Note
dell’autrice: in questo periodo nutro un profondo odio per me stessa. Blocco
della scrittrice? No, quite the contrary, my dears. Esatto, sto producendo
fiction, soprattutto song, a profusione. Cosa c’entra con questa storia?
Semplice. Questo capitolo era pronto già tre mesi fa poi, una bella mattina, mi
sono svegliata e mi sono accorta che volevo dare un’altra impronta al racconto e
svolgerlo in maniera opposta a come l’avevo pensato prima. Secondo me, è la
sindrome da università: troppe cose appassionanti tutte insieme. Chiedo dunque
venia.
CAPITOLO
23
Basil
si trovava sulla sua poltrona davanti al fuoco, la sua pipa preferita stretta
tra i denti. Il caso non era tra i più difficili che si fosse trovato ad
affrontare. Aveva infatti già dedotto il come ed il chi (in questo caso,
Scotland Yard e la stampa avevano preso, come al solito, un abbaglio colossale)
senza troppi problemi. L’inghippo stava nel capire dove ci sarebbe stato il
prossimo colpo, quando sarebbe avvenuto, e come impedirlo.
Spostò
lo sguardo su una cartina di Londra che, per l’occasione, aveva steso su un
tavolinetto lì vicino. Sopra vi aveva tracciato segni e numeri per indicare i
luoghi e l’ordine delle rapine così come glieli aveva presentati sua
sorella:
Abercroft, Brennan, Chester, Deaton, Ewan, Fresar, Graham, Hexton,
Ibsen, Johnson, Keaton, Lester ed infine Marley.
Ovviamente
non gli era sfuggito l’ordine alfabetico con cui erano avvenuti i furti e gli
elementi in comune erano più che lampanti: tutte ricche, con ascendenza
nobiliare e residenza vicina ai loro compagni di sventura.
Semplice,
eppure complesso.
Sfogliando
il suo catalogo dei nomi, aveva trovato circa dieci famiglie che potevano essere
prese in considerazione per il prossimo furto, e la lista si restringeva a
cinque se si contava la locazione della loro abitazione.
Sarebbe
stato semplice far appostare dei poliziotti di guardia ad ogni casa, eppure le
cose non gli quadravano. C’erano troppe domande ancora in sospeso: perché il
ladro (o i ladri, come lui era più propenso a
ritenere) rubavano oggetti dal valore materiale così trascurabile? Se c’era
davvero Rattigan dietro a tutto, cosa stava macchinando in realtà? Uno degli
interrogativi che lo assillava di più era questo: perché Brynna era venuta a
“reclutarlo” ormai al tredicesimo furto? Era davvero strano e non era che lui si
fosse scordato di chiederle una spiegazione. Aveva la sensazione che non avrebbe
ricevuto una risposta. Brynna era molto riservata sui motivi che utilizzava per
ottenere le informazioni che gli riferiva prontamente. Già una volta lo aveva
aiutato in quel modo, lui, per curiosità, aveva indagato un po’ e l’aveva messa
in un bel guaio. Quando aveva scoperto come faceva, aveva messo in moto una
serie di eventi che, in rapidissima successione, avevano quasi ucciso sua
sorella. Si era dunque ripromesso di lasciar perdere e di non indagare più al
riguardo. In fondo, i risultati erano eccellenti ed era questo ciò che
contava.
Riscuotendosi
da quei pensieri, tornò a concentrarsi sul suo lavoro. Gli elementi in suo
possesso erano relativamente pochi e l’idea di andare a fare un sopralluogo
nelle abitazioni delle vittime non sembrava così sbagliata. Decidendosi una
volta per tutte, trascrisse gli indirizzi su un pezzo di carta, prese il suo
inseparabile cappotto ed uscì.
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Le
ombre della notte avvolgevano ormai Londra. Solo la luce fioca delle lampade a
gas illuminava le strade praticamente deserte.
