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Autore: Mary P_Stark    19/12/2011    1 recensioni
Breve storia, a tratti ironica, sui nephilim, gli Angeli Neri e gli Angeli Bianchi, pronti a dar battaglia per la salvezza, o la dannazione, delle nostre anime. Eva incontra Adam e, non senza qualche scetticismo di quest'ultimo, lo instrada nel mondo antico e moderno al tempo stesso dei cacciatori di anime.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il dolore era troppo forte; mi bruciava dentro come fuoco, consumandomi.

L’avevo scampata bella mille e mille volte, facendo affidamento su me stesso e sulla mia abilità di scivolare via dalle fauci della morte. Stavolta, però, la mano di Jeff era stata più veloce della mia.

Questa volta, il suo coltello era affondato laddove non mi avrebbe dato scampo alcuno.

La lama aveva sventrato il mio stomaco, facendo riversare gli acidi corrosivi in esso contenuti all’interno del mio corpo che ora, lentamente e atrocemente, stava morendo.

Nato nella violenza, morto nella violenza. Ironia della sorte, avevo avuto ciò che il mio patrigno si era aspettato per me, fin da quando l’avevo ridotto in fin di vita per aver picchiato mia madre. Beh, sarebbe stato felice di averci visto giusto, per una volta.

Il suono delle sirene dell’ambulanza era soffocato, indistinto. Percepivo a malapena i contorni ormai sfocati del mio corpo. Non mancava molto.

Meno male. La sofferenza era davvero insopportabile.

Fu in quel momento che vidi lei.

Nera come pece, implacabile più della morte stessa che mi stava trafiggendo le carni con i suoi artigli affilati.

Mi sollevò tra le braccia sottili e mi avvolse nell’oscurità delle sue ali enormi. E fu il nulla.

 
***

Dire che mi sentivo stordito e rivoltato come un calzino, era poco.

Ogni più piccolo, infinitesimale muscolo del mio corpo doleva come se fossi stato calpestato da una schiacciasassi.

Avevo sempre pensato che la morte mi avrebbe liberato da ogni dolore, ma così non sembrava essere.

Che esistesse davvero, quindi, l’inferno per i dannati?

Per lo meno, si sarebbe spiegato il dolore lancinante alle membra.

Di certo, però, non i banchi di scuola che assiepavano il luogo anomalo dove mi trovavo assieme ad altre venti persone, e neppure l’enorme e nera scrivania che se ne stava placida dinanzi a noi, vuota e minacciosa al tempo stesso.

Dove diavolo ero finito?

Quando riuscii a tenere gli occhi aperti senza sforzo e senza sentire il bisogno impellente di urlare per il dolore, cominciai a scrutare con maggiore attenzione lo strano posto senza pareti dove mi trovavo.

Non la si poteva definire una stanza, visto che non aveva fine e si perdeva nell’oscurità dilagante che ci circondava, ma ugualmente riuscivo a percepire chiaramente i suoi contorni, pur senza vederli.

Ero più che sicuro che, se mi fossi alzato e avessi provato ad avanzare, sarei andato a sbattere contro una parete invisibile o qualcosa del genere.

Il fatto stesso che potessi vedere nonostante il buio che si estendeva ogni dove, era di per sé un altro paradosso, quindi ci potevano stare benissimo anche le pareti trasparenti.

Forse, dopotutto, non ero morto. Ero solo impazzito.

Non che fosse un sollievo pensarmi legato a un letto d’ospedale, per il resto della vita, in mezzo ad altri pazzi fuori di testa come sembravo essere diventato io.

Anche le altre persone attorno a me sembravano ugualmente smarrite, perse in contemplazione di quell’ambiente così strano, che sembrava non essere collocato in nessun posto nello specifico.

Quel non luogo era senza pareti a bloccare il nostro sguardo, senza un pavimento su cui poggiare i piedi – che pur potevo percepire sotto di me – senza luce cui attingere per vedere, ma riuscivamo in ogni modo a concepirne in qualche modo l’immensità.

