© IREHEYDU
Qualsiasi copia di questa fan fiction deve essere gentilmente segnalata all'autrice. Più volte mi è stata plagiata questa storia e gradirei che non si ripetesse più in nessun modo.
L'unica autrice di questa storia sono io e nessun altro.
Ennesima
litigata con mio padre. La casa era piena delle nostre urla da almeno
un paio
d’ore, e adesso tutto si era concluso con il rumore della mia
porta sbattuta
contro lo stipite. Ero seduta sul letto, le guance rosse, e gli occhi
gonfi, probabilmente
stavo per esplodere.
Era
una routine ormai litigare con lui. Aveva sempre quella sua testa dura
che mi
faceva innervosire troppo.
Che
aveva fatto questa volta? Semplicemente aveva deciso di dare
ospitalità ad un
suo amico che sarebbe venuto da Doncaster, una città a
chilometri di distanza
da Londra, dove stavo io. Ogni volta c’era qualche
novità: una nuova fidanzata,
nuovi amici che odiavo maledettamente, nuova casa, nuovo tutto. Adesso
invece aveva
deciso di ospitare questo suo amico insieme al figlio, per un bel
po’ di tempo,
visto che si era indebitato fino al collo, e aveva perso la casa e
tutto ciò
che gli rimaneva. Un suo amico di liceo diceva che era, non sapevo
nemmeno chi
fosse, probabilmente un certo Bill.. non ne ero nemmeno così
sicura che si
chiamasse così.
In
quel momento poco mi importava del nome di colui che sarebbe venuto fra
una
settimana. Mi distesi nel letto, e mi voltai immediatamente verso il
comodino,
dove giaceva un portafoto. Lei era lì, in quello stupido
oggetto color argento,
che mi osservava sempre con lo stesso sorriso, gli stessi occhi. Presi
il
portafoto, stringendolo nelle mani, e ne carezzai appena il vetro che
ricopriva
la fotografia. Una fotografia troppo speciale, fin troppo importante.
Mia
madre era lì rinchiusa in quella fotografia da
più di sette anni. Era il mio
piccolo angelo custode, il mio portafortuna, ciò che mi
aiutava ogni volta che
stavo male, o che delle lacrime mi solcassero il viso. Era andata via
così, all’improvviso,
avevo solo dieci anni, e lei? Lei ne aveva forse quaranta se non
ricordo male.
Ma sapevo che vegliava su di me, anche se.. era andata via.
Sentii
il rumore della porta di camera mia aprirsi lentamente e quasi
sobbalzai,
eppure non volevo voltarmi, perché sapevo già chi
fosse.
-Sono
passati quasi otto anni.- disse osservandomi.
Io
non risposi, posai semplicemente la fotografia nel comodino, con lo
sguardo
perso tra le lenzuola mentre stavo a pancia in giù sul mio
letto morbido. Non
risposi, soprattutto non volevo rispondere.
-Sai..-
continuò. –anche se lei non
c’è più, continuerò ad
amarla sempre.- sussurrò
avvicinandosi a me, e sedendosi sul mio letto. Come sempre si era
calmato
adesso, dopo due ore ad urlarci contro.
-Cazzate.-
fu l’unica cosa che io riuscii a dire sottovoce.
–Non porteresti una donna
diversa ogni settimana a casa.- continuai.
Mi
voltai di nuovo verso di lui, con gli occhi che fiammeggiavano, e la
mano
chiusa a pugno, e lo fissai. Non aveva parole, non sapeva come
rispondermi, ma
subito dopo riuscì a parlare. -Arya, dovresti sapere che
ormai è finita questa
cosa. Ho una certa età, e ho deciso di smettere.-
l’aveva ripetuto almeno un
centinaio di volte mentre litigavamo, ma per me non cambiava niente,
rimaneva
sempre uno stronzo. Tutto ciò che volevo era che lui
rimanesse con me ogni
secondo, volevo un rapporto normale con lui, come quello che qualsiasi
figlia
ha con il padre, ma era tutto impossibile.
-E
che dici del tizio che verrà per chissà quanto?
Non hai mai tempo per stare con
me, e ora ne avrai sempre di meno.- dissi, attorniando le mie gambe con
le
braccia, e diventai quasi un piccolo fagotto.
