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Autore: emychan    11/12/2011    5 recensioni
Terza classificata al contest What a wonderful slash world!
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Ecco perché Merlin non dovrebbe giocare a carte. Mai.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Terza classificata al contest What a wonderful slash world indetto da MyPride su Efp!!

Pacchetto da usare: un gioco di carte, asso di picche, sella e cit.:" L'umanità i dilemmi non li risolve, ma li pianta lì." [ Kurt Tucholsky ]

Disclaimer: C'è bisogno di dire che non sono miei??:DDD

Note dell'autore Non credo che il gioco esistesse ai tempi di Camelot,ma per ovvi motivi mi serviva mettercelo!:P

Tre carte



«Merlin, dov'è il mio cavallo?»

Il mago sobbalzò, voltandosi verso l'inaspettata voce. Nel farlo sbatté il ginocchio contro una delle stalle, l'improvviso dolore lo fece

quasi gridare. Con le lacrime agli occhi, si afferrò il ginocchio fra le mani, saltellando su un piede per non cadere.

Dietro di lui, il principe di Camelot scosse la testa guardando verso il cielo «Potresti essere più stupido di così?»

Merlin non rispose, non perché non volesse, ma perché il dolore era ancora troppo acuto per riuscire a parlare.

Arthur si posò le mani sui fianchi fissandolo irritato «Quando avrai finito di renderti ridicolo come al solito, ti dispiacerebbe dirmi

dov'è finito il mio cavallo?»

Quella domanda fu sufficiente a fargli dimenticare ogni tipo di ferita o dolore lancinante e Merlin impallidì di colpo.

«Il cavallo» balbettò guardandosi attorno come se si aspettasse di vederlo spuntare dal nulla «Non è qui?» chiese stupidamente,

fissando speranzoso la stalla vuota di Lmarei. Purtroppo per lui sperare intensamente qualcosa non equivaleva ad ottenerla ed

ovviamente nessun quadrupede spuntò dal fieno.

«Ti sembra sia qui?» il tono era quello che adottava quando pensava che Merlin si comportasse in modo particolarmente assurdo, cioè

quasi sempre, ma il mago non era interessato alla propria ennesima figuraccia.

Si trattava di salvare la testa in fondo, in modo letterale stavolta «No?» chiese fingendosi del tutto innocente e stupito.

Arthur arricciò le labbra in attesa di una risposta, le sopracciglia sempre più inarcate, doveva aver preso lezioni da Gaius, scuotendo il

capo per tornare a questioni più importanti, il mago pensò in fretta ad una scusa, qualsiasi scusa, che potesse salvarlo.

«E?» lo esortò il principe con impazienza.

«Ha perso un ferro!» disse infine con voce fin troppo acuta.

Arthur lo guardò confuso «Sì, Lmarei ha perso un ferro... dallo zoccolo» spiegò inutilmente.

«So cos'è un ferro, Merlin. Quindi è dal maniscalco?»

«Sì, sì... dal maniscalco, gli ci vorranno un paio di giorni per rimetterlo in sesto» scosse le spalle il servo congratulandosi con se stesso

per la pensata geniale.

«Giorni? Per cambiare un ferro? E' ridicolo! Vado subito a parlarci» se ne uscì irritato il principe. Merlin lo guardò allontanarsi

imprecando contro l'incompetenza che si stava sviluppando nel regno pensando in fretta a come fermarlo, se il principe andava dal

maniscalco, avrebbe scoperto subito la sua bugia «Aspettate! Non è dal maniscalco» quasi gridò.

Il principe tornò a voltarsi, stavolta stringendo le braccia sul petto. Pessimo segno.

«Merlin, ti dispiacerebbe spiegarmi cosa sta succedendo? Sei ancora più strano del solito, il che è dire molto» sibilò a denti stretti, gli

occhi azzurri ridotti ad una fessura.

Il servo sapeva che la gogna era solo ad un fiato di distanza, le segrete, se usciva fuori quello che aveva fatto, forse qualcosa di peggio,

se non riusciva a recuperare Lmarei in tempo.

«Ecco... E' dal maniscalco, ma non qui... uno un po' distante, in un altro villaggio» inghiottì a vuoto.

«In un altro villaggio» ripeté incredulo il principe.

«Uno a nord» si sbrigò a dire, anche se non aveva la minima idea di che villaggio ci fosse a nord. O se ci fosse un villaggio.

«Perché lo hai portato così distante?»

