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Autore: Bebbe5    09/12/2011    3 recensioni
Rattigan è tornato in azione e tocca di nuovo a Basil sconfiggerlo. Ci riuscirà anche stavolta? Per tutti i fan dell'argomento. [capitoli e titolo modificati e corretti]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell’autrice: in questo periodo nutro un profondo odio per me stessa. Blocco della scrittrice? No, quite the contrary, my dears. Esatto, sto producendo fiction, soprattutto song, a profusione. Cosa c’entra con questa storia? Semplice. Questo capitolo era pronto già tre mesi fa poi, una bella mattina, mi sono svegliata e mi sono accorta che volevo dare un’altra impronta al racconto e svolgerlo in maniera opposta a come l’avevo pensato prima. Secondo me, è la sindrome da università: troppe cose appassionanti tutte insieme. Chiedo dunque venia.

CAPITOLO 23

Basil si trovava sulla sua poltrona davanti al fuoco, la sua pipa preferita stretta tra i denti. Il caso non era tra i più difficili che si fosse trovato ad affrontare. Aveva infatti già dedotto il come ed il chi (in questo caso, Scotland Yard e la stampa avevano preso, come al solito, un abbaglio colossale) senza troppi problemi. L’inghippo stava nel capire dove ci sarebbe stato il prossimo colpo, quando sarebbe avvenuto, e come impedirlo.

Spostò lo sguardo su una cartina di Londra che, per l’occasione, aveva steso su un tavolinetto lì vicino. Sopra vi aveva tracciato segni e numeri per indicare i luoghi e l’ordine delle rapine così come glieli aveva presentati sua sorella:

Abercroft, Brennan, Chester, Deaton, Ewan, Fresar, Graham, Hexton, Ibsen, Johnson, Keaton, Lester ed infine Marley.

Ovviamente non gli era sfuggito l’ordine alfabetico con cui erano avvenuti i furti e gli elementi in comune erano più che lampanti: tutte ricche, con ascendenza nobiliare e residenza vicina ai loro compagni di sventura.

Semplice, eppure complesso.

Sfogliando il suo catalogo dei nomi, aveva trovato circa dieci famiglie che potevano essere prese in considerazione per il prossimo furto, e la lista si restringeva a cinque se si contava la locazione della loro abitazione.  

Sarebbe stato semplice far appostare dei poliziotti di guardia ad ogni casa, eppure le cose non gli quadravano. C’erano troppe domande ancora in sospeso: perché il ladro (o i ladri, come lui era più propenso a ritenere) rubavano oggetti dal valore materiale così trascurabile? Se c’era davvero Rattigan dietro a tutto, cosa stava macchinando in realtà? Uno degli interrogativi che lo assillava di più era questo: perché Brynna era venuta a “reclutarlo” ormai al tredicesimo furto? Era davvero strano e non era che lui si fosse scordato di chiederle una spiegazione. Aveva la sensazione che non avrebbe ricevuto una risposta. Brynna era molto riservata sui motivi che utilizzava per ottenere le informazioni che gli riferiva prontamente. Già una volta lo aveva aiutato in quel modo, lui, per curiosità, aveva indagato un po’ e l’aveva messa in un bel guaio. Quando aveva scoperto come faceva, aveva messo in moto una serie di eventi che, in rapidissima successione, avevano quasi ucciso sua sorella. Si era dunque ripromesso di lasciar perdere e di non indagare più al riguardo. In fondo, i risultati erano eccellenti ed era questo ciò che contava.

Riscuotendosi da quei pensieri, tornò a concentrarsi sul suo lavoro. Gli elementi in suo possesso erano relativamente pochi e l’idea di andare a fare un sopralluogo nelle abitazioni delle vittime non sembrava così sbagliata. Decidendosi una volta per tutte, trascrisse gli indirizzi su un pezzo di carta, prese il suo inseparabile cappotto ed uscì.

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Le ombre della notte avvolgevano ormai Londra. Solo la luce fioca delle lampade a gas illuminava le strade praticamente deserte.

Nascosto dietro al tronco di una pianta d’alloro posta davanti all’abitazione degli Abercroft, Basil, vestito completamente di nero, sorvegliava la casa, in attesa di quello che, sapeva, sarebbe accaduto di lì a poco.