-Non
dire così, sai che non è vero-
ribatté.
Io
scossi la testa semplicemente, spostando lo sguardo.
-Ho
bisogno di stare un po’ da sola- sussurrai, e fu
così che lo vidi andar via
dalla mia stanza solo qualche secondo più in là.
Stavo
lì a contare le margherite nel prato di casa mia. Mi
divertiva farlo, era
qualcosa di assolutamente divertente, e di rilassante probabilmente.
L’erba
fresca mi sfiorava la pelle. Era estate inoltrata, e faceva abbastanza
caldo a
Londra da poter stare in pantaloncini e maniche corte, e star seduta
sul prato
a prendersi il sole. I miei lunghi capelli castani, erano sistemati in
una coda
alta, che mi impediva di sentire troppo caldo, e tenevo degli occhiali
da sole
neri.
Un
motorino si fermò davanti il mio cancello aperto, e da
lì scese il mio migliore
amico. Si chiamava Thomas. Era abitudine per lui venirmi a trovare
praticamente
sempre, lo conoscevo da quando avevo all’incirca tre anni.
-Hey!-
urlai facendogli segno di avvicinarsi a me. Si sistemò sul
prato stampandomi un
bacio nella guancia.
-Sei
sola a casa?- chiese.
-Sì,
mio padre è andato a prendere mia sorella, torna dal viaggio
con i suoi amici.-
disse strappando una margherita, e mettendogliela tra i capelli.
Portava dei
capelli lunghi fino alle spalle, neri, con un ciuffo che quasi gli
copriva gli
occhi celesti. –Sembri quasi una ragazza così!-
risi. Tolse la margherita dai
suoi capelli, ridendo insieme a me.
-Ho
letto il tuo sms ieri sera, successo altro con tuo padre?-
domandò.
-Come
sempre, lo sai perfettamente. Fra una settimana verranno qui ad abitare
un suo
amico con il figlio, per non so quanto tempo.- scossi la testa
mettendomi gli
occhiali in testa. -..e ieri abbiamo litigato ovviamente, e dice che ha
smesso
di portare una donna nuova a casa ogni settimana.- sghignazzai, e anche
Thomas
lo fece, perché conosceva perfettamente mio padre, e il suo
modo di
comportarsi.
-Però
magari questa volta dice sul serio!- provò a consolarmi, ma
ormai quella frase
era troppo frequente per me. Mi distesi così completamente
nel prato,
lasciandomi cullare tra i lunghi fili d’erba e i raggi del
sole. Lui sorrise, e
si distese a pancia in giù accanto a me.
-Chi
è questo amico di tuo padre?-
-Mah,
un certo Bill credo, non ricordo.- risi.
Il
rombo del motore della macchina di mio padre mi fece alzare di scatto.
Era
arrivata finalmente mia sorella. Aveva due anni in più di
me, ed era tutta la
mia vita. Corsi verso di lei appena la vidi scendere dalla macchina di
mio
padre, e quasi le saltai addosso abbracciandola più forte
che potevo. Le
stampai un bacio sulla guancia, sorridendole.
-Ti
sei divertita?- le chiesi aiutandola con la valigia, e quasi mi ero
dimenticata
di Thomas, ma lui apparve vicino a me pronto anche lui a salutare mia
sorella,
Zoe.
-Tantissimo!-
rispose. –
-E..
dove li metteremo i nuovi ospiti papà?- domandò
Zoe, a mio padre che, stanco,
stava sistemando una valigia davanti l’ingresso.
-Dobbiamo
sistemare la camera degli ospiti.- rispose.
-Quello
schifo dove i ragni camminano e fanno i party?- ironizzai abbracciando
teneramente mia sorella.
-Non
c’è altra alternativa- disse mio padre, facendo
spallucce e allontanandosi
verso la cucina.
-Andiamo
in camera mia.- disse Zoe, e io feci segno a Thomas di seguirmi.
Salimmo
velocemente le scale, entrando nella camera di mia sorella, tappezzata
di
poster e fotografie. –Allora?- disse mentre si chiudeva la
porta alle spalle.
