto i suoi limiti, ciò che riusciva a imparare e quello che invece doveva lavorare, ma soprattutto gli era stato ricordato un principio fondamentale che aveva dovuto adottare anche da bambino, nonostante fosse in un ambiente totalmente differente: non esiste ‘non ce la faccio’ o ‘non sono capace’.

Rimase tutto il tempo in fondo, lasciando che i primi metri fossero occupati da coloro che si sentivano a loro agio in quella situazione e, per fortuna, Jermaine lo lasciò pensare a quello che doveva fare per conto suo, senza stargli col fiato sul collo; la memoria, come sempre per quel tipo di cose, non era un problema, necessitava solo di tecnica ed esperienza e, quella, non poteva ottenerla nel giro di mezz’ora purtroppo.

-Riposatevi un minuto..- intervenne Jay ad un certo punto -..poi provate a gruppi così avete più spazio e ve la vivete!-

Kei bevve qualche sorsata d’acqua e si mise a sedere con la schiena allo specchio, osservando Nene e Blake prendere il centro: erano in assoluto i due più bravi in quello stile, a dimostrazione di questo loro avevano ottenuto il passo a due durante il concerto, il loro momento che, a opinione del russo, era perfetto.

Si dimenticò di ripassare a mente la coreografia nel guardarli e, quando terminarono, si unì all’applauso degli altri, ma non si alzò insieme a Monique e Senia per far parte del secondo gruppo: sapeva riconoscere e ammettere i momenti in cui fosse meglio farsi da parte e Jermaine, nuovamente, non gli disse nulla, ma azionò semplicemente la musica, mandandola avanti, verso il finale, dove iniziava il pezzo coreografato.

-Ancora tutti insieme!- urlò l’uomo sormontando il volume della musica e della seconda serie di applausi. Fecero come aveva detto il coreografo, fino a che, a pochi minuti dalla fine, Jermaine non si diresse verso la porta e spense tutti i faretti che illuminavano la stanza, escludendo una serie più fioca che permetteva a tutti solo di riconoscere i propri vicini.

-Su, senza pensieri..- iniziò ritornando alla sua postazione vicino allo stereo e accendendo la musica -..vivetevela!-

La traccia iniziò, ma, al contrario delle aspettative, la lasciò andare dall’inizio.

-Chiudete gli occhi!- li invitò Jermaine.

-Sei prevedibile!- scherzò Blake dalla prima fila.

-Zitto e ascolta!-  

La canzone era un crescendo di pathos, dalla melodia remissiva iniziale si liberava nota dopo nota, lasciandosi alle spalle il primo ritornello, emetteva le vibrazioni che conducevano inevitabilmente a un’esplosione di suoni e parole. Il coreografo, facendo avanti e indietro per tutta la sala continuava a consigliarli.

-Fate quello che volete, ma ascoltate! Pensate alle parole, alla musica, al significato.. ascoltate e fatela vostra!-

Kei, che ormai aveva compreso quanto piacesse a Jay quell’esercizio, lo prese in parola: doveva ammettere che era rilassante e aiutava a fregarsene di tutto. Al buio in quella sala esistevano solo loro e la musica e in pochi secondi il ‘loro’ divenne un ‘lui’: esistevano solo lui e la musica.

Non si rese più conto dei movimenti di Jermaine: l’uomo, infatti, aveva smesso di parlare e si era diretto verso Monique, poggiandole una mano sulla spalla e scoccandole un lieve bacio sulla guancia.

-Ti dispiace fermarti?- le sussurrò, così che lo potesse sentire solo lei.

-Certo che no- rispose riaprendo gli occhi e lasciandosi guidare dal coreografo che la invitò a indietreggiare verso un angolo della sala.

-Vivetevela!- ripeté ancora l’uomo a tutti gli altri, annunciando l’arrivo del punto di inizio della coreografia, prima di concentrarsi nuovamente sulla sua assistente –Guarda..- alzò la mano, col palmo verso il soffitto, in direzione del gruppo che, con gli occhi nuovamente aperti e la mente sgombra e leggera, iniziava a danzare.

Corresse subito la direzione dello sguardo di Monique, facendo una lieve pressione sul suo mento e portandola a osservare Kei anziché Blake.