Ripensò brevemente agli eventi di qualche mattina prima ed alla fortuna che aveva avuto: si era recato innanzitutto alla casa dei Marley, l’ultima famiglia ‘derubata’, a qualche isolato da lì. Non aveva fatto in tempo ad avvicinarsi all’abitazione che, dal cancello principale della suddetta, era emerso quello che sembrava essere il maggiordomo, o comunque uno del personale di servizio. Lo aveva riconosciuto immediatamente come uno degli scagnozzi di Rattigan, persino sotto quell’aspetto immacolato da topo che doveva stare a contatto molto spesso con gente dell’alta società.

Ben attento a non farsi scorgere, era tornato di corsa a Baker Street, si era mascherato da perdigiorno ed era andato anche nei pressi delle altre case, luoghi dei crimini. In ognuna di esse, aveva scoperto che un membro della servitù era in realtà uno dei peggiori lestofanti in circolazione. Era poi andato a controllare le cinque case in cui, presumibilmente, ci sarebbe stato il furto successivo, ma tutto gli era apparso in perfetto ordine. Nessun individuo più o meno sospetto era a contatto con le famiglie di quelle abitazioni.

Si era trovato momentaneamente ad un punto morto, poi gli era venuto in mente che, forse, quei furti potevano essere una farsa, un modo per distogliere l’attenzione da quello che era il vero obiettivo: un furto più grande in una delle case già ‘visitate’.

Secondo l’ordine alfabetico, il nome della prossima famiglia a dover essere derubata doveva cominciare con la ‘N’, quindi tutte le altre case avrebbero dovuto sentirsi tranquille ed abbassare la guardia. Il punto stava nel capire quale sarebbe stata quella delle vittime.

Era dunque andato nella zona del porto dove, in genere, venivano reclutati i topi per simili ‘imprese. Dopo qualche ora aveva scorto il ‘maggiordomo’ di casa Abercroft parlare con altri tre tipi nel locale dove, tre anni prima, aveva trovato il rifugio di Rattigan (forse avrebbe dovuto indagare al riguardo e scoprire se il suo arcinemico si nascondeva ancora lì, ma, per il momento, era stato costretto a rimandare).

Si era seduto ad un tavolo ed aveva ordinato una birra e si era messo in ascolto della gente intorno a lui. Era così riuscito a capire che al colpo avrebbero partecipato non meno di sei topi, maggiordomo compreso, e che il tutto si sarebbe svolto di lì a tre giorni.

Ottimo, perché aveva giusto tre giorni di tempo prima che Topson, Cornelia ed Elizabeth tornassero dal loro viaggio.

Mentre si trovava vicino a casa Abercroft, in attesa degli eventi, in una posizione tutt’altro che confortevole, gli venne da sorridere al pensiero di cosa sarebbe capitato ai suoi amici. Sì, perché, proprio come aveva detto Brynna, non c’era niente su cui indagare. La lettera che aveva dato a Topson spiegava tutto all’amico dottore e gli dava alcuni suggerimenti per far credere a Cornelia e ad Elizabeth di trovarsi nel bel mezzo di un mistero da risolvere o, nel caso della dottoressa, di una bella vacanza di piacere. Se tutto fosse andato bene, forse avrebbe persino scampato le ire di Cornelia. Sperava infatti che, su questo punto, sua sorella si sbagliasse e che la ragazza non si accorgesse di nulla ma, doveva ammetterlo, era una speranza molto lieve. 

In lontananza, un campanile batté le undici. Basil non perdeva d’occhio la porta d’ingresso degli Abercroft, ben attento a scorgere il minimo movimento. Dovettero passare altri venti minuti prima che la sua attesa venisse adeguatamente premiata. Infatti, passato quel lasso di tempo, Basil scorse la luce di una candela brillare attraverso una delle finestre della casa poi, qualche minuto dopo, sentì un rumore metallico provenire dalla strada. Voltandosi, vide che la grata di un tombino, non molto distante dall’abitazione, era stato spostato per permettere ad alcuni individui di uscire. Gli occhi di Basil si spalancarono un po’ per la sorpresa: c’era un altro topo rispetto a quelli che si era aspettato, un po’ più minuto degli altri.

‘Poco male, un altro futuro inquilino per la prigione’, pensò l’investigatopo.

Il gruppetto, dopo aver rimesso a porto la grata, si avvicinò alla porta della casa, che fu prontamente aperta da nientemeno che il maggiordomo, proprio come Basil aveva previsto.

