Pairing: Gouenji
Shuuya x Suzuno Fuusuke (come al
solitoo~ trallallà *la
trucidano*) e altri
nominati :)
Genere:
Introspettivo, Fluff,
semi-song-fic (?)
Note: Salve! ♥ Io sono Cha *faccia ebete* ^o^
Mi
sono accorta che questa
idea del Natale mi è piaciuta molto =3= Anche se ho paura di
fare qualcosa di molto poco originale çAç
La fic (??) è ambientata all’inizio prima della
morte
dei
genitori di Gazelle, nella seconda parte dopo il crollo della Alius. La
canzone
è Shake up Christmas dei Train **
Che sta roba non è asattamente una song-fic, la canzone
compare solo in qualche punto...
Spero che piaccia (???), anche se è troppo lunga
oAo;
Alicchan, che dire, spero di riuscire a mantenere la
tua concentrazione almeno per metà della fic,
perché ti compatisco xD Spero che
piaccia anche a tutti quelli che la leggeranno :)
Ci si vede sotto \=O=/ ( si spera :D )
It’s~cold
[
but we’ll be freezing in style. ]
Once
upon a time, in a town like this
A little girl made a great big wish
To fill the world full of happiness
And be on Santa’s magic list.
Stava su un
cuscino rosso, davanti al caminetto, in mezzo a due poltrone verde
scuro.
Era
Natale.
Teneva
stretta una bambola un po’ rotta, regalatale dal padre.
"Papà,
papà" lo chiamava, quando passava di fianco a lei.
Lui
sorrideva, sul viso pallido e stanco, accarezzando il capo alla figlia,
che aveva i
bellissimi occhi azzurro ghiaccio della madre.
Lui li
aveva verdi come il bosco, profondi, ma la sua bambina li aveva presi
azzurri,
forse era il particolare che amava più di lei,
perché preso dalla moglie.
Una
famiglia
felice.
La
donna,
bionda, la guardava attenta, dalla poltrona.
Era una
signora giovane, senza una ruga. Le labbra carnose erano accuratamente
ripassate con un rossetto non troppo volgare e un velo di ombretto le
decorava
gli occhi.
Nient’altro.
Poco fa anche
lei andava in giro per la casa, preparando la cena che ci sarebbe stata
quella
sera.
Il Natale
erano sempre molto indaffarati, si premuravano sempre di invitare a
casa loro
gli amici, i parenti e il vicinato. Era una festa che apprezzavano
molto.
"Tesoro..."
le arrivò la voce di suo marito, che prendeva in braccio la
bambina.
"Dimmi."
Gli rispose con un sorriso, alzandosi dalla poltrona e lasciando la
sciarpa blu
che stava cucendo su uno dei cuscini.
Non era una
donna molto alta. Sì, decisamente, se c’era
qualcosa che le mancava era l’altezza,
paragonata a suo marito Shimo.
Atsui si
riteneva una donna felice, aveva una bella casa, un marito dolce e
indaffarato
e una bellissima bambina, Bryce.
Ma sin da
piccola piccola veniva soprannominata Gazelle, perché anche
quando gattonava era
una scheggia.
Il padre le
diceva che sarebbe diventata bravissima negli sport, ma, senza
accorgersene, le
aveva fatto una specie di promessa.
Ora la
piccola stava giocando con la strana acconciatura del padre, tirandogli
i
capelli e tossendo un po’. "Paaaaapi!"
Shimo rise,
"Dimmi, piccola."
Gazelle
puntò alla pipa che l’uomo aveva in bocca. "Puzza!"
Atsui
ridacchiò, prima di dare un bacio all’uomo e
vedere una smorfia schifata della
bimba.
"Vedrai
che piaceranno anche a te queste cose quando sarai grande."
A Natale,
se una coppia era sotto il vischio, si doveva baciare.
La piccola
aveva già visto quello spettacolo ed era sicura che i suoi
genitori l’avrebbero
fatto ancora. Al pensiero s’imbronciò un
po’. Non era una romanticona, per
niente.
Le sue
amiche avevano le barbie e lei... i dinosauri.
"Che
ne dici, Gazelle, andiamo a giocare con la neve, quest’anno?"