“Benvenuti alla Falce, signori miei” disse d’improvviso una voce.

Come se fosse esplosa una stella sopra le nostre teste, l’oscurità svanì completamente. Essa lasciò il posto a bianche pareti ricoperte di finestre, un pavimento di parquet lucido come uno specchio e un soffitto da cui pendevano due enormi lampadari a forma di pentacolo.

Dalla porta scorrevole, comparsa su una delle pareti come per magia, apparve una splendida quanto terrificante donna che, sorridendoci maliziosa, disse nuovamente: “Benvenuti alla Falce. Questo è il corso di Violenza 1. Imparerete come togliere vite e come trovare le vittime a voi designate.”

Ora potevo dire di essere veramente rincretinito.

La donna, oltre a essere più bella di qualsiasi altra avessi mai visto, aveva enormi ali nere che spuntavano dalla schiena, oltre a zanne che avrebbero fatto impallidire quelle del miglior vampiro visto al cinema.

Inoltre, che cos’era la Falce di cui aveva parlato? E Violenza 1? Era un nuovo programma per malati mentali?

A ogni modo, la donna alata raggiunse la cattedra con la sua elegante falcata, il completo di latex nero aderente al suo corpo da urlo che scricchiolava sensuale ogni suo passo.  

Dopo averci scrutati tutti con i suoi curiosi occhi scarlatti, riprese a dire: “Voi siete nephilim oscuri, nati nella violenza e morti nella violenza. Vostro compito è quello di assurgere al ruolo di Angeli Neri, che vi spetta di diritto, e usare la vostra forza al soldo dell’Oscuro Signore.”

Sbattei due volte le palpebre, prima di commentare sarcastico: “Ma che razza di medicine danno, in questo ospedale?”

In un battito di ciglia la donna fu innanzi a me, fiera e bellissima, le lunghe chiome brune e scarlatte mosse da un vento che non c’era, gli occhi di fuoco fissi nei miei, la bocca piegata in un riso di scherno.

La creatura che mi aveva raccolto da terra!

Mi allontanai di un passo da lei, spaventato e irritato al tempo stesso, prima di borbottare: “Ti riconosco! Ti ho visto, in quel vicolo!”

Lei ne parve sorpresa, ma cancellò subito quello stupore con una risata, dicendomi per contro: “Tu devi essere il figlio del figlio di Asrael. Scettico all’inverosimile come lui.”

“Che intendi dire? Conosci mio padre? Cosa…” chiesi subito io, prima di avvertire un bruciore tremendo alla schiena.

Subito, le pareti della stanza, il pavimento, il soffitto, svanirono di colpo come erano giunti, in un bagliore di fiamma candida e feroce. La tenebra tornò ad ammorbare ogni angolo di quel luogo infinito e senza confini, i miei compagni di sventura svanirono, inghiottiti da quell’oscurità dilagante e solo la donna alata rimase con me, unica figura in quel mare di nulla oscuro.

Assottigliando le palpebre, la donna mi fissò soddisfatta, asserendo: “E’ raro che le ali emergano al solo nominare il nome della genia a cui si appartiene. Solitamente, occorre più tempo.”

“Che cosa…” ansimai, piegandomi stremato su un ginocchio, sopraffatto da un nuovo genere di dolore.

Poggiavo nuovamente su quel pavimento che non era reale, in quel luogo senza dimensioni, unicamente circondato dal nero più profondo che, però, mi consentiva di percepire ciò che mi circondava pur senza vederlo.

“Ali nere, mio caro Adam. Le ali di tuo padre, di tuo nonno, del nonno di tuo nonno, fino a raggiungere il primo angelo che diede vita alla tua stirpe; Azrael, l’Angelo della Morte” dichiarò la donna, piegandosi a sua volta e allungando una mano verso di me.

Chiusi gli occhi, intimorito dalla sua vicinanza e, tremante, attesi il suo tocco. Che non venne.

