La notte
circondava densa le quattro donne che camminavano sul tetto del palazzo, la
gelida brezza invernale pizzicava quei pochi lembi di pelle che non erano
coperti dal loro vestiario rigorosamente nero. Una ragazza indugiò qualche
istante ad osservare il cielo picchiettato dalle stelle artificiali di New
York, la luce pallida della luna illuminò per un attimo la sua pelle nivea
prima che si girasse e proseguisse, insieme alle altre tre, la sua camminata
furtiva verso la fine del tetto. Si sporse leggermente dal parapetto, dalla
parte meno illuminata del palazzo, concedendosi qualche secondo per analizzare
con il suo occhio esperto l’ampio balcone che le si trovava davanti. Con un
cenno richiamò le altre e con movimenti fluidi e scattanti si calarono giù dal
tetto fino al balcone dell’ attico. Girarono la testa per osservare la scena
davanti a loro, poi la ragazza dalla pelle diafana si avviò verso la finestra e
con pochi gesti fulminei la aprì, lasciando entrare le sue compagne e poi
richiudendola alle sue spalle. Tre del gruppo allontanandosi dalla finestra
restarono immobili contro la parete mentre la più alta, a passi leggiadri si
diresse verso la porta, trovando il sistema di allarme ed in meno di un minuto
lo disattivò: “Via libera!” sussurrò alle ragazze che cominciarono a muovere
cautamente i primi passi all’interno della stanza. Indugiarono qualche secondo
ad osservare la sfarzosità dell’appartamento, la famiglia Kent era una delle
più ricche di New York, e rimasero deliziate dall’elegante arredamento. Alle
giovani Bastarono poche occhiate da esperte per capire dove fosse il bottino.
Spostarono quella che era una crosta ben fatta di un quadro e trovarono una grande
cassaforte, la ragazza vi si avvicinò e collegandogli un piccolo dispositivo
riuscì ad aprirla, Un’altra dietro di lei aprì il borsone nero che avevano a
seguito, mentre le altre vi mettevano delicatamente le piccole statuette che
stavano trafugando. Una volta completata l’ operazione richiusero cautamente la
cassaforte e vi rimisero davanti il quadro. Poi uscirono dalla porta e con
estrema indifferenza scesero le scale con tanto di refurtiva a seguito.
Uscirono, sempre in rigoroso silenzio dal portone del palazzo, attente a non
fare rumori e a non attirare troppo l’attenzione, ma quella volta una telecamera fu più furba di loro. La ragazza
dalla pelle candida mostrò distrattamente il suo bel profilo alla piccola
telecamera che riuscì a carpirne la linea perfetta del naso, delle labbra
carnose e un ciuffo di capelli rossi che uscivano dal suo capello nero di lana.
Neal Caffrey
era placidamente seduto dietro la sua piccola scrivania a sorseggiare da una
tazza del caffè bollente. Quel caffè economico che odiava e che non era avvezzo
a consumare, ma che nelle noiose giornate invernali all’unità era l’unico
compagno che avesse per passare un po’ di tempo. Da giorni non facevano altro
che occuparsi di casi banali: furti di scarso valore, qualche frode fiscale e
falsificazioni facili da scovare, niente di eccitante insomma.
Mentre stava
per portare la tazza alle labbra vide avanzare verso di lui un trafelato Peter
Burke, che senza fermarsi gli passo davanti con un’espressione più seria del
solito ed un fascicolo che teneva stretto sotto il braccio esclamò: “Neal in
sala riunioni, subito!”. Il ragazzo, disorientato dal suo comportamento e non
riuscendo a capire il motivo di tanta fretta posò la tazza sulla scrivania e a
passo svelto seguì Burke verso la sala riunioni, Salendo gli scalini che
portavano alla stanza, dove intorno al lungo tavolo troneggiavano già gli altri
membri della squadra, tra i quali Jones e la Berrigan, anche loro convocati
dall’impaziente Burke.