La bambina
alzò lo sguardo, aspettò un po’ e dopo
annuì, timida.
"Vai
con la mamma, che papà deve mettere a posto tutti quei
fogli."
Quando la
donna aprì la porta, la piccola si nascose subito dietro
allo stipite.
Stava
nevicando.
"Gazelle,
hai ancora paura della neve?"
La bambina
abbassò lo sguardo.
La neve era
fredda, bianca, glaciale. Inghiottiva l’ambiente e solo il
sole poteva farla
andare via.
Possessiva.
Mentre le braccia
di mamma e papà erano calde, non arrossavano le mani come la
neve, gelida; quando le si
toccava non facevano male.
La neve
pungeva le guance, dove prima la madre aveva schioccato un piccolo
bacio.
Gazelle si
ricordava troppo bene della notte in cui aveva sentito gli alberi
piegarsi
sotto il vento, e aveva riconosciuto la sua amata quercia senza
più una foglia,
nella nebbia,
guardando la piazzetta dalla sua finestra.
"Mamma"
mormorò, "quando sarò grande non avrò
più paura della neve, vero?"
"Secondo
me ti piacerà." Disse lei, sorridendo e sollevando la
bambina. "Ci
avventuriamo assieme nella neve, che ne dici?"
Gazelle
sorrise sul visetto paffuto, aggrappandosi al seno della madre.
Davanti a
casa loro c’era una stradina e poi subito la piazzetta.
Rotonda, con alla sua
destra una bellissima quercia un po’ piegata dalla tempesta
di un anno prima.
Al centro
stava una fontana piena di monete, si diceva che i desideri espressi a
Natale
lanciando un centesimo nell’acqua fredda si avverassero sul
serio.
Tutte
disposte attorno alla fontana c’erano delle panchine, dipinte
in vernice verde,
anch’esse sempre gelide.
I lampioni
si erano accesi da poco, illuminando leggermente l’ambiente
più di quanto
potesse farlo il sole invernale. Attorno giusto due o tre genitori
giocavano
con i loro bambini, alcuni stavano facendo un pupazzo a cui
mancava il
naso.
La madre si
fermò ad ammirare la neve che brillava leggermente sotto la
luce fievole della pomeriggio
che se ne andava, qualche foglia caduta bucava qua e là quel
manto. "Hei,
Gazy," la chiamò "ti piace?"
La bambina
prese coraggio stringendo la bambola e, dopo aver annuito e fatto un
leggero
brontolio, chiese alla mamma di metterla giù.
Affondò gli stivaletti beige
nello strato di neve, morbida, trattenendo un brivido.
Mosse
qualche passo verso una panchina dov’era già
seduto un bambino che faceva una
palla di neve, senza guanti.
La madre
appoggiò una coperta un po’ rovinata alla
panchina, sapeva che a sua figlia
dava fastidio il freddo e le piaceva assicurarsi, anche in quei piccoli
momenti, che stesse bene.
Rise un
po’, vedendo la piccola Gazelle che tentava di salire su
senza scivolare o
raffreddarsi le mani, e la aiutò.
Non le
piaceva pensare di abituare la figlia a cavarsela da sola fin dalla
tenera età.
Si fidava
molto di lei, era una bambina molto sveglia, forse un po’
troppo timida e
schietta.
Immediatamente
Gazelle affondò il visetto nella sciarpa. "Che freddo che
fa..."
Atsui
sorrise.
"Ehiii!
Atsui!"
La donna si
girò, notando su una panchina leggermente più
avanti una sua amica, così si
voltò verso la bambina, alzandole la frangia e appoggiando
le labbra calde alla
sua fronte.
"Vado
un attimo dalla mamma di Hiroto, sono laggiù."
Bryce annuì
piano.
Rimase a
guardare sua madre che parlava con l’amica, finchè
non sentì la coperta sotto
di lei tirare. Gonfiò le guance, chiamando l’altro
bambino picchiandogli
l’indice sulla spalla.
"Non
sederti sulla mia coperta!"
Quello
aggrottò le sopracciglia. Aveva dei morbidi capelli anche
lui bianchi, tirati
all’insù, ma di un colore più caldo,
bianco crema. Non aveva la pelle pallida
come Gazelle, ma color zenzero. Un cerotto gli copriva parte della
guancia.