Io e Thomas ci sedemmo sul letto, e io la guardai torva senza capire
dove
volesse parare.
-Insomma,
penso sia successo qualcosa tra te e papà, no? Conosco il
tuo carattere, e
sicuramente ti sarai alterata con lui.- era vero, mi conosceva fin
troppo bene
purtroppo, e mi capiva anche solo guardandomi
negli occhi per un momento.
-Sì
insomma, abbiamo litigato come sempre- sbuffai.
-Non
cambierete mai tutti e due.- scosse la testa avvicinandosi a me, e
abbracciandomi forte. –Thomas, diglielo tu che se fa
così peggiora solo la
situazione.-
-E’
vero, glielo dico sempre ma non mi vuole ascoltare- la mano di Thomas
si poggiò
sul mio viso e ricevetti anche una sua carezza mentre ero cullata tra
le
braccia di mia sorella.
-Ti
ho portato una cosa dalla Spagna!- estrasse fuori dalla borsa una
busta, molto
piccola, e io la aprii subito appena la ritrovai nelle mie mani, e
solamente
quando la carta sparì mi ritrovai un favoloso ciondolo che
rappresentava due
nacchere in argento.
-Ho
pensato che non avevi niente da portare sempre e che ti potesse far
pensare a
me, e quindi, ecco qui!- disse con un sorriso a trentadue denti. Mi
alzai di
scatto, attaccandomi nuovamente al suo collo, e stringendola di nuovo.
–E’
favolosa, giuro, non esiste niente di più carino! E.. ti
ringrazio
infinitamente.-
-Ahh,
che esagerata, non devi ringraziarmi, sono cose che faccio con il cuore
piccola!- mi carezzò il viso, anche lei, delicatamente.
-Thomas
aiutami a metterla- dissi porgendogli la piccola collanina. Mentre me
la
mettevo osservavo mia sorella che tirava fuori i milioni di vestiti che
aveva
portato con sé, come sempre del resto.
-Ar,
ti andrebbe domani di andare a fare shopping?- chiese ordinando tutte
le sue
magliette nell’apposito cassetto. Cominciai a guardare la mia
collana, che
giaceva dolcemente sul mio petto, poi mi voltai verso Zoe, per
risponderle.
-Beh
sì, ma sai com’è.. dobbiamo sistemare
le cose per gli ospiti.- sbuffai facendo
una faccia strana e stralunata, ma soprattutto nervosa,
perché avrei voluto
volentieri passare una giornata intera in compagnia di mia sorella,
come
facciamo quasi ogni mese, specialmente ora che era tornata dopo due
settimane
di vacanza. Anche lei sbuffò, lanciando un paio di jeans
dentro il cassetto.
-Questa
convivenza sarà molto stressante, ne sono già
certa.- concluse.
Caro
Diario,
è
passata ormai una
settimana da quel famoso litigio con mio padre, da quel giorno i nostri
rapporti sono diventati più freddi del solito, e tutto
ciò mi fa innervosire
maledettamente, è una cosa che non sopporto, eppure
và così. Vorrei solo che
lui fosse un padre come tutti gli altri. Domani è il
fatidico giorno.. domani
arriveranno i nuovi ospiti. Da una parte sono curiosa di sapere chi
sono,
dall’altra? Vorrei solo che non venissero mai, mai e poi mai.
Sai, oggi è
venuto da me Thomas, e siamo stati fuori casa tutto il pomeriggio, in
giro per
il centro, e poi a bere un frappuccino allo starbucks. Ho comprato un
vestitino
nuovo, anche se secondo Tomi è ridicolo, a me piace
tantissimo!
Adesso
sono in ansia, ho lo
stomaco che mi fa male, e tra poco andrò in camera di Zoe a
parlare con lei, ne
ho troppo bisogno. Anche se forse mia mamma sarebbe l’unica
ad aiutarmi adesso.
Non credi anche tu?
Beh,
è tutto, ti tengo
aggiornato, promesso.
Tua
Arya.
Il
campanello mi fece quasi sobbalzare mentre stavo guardando il
televisore in
salone, e improvvisamente vidi mio padre arrivare di corsa seguito da
mia
sorella Zoe.
