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Autore: elrohir    03/08/2006    5 recensioni
Akira è stanco di fingere. Stanco di ubbidire alle richieste del mondo. Ma sdraiato sotto il sole, su un campo da basket, con Kaede vicino, capisce che può trovarla, la forza di stringere i denti ancora un pò. Può trovarla per lui. Per il suo rivale di sempre- ed eterno amico. Amante. Compagno di viaggio. Una senru forse atipica, dal momento che Hana ci fa una gran bella figura, credo. Però io non riesco a vedermi Kae e Hana divisi. Proprio come non riesco a vedermi divisi Aki e Kae. Ennesimo parto della mia fantasia... in questi giorni di sole e di caldo.
Genere: Generale, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una senru… dedicata a tutti gli amanti di questo pairing

Una senru… dedicata a tutti gli amanti di questo pairing.

In particolare, a Eowie e Yuki7, che commentando Ehi ci stai mi avevano dato la prova che esistono altre amanti di Sendoh, qua in giro. E anche a Venus, per lo stesso motivo.

Ehm… effettivamente forse potevo dedicare loro qualcosa di meglio, ma… questo è quel che passa il convento. Mi rifarò, ve lo prometto…

 

BASTA!

 

La palla si schiaccia nel canestro, con un verso rabbioso, frustrato.

Piego le ginocchia, atterrando, e resto a seguirne la caduta. Lo schianto a terra, il rimbalzo.

Le mani snelle che infine la fermano, accarezzandola dolcemente.

Sto ansimando: ho cercato di concentrare tutta la mia forza in quel colpo, tutta la mia rabbia. Eppure, non mi sento placato. Al contrario, vorrei strappargli di mano il pallone e ricominciare, di nuovo, senza giochi di bravura, senza eleganza: solo schiacciate furibonde, cieche, stanche.

Resto fermo, lo sguardo fisso davanti a me. Lo sguardo fisso, sull’ingresso del campo, sulla rete bucata, sulla strada deserta. Il sole mi picchia la testa, e sento una goccia di sudore percorrermi la fronte.

So che anche lui è sudato. E mi sforzo di non guardarlo, perché altrimenti la tentazione di leccargliele vie, quelle gocce salate, il desiderio di conoscere il gusto della sua pelle e della sua fatica, sarebbe troppo forte. E la mia rabbia crescerebbe. Verso questo mondo di merda, che non mi permette di farlo.

Eppure, non posso ignorarlo. So che mi osserva, mi studia dalla sua postazione calma, indeciso se raggiungermi e fermarmi, o lasciarmi sfogare. La palla che ruota sulle sue dita, quelle dita lunghe, che mi fanno correre brividi lungo la spina dorsale, quelle dita magiche, quelle dita fatate. Non posso ignorarlo.

Così lo guardo, e nei suoi occhi, in questo momento limpidi, scorgo preoccupazione, tenerezza, desiderio di starmi vicino. Scorgo delicata partecipazione a questo momento di rabbia, scorgo quel fuoco mai sopito. Scorgo lui, scorgo noi, e questo mi calma, almeno un po’.

Quel tanto che basta per prendere un respiro profondo, e lasciarmi cadere a terra.

Lì accasciato, lo guardo avvicinarsi. Si inginocchia davanti a me, non mi tocca, non mi accarezza, non fa cenno di volermi sfiorare, eppure il suo sguardo è come un bacio dolce.

E l’amore che sento scoppiarmi nel petto incendia di nuovo la rabbia.

Non parla, Kaede. Non parla, non mi chiede cos’ho.

Forse lo sa. O forse aspetta che lo faccia io.

Mi sdraio sull’asfalto, poso la guancia sul terreno bollente. Chiudo gli occhi, respiro.

-Ho litigato con mio padre.

Si siede, allunga le gambe davanti a sé, per distendere i muscoli. Sospira, e con la sua inseparabile fascetta nera si asciuga la fronte. Non chiede. Se Kaede ha un pregio, è quello di saper ascoltare.

-Ieri sera ha di nuovo rotto con la storia di giurisprudenza. Non vuole capire che non me ne frega un cazzo di fare l’avvocato come lui, che per me l’azienda di famiglia può andarsene a fanculo, e vivo bene lo stesso. Forse anche meglio.

-Si preoccupa per te.- il tono di Kaede è piatto, non crede neanche lui a quel che dice. Lo conosce mio padre, Kaede. Non gli è mai piaciuto.

Però sa che questo è l’unico modo per farmi sfogare. Offrirmi qualcuno da prendere a pugni, visto che con lui non posso farlo.

E io non mi lascio sfuggire l’occasione, in un attimo gli sono addosso, lo schiaccio a terra, le mani strette sulla sua maglietta. –Cazzo significa che si preoccupa per me, me lo spieghi? Non glien’è mai fregato niente di quel che facevo, sempre solo a criticarmi, sempre altro da fare, piuttosto che uscire insieme la domenica, a fare due tiri o una pizza o un cinema, che ne so. L’hai mai visto a una partita, tu? E sì che sa che il basket è la mia vita, anzi… ogni occasione è buona per ricordarmi che tanto avrei dovuto lasciar perdere, che non potevo fare strada in quel campo… cazzo, addirittura quando mi hanno nominato MVP se n’è rimasto in ufficio! E quando sono tornato a casa mi sono beccato il cazziatone per il ritardo e per uno squallido cinque di biologia… come fosse importante il ciclo riproduttivo di una rana in confronto alla giornata più bella della mia vita! E adesso, adesso che è arrivato il momento, se ne esce con questa cazzata della giurisprudenza! E ha il coraggio di dirmi che dovrò impegnarmi, perché con i miei voti…

-Non dice la verità?