Il mago lo fissò in silenzio. Non aveva pensato a quella domanda «Beh... ecco» tornò a balbettare «E' una storia davvero divertente in

effetti».

«Non ne avevo dubbi» rispose secco il principe.

«Dovevo prendere delle erbe per Gaius, in un posto... lontano. Così ho pensato di prendere in prestito uno dei vostri cavalli, ma ha

perso un ferro e così...»

Più lo ascoltava, più Arthur diventava paonazzo, Merlin si preparò mentalmente a subirne l'esplosione «Hai preso Lmarei senza

permesso e l'hai ferita?» sibilò minaccioso.

«Non è ferita, ha solo perso un ferro» lo corresse sperando di placarlo.

Arthur lo fissò con sdegno «Prega che sia così Merlin o perderai ben altro che un ferro».

«Sì, sire» annuì in fretta, contento di essersela cavata con poco per una volta.

Il principe annuì e si allontanò per fermarsi sulla porta «Ah, Merlin

«Sì, sire?»

«Hai un appuntamento con la gogna oggi pomeriggio, vedi di non arrivare in ritardo» ghignò, lasciandolo solo con la bocca spalancata

in oltraggio.

Non che non se lo meritasse, ma Arthur questo non lo sapeva. Per ora.

Punito con la gogna per un ferro perso, cosa gli sarebbe accaduto, quando Arthur avrebbe scoperto la verità? Merlin tremava al solo pensarci.

Attendendo per essere sicuro che il principe non tornasse, Merlin rimise la giacca ed uscì.

Non aveva scelta, doveva tornare alla taverna e cercare di rimettere a posto le cose.

Per fortuna a quell'ora del giorno non c'era molta gente.

I cavalieri erano impegnati coi loro allenamenti e la maggior parte degli abitanti di Camelot doveva lavorare, ma l'uomo che gli stava

causando tutti quei problemi era ancora lì, chino allo stesso tavolo della notte prima, intento a svuotare l'ennesimo calice di birra pagato

dai poveracci che aveva imbrogliato con tanta facilità.

«Neal, devo parlarti» gli disse non appena fu abbastanza vicino.

Gli occhi neri dell'uomo lo studiarono a lungo, una mano dalle dita paffute andò ad accarezzargli la corta barba sul mento, Merlin si

mise seduto all'altro lato del tavolo senza attendere un invito.

«Ho bisogno di riavere il cavallo» disse senza troppi preamboli.

«Merlin, giusto?» chiese l'uomo accigliandosi, il servo annuì «L'ho vinto onestamente».

«Lo so, ma non era esattamente mio e se non torna al suo proprietario passeremo tutti e due dei grossi guai» spiegò il mago con tono

vagamente implorante.

L'uomo lo fissò in silenzio «Oh, l'hai rubato?» esplose in una grossa risata «Chi l'avrebbe mai detto? Tu un coraggioso ladro di

cavalli!» continuò a ridere dandogli una poderosa pacca sulla spalla «Buon per te, mio giovane amico» alzò il calice verso di lui in

brindisi e lo prosciugò in un solo sorso.

«Non l'ho rubato» si difese indignato Merlin.

«Non preoccuparti» lo rassicurò Neal «Siamo tra amici qui. Brenda, porta un boccale di birra al mio amico Merlin» fece cenno alla

proprietaria della locanda.

Il mago scosse la testa «Non sono qui per bere, ho davvero bisogno che tu mi restituisca il cavallo».

«E va bene» alzò le mani l'uomo «Tu mi piaci».

Merlin sospirò in sollievo. Se riusciva a rimettere Lmarei nella sua stalla e a finire i suoi lavori in tempo, Arthur non avrebbe mai

saputo nulla. Forse.

«Ti darò l'occasione di rivincere sia il cavallo che la sella» sorrise Neal con aria compiaciuta.

«La sella?» Merlin ricordò il motivo per cui aveva perso il cavallo del principe.

Non era stata avidità, lui non era tipo da scommettere per soldi, ma la sella era così bella. Rifinita di stoffa rossa come lo stendardo dei

Pendragon, il colore preferito di Arthur.

Non appena l'aveva vista, aveva pensato al principe e al suo compleanno imminente.

Era sembrata un'idea geniale in quel momento.

«Per tua fortuna non è ancora stata vinta, perciò ti farò un prezzo speciale. Che ne dici?»

Merlin sapeva di dover rifiutare, era un tranello, ma se non accettava, avrebbe perso anche Lmarei e Arthur lo avrebbe ucciso.