-Che
diamine succede? sembrate tutti agitati!- dissi, ma non ricevetti
nessuna
risposta, così mi sembrò opportuno spegnere la
tv, e andare a vedere i nuovi
ospiti che stavano per entrare. La porta si aprì e due
persone mi spuntarono
davanti.
Il
primo era un uomo alto, magro, e portava un paio di baffi, quasi molto
eleganti.
Era vestito semplice, con un paio di jeans, e una polo bianca. Sembrava
davvero
una persona umile, e quasi cominciava a farmi simpatia. Alla sua destra
vidi,
poi, un ragazzo che poteva avere all’incirca diciannove anni,
alto poco più di
me. Aveva i capelli sul castano chiaro circa, non molto corti, con un
ciuffo
quasi a frangia. Sembrava un perfetto ragazzo inglese insomma. Occhi
chiari,
magro, e con l’aria da angioletto. Eppure.. mi sembrava
veramente diverso da
come appariva, ma non lo conoscevo ancora.
-Joseeeph!-
l’uomo davanti la porta abbraccio mio padre, come se non si
vedessero da una
vita, ed evidentemente era così, eppure sembrava che si
volessero un gran bene.
–E’ una vita che non ci vediamo Bill, prego
accomodati!- entrò dentro casa
nostra, e i due si scambiavano pacche amichevoli.
-Allora,
queste sono le tue figlie eh?- guardò prima Zoe, poi me, e
si presentò ad
entrambe stringendoci la mano. –Lui è il mio
piccolo, Louis!- cinse la spalla
del giovane al suo fianco, come per mostrarcelo.
–Papà, sono abbastanza grande
per essere trattato come un bambino.- sbuffò, e mi parse di
vedere che le sue
guance erano diventate appena rosee. Si liberò dalla stretta
di suo padre,
presentandosi prima a mia sorella, poi si rivolse a me.
–Piacere, Louis.-
disse, e mi strinse la mano.
-Io
sono Arya.- non riuscivo a sorridere quasi, sembravo impassibile a
tutto
questo. Provai ad abbozzare un piccolo sorrisetto, ma era impossibile.
Ed ecco
che improvvisamente calò un silenzio quasi imbarazzante tra
noi ragazzi, mentre
i genitori continuavano a chiacchierare continuamente senza sosta.
-Bene!-
mia sorella ruppe il silenzio. –Emh, dobbiamo accompagnarti
nella tua stanza!-
disse mentre faceva l’ospitale con il nuovo arrivato, e
aiutandolo con le
valigie.
-Lascia,
posso fare benissimo da solo!- prese le sue valigie salendo le scale di
casa,
facendomi coda, mentre lo portavo nella sua stanza, ma qualcosa di
tremendamente brutto mi portò solo disagio. Sotto la porta
della prima camera
degli ospiti dove avrebbe dormito Louis un piccolo fiume
d’acqua scorreva
lentamente. Aprii la porta, e.. una fottuta tubatura si era rotta.
-Papà,
abbiamo un problema!-
Mio
padre arrivò di corsa catapultandosi nella stanza e vedendo
tutto il pavimento
bagnato. –Ok.. emh, dovremmo dare una nuova sistemazione per
Louis.- si fermò
un momento a pensare, osservando il vuoto. Probabilmente stava
riflettendo su
dove posizionare il ragazzo per dormire. Le stanze degli ospiti erano
troppo
piccole, e non potevamo far dormire due persone insieme nella stessa
stanza,
sarebbe stato impossibile.
-Arya!-
mi chiamò e io mi voltai di scatto.
-D..dimmi.-
la voce mi tremava, perché evidentemente avevo capito
perfettamente l’idea che
aveva mio padre in mente, ma la mia mente cercava di ipotizzare
qualcos’altro.
-Direi
che possiamo fare che fino a quando non aggiustiamo le tubature, Louis
potrebbe
dormire in camera con te.- Zoe mi guardò, perché
conosceva già la mia reazione,
e cercava di farmi calmare solo osservandomi, ma mi sembrava inutile il
suo
sforzo.
-Che
cosa?!- sbraitai, sbarrando la bocca.
-E’
l’unico modo.- rispose.