Nascosto
dietro al tronco di una pianta d’alloro posta davanti all’abitazione degli
Abercroft, Basil, vestito completamente di nero, sorvegliava la casa, in attesa
di quello che, sapeva, sarebbe accaduto di lì a poco.
Ripensò
brevemente agli eventi di qualche mattina prima ed alla fortuna che aveva avuto:
si era recato innanzitutto alla casa dei Marley, l’ultima famiglia ‘derubata’, a
qualche isolato da lì. Non aveva fatto in tempo ad avvicinarsi all’abitazione
che, dal cancello principale della suddetta, era emerso quello che sembrava
essere il maggiordomo, o comunque uno del personale di servizio. Lo aveva
riconosciuto immediatamente come uno degli scagnozzi di Rattigan, persino sotto
quell’aspetto immacolato da topo che doveva stare a contatto molto spesso con
gente dell’alta società.
Ben
attento a non farsi scorgere, era tornato di corsa a Baker Street, si era
mascherato da perdigiorno ed era andato anche nei pressi delle altre case,
luoghi dei crimini. In ognuna di esse, aveva scoperto che un membro della
servitù era in realtà uno dei peggiori lestofanti in circolazione. Era poi
andato a controllare le cinque case in cui, presumibilmente, ci sarebbe stato il
furto successivo, ma tutto gli era apparso in perfetto ordine. Nessun individuo
più o meno sospetto era a contatto con le famiglie di quelle abitazioni.
Si
era trovato momentaneamente ad un punto morto, poi gli era venuto in mente che,
forse, quei furti potevano essere una farsa, un modo per distogliere
l’attenzione da quello che era il vero obiettivo: un furto più grande in una
delle case già ‘visitate’.
Secondo
l’ordine alfabetico, il nome della prossima famiglia a dover essere derubata
doveva cominciare con la ‘N’, quindi tutte le altre case avrebbero dovuto
sentirsi tranquille ed abbassare la guardia. Il punto stava nel capire quale
sarebbe stata quella delle vittime.
Era
dunque andato nella zona del porto dove, in genere, venivano reclutati i topi
per simili ‘imprese. Dopo qualche ora aveva scorto il ‘maggiordomo’ di casa
Abercroft parlare con altri tre tipi nel locale dove, tre anni prima, aveva
trovato il rifugio di Rattigan (forse avrebbe dovuto indagare al riguardo e
scoprire se il suo arcinemico si nascondeva ancora lì, ma, per il momento, era
stato costretto a rimandare).
Si
era seduto ad un tavolo ed aveva ordinato una birra e si era messo in ascolto
della gente intorno a lui. Era così riuscito a capire che al colpo avrebbero
partecipato non meno di sei topi, maggiordomo compreso, e che il tutto si
sarebbe svolto di lì a tre giorni.
Ottimo,
perché aveva giusto tre giorni di tempo prima che Topson, Cornelia ed Elizabeth
tornassero dal loro viaggio.
Mentre
si trovava vicino a casa Abercroft, in attesa degli eventi, in una posizione
tutt’altro che confortevole, gli venne da sorridere al pensiero di cosa sarebbe
capitato ai suoi amici. Sì, perché, proprio come aveva detto Brynna, non c’era
niente su cui indagare. La lettera che aveva dato a Topson spiegava tutto
all’amico dottore e gli dava alcuni suggerimenti per far credere a Cornelia e ad
Elizabeth di trovarsi nel bel mezzo di un mistero da risolvere o, nel caso della
dottoressa, di una bella vacanza di piacere. Se tutto fosse andato bene, forse
avrebbe persino scampato le ire di Cornelia. Sperava infatti che, su questo
punto, sua sorella si sbagliasse e che la ragazza non si accorgesse di nulla ma,
doveva ammetterlo, era una speranza molto lieve.
In
lontananza, un campanile batté le undici. Basil non perdeva d’occhio la porta
d’ingresso degli Abercroft, ben attento a scorgere il minimo movimento.
