Titolo: Something Wrong
Autore: medesima sottoscritta
Fandom: Transformers Prime
Personaggi/coppia: Human!Arcee/Human!Megatron
Rating: + 14
Conteggio parole: 1988
Avvertenze: AU, oneshot, introspettivo, sentimentale
Note:
Questa oneshot è ambientata con i personaggi dell'ultima
saga sui
TF, ossia Prime, doppiata in modo pessimo in italiano dalla carissima
Mediaset. Una saga questa che mi ha colpito molto in senso positivo
(con una trama decisamente più matura rispetto alle altre
serie). La
coppia è assolutamente crack, per di più
umanizzata, però ho
iniziato a fantasticarci su dall'episodio 25 (quello dove lui le fa
l'inchino). La canzone che ho sfruttato è Wrong dei Depeche
Mode.
Ps: la storia partecipa alla “Gift Boxes Challenge”
di Fanworld
con il prompt: Vischio, “certe cose non si sciolgono
così
facilmente”
I took the
wrong road
That led to the wrong tendencies
Se c'era una cosa che
Arcee amava più di ogni altra cosa durante le sue meritate
ferie,
era di portarsi il lavoro extra a casa senza che ce ne fosse reale
bisogno.
Libri di contabilità,
scartoffie varie e pure interi scatoloni da archiviare, lei da brava
stagista in cerca di un impiego fisso lavorava sodo per mostrarsi
come la migliore qual era effettivamente. Aveva trovato assunzione in
una delle più potenti – nonché discusse
– società della sua
città di origine, ma non è che lavorare per i
Decepticon la
rendesse propriamente felice.
Anzi, se non fosse stato
un momento di crisi economica avrebbe ben volentieri declinato
l'offerta di assunzione, però poi come avrebbe fatto con le
bollette
della luce, il vestiario e tutto il resto?
L'appartamento dove viveva
– tra l'altro in un buon quartiere – non provvedeva
ad auto
mantenersi da solo, non era un robot, e lei aveva comunque bisogno di
lavorare.
I suoi amici oltretutto,
le avevano dato coraggio di non arrendersi qualora in ditta si fosse
trovata a che fare con gente piuttosto subdola – e ce n'era
parecchia tra l'altro – ma quel piccolo particolare di lei
che si
sobbarcava di lavoro anche durante le feste Natalizie loro proprio
non o sapevano.
Per Arcee tuttavia era di
fondamentale importanza tenersi occupata la testa. Di poter avere
sempre qualcosa da fare se non voleva cadere preda della sua peggior
nemica: la frustrazione.
La giovane donna aveva
motivi colossali per essere stressata costantemente. Il punto
sostanziale era che trovava ridicolo che per ogni momento di
felicità
che viveva, il destino – o forse era meglio dire il caso
– glielo
strappasse sempre via nei modi più traumatici.
Per di più era la vigilia
di Natale, un giorno che sostanzialmente aveva smesso di apprezzare
all'età di otto anni e aveva perso definitivamente di
significato
una volta diventata adulta.
Accettava tale ricorrenza
solo quando la festeggiava assieme ai suoi amici – cosa che
avrebbe
fato domani – e per senso del dovere si sentiva di dover
addobbare
casa in festa con i soliti addobbi polverosi e ormai datati. Solo il
vischio era sempre nuovo – lo comprava dal fiorista sotto
casa sua
– e puntualmente lo piazzava sopra la porta del suo
appartamento
unicamente per dovere di tradizione.
Era convinta che ci fosse
qualcosa di sbagliato nel suo stesso io, o forse nella sua stessa
personalità orgogliosa, se si attirava così tante
sfighe e tanti
problemi da dover gestire. Ma era straordinario che riuscisse spesso
a superarli, quindi avrebbe superato quel Natale convinta che nessun
problema avrebbe potuto fermarla.
Seduta in modo scomposto
sul divano del suo piccolo soggiorno – e con indosso un
pigiama blu
di due taglie più grande della sua – Arcee
sorseggiava
distrattamente del caffè caldo mentre osservava dei registri
di
contabilità aperti sul grembo, facendo scorrere i suoi occhi
azzurri
per tutte quelle fitte scritte con fare minuzioso e professionale.
Era la vigilia di Natale e
alla televisione stavano dando un programma di cucina sulle ricette
adatte al periodo di festa. Non che stesse realmente ascoltando
ciò
che lo chef stesse dicendo – alle volte alzava lo sguardo ma
solo
per memorizzare meglio gli ingredienti da sfruttare nel caso avesse
deciso di fare lei qualche dolce, ma la cosa finiva li –
però la
televisione l'aiutava a rilassarsi mentre svolgeva del lavoro non
richiesto.