Il
mio diaframma cominciò ad alzarsi e ad abbassarsi in modo
quasi nervoso, ma non
volevo dare a Louis e Bill l’idea di essere una pazza
esaurita, che non riesce
a mantenere il proprio controllo, così mi limitai
semplicemente ad acconsentire
in modo acido.
-Ai
suoi ordini, maestà, andrò a far spazio in camera
mia!- feci un inchino, come
per prenderlo decisamente in giro, e poi mi diressi in camera mia,
mentre
aspettavo che il letto di Louis fosse trasferito lì.
-E
con questo abbiamo finito.- disse il padre di Louis sistemando un
comodino
vicino al letto che avrebbe utilizzato suo figlio.
-Bene
Arya, adesso aiuta Louis a sistemare le cose- mio padre parlava come se
mi
stesse dando ordini, e io lo guardai quasi torvo,aspettando che uscisse
da
camera mia. Appena fu fuori, mi buttai nel mio letto con uno dei tanti
libri
che stavo leggendo in mano.
-Beh?
Non mi aiuti?- domandò il ragazzo in modo acido, mentre
apriva una delle sue
valigie.
-Perché
dovrei? Non sono tua madre.- risposi, nello stesso suo identico tono.
–Ma
soprattutto, non sto agli ordini di mio padre.- sbuffai.
Lo
intravidi mentre si voltava verso di me e alzava un sopracciglio.
A
modo suo stava sistemando le cose in camera sua, eppure tutto quello
che
riuscivo a notare era che i suoi vestiti sembravano aver inondato la
mia
stanza. –Hey, ma che cazzo stai facendo?- dissi alzandomi dal
letto, in modo
brusco.
-Sistemo!-
disse in modo molto tranquillo.
Gli
occhi miei stavano diventando quasi rosso fuoco, e questo ragazzo non
mi diceva
niente di buono, se non stronzo cronico, con una faccia da schiaffi
infinita.
-E’
camera mia cazzo.- dissi.
-E
quindi? Hai sentito tuo padre, dovremo dividerla, fino a quando le
tubature non
si aggiusteranno!- sghignazzò, mettendo le lenzuola a caso
nel suo letto e
buttandosi a peso sul materasso. Mi sarei volentieri staccata la pelle
dalle
braccia in quel momento, sta di fatto che uscii velocemente da camera
mia
sbattendo la porta e raggiungendo camera di mia sorella, con tutta la
foga
esistente al mondo.
-Zoe.-
dissi con un colpo secco, aprendo la porta.
-Oddio
Ar, mi hai fatto spaventare!- era seduta davanti al computer, ad
ascoltare
musica, e chattare con delle sue amiche molto probabilmente.
-Che
succede?- si voltò verso di me, mentre io mi sedetti nel suo
letto con le mani
ai capelli dal nervoso.
-Sono
passati cinque minuti con quel Louis dei miei coglioni, e..
già non lo
sopporto! Camera mia sembra un campo di battaglia!-
-Ahh,
ma smettila. Come sempre sei esagerata, non sembra un ragazzo
così odioso, e
disordinato, anzi direi che è piuttosto carino- mia sorella
ammiccò versò di
me, come se volesse farmi capire qualcosa, ma io mi alzai di scatto,
scuotendo
la testa. –No! No! No! Zo, non se ne parla nemmeno, che flash
ti stai facendo?-
dissi con le mani nei fianchi.
-Io?
Assolutamente niente, dico che come al solito stai esagerando!-
-Non
esagero mai, lo sai, è lui che è un.. beota!-
sbuffai. –Vado a passeggiare nel
viale, starò meglio.- continuai, afferrando l’iPod
prima di uscire di casa, e
con le cuffie alle orecchie, cominciai a passeggiare per le vie di casa
mia,
come facevo ogni volta che ero nervosa.
A
volte lì pensavo a mia madre, perché di solito mi
portava sempre lì, e poi mi
faceva sedere in una panchina, e lì cominciavo a parlarle
dei problemi che una
povera ragazzina di dieci anni poteva avere, insomma, piccole cose. E
lei con i
suoi consigli, mi aiutava, mi dava lezioni di vita, anche se mi veniva
difficile
comprendere ciò che mi spiegava.