Dovettero passare altri venti minuti prima che la sua attesa venisse
adeguatamente premiata. Infatti, passato quel lasso di tempo, Basil scorse la
luce di una candela brillare attraverso una delle finestre della casa poi,
qualche minuto dopo, sentì un rumore metallico provenire dalla strada.
Voltandosi, vide che la grata di un tombino, non molto distante dall’abitazione,
era stato spostato per permettere ad alcuni individui di uscire. Gli occhi di
Basil si spalancarono un po’ per la sorpresa: c’era un altro topo rispetto a
quelli che si era aspettato, un po’ più minuto degli altri.
‘Poco
male, un altro futuro inquilino per la prigione’, pensò
l’investigatopo.
Il
gruppetto, dopo aver rimesso a porto la grata, si avvicinò alla porta della
casa, che fu prontamente aperta da nientemeno che il maggiordomo, proprio come
Basil aveva previsto.
La
banda entrò e l’ultimo chiuse la porta dietro di sé. Basil attese qualche
minuto, poi si avvicinò alla porta e vi appoggiò l’orecchio contro. Dall’altra
parte non si udiva alcun rumore. Provò a girare la maniglia e l’uscio s’aprì.
Molto probabilmente, i ladri si erano voluti lasciare una via di fuga.
L’investigatopo
udì una serie di rumori e scalpiccii provenire da alcune stanze vicino a lui ed
al piani superiore: evidentemente, la banda si era divisa per agire in fretta.
Perché i padroni di casa non stavano facendo nulla?
Il
più silenziosamente possibile, Basil andò verso la stanza più vicina e sbirciò
dentro. Si rivelò essere il soggiorno e c’era un topo solo, quello più minuto,
che sembrava intento a svuotare una vetrinetta della sua argenteria.
Gli
si avvicinò alle spalle e fece per colpirlo, ma questo, con uno scatto rapido,
si voltò e lo colpì allo stomaco. Probabilmente l’aveva visto nel riflesso
dell’anta della vetrinetta. Basil era rimasto senza fiato per via del colpo e
non poter fare niente per fermare il malvivente, che lanciò un fischio per
richiamare i suoi compari.
Un
istante dopo, la casa risuonò di passi affrettati, e la stanza si riempì degli
altri criminali, il maggiordomo in testa.
“Bene,
bene, bene” disse quest’ultimo “Cos’abbiamo qui? Ah, Basil di Baker Street. Ottimo
lavoro Gaspard” proseguì rivolgendosi evidentemente al topo che aveva colpito
Basil “Due piccioni con una fava. Il capo ne sarà molto felice. Ha fatto proprio
bene a mandarti con noi.”
Gaspard
fece un cenno d’assenso con la testa ma non aprì bocca.
Basil,
intanto, si era accasciato sulle ginocchia. Non si era aspettato tanta rapidità
né tanta forza da un ubriacone di porto. Soprattutto lo confondeva il fatto che
questi non avesse approfittato della sua temporanea impotenza per non colpirlo
di nuovo. Forse aveva ricevuto degli ordini particolari al riguardo.
Non
era comunque il momento di mettersi a fare simili congetture. Doveva trovare il
modo di uscire da lì e di farlo libero o vivo. Senza farsi vedere, infilò una
mano nella tasca della giacca che indossava e ne trasse fuori una
polverina.
Frattanto,
i criminali si stavano organizzando:
“Dick,
va’ a prendere la corda che troverai nel ripostiglio e legalo. Una volta finita
di ripulire questa casa, lo porteremo con noi. Chissà quanto
vale.”
Non
fece in tempo a dire altro, perché Basil aveva aperto il palmo della mano
davanti a sé e vi aveva soffiato dentro. La stanza era stata invasa da una
specie di denso fumo grigio e, sfruttando questa condizione, l’investigatopo
cominciò a sferrare colpi a destra e a sinistra, cercando di colpire quante più
persone poteva. In un’occasione, riuscì persino a far sì che due di loro si
colpissero a vicenda.
