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Autore: Kara_Sho     19/11/2011    2 recensioni
"Attenzione: treno in transito al binario tre. Allontanarsi dalla linea gialla."
Toh guarda. Loro erano proprio sulla banchina del Binario tre.
- Cosa c'è da pensare sulla gente che viaggia? Andranno a trovare qualcuno, no? -
- No, non mi riferivo alla gente che viaggia. Io stavo pensando a quella che viaggia in treno... -
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Graffiti Lontani







Avevo sempre pensato che le vecchie stazioni ferroviarie
fossero tra i pochi luoghi magici rimasti al mondo. I fantasmi
di ricordi e di addii vi si mescolano con l'inizio di centinaia di viaggi
per destinazioni lontane, senza ritorno.
Carlos Ruiz Zafon
Marina






Capitava spesso, a quei tre bambini, di ritrovarsi a passare qualche ora in stazione.
Non avevano molto da fare, quando succedeva, eppure riuscivano a trascorrere il tempo a loro disposizione divertendosi: erano dotati dell'incredibile capacità di trasformare qualsiasi cosa, qualsiasi oggetto, in un gioco.
E' un'abilià che hanno tutti i bambini, in fin dei conti, e almeno, così, potevano giocare senza aver bisogno di spendere soldi.
Erano poveri.
Non avevano nulla.
In compenso viaggiavano spesso, seguendo gli spostamenti del padre a bordo di quella macchina che per loro era tutto: rifugio, letto, calore e, soprattutto, casa...
Una macchina che, però, per potersi muovere aveva bisogno di carburante -come tutte le altre macchine, d'altronde-, che arrivava solo quando riuscivano a trovare i soldi necessari per poterselo permettere.
- Emy? Ci hai mai pensato? -
Fu Rebecca a parlare, la sorella più grande che, subito dopo aver lasciato la domanda sospesa nell'aria tra di loro, lanciò un sasso verso i binari, osservandolo saltare sulle altre pietre lì sotto, per poi confondersi con esse.
Aveva dodici anni, compiuti da poco, eppure, per il suo carattere particolarmente riflessivo, sembrava averne molti di più.
Non era raro, infatti, che cerchasse di coinvolgere Emily, la sorella più piccola, in una delle sue riflessioni.
- A cosa? -
Emily aveva appena nove anni e, in quel momento, era accovacciata a terra, con una pietra in mano, intenta a graffiare l'asfalto assieme al fratellino più piccolo.
Si diverivano a lasciare tracce bianche sul grigio sporco della pavimentazione della stazione. Soprattutto il più piccolo, poi, sembrava metterci particolare impegno, come se quel passa tempo, in realtà, non fosse altro che uno sfogo.
- Alla gente che viaggia in treno... -
"
ATTENZIONE: TRENO IN TRANSITO AL BINARIO TRE. ALLONANARSI DALLA LINEA GIALLA."
Toh guarda. Loro erano proprio sulla banchina del Binario tre.
- Cosa c'è da pensare sulla gente che viaggia? Andranno a trovare qualcuno, no? -
- No, non mi riferivo alla gente che viaggia. Io stavo pensando a quella che viaggia in treno... -
Ihan, di appena tre anni, finì per distrarle.
Cominciò a battere con forza la pietra che aveva in mano, ripetutamente, lasciando tanti piccoli segni bianchi, "a pioggia", sulle piastrelle dure della banchina.
Un colpo un po' troppo forte e mal assestato, però, gli fece sfuggire la pietra dalle dita e, subito dopo, si ritrovò a seguirla con lo sguardo mentre schizzava un po' più in là, vicino alle sorelle.
Allarmato, lanciò una rapida occhiata alle due, ritrovandosi ad espettare una ramanzina che, in effetti, da loro non sarebbe mai arrivata. Eppure, i suoi occhioni azzurri, continuarono a fissale, per precauzione, ancora per qualche attimo.