La banda entrò e l’ultimo chiuse la porta dietro di sé. Basil attese qualche minuto, poi si avvicinò alla porta e vi appoggiò l’orecchio contro. Dall’altra parte non si udiva alcun rumore. Provò a girare la maniglia e l’uscio s’aprì. Molto probabilmente, i ladri si erano voluti lasciare una via di fuga.

L’investigatopo udì una serie di rumori e scalpiccii provenire da alcune stanze vicino a lui ed al piani superiore: evidentemente, la banda si era divisa per agire in fretta. Perché i padroni di casa non stavano facendo nulla?

Il più silenziosamente possibile, Basil andò verso la stanza più vicina e sbirciò dentro. Si rivelò essere il soggiorno e c’era un topo solo, quello più minuto, che sembrava intento a svuotare una vetrinetta della sua argenteria.

Gli si avvicinò alle spalle e fece per colpirlo, ma questo, con uno scatto rapido, si voltò e lo colpì allo stomaco. Probabilmente l’aveva visto nel riflesso dell’anta della vetrinetta. Basil era rimasto senza fiato per via del colpo e non poter fare niente per fermare il malvivente, che lanciò un fischio per richiamare i suoi compari.

Un istante dopo, la casa risuonò di passi affrettati, e la stanza si riempì degli altri criminali, il maggiordomo in testa.

“Bene, bene, bene” disse quest’ultimo “Cos’abbiamo qui? Ah, Basil di Baker Street. Ottimo lavoro Gaspard” proseguì rivolgendosi evidentemente al topo che aveva colpito Basil “Due piccioni con una fava. Il capo ne sarà molto felice. Ha fatto proprio bene a mandarti con noi.”

Gaspard fece un cenno d’assenso con la testa ma non aprì bocca.

Basil, intanto, si era accasciato sulle ginocchia. Non si era aspettato tanta rapidità né tanta forza da un ubriacone di porto. Soprattutto lo confondeva il fatto che questi non avesse approfittato della sua temporanea impotenza per non colpirlo di nuovo. Forse aveva ricevuto degli ordini particolari al riguardo.

Non era comunque il momento di mettersi a fare simili congetture. Doveva trovare il modo di uscire da lì e di farlo libero o vivo. Senza farsi vedere, infilò una mano nella tasca della giacca che indossava e ne trasse fuori una polverina.

Frattanto, i criminali si stavano organizzando:

“Dick, va’ a prendere la corda che troverai nel ripostiglio e legalo. Una volta finita di ripulire questa casa, lo porteremo con noi. Chissà quanto vale.”

Non fece in tempo a dire altro, perché Basil aveva aperto il palmo della mano davanti a sé e vi aveva soffiato dentro. La stanza era stata invasa da una specie di denso fumo grigio e, sfruttando questa condizione, l’investigatopo cominciò a sferrare colpi a destra e a sinistra, cercando di colpire quante più persone poteva. In un’occasione, riuscì persino a far sì che due di loro si colpissero a vicenda.

Ad un certo punto, mentre la polvere si diradava un po’, vide che uno dei banditi stava avanzando contro di lui con un coltello. Riuscì a disarmarlo e a stordirlo. Fece appena in tempo a raccogliere quell’arma, che due braccia lo presero da dietro. Senza pensarci troppo, prese il coltello e colpì il braccio destro del suo aggressore.

Questi urlò, producendo un suono acuto, troppo acuto, che fece fermare Basil per un attimo. L’investigatopo si voltò per fissare il criminale che aveva colpito, il quale si stringeva il braccio sanguinante.

Quando il topo alzò gli occhi, Basil li guardò e gli sembrarono familiari.

Fu un attimo però, perché subito dopo dovette tornare a concentrarsi sugli altri che erano ancora in piedi e che cercavano di colpirlo. La lotta proseguì e Basil dava e riceveva colpi. Quando ormai cominciava a chiedersi se sarebbe riuscito a salvarsi, si udì uno sparo.

Tutti si fermarono e si voltarono verso la porta. Lì, stava un poliziotto con il revolver puntato in aria.

“Cosa sta succedendo qui?” chiese, in tono imperioso.