Ad
un certo punto, mentre la polvere si diradava un po’, vide che uno dei banditi
stava avanzando contro di lui con un coltello. Riuscì a disarmarlo e a
stordirlo. Fece appena in tempo a raccogliere quell’arma, che due braccia lo
presero da dietro. Senza pensarci troppo, prese il coltello e colpì il braccio
destro del suo aggressore.
Questi
urlò, producendo un suono acuto, troppo acuto, che fece fermare Basil per un
attimo. L’investigatopo si voltò per fissare il criminale che aveva colpito, il
quale si stringeva il braccio sanguinante.
Quando
il topo alzò gli occhi, Basil li guardò e gli sembrarono familiari.
Fu
un attimo però, perché subito dopo dovette tornare a concentrarsi sugli altri
che erano ancora in piedi e che cercavano di colpirlo. La lotta proseguì e Basil
dava e riceveva colpi. Quando ormai cominciava a chiedersi se sarebbe riuscito a
salvarsi, si udì uno sparo.
Tutti
si fermarono e si voltarono verso la porta. Lì, stava un poliziotto con il
revolver puntato in aria.
“Cosa
sta succedendo qui?” chiese, in tono imperioso.
Un
attimo dopo, il topo che Basil aveva ferito al braccio, afferrò un posacenere e
lo scagliò contro l’ufficiale colpendolo in pieno volto. Questi ululò dal dolore
ed i criminali contro cui Basil stava combattendo riuscirono a far cadere
l’investigatopo a terra, a spingere via il poliziotto dalla porta ed a fuggire
in strada, seguiti dal loro compagno ferito. Basil si rialzò rapidamente, e
corse dietro ai malviventi, solo per vederli dileguarsi in direzioni diverse tra
le strade di Londra.
Imprecando,
tornò indietro per aiutare il poliziotto con i malviventi
rimasti.
Circa
un’ora dopo, casa Abercroft pullulava di poliziotti accorsi un po’ per tenere
lontana la folla, un po’ dare una mano a capire cosa era stato portato via.
Quando, in una delle camere da letto al piano superiore, erano stati trovati i
coniugi Abercroft, profondamente addormentati, ed ogni tentativo di svegliarli
era stato inutile, era stato chiamato anche un medico. Costui aveva dichiarato
che i due erano stati pesantemente sedati, di modo che non si accorgessero della
rapina in corso.
Sulla
scena era intervenuto anche Laroux, il quale era subito andato da Basil per
congratularsi ma, soprattutto, per chiedere spiegazioni.
“Quindi
lei sapeva del furto e non mi ha informato? Per quale
ragione?”
“Elementare
Ispettore. Se le mie prede avessero sentito il rumore provocato dai suoi uomini,
non si sarebbero avvicinati. Inoltre, c’era il loro complice dall’interno che
controllava la strada. Dovevo agire da solo se volevo sperare di prenderli. Ho
solo sbagliato a calcolare un paio di dettagli.”
“Ah,
sì, vedo. Quel bel livido sulla sua guancia ne sarebbe il risultato,
vero?”
“Le
ho già detto che uno di loro sembrava diverso dai suoi compari. Non era un
ubriacone, il suo fiato non puzzava di alcool. Inoltre sapeva battersi ed aveva
una forza discreta nonostante la statura. Secondo me è un
benestante.”
“Un
benestante?! Ma non mi prenda in giro!! Per quale ragione un benestante dovrebbe
mischiarsi con una tale marmaglia?”
“Se
avessi una sfera di cristallo o se sapessi leggere nel pensiero, ora sarei in
grado di darle la risposta.” Replicò Basil tagliente.
“Ah,
buffo, lei che non sa qualcosa.” Disse Laroux, gongolante.
“Faccia
poco lo spiritoso, Ispettore. Era la prima volta che lo vedevo
inoltre…”
“Inoltre…”
lo incalzò l’ufficiale.