Fu solo quando Emily inarcò le sopracciglia che lui si decise a sbloccarsi.
Le guance chiare e sporche del piccolo si riempirono subito con un  sorriso tanto spontaneo quanto struggente e, senza dire altro, si allungò in avanti per riappropriarsi della sua pietra, probabilmente deciso a tornare al suo gioco, lasciando in pace Emily e Rebecca.
- E' la stessa cosa, Reb...! -
Subito dopo, anche Emily riprese a graffiare l'asfalto, ritrovandosi a tracciare, senza accorgeserne, la sagoma di un omino stilizzato.
- No che non lo è. -
Rebecca lanciò un altro sasso tra i binari, per poi raggomitolarsi su se stessa ed abbracciarsi le gambe dopo averle richiamate al petto.
Sentirono il fischio del treno in arrivo e, istantaneamente, tutti e tre si zittirono, interrompendo ogni altra attività.
Si voltarono a guardare la testa della vettura che si stava avvicinando a loro con una velocità impressionante.
Quando il mezzo li raggiunse, Ihan sobbalzò sul posto per il forte rumore, chiudendosi nelle spalle mentre, assieme alle altre due ragazzine, osservava i vagoni che, uno dopo l'altro, rumorosamente, gli sfrecciavano davanti, sputandogli contro aria puzzolente.
Senza rendersene conto aveva cominciato a stringere la pietra con entrambe le mani, come se avesse paura che tutta quell'aria l'avrebbe fatta volare via.
- Hai visto? -
E intanto continuarono a seguirlo con lo sguardo, fino a quando non lo videro sparire oltre la curva poco più in là.
- Sì... -
- L'ho visto anche io! Anche io! -
Il piccolo voleva dare il suo contributo in quella conversazione e, alla fine, riuscì anche a strappare un sorriso a Rebecca che, lasciandosi andare le gambe, gli fece cenno di avvicinarsi.
- No, non dicevo il treno. Ma le persone sopra. -
E mentre lo disse cercò lo sguardo di Emily, come per farle intendere che il discorso, per lei, ancora non era chiuso.
- Era veloce...non sono riuscito... -
Piagnucolando, Ihan, abbandonò la pietra sull'asfalto per rispondere al richiamo dell'altra. Zampettò fino a raggiungere la sorella maggiore, per poi cercare riparo e conforto nelle sue braccia.
Adorava i suoi abbracci, lo facevano sentire protetto.
- Non preoccuparti, non era così importante. -
Quando si rivolgeva a lui, Rebecca, si ritrovava sempre ad usare un tono di voce decisamente più vellutato rispetto al solito. Sembrava volerlo accarezzare anche con il semplice uso della voce.  Perchè lui era un frutto puro e prezioso, da proteggere.
Per tranquillizzarlo cominciò a carezzargli la nuca, passando le dita tra i suoi capelli biondo cenere, a caschetto.
Lo sentì rilassarsi tra le sue braccia e abbandonare la testolina contro il suo petto e, a quel punto, tornò a guardare la sorella, senza interrompere quelle carezze confortevoli.
- Su un treno puoi decidere se sederti seguendo il senso di marcia o se sederti all'incontrario. -
- Sì! -
Ihan confermò con entusiasmo, per poi appiattirsi ulteriormente contro la sorella, continuando a ricercare rifugio nelle sue braccia soprattutto ora che si stava intromettendo nella conversazione: aveva paura di sbagliare.
- E' perchè i sedili sono fatti così, Reb! - sbuffò Emily, finendo di tracciare, con le ultime due righe, le gambe del suo omino stilizzato.
- Ma è la gente a decidere dove sedersi. -
- Non se il treno è occupato. -
- Nel caso in cui non lo fosse...è la gente che decide se sedersi in un senso o nell'altro. -
La più piccola sembrava ostinata a voler ribattere ad ogni sua riflessione, come se sperasse di interrompere al più presto le conversazioni di quel genere.