“Hanno
colpito ancora!” sentenziò Burke appena aprì la porta a vetro e muovendo i
primi passi nella stanza fino a prendere posto al capo del tavolo sventolando
il fascicolo che aveva sotto il braccio, seguito da un Neal sempre più confuso
e allo stesso tempo curioso, che andò a sedersi vicino a Diana.
“Chi?”
chiese Jones poggiando la penna con cui stava giocherellando e afferrando i
documenti sul tavolo, imitato dai suoi compagni.
“Sei mesi fa
il primo colpo: un quadro di Monet trafugato dalla galleria d’arte che si trova
sulla 29esima strada, che poi fortunatamente si è rivelato un “falso d’autore”
di scarso valore, poi il furto dell’ argenteria dal museo di storia antica
durante il galà, due mesi fa. Poi il diadema della principessa Josè, rubato
dalla casa del direttore della mostra, che lo stava custodendo. Abbiamo
analizzato questi furti un paio di settimane fa: stesso modus operandi, in
qualche modo sono tutti collegati tra
loro. Ieri notte hanno colpito ancora, hanno rubato delle statuette etrusche
dalla dimora dei Kent, il signor Kent è un collezionista.” Spiegò Peter tutto
d’un fiato con uno strano luccichio negli occhi. “Ma questa volta abbiamo un
indizio in più” aggiunse con tono vittorioso lasciandosi scappare un sorriso,
“Ieri notte le telecamere di una banca hanno filmato i ladri mentre uscivano
dal palazzo con la refurtiva: sono quattro donne. Io le chiamo “La Banda della
rossa”” aggiunse facendo scorrere sul monitor i fotogrammi che aveva ricavato
dal video della sorveglianza.
“Perché
proprio la banda della rossa?” chiese Diana che come tutti non aveva chiaro il
motivo di quel nome.
“Questa
mattina i nostri tecnici di laboratorio hanno analizzato il filmato: le
telecamere hanno filmato tutte le donne di schiena, tranne una. La donna
davanti alle altre è stata distratta e la telecamera è riuscita ad inquadrare
il suo profilo, non è possibile riconoscere la sua faccia e usare un programma
di riconoscimento facciale per controllare se la donna sia nel registro dei
sospettati, l’unico particolare che
emerge è questo, un ciuffo di capelli rossi. Per questo il nome La Banda della
Rossa.” Spiegò l’agente Burke mostrando l’ultimo fotogramma al gruppo, che
ritraeva il profilo della ragazza ed i suoi capelli.
“La banda
della rossa! Wow una banda di ladre… Eccitante” disse
Caffrey, sfogliando ed analizzando il fascicolo, sinceramente colpito dal caso.
“Sono delle
professioniste, non lasciano traccia. Sono come delle Caffrey al femminile.”
Concluse Peter punzecchiando il giovane.
“No hai
ragione Peter. Sono delle artiste della rapina” rispose Neal chiudendo il
fascicolo ed osservando la fotografia sul monitor della giovane dai capelli
rossi.
“Ti dice
qualcosa Neal? Hai sentito parlare di loro?” gli chiese poi l’agente più
anziano notando lo sguardo analitico che Neal aveva rivolto alla donna.
“No. Non ho
mai sentito parlare di una banda di ladre. Proverò a chiedere in giro, ma non
credo che troverò qualcosa.” Rispose Neal scuotendo la testa.
“Bene.
Mettiamoci a lavoro adesso. Neal, tu ed io adesso andiamo sulla scena del
crimine a vedere se è sfuggito qualcosa alla scientifica.” disse Burke
infilandosi la giacca e dirigendosi insieme al suo “collega” alla residenza dei
Kent.
ANGOLO DELL’
“AUTRICE”:
Salve! È la
prima volta che scrivo per questo fandom, e ammetto
di essere un tantino timorosa al riguardo. Questa è una fan-fiction diversa da
quelle che si trovano usualmente nella categoria, per questo mi farebbe molto
piacere sapere cosa ne pensate, e se vorreste continuare a leggerla ^^ Grazie
in anticipo a tutti! Baci ^^