Titolo: Ob-La-Di-Ob-La-Da
Autore:
Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Giallo.
Genere: Slice of
Life, Commedia, Comico.
Avvertimenti: OneShot, Missing
Moments, Shonen-Ai, Au
Personaggi: Arthur Kirkland/Inghilterra, Francis Bonnefoy/Francia
Pairing: FrUk
Musica: Ob-La-Di-Ob-La-Da – The Beatles
Trama: Per inciso, lui odiava la cucina di Francis, quindi che il parigino si fosse da un
giorno all’altro stabilito davanti ai fornelli, era un caso fortuito. Okay, forse Arthur aveva contribuito a fare sì
che l’altro campeggiasse davanti al forno. Forse.
Ma solo
perché quegli aggeggi da cucina erano diabolici, proprio come Francis: da
essere elettronico diabolico a microcefalo mangia-baguette altrettanto diabolico
il salto era breve e la comprensione reciproca.
Dedica: Un certo Green Mint Bunny mi ha detto che oggi è il compleanno di una
certa Arthur vicentina.
Quindi..Ah-ehm,
sì, questo sarebbe il mio regalo per Harinezumi.
Cioè, temo che sia un po’ misero..però tanti, tanti auguri :3
Note: i venti carati sono presi dal testo dell’omonima canzone dei Beatles. L’immagine
viene da QUESTA pagina.
Ob-La-Di-Ob-La-Da
Arthur non
aveva idea di come Francis si fosse esattamente
intrufolato nella sua vita.
Cioè, aveva
giusto un vago ricordo di quel parigino
tutto profumo e stramberie, con la sua camicia bianca e i jeans scuri, i
capelli biondi stretti in una coda bassa da un laccetto nero, il mento posato
sulla mano chiusa a pugno, gli occhi azzurri socchiusi al sole che filtrava
dalle finestre dell’Università, le labbra sollevate in un accenno di sorriso,
un bracciale blu, bianco e rosso lasciato cadere mollemente lungo il
polso..cosa stava dicendo?
Ah, sì.
Ecco, aveva un ricordo vago, molto vago,
di Francis che sollevava la testa dai banchi e gli sorrideva del suo ghigno
tipico, e poi lo salutava agitando graziosamente la mano.
Non sapeva
assolutamente come avesse fatto quel maledetto francese ad entrare in casa sua
una, due, tre volte: per degli appunti che non aveva preso, per ripassare in
vista dell’esame, perché “E’ sabato
mattina, Arthùr, e il sabato mattina
la colazione si fa con decenza, altrimenti che senso c’è?”
Per inciso,
lui odiava la cucina di Francis,
quindi che il parigino si fosse da un giorno all’altro stabilito davanti ai
fornelli, era un caso fortuito. Okay, forse
Arthur aveva contribuito a fare sì che l’altro campeggiasse davanti al forno. Forse.
Ma solo
perché quegli aggeggi da cucina erano diabolici, proprio come Francis: da
essere elettronico diabolico a microcefalo mangia-baguette altrettanto diabolico
il salto era breve e la comprensione reciproca.
Ecco, forse
il salto dalla cucina alla camera da letto era un po’ più complicato e
fraintendibile, ma era tutta colpa dell’alcool.
Di tanto,
tanto alcool.
E di Francis
che lo portava praticamente in spalle a casa. Dell’odore di Francis, quel misto
abominevole di rose e dopobarba. Delle labbra di Francis, che gli sfioravano la
fronte. Della voce di Francis, che gli sussurrava all’orecchio. Della camicia
di Francis, che mai gli era sembrata così fastidiosa. Delle mani di Francis,
che gli carezzavano il viso. Della risata di Francis al suo ringhiante “Shit, Questa camicia fa schifo, toglila!”. Dei capelli di Francis, in cui aveva
affondato le dita.
E poi ancora
della sua bocca, del suo respiro, del suo fiato, del suo corpo..
Però era l’alcool
il punto focale, l’arkè kakòn, il
principio di tutti i mali di quella sera!
E di quella
seguente. E di quella seguente ancora. Insomma, l’alcool era stato il sassolino
che aveva scatenato la frana.
Che poi,
davvero, Arthur non aveva ancora capito come Francis si fosse intrufolato nella
sua vita.
Come fosse
riuscito a tarlargli la testa un giorno dopo l’altro, sempre più a fondo,
sempre più deciso, fino a diventare il suo unico tema di conversazione, la sua
unica visione durante i viaggi mentali nelle ore di lezione, l’unico motivo dei suoi viaggi mentali nelle ore di lezione.
Era lì, che
lui lo volesse o no, che lo chiamasse o lo rifiutasse, che gli fosse accanto o
lontano.
Anche in
quel momento, tra il cicaleccio della gente e i camerieri in livrea, il parigino
era seduto dinanzi a lui, per nulla spaventato –forse un po’ sorpreso. Persino felice-
dai venti carati che Arthur gli aveva fatto trovare nel flûte di champagne.
-E questo
cosa sarebbe, mon cher?- chiese Francis,
in sussurro, rigirandosi fra le dita l’anellino d’oro –Un modo romantico per
dirmi che vuoi me e solo me per tutta la vita?-
-Non farti
strane idee, french frog!- ribattè
immediatamente Arthur, incrociando le braccia al petto ed evitando di guardarlo
–E’ solo che come schiavetto di cucina non sei troppo orribile, ma al negozio avevano finito i collari e le catene-
Arthur non
aveva idea di come Francis si fosse esattamente
intrufolato nella sua vita.
-Ma sei vuoi
a quelle ci penso io stasera, chenille~-
La cosa non
gli importava poi molto.
-You, idiot!-
In fondo, Francis
non aveva dato alcun segno di volersene andare.
La la how the life goes on
Ob-la-di ob-la-da life goes on, bra
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