“Buona serata e torni presto”
Si chiese quante volte nella sua carriera avesse ripetuto quella stupida frase ai suoi clienti. Non sapeva chi ne fosse più annoiato, lei o la sua clientela. Era una gentilezza che gli concedeva, prima credendo davvero nel senso delle sue parole, per ripeterle un’infinità di volte, tanto che quelle stesse parole avevano perso di significato.
All’inizio di quel lavoro era più entusiasta, le piaceva guardare tutti quei visi, soli o in compagnia, allegri o depressi; immaginava, come in quei blandi romanzi d’amore che le piacevano tanto, che i baristi fossero dei medici, degli psicologi che dispensavano liquori al posto di medicine, ottimi consigli e sinceri sorrisi, solo per una mancetta da pochi gil.
Adesso tutto valeva quanto quella stupida frase senza più senso.
Stava asciugando i bicchieri, mancavano pochi minuti a mezzanotte.
L’ultimo cliente, dopo averle fissato ininterrottamente il seno per una buona mezz’ora, assonnato aveva posato il suo bicchiere di brandy sul vecchio bancone e lo aveva accompagnato con una generosa mancia che tintinnò nel noioso silenzio dell’ultimo turno.
Tifa stava asciugando delle posate.
“Buona serata e torni presto”
Si trattenne dal conficcarsi la lama di un coltello nella mano. E lasciò che piantasse nel bancone.
Quella non era la vita che aveva desiderato.