“No,
non credo che questo punto le possa interessare. Una quisquilia,
davvero.”
“Se
lo dice lei… comunque ha fatto un buon lavoro. Tre su sette è un buon risultato.
Potrebbe gentilmente suggerirmi come fare a prendere gli
altri?”
“Per
ora potremo fare ben poco, temo. Ma aspettatevi mie notizie entro
domani.”
“Sempre
tutti questi misteri! Arriverà mai
il giorno in cui comunicherà le sue intenzioni anche agli
altri?”
“E’
quello che mi chiedo anch’io, Ispettore!”
Quella
voce…
Basil
chiuse gli occhi e deglutì a fondo prima di voltarsi.
Cornelia
Blackwood stava camminando di gran carriera verso di lui, seguita da Elizabeth,
che aveva un’aria confusa, e da Topson, che invece aveva un’espressione
colpevole.
Era
chiaro che la ragazza aveva scoperto tutto.
Guardandosi
brevemente attorno, Basil si accorse che in molti, Laroux compreso, stavano
osservando la scena, aspettando gli eventi.
Mosse
dunque anche lui qualche passo verso Cornelia, cercando di fermarla prima che
scoppiasse.
“Cornelia,
io..” disse cercando di prenderle una mano.
“No”,
replicò lei, scostandosi bruscamente “Non sai quanto mi senta arrabbiata e…
messa da parte e…”
“Cornelia,
la gente guarda.”
“E
allora? Che guardino!”
“No,
ascolta… meglio se ne discutiamo a casa.”
“Perché?
Così la tua reputazione non si rovina?”
“E’
la tua quella che…” Basil si interruppe e prese un bel respiro “Cornelia, ti
prego, fidati.”
“E
come faccio? Spiegamelo! Dopo che…”
“Cornelia”
ora era stata Elizabeth a parlare “ha ragione e tu lo sai. Dai, torniamo a Baker
Street. Ne discuterete là.”
La
voce dell’amica sembrò calmare la ragazza che annuì rigidamente e, dopo
un’ultima occhiata gelida al detective, si incamminò verso Baker Street, a
qualche isolato di distanza.
Elizabeth
la seguì e la affiancò, mentre Topson rimase con
l’investigatopo.
“Basil,
io…” provò a spiegare.
“Non
fa niente dottore, davvero. Prima o poi l’avrebbe scoperto. Coraggio,
andiamo.”
Detto
ciò, i due si avviarono verso casa dietro alle due donne.
Lungo
il tragitto, nessuno parlò molto. Tutti preferivano rimandare le spiegazioni
all’intimità delle mura domestiche.
Ad
un certo punto, si trovarono a passare davanti alla casa di Brynna, che si
trovava in Paddington Road, una via perpendicolare a Baker Street, Cornelia la
superò, senza voltarsi a guardarla, ma Basil si fermò di colpo. Davanti a casa
di sua sorella c’era la carrozza del medico Ansmauser, l’unico medico da cui
Brynna si lasciava visitare, in quanto marito della sua migliore amica, la
signora Selena Ansmauser, Pelham da nubile.
Senza
pensarci due volte, deviò dal suo percorso e si affrettò a raggiungere la casa,
seguito poco dopo da Topson che, comunque, aveva prima avvertito le due
signorine che li precedevano.
Cornelia
sbuffò sonoramente: era evidente che Basil era preoccupato, e le dispiaceva,
certo, ma era possibile che tutte le volte sua sorella si mettesse in mezzo alle
loro questioni?
Oltretutto,
era abbastanza sicura che c’entrasse anche lei in quella farsa del
Surrey.
Si
avviò comunque verso casa di Brynna, seguita da Elizabeth.
Nel
frattempo, Basil aveva suonato alla porta.
Erano
passati alcuni minuti, che gli erano comunque parsi eterni, poi la cameriera di
Brynna, la signora Chivers aveva aperto la porta.
“Signor
Basil, cosa vi porta qui?”