Ma se, come credeva, Neal imbrogliava, non aveva senso nemmeno provarci.

Che idiota era stato. La notte prima sembrava tutto così facile, un gioco da niente.

Trova l'asso di picche e diventerai ricco.

Avrebbe dovuto ascoltare Gaius, la strada semplice era sempre la meno sicura.

Aveva finito col perdere i suoi pochi risparmi e perfino Lmarei.

Ancora non capiva come gli era venuto in mente di giocarsi il cavallo del principe.

Era stata una coincidenza che lo avesse con sé, il cavallo aveva davvero perso un ferro e, portandolo dal maniscalco, Merlin aveva

sentito la confusione che proveniva dalla taverna e si era fermato.

Ancora non sapeva come Neal lo avesse visto o come lo avesse convinto, ma il mago aveva davvero creduto di poter vincere.

Solo che aveva perso. Tutto.

«Allora?» lo incalzò l'uomo.

«Se vinco mi ridarai il cavallo e la sella?»

«Certo» sorrise innocente.

«E se perdo? Io non ho niente».

«Troveremo un accordo».

Merlin sospirò. Non aveva molta scelta. Dire l'accaduto al principe era fuori questione.

«E va bene» sospirò infine.

Neal sorrise allontanando il boccale ormai vuoto e liberando il tavolo.

«Stesse regole di ieri» tirò fuori un vecchio mazzo di carte ingiallite «Francesi» disse accarezzandole con aria adorante «Le ho

acquistate da un vecchio mercante che era stato in Europa. Una gran fortuna».

Le mescolò un paio di volte prima di metterle al centro del tavolo «A te l'onore, pescane due» Merlin le prese dal centro, una regina di

cuori e un re di denari, lo stesso che lo perseguitava dal giorno prima.

Neal sorrise ed estrasse un'ultima carta dalla tasca dei pantaloni «E lui ovviamente» la posò sul tavolo con un gesto del tutto plateale

«L'asso di picche».

Le mise in fila e le girò coprendole una ad una «Trova l'asso e vinci, sbaglia carta e avrai perso» gli spiegò per l'ennesima volta.

Merlin non tolse gli occhi dall'asso per un solo istante.

La sera prima era stato disattento, si era fatto prendere in giro, ma se non distoglieva gli occhi, non poteva sbagliare. Soprattutto se

usava la magia.

Neal muoveva le mani in fretta, ma non abbastanza, le carte girarono sul tavolo una dopo l'altra, a destra e a sinistra, il mago le seguì

con attenzione, il cuore in gola, finché alla fine si fermò «Pronto?» sorrise.

Il mago annuì inghiottendo.

Tese la mano tremante sulle carte, improvvisamente indeciso. A vederle così, sembravano tutte uguali.

«Avanti, fatti coraggio» lo esortò l'uomo ridendo.

Merlin sospirò e toccò la carta al centro «Questa» esalò pregando di non sbagliare.

Neal girò lentamente la carta e Merlin trattenne il fiato.


«Merlin, dove sono i tuoi stivali?»

Il servo sospirò mentalmente, quella giornata stava diventando ogni minuto peggiore.

Arthur passava le sue giornate ad allenarsi coi cavalieri o chiuso nelle sue stanze a controllare pile e pile di documenti, ma quel giorno,

chissà perché, sembrava non trovare di meglio da fare che perseguitare il suo servo. Come se Merlin ne avesse bisogno, tra l'essere

costretto a girare scalzo per il palazzo reale ed aver perso il cavallo del principe, di problemi ne aveva già a sufficienza.

«Me li hanno rubati» disse in tono velenoso, in fondo era la verità.

Quel Neal barava di certo. Nessuno poteva vincere in quel modo.

Merlin aveva usato la magia per seguire i suoi movimenti! Era certo della sua scelta eppure aveva pescato il re! Stupido re che

continuava a perseguitarlo, stupidi reali babbei... gli aveva fatto perdere gli stivali!

I suoi soli stivali! Gaius lo avrebbe ucciso.

«E chi te li avrebbe rubati?» il tono del principe era profondamente incredulo.

«Non lo so» mormorò contrariato. Non era dell'umore adatto a sopportare le angherie del principe. Voleva solo del tempo per stare da

solo e commiserarsi. Senza che nessuno gli desse dell'idiota.

«Ti prego, spiegami come qualcuno ti ha rubato gli stivali senza che te ne accorgessi...» Arthur gli bloccò la strada verso le stanze del

medico di corte, le mani sui fianchi e lo sguardo carico di rimprovero «Stavi di nuovo dormendo, vero?»

