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Autore: LaMicheCoria    10/12/2011    3 recensioni
Credere di essere dei mortali, quale follia.
Il tempo si vendica sui nostri corpi senza età, dandoci un cuore che batte nell’illusione, emozioni che si crogiolano e si modellano nella volontà dei popoli, sentimenti che ci sfuggono non appena abbiamo l’impressione di averli fra le mani.

[PruAus]
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Germania/Ludwig, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Incongruenza di Egocentriche Melodie'
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Titolo: Uninstall
Autore:  Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Giallo

Genere: Slice of Life, Drammatico, Angst
Avvertimenti: One Shot, Missing Moments, Shonen-Ai
Personaggi: Gilbert Beilschmidt/ Prussia, Roderich Eldestein/Austria, Ludwig/Germania

Pairing: PrussiaxAustria
Trama: Credere di essere dei mortali, quale follia.
Il tempo si vendica sui nostri corpi senza età, dandoci un cuore che batte nell’illusione, emozioni che si crogiolano e si modellano nella volontà dei popoli, sentimenti che ci sfuggono non appena abbiamo l’impressione di averli fra le mani.
Dedica: a Silentsky e a Rota.
Note: Tutto è nato da QUESTO video. E, sì, lo so che nel video il protagonista è America, ma che volete farci? XD
Mettiamoci anche il mio umore di traverso e il gioco è fatto.
La musica di sottofondo è, appunto, Uninstall. Cui appartengono i versi finali.
Soprattutto, mi piacerebbe sapere a chi, secondo voi, appartengono il monologo iniziale e quello finale. Tranquilli, non c’è una risposta giusta XD Solo, volevo raccogliere le vostre impressioni:3. Ah! Ad un certo punto, Austria parlerà dell'Anschluss. Ora, nell'anime e nel manga, lo si vede spadroneggiare in casa di Germania...mi sono presa una sorta di "licenza", cercando di vedere anche il lato meno..hetaliano? della cosa. Spero non me ne vorrete per questo.
L’immagine viene da QUI.

 

 

 

 

 

 

Uninstall

 

A volte, si ha l’impressione di essere dei comuni mortali.
Di odiare, come dei comuni mortali.
Di
amare, come dei comuni mortali.
Ti culli nell’abbraccio del tuo amante. Assapori il sangue del nemico che ti bagna le labbra.
Pensi che, a dividerti dagli esseri umani, ci sia solamente quell’effimera essenza chiamata “
Tempo”, un susseguirsi incessante di momenti di cui, come Nazione, non ti importa poi molto.
Cosa sono i giorni, quando i secoli si inchinano al tuo cospetto? Cosa la vecchiaia, quando il solo raggrinzire cui assisti è quello delle  foglie degli alberi, ad ogni stagione che muta, immobile, nel corso degli anni?
Ti ritrovi così nella convinzione di essere qualcosa a metà tra mortale e Nazione: un gradino al di sopra dell’uno, abbastanza in alto per sfiorare l’altro con un dito.
Nel sole che abbaglia l’orizzonte ad ogni nuova alba, sei convinto che il tuo amante non svanirà mai, che nel calore delle sue labbra non smarrirai il cammino.
E intanto non ti accorgi che quello stesso corpo, così stretto al tuo, si fa livido, la bocca gelida, e l’ansito strappato alla sua gola non è un gemito di piacere, ma un singulto sorpreso e inorridito.
Perché se sei una Nazione, amare non è proibito.
E’
impossibile.
Nel volgere di un istante l’amante è nemico, e come tale va ucciso, affondandogli il coltello nel petto, laddove fingevi che il suo cuore battesse solo per te.
Nello schiocco di un proiettile, il nemico diventa amante, e come tale va desiderato, spingendolo tra le coltri, ignorando il pugnale che già scintilla scarlatto accanto a voi.
Un continuo moto di contrasti, un circolo di contraddizioni che si perpetua all’infinito, in quell’eternità che muta grottesca da dono a maledizione, senza darti il tempo di capire quale delle due facce sia la vera.
Fino a quando ti ritroverai smarrito a passarti la lingua sulle labbra, chiedendoti se il sangue che le macchia sia il ricordo di una battaglia o il morso fin troppo audace di un amante. Fino a comprendere, con sommo orrore, che una possibilità non esclude necessariamente l’altra.
Credere di essere dei mortali, quale follia.
Il tempo si vendica sui nostri corpi senza età, dandoci un cuore che batte nell’illusione, emozioni che si crogiolano e si modellano nella volontà dei popoli, sentimenti che ci sfuggono non appena abbiamo l’impressione di averli fra le mani.
Ciò che il tempo non toglie al nostro corpo, lo strappa alla nostra mente.