Ma
quelle frasi mi erano rimaste in mente, e solo con il passare del tempo
riuscii
a capire grazie a lei il significato delle cose, il perché
di qualcosa, a
scoprire chi ero veramente, e cosa volevo dalla vita.
La
musica mi rimbombava nelle orecchie e come sempre mi portava indietro
nel
tempo. Tutto sembrava un quadro in bianco e nero in quel momento.
Mi
sedetti nella prima panchina che incontrai, e osservai le persone.
Alcune
passeggiavano, altre andavano di corsa per qualche strano impegno,
altri invece
stavano in bicicletta, altri invece erano lì come me, seduti
a contemplare il
vuoto.
Mandai
un sms a Thomas, chiedendogli di raggiungermi, già la
solitudine mi stava
uccidendo, e io odiavo la solitudine, era ciò che temevo di
più in assoluto.
Avevo bisogno di lui adesso.
Arrivò
praticamente subito e dopo avermi abbracciata, si sedette accanto a me.
Aveva
già capito quale fosse il problema, e aveva anche capito che
mi stavo
trattenendo per non piangere dal nervoso. Di solito quando ero agitata
le
lacrime scendevano da sole, senza che io volessi, e forse stava per
arrivare
uno di quei momenti. –Ar..- sussurrò, prendendomi
il viso con le mani e
guardandomi dritto negli occhi.
-Non
voglio vivere così.- dissi semplicemente. –Non sai
cosa c’è a casa mia per
ora.. è terribile, camera mia è tutta sottosopra,
questo tizio.. Louis, è
acido, terrificante, e tutto.. per colpa di mio padre.- mi morsi il
labbro
nervosamente, con la voce che tremava.
-Hey,
perché stai facendo così?- domandò
stringendomi tra le sue braccia.
-Hai
affrontato problemi peggiori di questi, sei forte, sai
com’è tuo padre.-
sussurrò dolcemente. –Non sono più
forte Tomi, lui mi ha resa debole con tutti
i suoi problemi, con tutto, e.. non posso andare avanti
così.- mi accorsi solo
in quel momento che ormai erano le sei del pomeriggio e stava per
calare il
sole.
-Vuoi
che vengo a casa tua?- mi chiese.
-Mio
padre si incazzerebbe con me e forse anche con te, e non ho voglia che
ti
prendi un rimprovero da lui, sarebbe terribile poi.- la mia voce era
fioca e
debole. –Ti accompagno a casa.- mi prese la mano, facendomi
alzare dalla
panchina e facendo strada con me. Abitavamo nella stessa via, quindi
per tutta
fortuna, potevamo vederci sempre, ed era una cosa assolutamente
positiva.
Arrivammo
davanti casa mia.
-In
bocca al lupo.- mi stampò un bacio in fronte come era solito
fare.
-Crepi.-
risposi dolcemente, stringendomi poi tra le sue braccia.
-Grazie,
come sempre.- lo vidi andar via, mentre mi salutava con un dolce
sorriso abbozzato
sul viso.
Lui,
Zoe, e mia madre erano tutta la mia vita.
Caro
Diario,
è
passato solo un giorno,
eppure io sono di nuovo qui a scriverti. E’ un inferno qui.
Dicevano che la
vita che viviamo noi è il purgatorio, e perché a
me sembra di vivere nell’inferno
più cupo e triste? Sto trovando un attimo di respiro per
poter scrivere. Louis,
il nuovo arrivato, è tremendo. Ha soli diciannove anni
eppure ne dimostra due!
Ah, dimenticavo la cosa più importante. Nella camera degli
ospiti si è rotta la
tubatura, quindi.. dorme in camera con me. Pff, preferirei uccidermi
per ora.
Bene, sento un rumore nelle scale, passo e chiudo!
Tua
Arya.
Chiusi
immediatamente il diario e lo nascosi velocemente, sarebbe stato
terribile se
Louis l’avesse visto. Lì c’erano scritti
tutti i miei più grandi segreti. Lo
tenevo nell’ultimo cassetto del mio comodino, tra i pigiami.