Un attimo dopo, il topo che Basil aveva ferito al braccio, afferrò un posacenere e lo scagliò contro l’ufficiale colpendolo in pieno volto. Questi ululò dal dolore ed i criminali contro cui Basil stava combattendo riuscirono a far cadere l’investigatopo a terra, a spingere via il poliziotto dalla porta ed a fuggire in strada, seguiti dal loro compagno ferito. Basil si rialzò rapidamente, e corse dietro ai malviventi, solo per vederli dileguarsi in direzioni diverse tra le strade di Londra.

Imprecando, tornò indietro per aiutare il poliziotto con i malviventi rimasti.

Circa un’ora dopo, casa Abercroft pullulava di poliziotti accorsi un po’ per tenere lontana la folla, un po’ dare una mano a capire cosa era stato portato via. Quando, in una delle camere da letto al piano superiore, erano stati trovati i coniugi Abercroft, profondamente addormentati, ed ogni tentativo di svegliarli era stato inutile, era stato chiamato anche un medico. Costui aveva dichiarato che i due erano stati pesantemente sedati, di modo che non si accorgessero della rapina in corso.

Sulla scena era intervenuto anche Laroux, il quale era subito andato da Basil per congratularsi ma, soprattutto, per chiedere spiegazioni.

“Quindi lei sapeva del furto e non mi ha informato? Per quale ragione?”

“Elementare Ispettore. Se le mie prede avessero sentito il rumore provocato dai suoi uomini, non si sarebbero avvicinati. Inoltre, c’era il loro complice dall’interno che controllava la strada. Dovevo agire da solo se volevo sperare di prenderli. Ho solo sbagliato a calcolare un paio di dettagli.”

“Ah, sì, vedo. Quel bel livido sulla sua guancia ne sarebbe il risultato, vero?”

“Le ho già detto che uno di loro sembrava diverso dai suoi compari. Non era un ubriacone, il suo fiato non puzzava di alcool. Inoltre sapeva battersi ed aveva una forza discreta nonostante la statura. Secondo me è un benestante.”

“Un benestante?! Ma non mi prenda in giro!! Per quale ragione un benestante dovrebbe mischiarsi con una tale marmaglia?”

“Se avessi una sfera di cristallo o se sapessi leggere nel pensiero, ora sarei in grado di darle la risposta.” Replicò Basil tagliente.

“Ah, buffo, lei che non sa qualcosa.” Disse Laroux, gongolante.

“Faccia poco lo spiritoso, Ispettore. Era la prima volta che lo vedevo inoltre…”

“Inoltre…” lo incalzò l’ufficiale.

“No, non credo che questo punto le possa interessare. Una quisquilia, davvero.”

“Se lo dice lei… comunque ha fatto un buon lavoro. Tre su sette è un buon risultato. Potrebbe gentilmente suggerirmi come fare a prendere gli altri?”

“Per ora potremo fare ben poco, temo. Ma aspettatevi mie notizie entro domani.”

“Sempre tutti questi misteri!  Arriverà mai il giorno in cui comunicherà le sue intenzioni anche agli altri?”

“E’ quello che mi chiedo anch’io, Ispettore!”

Quella voce…

Basil chiuse gli occhi e deglutì a fondo prima di voltarsi.

Cornelia Blackwood stava camminando di gran carriera verso di lui, seguita da Elizabeth, che aveva un’aria confusa, e da Topson, che invece aveva un’espressione colpevole.

Era chiaro che la ragazza aveva scoperto tutto.

Guardandosi brevemente attorno, Basil si accorse che in molti, Laroux compreso, stavano osservando la scena, aspettando gli eventi.

Mosse dunque anche lui qualche passo verso Cornelia, cercando di fermarla prima che scoppiasse.

“Cornelia, io..” disse cercando di prenderle una mano.

“No”, replicò lei, scostandosi bruscamente “Non sai quanto mi senta arrabbiata e… messa da parte e…”

“Cornelia, la gente guarda.”

“E allora? Che guardino!”

“No, ascolta… meglio se ne discutiamo a casa.”

“Perché? Così la tua reputazione non si rovina?”

“E’ la tua quella che…” Basil si interruppe e prese un bel respiro “Cornelia, ti prego, fidati.”

“E come faccio? Spiegamelo! Dopo che…”

“Cornelia” ora era stata Elizabeth a parlare “ha ragione e tu lo sai. Dai, torniamo a Baker Street. Ne discuterete là.”

La voce dell’amica sembrò calmare la ragazza che annuì rigidamente e, dopo un’ultima occhiata gelida al detective, si incamminò verso Baker Street, a qualche isolato di distanza.