Quello che intendeva Jermaine era chiaro: era un uomo con tanta esperienza ed i molti anni di lavoro in quel campo lo avevano reso tutt’altro che uno sprovveduto. Se si era impuntato a quel modo con una persona era perché vi vedeva qualcosa e, fino a quel momento, lei non aveva capito cosa fosse: Kei non aveva le basi, la sua tecnica era altamente limitata, ma staccargli gli occhi di dosso era ugualmente impossibile. Il coreografo le aveva ripetuto mille volte che lo avrebbe convinto a prendere lezioni di qualsiasi cosa, che c’era tanto lavoro da fare, ma che ne sarebbe valsa la pena, perché era possibile modellarlo e aiutarlo a crescere nel modo giusto. Il corpo del russo aveva qualcosa da dire e si esprimeva in quell’istante davanti ai suoi occhi con una semplicità che, se canalizzata, poteva trasformarsi in ricerca della perfezione del movimento. Aveva detto di non sapere cosa fossero quei passi, eppure in quel momento erano suoi, gli appartenevano, come tutto il resto.

-..per questo continuo!- le disse Jermaine a voce alta, apparentemente soddisfatto, quando la canzone terminò, dirigendosi verso l’interruttore e passando davanti a un Kei perplesso per le parole appena udite.

-Abbiamo finito!- urlò Jermaine facendo partire l’ultimo applauso e dando una pacca sulla spalla al russo mentre tornava al suo posto, senza però guardarlo in faccia.

 

 

 

E questo è il penultimo! Sono in completa crisi per il prossimo.. e magari qualcuno di voi anche u.u ma magari per altri motivi!

 

“E’ quasi l’ora..” Time

E’ da giorni ormai che mi vengono in mente cose da dire nel mio discorso di commiato.. perché ci sarà un discorso di commiato.. e se sto ad ascoltare la mia mente malata potrebbe risultare più lungo del capitolo u.u (tranquille non sarà così)! Comunque vorrei portarmi avanti e dire qualcosa già in questo.. intanto avrete notato come le cose si siano velocizzate! E’ già passato Natale quando quello dell’anno prima era solo dieci capitoli fa.. arriccerete il naso per questa cosa..e l’ho fatto anche io, ma ripensandoci.. ha tutto un senso! Mi sento scema ad analizzare la mia stessa ‘opera’, ma in fondo questo c’è davvero.. diciamo che ha fatto tutto il signor Inconscio e tutti dovremmo sapere che il signor Inconscio ha il controllo e il potere! Direte.. ce lo dici questo senso? Beh, no! Come al solito XD Semplicemente non voglio dirvi come interpretare/leggere la mia fic.. vi lascio il piacere personale della ricerca! Se non trovate nulla non preoccupatevi.. è possibile che io parli a vanvera!

Una cosa da specificare a riguardo di questo capitolo è, comunque, il significato di questo Jazz Lyrical: è un misto tra il moderno e il contemporaneo e altri elementi a seconda dell’insegnate.. nel caso del nostro Jermaine potremmo avere una contaminazione con l’hip hop ;) beh, se siete interessati chiedete a me e facciamo prima u.u

Sempre parlando di Jermaine.. il suo rapporto con Kei si è sviluppato velocemente e vorrei dire in mia difesa che: sì, è possibile! A parte alcune cose, per questa storia ho sempre ricercato realismo e i rapporti tra le persone sono da includere in questo.. ne ho le prove e controprove.. sembrano frasi fatte o da cioccolatini perugina, ma davvero la danza unisce, fa condividere e il tutto con dei ritmi diversi dal normale!

 

Scusatemi.. mi lascio trasportare! Il mio piccolo ritardo è dovuto alla stesura di tutto questo blaterare (figuratevi la prossima settimana)!

Intanto intorno a me accadono cose strane.. i pianeti si stanno allineando sul serio probabilmente! xD intanto questo capitolo ve lo beccate il 11/11/11 e.. chissà che accadrà! Probabilmente nulla u.u

Sì.. ok, la smetto! Aspetto i vostri pareri..fatemi sapere!

Grazie a tutti..

Un bacione :)

   
 
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