“Buonasera
signora, ho visto la carrozza del dottor Ansmauser. Posso… possiamo
entrare?”
“Ma
certo, entrate, entrate pure.”
La
governante li fece accomodare nell’atrio e prese i loro
cappotti.
“Prego,
accomodatevi in salotto.” Disse, dopo aver riposto i cappotti in un armadio lì
vicino, ed avviandosi per mostrare la strada.
“Ad
essere sincero, preferirei andare a vedere come sta mia sorella.” Rispose Basil,
cercando di mantenere la calma: se era intervenuto il dottore doveva trattarsi
di qualcosa di serio, Brynna non si faceva visitare per un misero
raffreddore.
“Lo
capisco, ma il dottore ha chiesto di lasciarlo lavorare con calma e non so
quanto la vostra presenza potrà aiutarlo in questo. Le consiglio di aspettare
che esca dalla camera della signora.”
“Almeno
posso stare nel corridoio lì davanti? Senza entrare?”
La
donna sospirò.
“Suppongo
di sì. Conosce la strada. Io, intanto, mi occupo dei suoi amici. Vogliate
seguirmi, prego.”
Cornelia
stava per obiettare, ma le occhiate di Topson ed Elizabeth, che la supplicavano
di lasciar perdere, la convinsero a desistere. A malincuore, seguì la cameriera
ed i suoi amici in salotto.
Basil,
invece, salì le scale fino al piano superiore e si mise fuori dalla camera di
Brynna.
Dall’interno,
provenivano dei fruscii, la voce bassa del dottore, e qualche colpo di tosse
ogni tanto, molto probabilmente da parte di sua sorella.
Dopo
alcuni minuti, il dottore uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Quando si voltò, incontrò lo sguardo preoccupatissimo di Basil.
“Buonasera
dottore, come sta mia sorella?”
Ansmauser
sospirò lievemente, prima che le sue labbra si schiudessero in un
sorriso.
“Starà
bene entro pochi giorni, non vi preoccupate. Ha solo bisogno di riposo
assoluto.”
“Ma
cos’ha?”
“Ha
un po’ di febbre ed una lieve bronchite. A mio parere, o è venuta a contatto con
qualcuno già seriamente malato che l’ha contagiata, oppure ha lavorato troppo
ultimamente. Converrete che entrambi i casi sono più che
plausibili.”
Basil
annuì.
“Non
faccio che ripeterle di prendersi una vacanza, ma, voi la conoscete, fa orecchie
da mercante ad ogni suggerimento mio o di mia moglie.”
L’investigatopo
sorrise, poi disse:
“Posso
entrare?”
“Certo,
ma mi raccomando, non la agitate.”
“Sarà
fatto.” Rispose prontamente Basil.
“Allora
buona serata. Vado da mia moglie a rassicurarla. Voleva venire anche lei, ma
gliel’ho impedito.”
“Buona
serata a lei dottore, e porti i miei saluti a Selena.”
“Certo.”
Disse il dottore avviandosi giù per le scale. Si fermò però a metà rampa e
richiamò l’investigatopo:
“Vi
ha chiamato la signora Chivers?”
“No,
passavo di qua ed ho visto la vostra carrozza.” Rispose
Basil.
“Capisco.
Beh, vi lascio a vostra sorella allora. Ricordate quanto vi ho
detto.”
“Certamente
dottore.”
Dopo
questo scambio di battute, entrambi gli uomini presero la loro strada: il
dottore andò verso l’uscita e Basil entrò in camera di sua
sorella.
La
stanza era illuminata dal un abat-jour posta accanto al
letto.
Brynna
giaceva nel letto con la coperta tirata fino al collo, con gli occhi chiusi, il
respiro affannato e tremante, un’espressione un po’ dolorante sul volto. Quando
il fratello le si avvicinò, però, aprì gli occhi e gli
sorrise.
“E’
mai possibile che io non possa avere un piccolo svenimento senza che tu appaia
subito?”