La cosa che
colpì di più Gazelle, però, furono
quegli occhi color cioccolato fondente che,
sebbene grandi, erano un po’ affilati.
"Perché
non posso? Ho freddo..."
Lei tornò a
guardargli le piccole mani arrossate, che stringevano una sfera bianca,
lavorata da molto. Ma notò anche un paio di guanti rossicci
di lana che sbucavano dalla
tasca del suo giubbotto verde scuro.
"Perché
la coperta è mia." Incrociò le braccia,
capeggiando. "E poi perché
non ti metti i guanti?"
Il bimbo
non distoglieva lo sguardo e assunse un’espressione
lievemente scocciata.
"Ho
fatto questa palla di neve per la mia sorellina. È appena
nata, lei. Tu non hai
fratelli o sorelle?"
Bryce rilassò
il broncio sul viso. "No.."
Una
sorellina. Chissà come sarebbe stato avere un fratellone,
pensò. Forse era come
avere un secondo papà. Stava per chiederglielo, ma
sentì il tessuto sotto di
lei tirare ancora, e fece cadere dalla panchina l’altro con
una spallata.
"Ehi!"
Lei era
sola?
In quel
momento sì, la sua mamma era da una sua amica e quel
bambino... le stava già
antipatico. Anche perché si era rimesso in piedi,
proteggendo la sua creazione;
si era
riseduto di fianco a lei, sulla coperta.
Ma Bryce lo
trattò allo stesso modo, spingendolo giù.
"Lasciami
da sola, brutto."
Dopo averlo
ghiacciato con lo sguardo, la bambina si voltò sdegnata
dall’altra parte.
Ormai si
stava facendo sera. Non c’era più il bagliore
azzurrino del cielo pomeridiano, ma
una luce arancione tenue.
Gazelle
vide con la coda dell’occhio il bimbo intristirsi.
Un po’ di
vento scosse la piazzetta, facendo cadere alcune foglie ritardatarie.
Il biondino
allora si sedette ai piedi della panchina e Bryce
s’innervosì.
"Perché
non vai via? Voglio stare sola."
"E io
non voglio che tu stia da sola!" sbottò il bambino, in
ginocchio sulla
neve. "Come ti chiami?"
Gazelle era
rimasta colpita, e ci mise un po’ a rispondere, voltandosi e
arrossendo un
pochino.
"Bryce,
ma chiamami Gazelle." Disse lei chiudendo gli occhi.
L’altro
sorrise, "Io sono Axel." E le porse la manina umida e arrossata.
La bambina
nascose la bocca nel tessuto caldo della sciarpa, tirando fuori una
mano dalla
tasca e stringendola ad Axel. Quello la guardò un
po’ stupito.
"Anche
tu non hai i guanti." Fece, curioso, spostando la coperta di Gazelle
per
sedersi.
"Gazelle."
pronunciò il suo nome, convinto, "A te piace la neve?"
"Non
tanto..."
Atsui si
avvicinò alla panchina dove era seduta la figlia, assieme
alla madre di Xavier.
"Oh,
hai trovato un amico." Gli sorrise. "Ciao, piccolo."
Axel
sorrise, senza un dente. "Salve signora!"
"Gazy,
stanno per arrivare gli ospiti, dobbiamo andare a casa."
"Hum."
La bambina annuì, scendendo dalla panchina e porgendo la
coperta alla madre.
"Non saluti
il tuo amico?"
Bryce
sbuffò, girandosi verso Axel e facendogli la linguaccia.
"Ciao,
brutto."
Gazelle lo
guardò in modo interrogativo, osservando la mano del bambino
chiusa a pugno.
Storse la
bocca. "Che cosa c’è lì?"
Lui chiuse
gli occhi è si gonfiò. "Lo saprai solo se mi dai
la tua mano!"
Axel le
mise nel palmo uno dei suoi guanti rossi, sorridendo di nuovo.
La bambina
stralunò gli occhi, giocando con quel tessuto caldo.
"Ma non li
vuoi tenere?"
"Buon
Natale!" le disse correndo via, probabilmente anche lui da sua madre.
"Aspetta!"
Gazelle si fece largo nella neve, per raggiungerlo.