Elizabeth la seguì e la affiancò, mentre Topson rimase con l’investigatopo.

“Basil, io…” provò a spiegare.

“Non fa niente dottore, davvero. Prima o poi l’avrebbe scoperto. Coraggio, andiamo.”

Detto ciò, i due si avviarono verso casa dietro alle due donne.

Lungo il tragitto, nessuno parlò molto. Tutti preferivano rimandare le spiegazioni all’intimità delle mura domestiche.

Ad un certo punto, si trovarono a passare davanti alla casa di Brynna, che si trovava in Paddington Road, una via perpendicolare a Baker Street, Cornelia la superò, senza voltarsi a guardarla, ma Basil si fermò di colpo. Davanti a casa di sua sorella c’era la carrozza del medico Ansmauser, l’unico medico da cui Brynna si lasciava visitare, in quanto marito della sua migliore amica, la signora Selena Ansmauser, Pelham da nubile.

Senza pensarci due volte, deviò dal suo percorso e si affrettò a raggiungere la casa, seguito poco dopo da Topson che, comunque, aveva prima avvertito le due signorine che li precedevano.

Cornelia sbuffò sonoramente: era evidente che Basil era preoccupato, e le dispiaceva, certo, ma era possibile che tutte le volte sua sorella si mettesse in mezzo alle loro questioni?

Oltretutto, era abbastanza sicura che c’entrasse anche lei in quella farsa del Surrey.

Si avviò comunque verso casa di Brynna, seguita da Elizabeth.

Nel frattempo, Basil aveva suonato alla porta.

Erano passati alcuni minuti, che gli erano comunque parsi eterni, poi la cameriera di Brynna, la signora Chivers aveva aperto la porta.

“Signor Basil, cosa vi porta qui?”

“Buonasera signora, ho visto la carrozza del dottor Ansmauser. Posso… possiamo entrare?”

“Ma certo, entrate, entrate pure.”

La governante li fece accomodare nell’atrio e prese i loro cappotti.

“Prego, accomodatevi in salotto.” Disse, dopo aver riposto i cappotti in un armadio lì vicino, ed avviandosi per mostrare la strada.

“Ad essere sincero, preferirei andare a vedere come sta mia sorella.” Rispose Basil, cercando di mantenere la calma: se era intervenuto il dottore doveva trattarsi di qualcosa di serio, Brynna non si faceva visitare per un misero raffreddore.

“Lo capisco, ma il dottore ha chiesto di lasciarlo lavorare con calma e non so quanto la vostra presenza potrà aiutarlo in questo. Le consiglio di aspettare che esca dalla camera della signora.”

“Almeno posso stare nel corridoio lì davanti? Senza entrare?”

La donna sospirò.

“Suppongo di sì. Conosce la strada. Io, intanto, mi occupo dei suoi amici. Vogliate seguirmi, prego.”

Cornelia stava per obiettare, ma le occhiate di Topson ed Elizabeth, che la supplicavano di lasciar perdere, la convinsero a desistere. A malincuore, seguì la cameriera ed i suoi amici in salotto.

Basil, invece, salì le scale fino al piano superiore e si mise fuori dalla camera di Brynna.

Dall’interno, provenivano dei fruscii, la voce bassa del dottore, e qualche colpo di tosse ogni tanto, molto probabilmente da parte di sua sorella.

Dopo alcuni minuti, il dottore uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé. Quando si voltò, incontrò lo sguardo preoccupatissimo di Basil.

“Buonasera dottore, come sta mia sorella?”

Ansmauser sospirò lievemente, prima che le sue labbra si schiudessero in un sorriso.

“Starà bene entro pochi giorni, non vi preoccupate. Ha solo bisogno di riposo assoluto.”

“Ma cos’ha?”

“Ha un po’ di febbre ed una lieve bronchite. A mio parere, o è venuta a contatto con qualcuno già seriamente malato che l’ha contagiata, oppure ha lavorato troppo ultimamente. Converrete che entrambi i casi sono più che plausibili.”

Basil annuì.

“Non faccio che ripeterle di prendersi una vacanza, ma, voi la conoscete, fa orecchie da mercante ad ogni suggerimento mio o di mia moglie.”

L’investigatopo sorrise, poi disse:

“Posso entrare?”

“Certo, ma mi raccomando, non la agitate.”

“Sarà fatto.” Rispose prontamente Basil.