Il pugno parte senza che io me ne accorga. Poi resto fermo, immobile, congelato nei mie gesti, a guardare lo zigomo candido di Kaede arrossarsi. E allora mi avvento sulle sue labbra, quelle labbra socchiuse, invitanti, sensuali, le mordo disperato, e sento la sua lingua annodarsi alla mia, e vedo che ha chiuso gli occhi, ha allacciato le braccia al mio collo, e un fiocco di tenerezza mi si scioglie dentro, pensando a quanta fiducia mi concede, e a quanto bene gli voglio. A quanto sia importante questo tesoro trovato per caso. E poi il suo gusto mi annebbia i sensi, la vista, e vorrei poterlo inghiottire, imprigionare, così come vorrei imprigionare la sensazione divina della sua pelle bollente sotto le dita, i suoi fianchi sottili umidi di sudore, le mie mani insinuate nella sua maglietta, le carezza avide, proibite…

E rotolo di lato, lasciandomi cadere crocifisso all’asfalto, gli occhi gettati nel cielo.

Kaede si solleva, scarmigliato, simile ad un angelo dopo l’amore. Capisce che non è tutto qui, sente che c’è qualcosa di diverso.

-Kira… che succede?

Che succede, Kaede?

Succede che mi sono rotto di essere Akira Sendoh, il figliol prodigo del grande avvocato, mi sono rotto di essere il don giovanni sorridente per cui impazzisce mezza Kanagawa bene. Sono stanco di uscire con gli amici facendo finta di sbavare dietro una bionda, stanco di non poterti guardare per paura di essere scoperto quando ti fai la doccia negli spogliatoi del Ryonan, le volte che ci alleniamo insieme. Stanco di stare a sentire i commenti sciapi e sciocchi, stanco di non poter dire a tutti che se di giorno ho sonno è perché la notte l’ho passata con te. O a sognarti, che poi è lo stesso. Stanco di raccontare a mio padre che dormo da un amico, stanco di dovermi inchinare e sorridere a tutte le ragazze che mia mamma mi presenta. Stanco di dover uscire con loro, di doverle baciare, di dover far finta di volermele scopare per mantenere una qualche apparenza. Stanco che tra noi due tutto si riduca a sesso e basket, e basket e sesso e come oggi botte, perché così vuole la gente. O meglio, perché la gente mai accetterebbe il nostro amore –che amore poi non è, o sì?- e allora meglio far finta di giocare insieme, e nascondere quelle notti accecanti dentro lo scrigno dei nostri ricordi. Stanco di non poterti presentare a mia nonna, stanco di non poterne parlare neanche ai compagni. Stanco… stanco, Kaede, e sei stanco anche tu.

Stanco di fingere, stanco di questa storia altalenante, tirata avanti di nascosto.

-Vieni in America.- sussurro, e Kaede mi lancia un’occhiata incuriosita.

Mi sdraio di nuovo sopra di lui, e lui sorride. –Vieni in America, Kae- gli sussurro sulle labbra, e lo vedo esitare, prima di baciarmi. Ma io mi allontano –Ci vieni?

Ha gli occhi che brillano, ma scuote la testa. Sembra non capire, non crederci.

-Perché resti qua? Per Sakuragi?

Rialza la testa di scatto, la colpa nelle pupille. Per quella testa rossa rinunceresti al tuo sogno, Kaede?

Una promessa è una promessa, mi dicesti una volta. E tu avevi promesso ad Hanamichi di portarlo negli Usa, a fine liceo, gli avevi promesso che sarebbe stato al tuo fianco al momento di tentare la fortuna.

So che, nel profondo, è questo il tuo desiderio più grande. Giocare a basket, in America, con lui. Con il primo che ti ha saputo svegliare. Il primo che ti ha aperto gli occhi, sbattuto in faccia che il mondo è grande, è bello, e tutto da guardare.

Devo a lui il tuo corpo caldo tra le braccia. Senza Sakuragi, saresti ancora un automa di ghiaccio.

Eppure, a volte la gelosia si fa sentire. A volte, credo che potessi scegliere, sceglieresti lui.

-Hana non può ancora farcela. Voglio aspettarlo.

Mi lascio ricadere sul cemento. Kaede si accoccola con la testa sul mio petto, posa le labbra sulla mia pelle. Un brivido mi scorre nella schiena, mentre le schiude per parlare.

-E tu, tu aspetterai me?

Sbarro gli occhi, e serro le braccia intorno alla sua schiena.

La rabbia è morta, ha lasciato il posto a un grande senso di dolcezza. E sento la passione lenta alzarsi, come il respiro nel mio petto.

Gli sollevo la testa, mi specchio nei suoi occhi. Lo bacio sulla bocca, una carezza semplice.

E annuisco, sorridendo.

Prima di baciarlo di nuovo, questa volta davvero.

 

Strano, non sono tipa da one-shot, io. Però le senru mi vengono sempre fuori così… chissà perché.

Vabbè… che ne dite? Spero che nessuna hanaruhana sfegatata mi sia morta per strada… l’ho trattato comunque bene il do’hao, no? Kaede antepone lui al suo ragazzo, in fondo…

Strano, non trovate? Nelle hanaru, metto in mezzo aki. Nelle senru, hana.

L’unica è che mi metta a scrivere una threesome…!

Vabbè, a presto ragazze. Aggiornerò le fic che ho in cantiere, solo che in questi giorni non c’ho testa. Spulciando tra i miei capitoletti, ho ritrovato questa senru mai finita… e ho deciso di completarla e spedirla. Si scrive così poco, di questi tempi…

Kisses a tutti, roh.

 

 

 

   
 
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