Dopotutto
non
era così male,
l’inverno.
"Che
c’è?"
"Tu mi
hai fatto un regalo e ora tocca a me." Gli spiegò lei con
aria di
superiorità.
Poi si
avvicinò e gli diede un piccolo bacio sulla guancia, poi
corse via in fretta,
infliando una mano nel guanto e prendendo con l’altra quella
della madre.
Axel
arrossì di botto, voltandosi. "Tzè, le femmine!"
Atsui
rideva come una matta. "E tu dicevi che queste cose dolci non ti
piacevano!"
"Era
per fargli uno scherzo, mamma!" brontolò la piccola.
"Perché
l’hai chiamato brutto, prima?"
"Perché
è brutto, e pure antipatico." Concluse Bryce, convinta,
sotto le risate
della madre e di quella di Xavier.
A little boy made a wish that day
That the world would be okay and Santa Claus would hear him say:
"I got dreams and I got love, I got my feet on the ground and
family above,
Can you send some happiness with my best
To the rest of the people of the East and the West?
Come
facesse a non piacerle la neve e come aveva fatto, esattamente, a voler
baciare
sulla guancia proprio
Axel.
Il problema
principale era che lui se ne ricordava ancora e ogni anno, a Natale, la
stuzzicava usando come modello quell’episodio.
Gazelle
stava seduta sul divano, ascoltando annoiata i consigli di stile che le
ragazze
si davano, o altre discussioni. Non avrebbe ammesso, però,
che anche lei era
curiosa di chi sarebbe finito sotto il vischio, quell’anno.
Xeen
giocava sempre dei brutti scherzi alle coppie, quindi non si sarebbe
stupita se
a far pendere la pianta fosse stato proprio lui.
Ci
sarebbero finiti sotto o Burn e Mercury, o Suzette e Edgar, Reize e
Diam,
insomma, Hiro-chan aveva un bel repertorio di coppie da "sistemare".
Lei
e Axel.
"Gazelle,
quella felpa ti sta proprio bene!" squittì Suzette,
abbracciando di spalle la
ragazza, interrompendo la sua serie di pensieri.
Ogni tanto
la blu era troppo esuberante, specialmente in presenza di Eric, ma era
una
delle migliori amiche che avesse mai avuto.
"Grazie."
Invece
Bellatrix non la considerava come un’amica, ma ormai come una
sorella.
Sentì
Victoria proporre a Mercury un trucco per abbordare Burn, ma fallendo
nel
convincere l’amica e ritrovandosi a correre per tutto il
salone.
Maki era
tale e quale a quella che era nell’orfanotrofio. Era
maturata, ma aveva dei
tratti talmente forti che si sarebbe stupita se fossero cambiati.
Crescendo, invece,
Gazelle era cambiata, le piaceva la neve, aveva iniziato ad odiare il
caldo e a
non avere più la stressante parlantina che l’aveva
attaccata attorno ai sei
anni.
Tutto era
stato sostituito da un silenzio glaciale e uno sguardo altrettanto
freddo.
Tanta gente
le aveva fatto promesse a cui lei aveva fatto riferimento, ma si era
vista tutte
quelle figure voltarsi e darle le spalle, spezzando la
sua
fiducia.
Suo
padre.
Le diceva
che era brava negli sport, ma cosa era finita a praticare?
Un calcio
di pura distruzione, non il calcio vero. Uno sport per sfamare il
proprio
orgoglio, dimostrare la propria superiorità. Suo padre era
un bugiardo, e con
lui la maggior parte delle persone che la circondavano, piene di
schifosa compassione. Solo poche,
pochissime,
si meritavano la sua stima.
Quelle che
non l’avevano mai tradita. Quelle che, condividendo le sue
idee, non si erano
mai voltate dalla parte della popolarità, ma avevano
mantenuto i loro ideali.
A Gazelle
piaceva vedere gente che la pensava come lei. Anche se erano in pochi,
le
davano forza. Appunto, una di quelle era Bellatrix.
Non sapeva
cosa l’aveva trasformata.
Nostalgia?
Forse.
Odio?
Forse.
Paura?
Forse.
Solitudine?
Probabilmente.