«Cosa?» scosse la testa il servo.

«E pensare che Ginevra mi aveva perfino convinto a risparmiarti la gogna, non posso crederci..»

«Sono perdonato allora?» chiese speranzoso, anche se l'espressione di Arthur lasciava poco spazio alla speranza.

«Fornirò io le patate per colpirti, idiota» fu la secca risposta dell'altro.

Merlin sospirò «Non stavo dormendo» mormorò rimasto ormai da solo.

Iniziava a venirgli voglia di piangere.


Alla terza patata che lo colpì sulla fronte, a Merlin sembrò di iniziare a vederci doppio.

Di quel passo avrebbe sviluppato davvero dei danni celebrali e la colpa, come al solito, era tutta di quel dannato asino. Non riusciva

mai ad essere comprensivo.

Un bambino rise, lanciandogli un uovo dritto in testa, il viscido contenuto gli scivolò lungo i capelli e giù sulla faccia, Merlin lo guardò

storto.

Quello era proibito. Doveva esserlo!

E che razza di bambino si divertiva a lanciare uova alla gente comunque? C'era chiaramente qualcosa di sbagliato in lui. Forse era uno

stregone sotto mentite spoglie.

Detto bambino non sembrò affatto intimidito dal suo sguardo minaccioso, anzi, tornò poco dopo con un'intera cesta di rifornimenti.

C'erano almeno una dozzina di patate pronte a colpirlo, Merlin le fissò inorridito «Aspetta un secondo» cercò di fermarlo «Non vorrai

davvero lanciarmi quella, potresti farmi male» il bambino si fermò e passò lo sguardo da lui alla patata che teneva in mano un paio di

volte «Tu non vuoi ferirmi, vero?» sorrise il servo, ma il bambino non si fece ingannare. Con una risata cominciò a bombardarlo di

patate.

Merlin venne colpito dritto ad un occhio e gemette, quella non era decisamente la sua giornata.

«Vedo che ti stai divertendo» commentò la voce del principe.

«Un mondo» Merlin non poteva vederlo dato che era dietro di lui, ma dal tono poteva immaginarsi il suo ghigno.

«Ti chiederei se hai imparato la lezione, ma con te sprecherei il fiato. Vedi di non combinare disastri al banchetto di domani sera

almeno».

La guardia lo liberò dalla gogna e Merlin si massaggiò il collo dolorante con un sorriso «Grazie».

«Non ringraziarmi e vedi di ricordare cosa ho detto» brontolò il principe arricciando le labbra in disgusto per l'aspetto del suo servo «E

vatti a fare un bagno».

Merlin annuì, un bagno sarebbe stato perfetto in quel momento.

«Per stasera puoi anche startene nella tua stanza, almeno non combinerai altri disastri» continuò Arthur con aria piuttosto sofferente

«Vedi di rinsavire per domani mattina».

Il mago annuì in fretta prima di scappare lungo il cortile e rifugiarsi nelle stanze di Gaius prima che l'altro potesse cambiare idea.

Almeno aveva la sera libera. Poteva farsi il bagno, rilassarsi, magari leggere il suo libro di incantesimi e...

«Merlin, che fine hanno fatto le tue scarpe?»

Il sopracciglio di Gaius non prometteva nulla di buono.

«Ecco, io... devo andare un attimo nella mia stanza» mormorò in fretta il servo.

«Merlin» lo chiamò l'anziano con sdegno, ma il ragazzo si chiuse la porta della sua stanza alle spalle e la bloccò con una sedia per

sicurezza.

Non aveva proprio la forza di vedersela anche con lui.

Distrutto dagli eventi del giorno, Merlin si dimenticò tutto ciò che doveva fare e si lasciò cadere, ancora ricoperto di frutta e uova, sul

letto.

Nemmeno il tempo di chiudere gli occhi che già dormiva profondamente.


Il risveglio non fu molto clemente con lui, la sua schiena doveva essere rotta come minimo e il suo collo era completamente bloccato.

Come se non bastasse, le sue coperte erano un macello puzzolente e lui era ricoperto di roba appiccicosa perfino dietro le orecchie.

Merlin sospirò.

Chiunque avesse detto che una buona dormita risolveva ogni cosa non conosceva la sua vita.

«Merlin, il principe ti chiama» arrivò la voce di Gaius dall'altra stanza.

«Un secondo».