Avrebbe voluto trovare il modo per metterla con le spalle al muro e chiudere il discorso, eppure, in quel momento, si ritrovò a tacere.
Rebecca stava dando dimostrazione di un'incredibile pazienza e lei, alla fine, semplicemente, non seppe cosa altro ribattere.
Seguirono alcuni secondi di silenzio, durante i quali Emily si concentrò per tracciare la sagoma stilizzata di un secondo omino.
Quest'ultimo teneva il primo per mano.
- E allora? -
- E allora...perchè scelgono un verso piuttosto che un altro? Ci hai mai pensato? - Rebecca lasciò scivolare lo sguardo sui binari, assorta, prima di concludere. - Io lo so. -
- E perchè? -
Fu il piccolo a parlare, mentre si mosse tra le sue braccia per sistemarsi meglio, preparandosi ad ascoltare quello che per lui sarebbe stato un racconto interessantissimo.
- Chi si siede nel senso di marcia del treno è felice di andare verso quel posto nuovo, senza paura di lasciare la propria casa. Anzi, forse vuole proprio allontanarsi da lì. -
- E chi te lo dice? -
La sorella più piccola, prontamente, tornò a metterle i bastoni tra le ruote.
Le stava lanciando una sfida...il suo tono di voce e il suo sguardo lo confermavano senza ombra di dubbio.
Il fatto era che, le dava fastidio il tono di saccenza che usava Rebecca in queste occasioni.
Era una cosa che ha cominciato a non sopportare più col passare del tempo. Prima, infatti, le piaceva, esattamente come stava succedendo ad Ihan, eppure non riusciva più a reggerlo.
Le dava seriamente fastidio, irritandola nel profondo.
- Deve essere così, perchè si metttono in una posizione che li costringe a guardare avanti, verso la loro meta, rendendogli difficile il voltarsi indietro, verso quello che lasciano. -
- E gli altri? -
Stizzita, Emily, voleva solo che continuasse per poi contestarle tutto assieme.
Stava diligentemente aspettando che arrivasse al punto per poi distruggere definitivamente quella teoria.
- Gli altri, invece, non sono felici di andarsene. Infatti guardano sempre verso casa. -
- E perchè? -
Questa volta fu il turno del più piccolo, seriamente interessato alla questione.
Voleva solo capire, e ci stava mettendo tutto il suo impegno.
- Perchè il posto dove andranno non gli piace e vogliono ricordarsi della propria casa e di come ci stavano bene. -
- E perchè non possono più tornare a casa? -
Il tono di Ihan sembrava farsi sempre più dispiaciuto. Stava prendendo quella questione troppo a cuore, con tutto l'entusiasmo e la semplicità che potrebbe metterci solo un bambino.
Strinse le ditina sulla stoffa della maglietta della sorella, come se avesse paura di vedere anche lei salire su uno di quei treni che fanno allontanare le persone.
- Ma certo che possono tornare a casa! - Nel rivolgersi al fratellino, Rebecca, aveva sempre il solito tono di voce caldo ed avvolgente. Si vedeva che lo amava. - Però, per farlo, dovranno fare un altro viaggio. -
Smise di accarezzargli la nuca, lasciando scivolare via dalle dita quelle ultime ciocche che si stava divertendo a lisciare.
Portò le mani all'altezza delle sue costole, così da avere la presa necessaria, su di lui, per costringerlo a voltarsi.
Non gli disse nulla e lui non si ribellò mentre se lo sistemò meglio sulle gambe, facendolo voltare il modo che la sua schiena andasse ad appoggiarsi contro il suo addome.
Decisamente meglio.
Stese le gambe in avanti, dando ulteriore appoggio al fratellino, per poi cingegli la vita con le proprie braccia, così da tenerlo ancorato a sè.
Rimase in silenzio qualche altro istante, ascoltando il respiro calmo di Ihan e il rumore che produceva Emily mentre continuava a graffiare il pavimento.
La osservò, assorta, scrutandone l'espressione contrariata.