Rifiutava
che le piacesse qualsiasi ragazzo, qualsiasi.
E dire che
di pretendenti non ne aveva pochi, infatti aveva un bel fisico. Certo,
non era prosperosa come certe sue
coetanee, ma
non se la cavava male.
Non sapeva
il motivo di questa repulsione, fatto sta che fra i ragazzi che
conosceva, era
fermamente convinta di non essere nemmeno lontanamente interessata ad
alcuno.
Uno, però,
era certa di detestarlo con tutta se stessa, e non era nientemeno che
Axel.
Non le
importava il fatto di conservare con una cura e un’attenzione
così forti il
piccolo guanto rosso che le aveva regalato quel Natale, assieme alla
sciarpa che
sua madre le
aveva cucito il giorno stesso.
"A
tavola!" l’urlo di Bellatrix dalla cucina la distrasse, e
mollò sul divano
il DS.
Tutti si
alzarono, urlando e ridendo, tranne Mercury, a cui era caduto il
cappello da
Babbo Natale.
Considerava quei festeggiamenti una cosa completamente nuova per lei,
in fondo alla Alius non
l’avevano mai fatto. Comunque, come festa non le pareva
un granchè.
Perché a
Natale bisognava essere più buoni del solito?
Perché
doveva esistere una festa per
essere
gentili?
Certo,
potevano succedere cose interessanti, non se lo negava, ma detestava
quell’usanza dei regali, le cene tutti assieme e soprattutto
le canzoni
spensierate.
Non era più
una bambina senza problemi.
Non era più
quella bambina senza problemi.
Tutta la
gente chiacchierava, allegra, a tavola.
Era anche
caduto l’albero.
Era tardi,
e dopo il brindisi - con aggiunta di Burn mezzo ubriaco e Mercury che
rideva
come una folle - e la partita alla Wii il sa si era svuotato.
Gazelle invece
si era alzata, non appena finita la cena, uscendo.
Era andata
davanti all’enorme fontana della piazza.
Quando era
piccola lei, sembrava tutto più piccolo. Ma quella piazza
era davvero immensa,
al contrario di quella che c’era davanti alla vecchia villa.
Si
girò
verso le case, vedendo trasparire dalle luci accese delle finestre,
ombre che
ridevano e festeggiavano, bambini che giocavano.
Strinse gli
occhi.
E lanciò
una moneta nella fontana, di spalle, sussurrando "Vorrei ricevere
qualche
bel regalo."
Che altro
poteva desiderare, se no, a Natale?
Non era
così speciale. Non capiva perché, poi, la nascita
di Cristo fosse stata
tramutata in una festeggiamento del tutto diverso, ma non la turbava
molto.
Solo che
sentiva sua madre parlarne spesso e le era rimasto il dubbio.
Sbuffò,
osservando la nuvola d’aria condensata che si consumava nel
buio.
I genitori
le dicevano spesso cosa avrebbe fatto in futuro, un futuro grandioso.
Ma lei non
era uno strumento, e il suo futuro lo decideva da
sola. Poteva diventare una grande impiegata, come la maggior
parte dei ragazzi della sua età desideravano.
Ma le
sembrava una sciocchezza, adattarsi all’opinione comune e
confondersi in quell’orda
di persone che pensavano come la maggioranza. La stessa cosa valeva per
il
Natale.
Quella
gente non era nessuno. Cercavano solo di adattarsi alla massa per non
rimanere
incompresi.
Dopo un po’
tornò in casa, vedendo sollevata che non c’era
più nessuno.
Si avvolse in
una coperta, aspettando che il fuoco del camino si spegnesse. Accese la
console
e guardò l’ora: 3.37
"Chi
pensava che si potesse dilungare così..." si disse in un
sospiro,
aggiustando un cuscino.
"Ehi,
nottambula."
Aveva
ragione. C’era un buio opprimente fuori, ma i lampioni
illuminavano quella che
si prestava ad essere una soffice e lieve nevicata, non una tempesta.
"Ti
diverti a sfornare soprannomi?" rispose all’intervento di un qualcuno che si sedette di fianco a lei.
"Ti
diverti a fare l’asociale?"
Axel
l’aveva osservata per tutto il tempo in cui era stata fuori.