“Allora buona serata. Vado da mia moglie a rassicurarla. Voleva venire anche lei, ma gliel’ho impedito.”

“Buona serata a lei dottore, e porti i miei saluti a Selena.”

“Certo.” Disse il dottore avviandosi giù per le scale. Si fermò però a metà rampa e richiamò l’investigatopo:

“Vi ha chiamato la signora Chivers?”

“No, passavo di qua ed ho visto la vostra carrozza.” Rispose Basil.

“Capisco. Beh, vi lascio a vostra sorella allora. Ricordate quanto vi ho detto.”

“Certamente dottore.”

Dopo questo scambio di battute, entrambi gli uomini presero la loro strada: il dottore andò verso l’uscita e Basil entrò in camera di sua sorella.

La stanza era illuminata dal un abat-jour posta accanto al letto.

Brynna giaceva nel letto con la coperta tirata fino al collo, con gli occhi chiusi, il respiro affannato e tremante, un’espressione un po’ dolorante sul volto. Quando il fratello le si avvicinò, però, aprì gli occhi e gli sorrise.

“E’ mai possibile che io non possa avere un piccolo svenimento senza che tu appaia subito?”

“Sei svenuta?!” esclamò Basil.

“Ah, non te l’avevano detto eh? Beh, ora lo sai, siediti.” Gli rispose lei, spostandosi un po’ per lasciare posto al fratello sul bordo del letto. Lui lo occupò prontamente.

Per un po’ cadde il silenzio tra i due. Pur nella sua stanchezza, fu Brynna ad interromperlo.

“Che faccia preoccupata, cos’è successo? Qualche problema con il caso?”

“Scusa sai, se mi sono preoccupato per te. Comunque il caso è risolto e, entro domani notte, catturerò tutta la banda.”

Tutta la banda? Vuoi dire che li hai colti con le mani nel sacco e alcuni ti sono scappati?”

“Sì. Erano in sette ed uno di loro è anche quasi riuscito a sopraffarmi. Era un piccoletto, assai agile e, a giudicare dal timbro della voce quando l’ho colpito con un coltello, doveva essere piuttosto giovane.”

Il volto di Brynna si contrasse in una smorfia.

“Che c’è? Hai dolore?” le chiese lui, preoccupato.

“No” rispose lei secca “Tu avresti ferito un ragazzino?”

“Mi aveva preso per le braccia, dovevo liberarmi in qualche modo.”

“Correggimi se sbaglio, ma non avevi imparato le arti marziali per non rischiare di ferire seriamente qualcuno tranne, te lo concedo, in situazioni estreme?”

“Ma questa era estrema! Erano in sette ed io ero solo!”

“Allora non avresti dovuto andare da solo e…”

La donna cominciò a tossire violentemente, tanto che Basil tentò di avvicinarsi per aiutarla a mettersi seduta, ma lei lo fermò, dicendo tra i colpi di tosse:

“Faccio.. cough cough… da sola… cough cough… prendimi… cough cough… un po’ d’acqua… cough cough… per favore…”

Basil si affrettò ad eseguire, voltandosi verso il comodino dove c’erano una caraffa d’acqua ed un bicchiere, e riempiendo il seconda con il contenuto della prima.

Quando si voltò di nuovo, Brynna era seduta, con una coperta, che aveva recuperato da una sedia accanto al letto, avvolta intorno alle spalle. La tosse era calata un po’, ma le aveva lasciato il respiro più affannato di prima.

Basil le porse il bicchiere, che lei afferrò con la zampa sinistra.

‘Strano’ pensò l’investigatopo ‘lei è destrorsa.”

Quando la donna ebbe svuotato il bicchiere, lo porse al fratello che lo rimise al suo posto. Fatto questo, tornò al letto, dove trovò la sorella di nuovo sdraiata sotto le coperte.

“Cambiamo discorso, ti va? Temo che le mie prediche non siano così temibili quando sono in questo stato.”

“Hai ragione, anzi, scusa, avrei dovuto evitare l’accenno all’episodio. Ansmauser mi ha raccomandato di non agitarti.”

“Il solito. Allora, non hai qualcosa di più rilassante, o divertente, da raccontarmi?”

“In generale di no, anche se…”

“Sì?” lo incalzò lei.

“Ecco, so che questa ti piacerà tanto quanto ha agitato me.”

“Racconta.”