Presi un libro, ed
ecco che cominciai a leggere, fino a quando la porta non si
spalancò
improvvisamente.
-Che
stavi facendo?- domandò. Io mi voltai, e mi ritrovai davanti
un Louis in
mutande che girava per camera mia.
-Hey
che diamine fai? Mettiti i vestiti dio santo!- mi coprii il viso con il
libro
per non guardarlo. Era orrida una cosa del genere, e la sua nonchalance
mi dava
troppo fastidio. Aveva avuto il coraggio di presentarsi in camera mia
conciato
in quel modo, come se niente fosse.
-Che
c’è? Non hai mai visto un uomo in mutande?- rise.
Strinsi
il libro tra le mani, più forte che potevo per scaricare
l’ansia.
-Sì,
ma non ci tengo a vedere te conciato così.- non osavo
nemmeno girarmi di mezzo
centimetro.
-Come
vuoi, non sai che ti perdi.- ridacchiò ancora, uscendo dalla
camera e chiudendo
la porta. Roteai gli occhi, scuotendo la testa.
Quella
sera non avevo voglia di leggere, così abbandonai il mio
libro sul letto e mi
buttai a capofitto sul computer, magari per chattare con le mie amiche.
Come
sempre quell’aggeggio era lento ad accendersi,
così rimasi una buona manciata
di minuti a fissare lo schermo in attesa che si accendesse. Adesso
anche al
computer la monotonia stava prendendo il sopravvento. Era tutto uguale.
In
chat c’erano come sempre le solite persone.
Thomas,
mia sorella Zoe, e qualche vecchio compagno di scuola con il quale mi
sentivo,
ma solo per caso, niente di particolare. Benchè odiassi
maledettamente la
solitudine, non ero per niente attorniata da amici, anzi
tutt’altro. Non so
cosa aveva la gente contro di me, ma sicuramente non andavo a genio a
moltissime persone, chissà per quale strano e assurdo
motivo. Mentre scorrevo
le pagine di internet, mi alzai improvvisamente per aprire la finestra,
faceva
troppo caldo, e l’estate mi faceva pensare a molte cose,
specialmente al fatto
che l’anno prossimo mi sarei dovuta iscrivere ad un college,
ma avevo deciso di
prendermi una pausa. Ero abbastanza studiosa come persona, e dopo aver
passato
anni e anni sui libri, stare un po’ con la testa per aria mi
avrebbe fatto
bene. Anche se io ero sempre con la testa per aria!
Mio
padre su questo fortunatamente non aveva fatto obbiezioni, visto che a
casa portavo
solo voti alti, e di questo lui ne era sempre stato soddisfatto. Anche
mia
madre lo sarebbe stata, molto probabilmente.
Finii
per caso tra le foto che avevo salvate nel computer. Quelle con Thomas
erano
senza dubbio le più belle, e lentamente le sfogliai, andando
un po’ indietro
nel tempo. La porta si aprì di nuovo ma cercai di far finta
di niente.
-Oh
mio dio, chi è quel Gay in foto?- urlò guardando
il mio computer e vedendo le
foto del mio migliore amico. Stavo per girarmi e tirargli la tastiera
del
computer, ma continuai a reprimere la mia rabbia come se niente fosse.
-E’
il mio migliore amico.- dissi a denti stretti.
-E’
una donna.- rise.
Mi
voltai e feci caso al fatto che sembrava pronto per uscire, ma non
capivo dove
potesse andare alle dieci di sera.
-Dove
stai andando?- domandai lasciando perdere il discorso su Thomas che si
era
aperto.
-Vado
in un locale con un mio vecchio amico che abita proprio qui, finalmente
avremo
l’opportunità di vederci!- mise un po’
di profumo, sistemando il colletto della
polo nera che indossava.
-Meglio,
almeno starai via, e io potrò rilassarmi per tutta la sera.-
dissi voltandomi
di nuovo verso il pc. Senza nemmeno aprir bocca uscì, e
finalmente mi sembrò di
sentire la pace in camera mia, ma solo quando guardai il pavimento mi
accorsi
che la mia stanza sembrava un campo di battaglia. I vestiti e le cose
di Louis
erano sparse ovunque.
-Impazzirò.-
sibilai.