Gli
sembrava di avere occhi solo per lei e la cosa lo scocciava non poco.
Anche in
quel momento la stava guardando, illuminata a scatti dal fuoco, quel
fuoco che
a lui piaceva così tanto, ma che non si meritava
più attenzioni di Gazelle,
pensò.
E
immediatamente si accorse che stava succedendo, di nuovo, e
girò lo sguardo, stringendo le labbra.
That wants to spread some love this way.
We can let our soul run free
And she can open some happiness with me.
"Perché
sei sveglio?" gli chiese, allora.
Non aveva
voglia di stare con qualcuno. Non aveva voglia di stare con lui.
Ma non
ricevette risposta. Si girò seccata verso il ragazzo, che
osservava il camino,
rannicchiato.
Avrebbe
voluto chiedergli se le avrebbe rubato la coperta anche quella volta,
ma le
sembrava un po’ azzardato e non voleva sembrare romantica,
neanche di
passaggio.
"Mi
sono dimenticato di darti il regalo."
Le guance
di Gazelle si tinsero di un rosso appena notabile, e lei nascose il
viso nella
coperta.
"E
allora?"
Nonostante
i modi bruschi e freddi, era impaziente.
Da piccola,
per esempio, non era romantica. Ma, crescendo, nonostante le apparenze,
sotto sotto un
po’ lo era
diventata.
Non sapeva
se era merito di qualcuno, ma certe volte lo notava, notava di essere
sdolcinata o nostalgica, soprattutto in sua presenza. E ovviamente non
le
andava bene.
C’era anche
lui alla Alius, purtroppo. Era stato nella squadra di Nathan, i Dark
Emperors.
"Posso?"
La ragazzo
sbuffò e strinse i denti, allungando una mano, dove presto
atterrò una piccola
catena.
Aveva
sempre detestato i bracciali troppo vistosi e appariscenti che vedeva
indossare
a Suzette, o anche quelli semplici come la cordicella arcobaleno di
Victoria.
Ma quello,
quella catenelle argento, con dei riflessi freddi, le piaceva.
Non
sorrise, solo perché si trattenne.
Non se lo
aspettava.
E da lui,
poi
Che le stava
appiccicato tutto il tempo.
O
forse era lei?
Che la
faceva sempre arrabbiare, la prendeva in giro, le faceva saltare i
nervi, cercava di consolarla.
Migliori
amici?
"Hai..."
sussurrò Axel, allungando una mano verso il capelli di
Gazelle.
"Ho?"
"Qualcosa
nel cespuglio di capelli che ti ritrovi." Si allontanò dalla
ragazza, con
qualcosa stretto nella mano.
"Questo
trucco è vecchio come Shiller." Puntuò Gazelle,
fredda.
Poi Bryce gli fece
segno di aprire la mano. E quello con quello che vide, le si
strinse la
gola e non potè fare a meno di prendere, guardare e stringere il piccolo guanto rosso che il
ragazzo le aveva appena
trovato fra... i capelli.
Migliori
amici?
Quel
piccolo guanto significava molto per lei, lo sentiva, ma non lo
ammetteva.
Si frugò
nella tasca. "Guarda, ho anche l’altro." Disse, piatta.
Axel
ridacchiò. "L’hai tenuto."
Nonostante
il sorriso, quasi non ci credeva. Temeva che l’avesse perso,
o peggio ancora
buttato via.
Non pensava
che dopo la Alius si sarebbero rivisti, ma aveva chiaro il ricordo di
quella
bambina irritata che lo spingeva continuamente giù dalla
panchina, contro la
ragazza fredda che era ora.
Gazelle si
voltò di scatto, rimettendo entrambi i guanti al sicuro.
"Non è
ancora finito." Axel prese in fretta il polso a Gazelle, appoggiandole
altrettanto velocemente le labbra alla guancia, poi scappando via,
aggrottando
le sopracciglia e sorridendo.
Sperava da
tanto di ripagare quel gesto che considerava tanto infantile e
innocente quanto
importante.
Quando la
ragazza si scosse, agitò un pugno, urlando "T-te la
farò pagare! Idiota!"
"Ma
adesso..." borbottò, cercando di non farsi notare, ma Axel
tornò indietro.