“Sei
svenuta?!” esclamò Basil.
“Ah,
non te l’avevano detto eh? Beh, ora lo sai, siediti.” Gli rispose lei,
spostandosi un po’ per lasciare posto al fratello sul bordo del letto. Lui lo
occupò prontamente.
Per
un po’ cadde il silenzio tra i due. Pur nella sua stanchezza, fu Brynna ad
interromperlo.
“Che
faccia preoccupata, cos’è successo? Qualche problema con il
caso?”
“Scusa
sai, se mi sono preoccupato per te. Comunque il caso è risolto e, entro domani
notte, catturerò tutta la banda.”
“Tutta la banda? Vuoi dire che li hai
colti con le mani nel sacco e alcuni ti sono scappati?”
“Sì.
Erano in sette ed uno di loro è anche quasi riuscito a sopraffarmi. Era un
piccoletto, assai agile e, a giudicare dal timbro della voce quando l’ho colpito
con un coltello, doveva essere piuttosto giovane.”
Il
volto di Brynna si contrasse in una smorfia.
“Che
c’è? Hai dolore?” le chiese lui, preoccupato.
“No”
rispose lei secca “Tu avresti ferito un ragazzino?”
“Mi
aveva preso per le braccia, dovevo liberarmi in qualche
modo.”
“Correggimi
se sbaglio, ma non avevi imparato le arti marziali per non rischiare di ferire
seriamente qualcuno tranne, te lo concedo, in situazioni
estreme?”
“Ma
questa era estrema! Erano in sette ed io ero solo!”
“Allora
non avresti dovuto andare da solo e…”
La
donna cominciò a tossire violentemente, tanto che Basil tentò di avvicinarsi per
aiutarla a mettersi seduta, ma lei lo fermò, dicendo tra i colpi di
tosse:
“Faccio..
cough cough… da sola… cough cough… prendimi… cough cough… un po’ d’acqua… cough
cough… per favore…”
Basil
si affrettò ad eseguire, voltandosi verso il comodino dove c’erano una caraffa
d’acqua ed un bicchiere, e riempiendo il seconda con il contenuto della
prima.
Quando
si voltò di nuovo, Brynna era seduta, con una coperta, che aveva recuperato da
una sedia accanto al letto, avvolta intorno alle spalle. La tosse era calata un
po’, ma le aveva lasciato il respiro più affannato di
prima.
Basil
le porse il bicchiere, che lei afferrò con la zampa
sinistra.
‘Strano’
pensò l’investigatopo ‘lei è destrorsa.”
Quando
la donna ebbe svuotato il bicchiere, lo porse al fratello che lo rimise al suo
posto. Fatto questo, tornò al letto, dove trovò la sorella di nuovo sdraiata
sotto le coperte.
“Cambiamo
discorso, ti va? Temo che le mie prediche non siano così temibili quando sono in
questo stato.”
“Hai
ragione, anzi, scusa, avrei dovuto evitare l’accenno all’episodio. Ansmauser mi
ha raccomandato di non agitarti.”
“Il
solito. Allora, non hai qualcosa di più rilassante, o divertente, da
raccontarmi?”
“In
generale di no, anche se…”
“Sì?”
lo incalzò lei.
“Ecco,
so che questa ti piacerà tanto quanto ha agitato me.”
“Racconta.”
“Cornelia,
Topson ed Elizabeth sono al piano di sotto.”
Cadde
il silenzio, che durò per alcuni istanti nei quali Brynna assimilò la notizia e
cosa comportava.
“Vuoi
dire che ha scoperto tutto ed è tornata prima?”
“Proprio
così.”
Brynna
sospirò.
“Io
te l’avevo detto di lasciare che ci pensassero alcuni membri del mio cast.
Sarebbe stato perfetto.”
“Forse,
ma speravo che Topson la trattenesse abbastanza. Comunque, stasera me la sono
trovata davanti sulla scena del crimine dopo lo svolgimento dei fatti. Puoi
immaginarti com’era arrabbiata.”