Con una smorfia di disgusto si levò gli abiti del giorno prima e andò al suo catino di acqua gelida, la riscaldò con un incantesimo e si

lavò alla meno peggio con uno straccio, per mandare via almeno quel nauseante odore di marcio.

Non era un bagno, ma avrebbe dovuto farselo bastare.

I vestiti e le coperte potevano aspettare, non aveva tempo di lavarle. Dopo aver cercato a lungo, recuperò dei vestiti puliti dal

pavimento e li indossò in fretta.

L'unico problema erano gli stivali.

Non poteva certo girare scalzo tutto il giorno.

Con un sospiro, spostò la sedia che ancora bloccava la porta ed uscì. Doveva confessare tutto al medico e sopportare l'orribile

sopracciglio, non aveva scelta se voleva ottenere in prestito delle scarpe. Nemmeno il tempo di aprire che qualcosa attirò la sua

attenzione. Proprio lì, sulla soglia, c'erano loro. I suoi stivali.

Incredulo, Merlin li raccolse e li studiò a dovere. Erano proprio i suoi, non c'era dubbio, ma com'era possibile?

«Gaius, questi...»

«Sono i tuoi stivali, erano qui stamattina».

Merlin fece per aprire la bocca, ma l'anziano lo fermò «Credimi Merlin, non credo di volerlo sapere» gli mise un pezzo di formaggio

tra le mani e prese a spingerlo verso la porta «Sei già in ritardo» gli disse quasi sbattendolo fuori.

«Ma...»

«Se hai bisogno di me, sai dove trovarmi» gli chiuse la porta in faccia. Il servo la fissò per un po' incredulo prima di andare dal

principe.


«Hai ritrovato gli stivali» fu la prima cosa che gli disse Arthur.

Un Arthur già sveglio e vestito. A giudicare dallo strano buon umore aveva anche mangiato.

Merlin era sempre più confuso «Sì, li ho ritrovati questa mattina» mormorò ancora dubbioso.

«Buon per te».

Merlin fece per ribattere, ma si bloccò. Il principe se ne stava seduto al tavolo e in mano teneva un mazzo di carte piuttosto familiare.

«Quelle sono...» sgranò gli occhi sempre più incredulo.

«Sai giocare a carte, Merlin?»

«Non esattamente» rispose il servo.

Arthur sorrise con aria arrogante «Certo che no. E' una cosa per cui serve strategia, intelligenza, acume... tutte cose in cui non sei

esattamente dotato, vero?»

Merlin si accigliò punto nel vivo «Vi stupireste» lo sfidò.

Per qualche motivo il principe sorrise soddisfatto «Avanti allora» gli indicò la sedia all'altra parte del tavolo «Fammi vedere».

«Come?»

«Le ho requisite ad un ubriacone alla taverna» cominciò a spiegargli mentre mescolava le carte del mazzo «Un baro che truffava la

gente della città. Le persone hanno iniziato a lamentarsi e i cavalieri sono venuti da me».

Sapevo che barava pensò Merlin con soddisfazione, nessuno poteva perdere a quel modo, neppure lui «Davvero?» si limitò a dire a

voce alta, fingendosi del tutto ignaro della cosa.

«Gioco d'azzardo, pare convincesse la gente a scommettere con la speranza di vincere grandi ricchezze. Il gioco era tanto semplice che

perfino un bambino avrebbe potuto vincere».

«Sono certo che non fosse così semplice» mormorò Merlin sentendosi ferito nell'orgoglio.

Arthur lo guardò storto «Certo che no, perché barava ovviamente. Solo un'idiota non ci avrebbe pensato».

Merlin si morse la lingua per non rispondere, lui non era un'idiota... era solo... fiducioso, tutto qui. Non era certo colpa sua se la gente

era del tutto inaffidabile «Che gli è successo?»

«Finirà alla gogna per un bel pezzo e poi sparirà, se sa cos'è meglio per lui. Gli è andata bene, se la voce fosse arrivata a mio padre, la

condanna sarebbe stata ben peggiore».

Dispose tre carte sul tavolo, due re ed un asso di picche, le capovolse e le mischiò in silenzio

«Scegline una» gli ordinò infine.

Merlin ci pensò a lungo, giusto per irritarlo e scelse quella a destra.

Per l'ennesima volta uscì il re di quadri.

«Hai perso» si limitò a sorridere il principe.

Il servo scosse le spalle «Non sono fortunato a questo gioco».

«Sarai fortunato in amore allora».