 

 

***

 

 

-Österreich..Le Nazioni scomparse possono reincarnarsi?-

 

Roderich l’aveva sentito, sì, un brivido corrergli lungo la schiena.
Aveva fissato Ludwig in volto, consapevole che ogni tentativo di nascondere il proprio stupore, e anche la propria paura, fosse inutile. La mano che reggeva la tazza aveva tremato così tanto che parte del tea si era rovesciato sul tavolo; aveva a stento trattenuto un’imprecazione ed era bastato lo sguardo esterrefatto di Hans –chiamato a pulire quel disastro imperdonabile- a fargli capire quanto fosse necessario che riprendesse il controllo.
In Austria si era fatta strada la convinzione che mai e poi mai avrebbe dovuto aprire la porta a Germania, invitandolo ad entrare –seppur a denti stretti. Aveva giurato a se stesso che, fino a quando gli fosse stato possibile, avrebbe tenuto la Nazione Tedesca lontano, lasciandolo in pasto a quegli stessi Alleati che, fino a poco tempo prima, occupavano anche la sua, di casa1.
I ricordi dell’Anschluss non erano svaniti, ma come fantasmi levavano al cielo gemiti lugubri e polverosi, costringendo Roderich a svegliarsi nel cuore della notte, boccheggiante e coperto di sudori freddi.
Aveva giurato, si era ripromesso di non farlo entrare, ma erano bastati gli occhi disperati di Ludwig e il suo volto pallido perché il freddo proposito venisse meno.
E così, Roderich si era fatto da parte e lo aveva invitato a prendere una tazza di tea, perché si scaldasse.

Vienna è fredda in questa stagione, gli aveva detto.
Che fossero appena gli inizi di settembre, entrambi lo avevano volutamente ignorato.

 

 

-Non lo so, Deutschland. Tante teorie, nessuna prova-

 

Ed era vero.
Lui stesso aveva trovato indizi, fatto ipotesi, ma non aveva mai avuto la prova che una Nazione, una volta scomparsa, potesse reincarnarsi in un’altra, di nuova formazione, con cui avesse legami di tipo politico o territoriale.
Austria aveva cercato in ogni modo di provare la validità della teoria che Sacro Romano Impero si fosse trasformato in Germania, ma l’amnesia di Ludwig non si poteva tralasciare tanto facilmente, neppure per il carattere così simile, nemmeno per l’aspetto fisico.
Aveva passato giorni e notti a dare un volto a quella sensazione, a quella speranza che aveva visto riflessa negli occhi di Italia la prima volta che aveva posato lo sguardo su Ludwig. Era arrivato ad addormentarsi sullo scrittoio della propria camera e Prussia, quel becero e rozzo essere votato solo all’auto-glorificazione e alla guerra, lo aveva trasportato di peso fino al letto, fra le lenzuola e i guanciali.
A ripensare a quella notte, Roderich poteva ancora sentire il Danke che Gilbert aveva sussurrato al suo orecchio prima di spegnere la lampada ad olio..

 

-Io credo che..lui sia vivo-

 

 

Gott, perché? Perché lo aveva fatto entrare?
Aveva fissato Germania per degli istanti che si erano dilatati tanto da sembrare ore; l’aveva guardato con sfida, odio, disprezzo, ma Roderich non poteva negare di aver sentito anche una scintilla di speranza accendersi dentro di lui,
Una fiammella che fino a quel momento aveva tenuto nascosta sotto le ceneri, nel duplice tentativo di celarlo alla vista e al contempo mantenerlo vivo per quando –e se- fosse arrivato il momento.