"Il
camino non si è ancora spento." Disse, gelida.
Axel capì
l’invito indiretto che aveva appena ricevuto dalla ragazza,
sorridendo,
sollevato, accucciandosi di fianco a lei. Prese la coperta e la avvolse
attorno
alle sue spalle e a quelle di Gazelle. "Dormiamo?" le
sussurrò
all’orecchio, abbracciandola. "Buon
Natale, Bryce."
Nevicava
quasi forte, ormai.
La
neve era
fredda, bianca,
glaciale. Inghiottiva l’ambiente e solo il sole poteva farla
andare via.
Possessiva.
Mentre le braccia di Axel erano
calde, non arrossavano le mani come la neve, gelida; quando le si
toccava, non
facevano
male.
Migliori
amici? No, l’aveva capito. Grazie al Natale.
Non
era poi
così male, come festa.
Era
incredibile come un gesto, un minuto gliel’avesse fatto
realizzare.
Avvolse le
braccia attorno alle spalle di Axel, sdraiandosi di fianco al camino
sopra di
lui, con il cuore che batteva a mille e rabbrividendo.
Si agitava un po', ma lui non mollava la presa.
Non voleva
che se ne andasse. Ancora una volta, non voleva lasciarla sola.
La cosa,
stranamente, la rendeva tranquilla.
Il suo acerrimo nemico, la neve e il freddo fuori, il caldo e
l’accoglienza dentro.
"Buon Natale, imbecille..."
mormorò di risposta.
Gliela farò decisamente pagare in
futuro,
pensò,
lasciandosi stringere.
In
futuro.
Nemmeno la
principessa dei ghiacci poteva prevedere il futuro, e non sarebbe mai stata capace di immaginare quello
che sarebbe stato. O forse sì?
Davanti
al
fuoco, un bambino giocava
con i suoi capelli color crema, chiari chiari, osservando curioso il
padre che
trafficava con le pratiche da una parte all’altra della
stanza.
Stava su un cuscino rosso, davanti
al caminetto, in mezzo a due poltrone marroncine.
Era Natale.
Teneva stretto un paio di guanti
rossi, un po’ rotti, regalatogli dalla madre.
"Papà, papà" lo chiamava,
quando passava di fianco a lui.
L’uomo sorrideva, sul viso abbronzato
ed energico, accarezzando il capo al figlio, con i bellissimi occhi
azzurro
ghiaccio della madre.
Lui li aveva marroni come il
cioccolato fondente, profondi, ma il suo bambino li aveva presi
azzurri, forse
era il particolare che amava più di lui, perché
preso dalla moglie.
Una famiglia felice.
Mercury e
Burn avevano fatto la torre umana con i cappelli da Babbo Natale e
Reize e Diam
avevano messo la barba al gatto.
Bellatrix
rideva, sincera, anche lei; ed era finito sotto il vischio Hiroto. Lui che
voleva ingannare qualche altra coppia, era stato beccato.
E
così si
ricordò che anche lei, Gazelle,
aveva fatto cin-cin con ciascuno di loro.
Shake it up!
Shake up the happiness,
Wake it up!
Wake up the happiness,
Cm’on ya all, it’s Christmas time!
Eccoci xD
... Troppo lunga, vero?
Fa schifo, vero?
...
Sì, fa schifo.
Sono 4.044 parole insensate, lo so =3=
Spero che l’idea sia quantomeno originale, perché mi ha fulminata **
Non volevo fare le solite cose con tutti gli amici, poi due si trovano sotto il cielo stellato e si sbaciucchiano allegramente xD
... Però ammetto che mi dispiace non aver messo nessun bacio serio. >7< *viene padellata da Gazelle*
T^T
Che posso dire d’altro?
I significati dei nomi dei genitori di Gazelle! :D Shimo significa gelo... e Atsui calore çuç
Ah, grazie mille ad Alicchan e Myasan per aver indetto questo splendido splendido contest çuç ♥
Spero almeno di non arrivare ultima. .-. *passa Burn ubriaco che canta assieme a Mercury Rock this party*
...
*si unisce ai due*
Eeeee... Buon Natale in anticipo~! \^3^/ *lancia abbracci imballati* [cit.]
-Cha;