Sembrava stesse elaborando qualcosa...probabilmente di lì a poco se ne sarebbe uscita con una delle sue contestazioni.
- Per me non è vero. Non è così. -
Ormai la conosceva troppo bene.
- E allora com'è? -
- Quelli che si mettono nel senso di marcia sono impazienti di arrivare in quel nuovo posto dove sono diretti, e non si guardano indietro solo perchè sono sicuri che la loro casa è sempre là. Non è vero che la vogliono lasciare di proposito, è solo che non hanno bisogno di controllare che ci sia, ecco. Sanno già che lei resterà lì dove l'hanno lasciata. -
Lasciò andare la pietra, facendola cadere lì a terra, prima di voltarsi a guardare la sorella. Si era presa bene e, per continuare, cominciava ad aver bisogno anche delle mani.
Negli ultimi tempi aveva preso il vizio di gesticolare parecchio, nel parlare.
- E allora guardano avanti per essere sicuri di andare incontro a quello che cercano, così da essere pronti. Loro sono furbi perchè non si lasciano prendere impreparati. -
Quando finì, Rebecca la stava ancora fissando.
Si era sorpresa di quanto avesse avuto da dire e, soprattutto, del contenuto di quel discorso. Senza rendersene conto sua sorella era cresciuta parecchio...
Le sorrise, annuendo appena, distogliendo lo sguardo solo per riflettere un attimo ancora su quanto appena ascoltato.
- Sì...può essere... -
- Allora sono i più forti!! -
Dato che quella teoria aveva appena ottenuto il consenso della sorella maggiore, il piccolo cominciò ad entusiasmarsi.
Questa nuova teoria gli piaceva di più e, nell'entusiasmo, sembrò anche rilassarsi.
Le labbra rosate gli si stesero in un sorriso luminoso, mentre gli occhi gli brillavano per l'emozione. Sembrava quasi che avesse appena conosciuto il suo nuovo eroe.
Emily gli lanciò un'occhiata, stringendo le labbra tra loro per qualche istante prima di riprendere.
- Non sono i più forti. -
Brutalmente mandò in frantumi la visione del piccolo, continuando subito dopo, come se non volesse dargli nemmeno il tempo di assimilare lo shock un poco alla volta.
- Loro sono quelli incontentabili perchè cercano la felicità altrove pur sapendo di averla già a casa propria. -
Rebecca continuò a stare in silenzio, ascoltando, riflessiva, lo scambio di battute tra i due.
Senza accorgersene cominciò a muoversi avanti e indietro, cullando il fratellino che, istintivamente, si abbandonò compretamente contro di lei.
E alla fine il silenziò calò su tutti quanti, avvolgendoli in un'atmosfera irreale, spezzata solo dalla voce degli altoparlanti che, di tanto in tanto, davano informazioni sui treni.
Emily riprese a tracciare i suoi disegni per terra, riappropriandosi della pietra che solo poco prima aveva abbandonato.
Disegnò un terzo omino affianco agli altri e, anche lui, stava tenendo per mano il vicino.
La differenza sostanziale era che, quell'ultimo schizzo, era decisamente più piccolo rispetto agli altri.
Si fermò a contemplare la propria opera, richiamando il labbro inferiore tra gli incisivi con fare concentrato.
Mancava qualcosa, lo sapeva: quegli omini non avevano nè faccia, nè altro; non avevano nemmeno un taglio di capelli.
Non avevano personalità.
- E gli altri? Quelli in senso contrario? -
Rebecca interruppe quel silenzio, decisa a voler conoscere la teoria dell'altra in tutte le sue sfaccettature.
- Gli altri... -
Emily cominciò a tracciare i capelli della figura più piccola, infierendo sull'asfalto con piccole linee indirizzate verso il basso.
Non ci aveva ancora pensato, agli altri, ma non era un problema: lo avrebbe fatto in quel momento.
E intanto, quell'omino che stava personalizzando, nella sua testa diventava sempre più simile ad Ihan.