 

 

-Devi averli sentito anche per forza anche tu, Österreich-

 

 

No, non l’aveva fatto.
Non si era più  permesso di pensare a qualcosa che non fosse il bene per il proprio popolo. Aveva scelto la neutralità, si era distaccato da quei problemi che erano stati per troppo tempo causa di ogni suo male2.
Si era rinchiuso in una torre eburnea, aveva sbarrato le porte della propria residenza non appena l’ultimo Alleato era uscito da lì, e si era seduto a suonare il piano, escludendo qualsiasi suono che non fosse il vento tra le foglie del giardino, ogni odore che non fosse quello della sacher torte preparatagli dal fedele Hans, ogni emozione che non fosse quella di una nota vibrante, limpida, nel chiarore del sole austriaco.
Aveva suonato d’estate, col sudore che colava lungo le tempie. Aveva suonato d’autunno, accompagnando Chopin al crocchiare delle foglie cadenti. Aveva suonato d’inverno, con le dita intirizzite e sanguinanti. Aveva suonato di primavera, prendendo un sospiro di sollievo nel mondo che rinasceva al di là delle ampie vetrate.
Aveva rinunciato al mondo esterno. Germania, con quelle sue parole smozzicate tra le labbra, lo aveva costretto a riaffrontare la realtà.

 

-Non so di cosa tu stia parlando, Deutschland-

 

 

Non voleva saperlo. Non aveva alcuna intenzione di saperlo.
Alla malora, esci da questa casa, non farti più vedere, ecco cosa avrebbe voluto urlargli, mandando in frantumi ogni rimasuglio di aristocrazia che ancora si ostinava a portare, quell’ombra di Impero cui ancora si aggrappava a difesa della propria nobiltà.
E invece..e invece si era ritrovato invischiato in quella ragnatela tessuta ad arte dalla disperazione e dalla folle speranza della Nazione Tedesca.
Si era ritrovato nel mezzo della lingua di grigio asfalto berlinese, sotto un cielo plumbeo gravido di neve e impregnato del suo sapore dolciastro.
A fissare, lontano, quel denso filo nero teso all’orizzonte.

 

 

-Lo sai, invece. Io non mi sento più la Germania, Österreich.
Non tutta, almeno.-

 

 

 

Le persone si fermavano a guardarlo, sorprese e incuriosite dal suo comportamento.
Roderich non muoveva un muscolo, a stento respirava; le mani, chiuse a pugno, tremavano e non per il freddo della città: la tensione che traspariva dal volto livido si propagava lungo tutto il suo corpo con la forza ed il crepitio di scariche elettriche.
Davanti, nero contro il cielo intessuto di nuvole grigie, si stagliava il Muro; al di là di esso, un mondo indefinito di neve, sangue e vento.
Dietro, bianca contro il cielo imbevuto d’azzurro, splendeva la sua dimora di Vienna; dentro di essa, cullato da una sinfonia di Mozart, c’era un mondo di cristallo, melodie, e disillusione.
Austria si morse le labbra, chiuse gli occhi. Serrò i pugni, strinse la mascella.
E fece la sua scelta.

 

 

-Ma non capisci, Österreich?! Prima era solo nebbia,
solo un’ombra!3-

 

 

Un colpo, un altro, un altro ancora.
Roderich trattenne un gemito di dolore, colpendo il Muro un’ultima volta; poggiò la fronte contro quella superficie così fredda, i guanti scheggiati di grigio e strappati in più punti.
Scivolò in ginocchio, dando ancora un debole pugno.
L’aria si fece d’improvviso più fredda, tanto da costringere Austria a stringersi nelle spalle; batteva i denti e le guance erano chiazzate di rosso, per la fatica e per il vento che ruggiva sopra Berlino.
-C..chi bussa?-
Roderich sgranò gli occhi e alzò di scatto la testa.

 

-Ora lo so! Ora è vero!-

 

 

Austria si rimise in piedi, incerto sulle gambe.
Boccheggiò, incapace di capire cosa fosse verità o cosa solo un’illusione dovuta al dolore; strinse le mani in una morsa, soffiandovi sopra per liberarle dal gelo. Chiuse gli occhi e rimase in quella posizione per alcuni minuti, il corpo teso, pronto a captare qualsiasi..
-S..sei tu, bruder?-
E Roderich si lanciò in avanti, incespicando e accasciando contro il Muro, riprendendo a colpire.
 

