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Autore: End of me    18/11/2011    2 recensioni
Qualche volta Chrona guardava le sue spade come se le vedesse per la prima volta:
due le manteneva sempre Ragnarok; una, quella più grande, la stringeva lui.
Le osservava immobile e con la bocca semiaperta, come una statua,
poi si chiedeva ad alta voce: “Ma queste sono le mie armi?”.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Crona
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tra nero e blu                                                        (Rin Kagamine - Meltdown)


 



~ Se tutto questo fosse solo una menzogna

allora sarebbe veramente meglio.

 

 

Qualche volta Chrona guardava le sue spade come se le vedesse per la prima volta:

due le manteneva sempre Ragnarok; una, quella più grande, la stringeva lui.

Le osservava immobile e con la bocca semiaperta, come una statua,

poi si chiedeva ad alta voce: “Ma queste sono le mie armi?”.

Per qualche secondo, si sentiva completamente smarrito, mentre nella sua testa

passavano immagini di un passato – non sapeva dire se remoto o recente – fatto

da sorrisi, persone che parlano, quaderni che vengono sfogliati, aule, lavagne,

strade di una città in qualche luogo lontano, lontano, lontano – così sperava.

Ma poi quel momento di dubbio passava, allora si toccava la faccia e, rischiando

di tagliarsi, passava un dito sulla lama della spada che stringeva per accertarsi che

fosse reale.

Poi si rendeva sempre conto che quella verità non la voleva.

 

 

~ Ho come sognato di stringere il tuo collo,

dietro le tende mosse dal vento.

Dalle tue labbra secche

le parole fluiscono come schiuma.

 

 

Medusa soffocava suo figlio.

Lui se ne rendeva conto.

Sua madre lo soffocava, lo soffocava con i suoi occhi,le sue parole,

i suoi ordini.

La strega non gli permetteva di avere una qualsiasi tipo di libertà, e Chrona

ne soffriva, ne soffriva molto, perché sapeva com´era essere liberi.

Aveva imparato ad essere libero in quella città.

Allora lui soffocava se stesso, peggio di quanto non lo facesse prima,

si soffocava con la pazzia.

La pazzia era il suo vino, il suo modo di dimenticare, era la sua illusione

di libertà.

Ma, con la pazzia, arrivava l´incubo, sempre quello, solo quello.

 

Medusa sorrideva benevola, prima di abbracciare suo figlio.

“Ti voglio bene, lo sai? Sei un bravo figlio, Chrona. Sei un bravo figlio.”

Poi il ragazzo sentiva delle mani fredde cercare il suo collo, il fiato

gli mancava, sussurrava senza voce Mamma! Mamma... Mamma.

 

 

~ Ho sognato che tutti stessero scomparendo,

il silenzio della notte in questa camera vuota

mi grava sul cuore,

e mi impedisce di respirare.

 

 

Chrona non si sarebbe meravigliato, se, un giorno, sarebbe rimasto

completamente solo.

Non si sarebbe meravigliato se, una mattina, svegliandosi, non avesse visto

più nessuno, nemmeno Ragnarok.

Ogni volta che uccideva una persona, arrivava la solitudine: non c´era più

nessun´altro vivo oltre a lui e alla sua arma, vedeva solo un corpo insanguinato,

silenzioso, che non reagiva, e Chrona non sapeva come comportarsi con le persone morte.

Prima o poi, pensava, prima o poi non sarebbe più riuscito a scampare alla solitudine,

nemmeno con la pazzia; avrebbe pagato per tutti gli omicidi di cui si era macchiato.

Avrebbe versato tante lacrime.

 

 

~ Voglio tuffarmi

nel nucleo del reattore a fusione.

Mi addormento, conscio del fatto che io possa scomparire;

una mattina senza di me

sarebbe molto meglio di adesso.

 

 

Chrona sapeva benissimo che il suo primo ricordo era il nero.

Non il nero che si vede mentre si dorme, o quando non si vuole pensare

a niente, ma un nero malvagio, quasi vivo, che lo divorava.

Ormai si era abituato a quel nero. Aveva accettato il fatto che il suo corpo

fosse pieno di quel colore, e che, ormai, non poteva più farne a meno.

Era qualcosa che poteva toccare, che sentiva, qualcosa che gli ricordava

ogni giorno, ogni maledetto giorno, che lui era un errore, un peccato.

Chrona lo odiava.

Non lo diceva, però. Non lo diceva mai. Se l´avrebbe detto con la sua bocca,

con la voce, pensava, il nero si sarebbe vendicato.

Chrona non diceva nemmeno quanto amava il blu.

Era un colore irraggiungibile, per lui. Un colore inesistente.

 

 

~ ...circondato da una splendida luce blu...

 

Forse, prima o poi, avrebbe trovato il blu.

Nel blu avrebbe lavato i suoi peccati.

Nel blu sarebbe sparito.













Note dell´autrice:

Allora, inizio col dire qual´è la canzone. Si chiama Meltdown ed è dei Vocaloid. Ecco un link: 
http://www.youtube.com/watch?v=0Ox5-fEH4Ww
F
orse la canzone non rispecchia proprio in ogni verso la personalità di Chrona, ma i versi che ho scelto sono stati quelli che m´hanno ispirata. Ho messo alcuni termini al maschile, poichè penso che Chrona sia maschio. A proposito della canzone, come potete notare, quella che ho usato io è una traduzione. Ecco il link del video da dove ho preso il testo in italiano: http://www.youtube.com/watch?v=udCRuEpW4Og
Spero che la song-fic vi piaccia :3

   
 
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