“Cornelia, Topson ed Elizabeth sono al piano di sotto.”

Cadde il silenzio, che durò per alcuni istanti nei quali Brynna assimilò la notizia e cosa comportava.

“Vuoi dire che ha scoperto tutto ed è tornata prima?”

“Proprio così.”

Brynna sospirò.

“Io te l’avevo detto di lasciare che ci pensassero alcuni membri del mio cast. Sarebbe stato perfetto.”

“Forse, ma speravo che Topson la trattenesse abbastanza. Comunque, stasera me la sono trovata davanti sulla scena del crimine dopo lo svolgimento dei fatti. Puoi immaginarti com’era arrabbiata.”

“Ahia, più che altro riesco ad immaginare il discorsetto che ti aspetta quando sarai tornato a casa. Oltretutto, sei passato di qui, dando la tua priorità a me e non a lei, e questo, di certo, non gioca a tuo favore.”

“Che dovevo fare? Non passare nemmeno? Per quel che ne sapevo potevi essere in punto di morte, dato che c’era Ansmauser in casa.”

“Esagerato. Comunque mi fai sentire in colpa così. Senti, se vuoi puoi avvicinarti un po’ al prossimo attacco di tosse, così magari ti ammali e lei sarà costretta a rimandare la discussione, magari se la dimenticherà persino.”

“Piano ingegnoso, ma no grazie. Anzi, temo che dovrò andare, non ti dispiace, vero?”

“Mi dispiacerebbe di meno se tu stessi salendo sul patibolo, credimi.”

Basil rise e si chinò per baciare la fronte di sua sorella.

“Attento a non farti vedere da Cornelia, potrebbe ingelosirsi.” Lo canzonò la sorella.

“Di chi? Di te? Assurdo.”

“Credi che non lo sia già? Ti strappo sempre via da lei, in un modo o nell’altro.”

“Sei mia sorella e di questo dovrà farsene una ragione.”

Brynna sospirò per l’ennesima volta.

“Sherringford, ascolta bene ciò che ho da dirti, perché lo dirò una volta sola: se deciderai di sposarla, dovrà essere lei la tua priorità, sempre e comunque, capito? Un matrimonio non è come essere fratelli, bisogna impegnarsi ogni giorno per mantenerlo vivo. Io ti voglio bene ed anche lei te ne vuole, ma questo non può bastare. Lei ti deve amare e tu devi ricambiare e darle buone, anzi ottime, motivazioni per farlo.”

“Già, perché tu, su questi principi, hai avuto un bel matrimonio, vero?”

Troppo tardi Basil si accorse di ciò che aveva detto.

Il volto della sorella si rabbuiò.

“Sai bene perché mi sono sposata con quel… non riesco nemmeno a definirlo, perciò non te lo ripeterò. A buon intenditor poche parole, come si suol dire. Ora sarà meglio che tu vada. Non vorrai aggravare ulteriormente la situazione. Lascia che ti dica un’ultima cosa comunque. Non potrai allontanarla sempre come hai fatto questa volta quando sarai immerso nelle tue indagini. Arriverà il momento della scelta: rinuncerai alla tua professione o a lei. Ora va’.”

“Brynna, io..”

“Grazie per la visita, ora fammi il favore di uscire da qui.” Lo interruppe la donna, voltandosi dall’altra parte rispetto al fratello.

Basil, sospirando, si alzò e, dopo un ultimo sguardo rivolto alla figura della sorella, uscì dalla stanza.

Quando uscì di casa, insieme ai suoi amici, e l’aria fredda della notte lo investì, pensò che quella era certamente una giornata da dimenticare, e che doveva trovare il modo di scusarsi con sua sorella.

In fondo, era per colpa sua che si era sposata con quel topo. Era colpa sua se quella relazione l’aveva quasi uccisa.

Scosse la testa e proseguì lungo la strada.

Dalla finestra di camera sua, Brynna lo osservava stando in piedi, con una coperta intorno alle spalle che lasciava intravedere appena la fasciatura al braccio destro.

Una singola lacrima le solcò la guancia, lacrima che lei si affrettò ad asciugare con un gesto stizzito, prima di ritirarsi nella camera e di mettersi a letto.

FINE DEL CAPITOLO

Mamma quanto è venuto lungo questo capitolo. E’ valso l’attesa? Spero di sì.

A presto con il prossimo.

Bebbe5

  

 

  
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