Si era comunque prefissata
di andare a letto presto e di non perdere del tempo sul lavoro extra
fino alle due di notte. Domani mattina l'aspettava una sveglia alle
sette per passare prima dai parenti e dagli amici poi nel pomeriggio.
L'aspettava una giornata di abbuffate e puro caos che solo i fermenti
lattici alla sera avrebbero dato una tregua al suo stomaco delicato.
Ma tutto sommato le andava
bene così.
Quando però dalla porta
d'ingresso avvertì nitidamente il trillo del campanello
– ed era
sicura fosse il campanello della sua porta e non quello del portone
del palazzo – si ritrovò quasi a rovesciarsi
addosso il caffè
bollente per quell'interruzione nella sua routine decisamente poco
gradita e inaspettata.
Tra l'altro, dopo neanche
qualche secondo di attesa che prevedeva una risposta dal proprietario
di casa – cioè lei ancora colta di sorpresa
– lo stridulo
campanello tornò a farsi risentire.
“Oh... Arrivo! Un
momento!”
sbuffando seccata, Arcee
posò la tazza sul tavolino dinnanzi a dove si trovava e,
conscia di
essere in pigiama e di avere un aspetto piuttosto
“casalingo” –
i corti capelli scuri erano in disordine, e le sue ciocche tinte di
rosa avevano un colore fin troppo sbiadito –
andò verso
l'ingresso a due passi dal soggiorno per vedere chi fosse lo
scocciatore di turno.
Quando arrivò ad
osservare dallo spioncino però, dovette sussultare mentre un
brivido
poco gradito le scendeva giù dalla schiena alla vista di chi
ci
fosse oltre la sua porta di casa.
Ora capiva perchè alla
reception nessuno avesse osato fermare l'individuo che ancora
aspettava che gli venisse concessa udienza. Nessuno poteva fermare un
uomo che portava il nome di Megatron – nome costruito nel
tempo
anche se all'anagrafe il suo nome era il più marcato
Megatronus –
leader indiscusso della ditta in cui lei, purtroppo, lavorava come
stagista da oltre un mese.
Anche se il desiderio era
tanto quello di ignorare la sua chiamata esigente, non poté
ignorare
il fatto che fuori dalla porta c'era quella figura imponente e
minacciosa – avvolta in un cappotto piuttosto costoso tra
l'altro –
che l'attendeva per chissà cosa. Era il suo capo, non poteva
fare
brutta figura così in fin dei conti, anche se aveva tutte le
motivazioni del mondo.
Esitando ancora un poco
per questo, si decise ad aprire la porta del tutto con molta calma.
Il rosso delle iridi di
Megatron andò immediatamente a scontrarsi con l'istintiva
durezza
degli occhi della donna, ignorando completamente come fosse conciata,
che più che in qualsiasi altro momento ricordavano il
ghiaccio più
puro e duro.
Lo sguardo del direttore
tuttavia, per quanto era come se guardasse ogni volta attraverso le
rocce, non tradiva particolari emozioni verso la stagista che ancora
attendeva una risposta da lui.
“Signore...” lo esortò
Arcee, quasi con acida ironia.
“Arcee... credo che
questo tu lo abbia lasciato nel mio ufficio”
il tono cupo così come
cupa è la notte parve quasi farle una ramanzina d'altri
tempi, con
sguardo però minaccioso e paziente quel tanto che bastava
perchè
davanti ad una donna, nel mentre che dall'interno del cappotto si
sfilava una busta gialla di pratiche che la giovane era solita
controllare durante le feste natalizie.
Quando la vide non poté
non sgranare gli occhi azzurri a quella sua assurda dimenticanza. Gli
aveva assicurato che si sarebbe occupata lei di quei documenti,
così
come di tutti gli altri che si era portata a casa e in cui sperava di
trovare riparo dalla frustrazione tanto odiata.
Mordendosi il labbro
inferiore prese in mano quella busta con molta cautela da quelle del
direttore inguantate di pelle nera – piuttosto costosa
– cercando
di sopprimere un crescente brivido e un ancor peggior imbarazzo per
la situazione ridicola e per la sua spudorata sfacciataggine di aver
profanato quel tempio sacro che la donna chiamava “casa
mia”.
“Si... mi scuso per il
disagio che le ho causato e farò il mio meglio per...”
c'erano sostanzialmente
due cose che Arcee aveva trascurato nell'arco di quei pochi minuti.
La prima era una domanda
che si sarebbe dovuta forse porre quando Megatron
aveva
suonato alla sua porta. Perchè scomodarsi lui a portarle
quella
roba, tra l'altro non abitavano neppure a pochi metri, quando avrebbe
potuto mandare uno dei suoi adorabili scagnozzi – come ad
esempio
Starscream che non perdeva mai occasione di importunarla –
per
consegnarle cose a dir poco futili.