-E’ vivo!-

 

 

-Gilbert!-
Ancora un pugno e le nocche dei guanti si strapparono definitivamente. Una scossa di dolore e Roderich ritirò la mano, ritrovandosi con la stoffa lacera e la pelle chiazzata di sangue.
Non se ne diede pena: i guanti si riaggiustavano, le ferite guarivano.
-Damerino?- una risata gracchiante dall’altra parte del Muro –M..ma proprio tu, fra tutti? Ah! D..dovrò ricordarmi di portare i suoi saluti a Elizabeta..4-
Austria, suo malgrado, sorrise. In fondo non doveva preoccuparsi: Gilbert non poteva vedere quella sottospecie di ghigno. Scosse la testa, per l’amarezza così divertente di quel pensiero.
-C..cosa ci fai qui?-
-Tuo fratello aveva sentito. Aveva capito- Roderich poggiò la mano sulla facciata del Muro –Sapeva che non potevi essere morto-

 

-E’ rinato, Österreich-

 

 

-Sono troppo Magnifico per morire, d..dovresti saperlo-
-Ho seri dubbi a riguardo, lo sai bene-
-Tsk. Austriaci-
-Prussiani- fu il commento piccato di Roderich –Se sei davvero Magnifico- la voce divenne più bassa, un fioco sussurro inghiottito dal vento -Vedi di tornare da questa parte-
Silenzio.
-Io appartengo a lui, ora-
Austria serrò la mascella e strinse i pugni.
-Questo Muro cadrà, Gilbert- sibilò –Cadrà. Non può durare per sempre-
C’era speranza, nelle sue parole. La stessa che aveva animato gli occhi di Germania, ora si riversava nella sua voce, rendendola affettata, alta, colma di urgenza.
Sapeva che sarebbe stato così. Il Muro sarebbe crollato e in quel preciso istante Gilbert avrebbe varcato il confine che divideva Berlino, tornando ad essere il becero prussiano che era sempre stato. Sarebbe tornato a casa. Da Ludwig.
Sarebbe tornato da lui.
Doveva solo aspettare. Le idee degli uomini non durano per sempre e cosa sarebbe stato per lui, l’Austria, una manciata di anni? Per lui, che viveva da secoli? Il tempo si inchinava al suo cospetto, obbediva ai suoi voleri e al suo comando.
Sì, doveva solo aspettare. Il Muro sarebbe caduto. Non poteva durare per sempre.
Un’altra gracchiante e amara risata.
-E quando succederà, quando le due Germania saranno di nuovo unite..- un brivido inspiegabile corse lungo la schiena dell’austriaco -Ci hai pensato? Quando succederà..che ne sarà di me?-
Roderich cadde in ginocchio, una mano sul Muro e lo sguardo rivolto al cielo.
Ogni parola venne fatta a brandelli dalle fauci del vento.
La pioggia cominciò a cadere.

 

 

 

-Rinato come Germania dell’Est-

 

 

 

 

Il tempo si vendica sui nostri corpi senza età, dandoci un cuore che batte nell’illusione, emozioni che si crogiolano e si modellano nella volontà dei popoli, sentimenti che ci sfuggono non appena abbiamo l’impressione di averli fra le mani.
Ciò che il tempo non toglie al nostro corpo, lo strappa alla nostra mente.
Esso fa scivolare una stilla d’umano istante sulle nostre labbra, ma nemmeno un attimo che quell’illusione di vita e libertà è già svanita.
E a una Nazione che vuol vivere fingendo la propria esistenza, non resta che tendersi corpo e anima, nella speranza di gustare –anche solo per un momento- il suo effimero sapore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

{  I am devoid of any feelings,
Except an impulse to destroy everything and anything.
Since I can't even choose the season of my passing... }

Uninstall, Chiaki Ishikawa

 

 

 

 

Note

1L’Austria è rimasta sotto il controllo delle Forze Alleate fino al 1955
2Nel 1955 è stata abbandonata dalle Forze degli Alleati, purché rimanesse neutrale nelle vicende che sconvolgevano l’Europa.
3L’innalzamento del Muro di Berlino è stata quasi l’”ufficializzazione” della divisione tra Europa dell’Ovest ed Europa dell’Est. Fino a quel momento, infatti, la circolazione tra le “due” Berlino era libera.
Secondo questo mio Headcanon, la presenza di Gilbert come Germania dell’Est non è stata percepita che come un vago sentore (soprattutto da Germania), fino al 1961, anno della divisione definitiva e blocco della circolazione tra le due parti.

4L’Ungheria faceva parte del blocco sovietico ed era legata alla Russia grazie al Patto di Varsavia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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