- Gli altri sono degli sconsiderati! -
Si ritrovò a dirlo quasi con rabbia, battendo il sasso contro il pavimento e finendo per tracciare l'ultima linea verso il basso. L'ultimo capello.
- E perchè? -
Fu proprio lui, il più piccolo, ad intromettersi. Ancora.
Si accigliò ma, poco dopo, si ritrovò a sobbalzare per il fischio lanciato da un treno in arrivo.
Ruotò di scatto la testolina verso la vettura e, assieme alle sorelle, aspettò di vederlo passare.
Non si poteva parlare, durante il passaggio di un treno.
Emily, però, continuava comunque a completare il proprio disegno, ritrovandosi a tracciare i capelli degli altri due omini che sarebbero dovuti essere, rispettivamente, lei e sua sorella Rebecca.
- Sono degli sconsiderati perchè abbandonano la felicità che avevano per buttarsi ad occhi chiusi in qualcosa che non conoscono. Guardano verso casa perchè quella è la loro unica certezza eppure...non si oppongono. Restano a guardarla mentre diventa sempre più lontana, senza far qualcosa, salutandola in silenzio senza sapere se avranno la fortuna di trovare alro di altrettanto bello. -
- Forse hanno solo paura di perdere il ricordo di quella felicità. -
- Forse sì. E' normale avere paura quando non si sa dove andare, no? -
Emily continuava a mantenere il suo atteggiamento stizzito, come se quella conversazione le stesse dando ancora parecchio fastidio.
- Lily...tu hai paura? -
La voce incerta e titubante di Ihan le arrivò come una calda carezza dietro la nuca.
- Un po', nanetto...e tu? -
- Sì... -
Il piccolo glielo confessò in tutta sincerità, per poi cercare di voltarsi ancora, ignorando la fatica che Rebecca aveva fatto per sistemarselo così com'era.
Lui voleva solo abbracciarla, in cerca di calore.
- E tu, Beky? -
Era preoccupato per lei, dopotutto.
- Io...pensavo solo che, chi prende il treno, alla fine, indipendentemente dal verso in cui sceglie di sedersi, finisce sempre per lasciare indietro la felicità che ha già. -
- Però poi tornano...no? -
Rebecca tornò ad accarezzare la nuca del piccolo, stringendosi mollemente nelle spalle, senza riuscire a dargli la risposta che lui vorrebbe sentirsi.
- So solo che vorrei prenderlo anche io, il treno. -
- Anche io... -
Era una delle rare volte in cui la più piccola si dimostrava d'accordo con lei eppure, non ci fece troppo caso. Non dubitava che fosse così anche per lei, dopotutto.
Emily stava ancora tracciando forme sulla pavimentazione e, in quel momento, si stava concentrando sull'espressione dell'omnino più piccolo.
Gli stava disegnando gli occhi.
- Io no! Non voglio prenderlo. Mai! ...io sono felice qui. -
Si imbronciò appena, cominciando a far vagare distrattamente lo sguardo nei dintorni. Non voleva guardare le sorelle perchè, in qualche momento, si sentiva offeso. E la più piccola, intanto, aveva cominciato a disegnargli il sorriso.
- ...Papà!!! -
La voce di Ihan, improvvisamente squillante, riuscì a mandare in frantumi quell'atmosfera surreale che li aveva inglobati.
Il suo visino, da imbronciato, si tramutò in pura gioia e, senza perdere tempo, cercò di liberarsi dalla stretta di Rebecca per poter correre incontro all'uomo.
- Bambini! Si parte! Abbiamo la benzina! -
La sua voce era calda ed accogliente, tanto che anche le altre due, nel sentirla, non esitarono ad alzarsi per andargli incontro.
Emily abbandonò il sasso lì, a terra, affianco al suo disegno.
Dopo la loro partenza, sul pavimento della banchina di quella stazione, restarono soltanto tre omini stilizzati, di cui, solo uno, era sorridente. 
























  
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