La seconda era una
autentica dimenticanza che si trovava proprio sopra la sua testa.
Il vischio la giovane
donna lo aveva sempre messo solo per tradizione e null'altro,
tuttavia il fatto che Megatron si fiondò come un cacciatore
sulle
sue labbra la colse quasi impreparata se non addirittura spaventata.
Il suo capoufficio non le
aveva mai dato idea di essere un individuo che credesse a qualsiasi
tradizione o religione, pertanto, era risaputo che ciò in
cui
credeva era nelle sue stesse capacità sul campo lavorativo.
In quel
momento però non stava semplicemente onorando una tradizione
romantica.
Ora, i due punti
precedentemente detti letteralmente potevano scomparire dalla testa
di Arcee per il semplice motivo che i due, oltre a essere stagista e
direttore, erano sfortunatamente due amanti ben
collaudati.
Per impedirle di
ribellarsi, Megatron fu abbastanza veloce da prenderle i polsi
–
nell'esatto momento in cui la baciò – stringendo
quel tanto che
bastava per far sentire la propria autorità per non
facendole del
male, e portando l'inutile busta stretta in mano della giovane a
cadere per terra.
L'espressione sconvolta
dalla sorpresa di Arcee mutò lentamente in un misto di
passione e
rabbia, chiudendo gli occhi e assaporando ogni istante di quel bacio
tanto possessivo quanto delicato.
Si sentiva strana ogni
volta che finiva così o anche peggio – con loro
due che finivano a
letto assieme – e non poteva nel suo orgoglio non pensare di
commettere la cosa più sbagliata al mondo.
Da un lato detestava lui e
tutta la sua crudeltà, dall'altro lato non sapeva
resistergli per un
motivo che le era difficile da spiegare e neppure dire, visto il modo
in cui la sua lingua giocava con quella del suo principale.
Finito con quel bacio che
quasi sapeva di prepotenza, la donna non poté non arrossire
con
violenza cercando di evitare il suo volto di uomo maturo corrompersi
di un sottile e perfido sorriso.
“Certe cose non si
sciolgono così facilmente... eh?!”
l'irriverente battuta di
Megatron sibilata ad un soffio dal volto della sua amante con
sincera, e divertita, perfidia, andava a sottolineare la spesso poca
malleabilità che la donna mostrava sul posto di lavoro. Come
una
stalattite di ghiaccio pareva inflessibile alla battutine di scherno
dei colleghi suoi rivali naturali, eppure tra le sue braccia si
tramutava in una creatura irresistibile.
Di tutta risposta Arcee
ebbe il coraggio di guardarlo dritto negli occhi cercando di
ammonirlo o quantomeno di scrutarlo male. Avrebbe anche ben
volentieri berciato che non doveva permettersi di venire a casa sua e
profanare il suo sacro tempio del disordine e della
comodità, cosa
tra l'altro sacrosanta, eppure non riuscì più a
dirgli nulla, se
non solo parlando a gesti. Un effetto completamente sbagliato, che la
faceva sentire sbagliata, ma che Megatron aveva iniziato ad
esercitare su di lei con un fascino tutto suo.
I suoi amici sapevano che
detestava il proprio lavoro ma che non poteva farne a meno
perchè
uno dei pochi decenti che potevano darle profitti in futuro. Ma
dubitava fortemente che avrebbero compreso che in lei si era accesa
una passione così malsana eppure così
irresistibile da travolgerla
e farle dimenticare – anche solo per brevi istanti
– tutti i
problemi che l'avvolgevano in un sentimento che Arcee si rifiutava di
definire amore. No, avrebbero compreso tutto meno
che quella
sua relazione clandestina con Megatron.
Un particolare che da un
lato la faceva sentire piuttosto frustrata – sentimento
questo che
però non esisteva quando passavano del tempo sotto le
lenzuola – e
motivo tra i tanti che la portava a portarsi il lavoro extra a casa.
Ciò che successo dopo la
portò a maledire quel dannato vischio poiché si
lasciò spingere
delicatamente in casa propria da un uomo che voleva festeggiare la
vigilia con la propria piccola, chiudendosi a chiave la porta
d'ingresso e con esso abbandonando il ramoscello che tanto –
genialmente – lo aveva giustificato dal restare ed osare
fermarsi
li per una notte.
Cingendogli con le braccia
il collo possente e tornando a deliziarsi della sua bocca possessiva,
Arcee si ritrovò a mettere nel proprio catalogo mentale
anche il
Natale come sfiga assoluta della propria vita.