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Autore: ___Nick    04/12/2011    3 recensioni
Gli SPARTAN non sono altro che scatole di metallo vuote... un corpo metallico comandato dagli impulsi di una mente priva di emozioni. Ma se è davvero così, perché dovrei sentirmi altrettanto vuota?"
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Empty Steel.








Camminava lentamente per il corridoio e ogni suo passo era tanto deciso quanto armonioso.

Non temeva niente e nessuno.

Probabilmente tornava vittorioso da una qualche battaglia in frontiera ansioso di mostrare la sua divisa stracolma di medaglie e onorificenze.

"Che pena."

La gente era troppo occupata ad acclamarvi e venerarvi per capire chi foste veramente.

"Ma non io."

Vi avevo inquadrati bene ed erano mesi che tessevo la mia tela intorno alla vostre azioni “eroiche”... prima o poi sareste caduti insieme ad esse.

Continuava a camminare sulla sua passerella, fino a quando non incrociò il mio sguardo ridotto a due piccole fessure, e si fermò a circa un metro da me.

Avrei dovuto portare una mano al capo e mettermi sull’attenti, ma perché mai avrei dovuto farlo?

L’uomo aggrottò ancor di più la fronte, contrariato.

Risi.

-Cosa la turba, Master Chief? Non le è mai capitato di assistere ad un atto di insubordinazione?-

Parlai molto lentamente, scandendo ogni parola usando il tono più acido possibile.

Non lo temevo: non provavo nessuna emozione, se non l'odio.

Lo guardai dritto negli occhi: speravo con tutta me stessa una qualche reazione violenta di quell'uomo, speravo che mi saltasse addosso da un momento all’altro e usasse la mia faccia come un puching-ball.

Dopo tutto non avrebbe avuto conseguenze perché non si sarebbero mai potuti permettere di sbatterlo davanti a una corte marziale: all’UNSC servivano quanti più uomini disponibili per la lotta contro i COVENANT e uno SPARTAN in meno non avrebbe giovato nessuno.

-Soldato, si faccia riconoscere.- la sua voce era ferma, priva di qualsiasi risentimento:

“Che peccato.” 

Abbozzai debolmente il saluto militare:

-Guardiamarina Carter, Corpo del Genio Navale, numero di matricola 00894-17935-16778-HS, di ritorno da una battaglia intorno all’orbita del sistema Jericho.-

“Un po’ troppo pignola, forse.”

L’uomo inarcò un sopracciglio e cominciò a girarmi intorno, come fa un corvo attorno alla carcassa del caribù; mi scrutava dalla testa ai piedi, con un’insolita curiosità.  

-Non è estremamente giovane per essere una Guardiamarina?- domandò a un tratto fermandosi davanti a me.

“Insolente.”

 Non avrei potuto trattenermi ancora molto a lungo, non avrei voluto trattenermi.

-Mi permetta di illustrargli la situazione, signore...- feci una lunga pausa, durante la quale cercai di appigliarmi a un qualsiasi barlume di lucidità

-Conoscerà sicuramente John Louise Carter, Comandante delle ODST, vincitore nella Battaglia di Alpha Centauri, nonchè padre di Nichole Serah Carter, la donna che le si presenta davanti.-

Gonfiai il petto e mi feci più avanti, a meno di un palmo dal suo volto; non avevo mai notato l’astratta bellezza di quel uomo,
forse troppo anziano per i miei standard: di certo una delle cose che mi colpivano più di lui erano i suoi lineamenti,
seri e squadrati, che lasciavano trasparire la sua autorità.

-Non commetta lo sbaglio di non prendermi sul serio per la mia età: ho dimostrato più fermezza in battaglia di chiunque altro e quello di mio padre è stato solo un supporto.

Questo ruolo mi è stato attribuito per le mie capacità e niente di più.-

Master Chief abbozzò appena un sorriso, posò una mano sulla mia spalla e mi guardò dritta negli occhi; quell’atto di intimità mi mise a disagio.

Non mi aspettavo una reazione del genere, anzi, speravo in tutt’altro risultato.

-Le porgo le mie scuse, Guardiamarina Carter.- mi strinse appena la spalla e si allontanò da me riprendendo il suo cammino.

“Oh, no, non lascerò che te ne vada via come un uomo da bene!”

-CHIEF!-

In pochi, ma veloci passi, riempii lo spazio che si era creato tra di noi; svuotai la mente e mi lasciai guidare dall’istinto: non appena gli fui più vicina lo colpii al volto, con il risultato di fratturarmi due nocche;
mi abbandonai a un gemito di dolore, ma non per questo mi fermai: lo colpii di nuovo, questa volta al naso e sorrisi leggermente nel sentire il suono del setto nasale che andava in frantumi,
anche se probabilmente mi era costato le nocche che non ero riuscita a rompermi per bene in precedenza.

Chief lasciò la testa cadere all’indietro, per poi tornare diritto come in precedenza, noncurante del sangue che iniziava a colargli dal naso;
il mio sorriso si distorse in una smorfia: sapevo che non avrei potuto far altro contro di lui,
ma tentai ancora e in una frazione di secondo, quasi in un’azione meccanica, gli sferrai un calcio all’altezza della tempia, sfruttando tutta la rincorsa e la velocità che avevo acquistato,
ma a pochi millimetri dal colpirlo lui mi bloccò la caviglia con una semplice e salda presa.

Non so per quale fottuto motivo, ma scoppiai in una risata isterica; Chief mollò la presa e assunse un’espressione confusa: evidentemente anche lui trovava la mia risata del tutto fuori luogo e priva di motivazioni.

-Sapevo che era inutile, eppure ho voluto tentare: non ti ricorda questa guerra?

Vi odio, SPARTAN e soprattutto lei, Master Chief.

Mio padre è crepato per coprirle il culo, anche se non ne avreste avuto bisogno.

Lei da cosa distingue la vittoria dalla sconfitta?

Dal numero di battaglie vinte o da quello delle vittime?-

“Ma che cazzo sto dicendo.”

I miei non erano altro che pensieri confusi, frasi spezzate o altra merda analoga… eppure che gliene sarebbe importato?

Lui era uno SPARTAN: una scatola di metallo priva di contenuto: non avrebbe capito.

-Pensa di essere l’unica ad aver perso qualcosa?-

-Che intende?-

-Durante la battaglia su Reach ho perso la mia intera squadra.

Quindici SPARTAN caduti in battaglia.

Guardiamarina Carter, lei non è l’unica a soffrire la perdita di qualcuno.-

Dopo aver pronunciato queste parole, Chief scattò in piedi e sparì repentinamente dietro l’angolo.

“Devo avere una bella fantasia per essermi immaginata tutto questo… gli SPARTAN non hanno emozioni, non provano sofferenza nel perdere qualcuno. Non sono altro che gusci vuoti"

Mi lasciai cadere all'indietro, appoggiando la schiena al muro alla mie spalle, e fissai il soffitto.

"Forse sono io ad essere un guscio vuoto." 

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N.d.A: Oh beh volevo solo aggiungere che Nichole Serah Carter è il mio caro Alter-ego ;) 
Grazie per aver letto!

   
 
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