Merlin lo guardò confuso.

«E' un detto» spiegò Arthur col tono che usava quando riteneva che qualcosa dovesse essere ovvia a tutti «Sfortunato al gioco,

fortunato in amore»*.

«Non credo sia vero» rispose il mago con rammarico, ripensando al primo bacio con Freya, che aveva perso, e al suo primo vero

amore che non lo avrebbe mai ricambiato.

Se era certo di qualcosa era quanto non fosse fortunato in amore. Prima una druida maledetta e poi... guardò di soppiatto il principe

che era tornato a mescolare le carte, per di più aveva davvero un pessimo gusto.

«No?» ribatté Arthur, fissandolo negli occhi.

«Assolutamente» ripeté con decisione Merlin «Io e l'amore non andiamo d'accordo».

Il principe annuì andando a mettere le carte in un cassetto.

Si stava formando una strana tensione nella stanza, il servo non sapeva spiegarsene il motivo, d'un tratto il principe era fin troppo

silenzioso e Merlin iniziava a sentirsi piuttosto a disagio «Forse dovrei andare...» mormorò cercando qualche compito da svolgere che

gli permettesse di sfuggire alla situazione.

«Non dimentichi qualcosa?» Arthur si avvicinò alla sua sedia fissandolo sornione «Mi devi il prezzo della partita».

«Cosa? Non abbiamo scommesso» si lamentò Merlin, già immaginandosi sommerso da panni da lavare o da sterco di cavallo. Il che gli

fece tornare in mente la sella e il cavallo che ancora non aveva recuperato.

«Merlin, è il gioco delle tre carte. Se perdi devi pagare pegno» brontolò Arthur.

«Ma io non ho nient-» cominciò Merlin, ma le labbra del principe lo fermarono chiudendosi sulle sue e mettendolo definitivamente a tacere.

Il mago rimase perfettamente immobile, incapace di spiegarsi cosa stesse accadendo.

Non che il bacio non gli piacesse, anzi. Tra tutte le scommesse che aveva perso negli ultimi giorni, quella era stata senza dubbio la più

fortunata, ma non capiva perché Arthur lo baciasse.

Il principe si ritrasse un istante dopo, il viso corrucciato come se avesse inghiottito un limone. Merlin si sentì profondamente insultato.

«Sei il peggior baciatore del mondo» gli disse con rimprovero facendolo diventare paonazzo. Se baciarlo gli faceva così schifo, poteva

anche evitare di farlo.

«Mi avete preso alla sprovvista» si lamentò.

«Hai ragione, la prossima volta ti avvertirò».

«La prossima?»

«E' mio dovere come principe assicurarmi che la tua abilità nel baciare migliori. Dovrò addestrarti a dovere per risolvere la situazione»

gli spiegò col tono di chi faceva un grande favore.

«Arthur...» provò a capirci qualcosa Merlin, ma il principe lo fermò di nuovo.

«Dovresti andare ad occuparti di Lmarei prima» gli ordinò.

Sentendosi ancora sotto choc, il servo recepì a malapena le parole dell'altro «Lmarei?» ripeté stupidamente «Ma è dal maniscalco».

«Non più» lo fissò come se fosse idiota. Di nuovo il servo si chiese se avesse perso qualcosa in quella conversazione «E già che ci sei,

occupati della mia nuova sella. E' davvero bellissima, con tutte le rifiniture rosse. La adoro».

Merlin sgranò gli occhi, aveva trovato la sella? E Lmarei! Possibile che avesse scoperto ogni cosa?

«E Merlin, vedi di non arrivare tardi questa sera, dobbiamo allenarci» concluse con un sorriso.

Se avesse scoperto del cavallo, di certo non sarebbe stato così di buon umore, ragionò con calma il servo. Come minimo avrebbe

gridato, lo avrebbe mandato alla gogna, forse a dormire nelle stalle Era impossibile che sapesse la verità. Probabilmente aveva requisito

anche la sella e Lmarei... forse l'aveva ritrovata per caso.

Arthur non brillava certo per intelligenza, non poteva aver capito tutto.

«Sì, sire» sorrise rubando una mela dal tavolo.

Ma, in fondo, non era poi così importante risolvere il mistero.


End


* Dubito che il detto esistesse già allora, ma come dice l'autore di One Piece, nel mondo dove regna la fantasia, tutto è possibile!xD



Lo so, dovrei aggiornare Misunderstoods, ma sono sotto esami! Abbiate pazienza!!!:D


   
 
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