“Ahia,
più che altro riesco ad immaginare il discorsetto che ti aspetta quando sarai
tornato a casa. Oltretutto, sei passato di qui, dando la tua priorità a me e non
a lei, e questo, di certo, non gioca a tuo favore.”
“Che
dovevo fare? Non passare nemmeno? Per quel che ne sapevo potevi essere in punto
di morte, dato che c’era Ansmauser in casa.”
“Esagerato.
Comunque mi fai sentire in colpa così. Senti, se vuoi puoi avvicinarti un po’ al
prossimo attacco di tosse, così magari ti ammali e lei sarà costretta a
rimandare la discussione, magari se la dimenticherà
persino.”
“Piano
ingegnoso, ma no grazie. Anzi, temo che dovrò andare, non ti dispiace,
vero?”
“Mi
dispiacerebbe di meno se tu stessi salendo sul patibolo,
credimi.”
Basil
rise e si chinò per baciare la fronte di sua sorella.
“Attento
a non farti vedere da Cornelia, potrebbe ingelosirsi.” Lo canzonò la
sorella.
“Di
chi? Di te? Assurdo.”
“Credi
che non lo sia già? Ti strappo sempre via da lei, in un modo o
nell’altro.”
“Sei
mia sorella e di questo dovrà farsene una ragione.”
Brynna
sospirò per l’ennesima volta.
“Sherringford,
ascolta bene ciò che ho da dirti, perché lo dirò una volta sola: se deciderai di
sposarla, dovrà essere lei la tua priorità, sempre e comunque, capito? Un
matrimonio non è come essere fratelli, bisogna impegnarsi ogni giorno per
mantenerlo vivo. Io ti voglio bene ed anche lei te ne vuole, ma questo non può
bastare. Lei ti deve amare e tu devi
ricambiare e darle buone, anzi ottime, motivazioni per
farlo.”
“Già,
perché tu, su questi principi, hai avuto un bel matrimonio,
vero?”
Troppo
tardi Basil si accorse di ciò che aveva detto.
Il
volto della sorella si rabbuiò.
“Sai
bene perché mi sono sposata con quel… non riesco nemmeno a definirlo, perciò non
te lo ripeterò. A buon intenditor poche parole, come si suol dire. Ora sarà
meglio che tu vada. Non vorrai aggravare ulteriormente la situazione. Lascia che
ti dica un’ultima cosa comunque. Non potrai allontanarla sempre come hai fatto
questa volta quando sarai immerso nelle tue indagini. Arriverà il momento della
scelta: rinuncerai alla tua professione o a lei. Ora va’.”
“Brynna,
io..”
“Grazie
per la visita, ora fammi il favore di uscire da qui.” Lo interruppe la donna,
voltandosi dall’altra parte rispetto al fratello.
Basil,
sospirando, si alzò e, dopo un ultimo sguardo rivolto alla figura della sorella,
uscì dalla stanza.
Quando
uscì di casa, insieme ai suoi amici, e l’aria fredda della notte lo investì,
pensò che quella era certamente una giornata da dimenticare, e che doveva
trovare il modo di scusarsi con sua sorella.
In
fondo, era per colpa sua che si era sposata con quel topo. Era colpa sua se
quella relazione l’aveva quasi uccisa.
Scosse
la testa e proseguì lungo la strada.
Dalla
finestra di camera sua, Brynna lo osservava stando in piedi, con una coperta
intorno alle spalle che lasciava intravedere appena la fasciatura al braccio
destro.
Una
singola lacrima le solcò la guancia, lacrima che lei si affrettò ad asciugare
con un gesto stizzito, prima di ritirarsi nella camera e di mettersi a
letto.
FINE
DEL CAPITOLO
Mamma
quanto è venuto lungo questo capitolo. E’ valso l’attesa? Spero di
sì.
A
presto con il prossimo.
Bebbe5