La sua mano passò oltre la mia spalla e sfiorò qualcosa dietro di me.

Fu allora che Le avvertii come mie.

Volsi sgomento il capo e sgranai gli occhi fissando due enormi ali in tutto simili a quelle della donna che stava accanto a me e, basito, esalai: “Non possono…essere vere.”

“Le sono eccome” replicò la donna, aiutandomi ad alzarmi con il tocco stranamente gentile della sua mano, stretta attorno al mio braccio.

Ora, ogni muscolo del mio corpo tremava, scosso dalla paura che mi divorava le carni come una fiera spietata e la donna, forse mossa a pietà, mi sorrise stranamente benevola, dicendo: “Il cambiamento non è mai facile per nessuno, ma non sei un folle o un visionario. Sei morto nella violenza, così come vi sei nato, e ciò ti ha condotto qui. Sei un Angelo Nero che si occuperà di falciare vite simili alle tue, poiché questo è il compito scritto nelle stelle per i figli di Azrael.”

“Non sono…stato… ricoverato?” tentai di dire, sbattendo tra loro i denti fino a farmi male, tanto era il tremore che mi squassava.

“No” disse soltanto la donna, scuotendo il capo una sola volta, prima di indicare verso il basso e aggiungere: “Laggiù si trova New York, la tua città, la tua tenuta di caccia, per così dire.”

L’oscurità scemò fino a svanire e, sotto di noi, comparve lo skyline di New York, illuminato a giorno come le vie gremite di auto e di vita.

Il vento mi sfiorò il viso, il corpo, portando con sé gli odori della città e, con mia somma sorpresa, mi resi conto di stare galleggiando senza peso nel vuoto, la mano stretta in quella della donna angelo – o demone – al mio fianco.

“Non sto sognando a causa dei farmaci, allora” mormorai, fissandola in viso con aria smarrita.

“Scendiamo sul tetto del Rockfeller Center” mi propose, muovendosi con la leggiadria di un uccello in volo.

Io la seguii, sentendo le mie ali sbattere all’unisono con le sue in un magico volo senza peso, finché i miei piedi nudi non toccarono la ruvida superficie del tetto del palazzo che la donna aveva scelto come pista di atterraggio.

Il contatto con il cemento mi ferì le dita e le piante dei piedi e, fissando sconcertato il sangue scivolare tra i solchi infinitesimali della pelle per poi sparire subito dopo, esalai: “Cosa significa?”

“Che puoi ferirti e provare dolore, ma che le piaghe si rimarginano subito, poiché ciò che ti ha leso le carni non ha origine divina” mi spiegò la donna, scrutando l’orizzonte punteggiato di luci che era New York.

Le abrasioni sparirono nel giro di alcuni secondi proprio come preannunciato dalla donna-demone e io, sempre più sconcertato, le chiesi: “Cosa intendi per ‘origine divina’?”

Lei mi fissò, ora seria e pensierosa, dicendo: “Noi siamo gli Angeli Neri deputati alla raccolta delle anime dei violenti. Seguiamo le nostre vittime non appena il loro nome compare sulla lista dei morituri e facciamo in modo che gli Angeli Bianchi, deputati alla salvezza delle anime immortali, non riescano nel loro compito di far assurgere al Paradiso i nostri prescelti, impedendoci così di spedirli all’Inferno come meriterebbero.”

“Ma, se sono anime malvagie, come possono?” replicai confuso, scrutando verso il basso il flusso continuo di auto e mezzi articolati.

“Semplice. Con quelle due stupide, maledette regole che ci strappano di mano fin troppe anime” brontolò la donna “Il perdono e il pentimento.”

“Oh” commentai laconico, non sapendo che altro dire.

In effetti, io non avevo chiesto alcun perdono per i miei peccati, né mi ero pentito. E perché avrei dovuto? Il mio patrigno si meritava quel che gli avevo fatto! E per il resto… beh, ero venuto su così.

Mi accorsi del sorriso della donna e chiesi: “Sai quel che pensavo?”

“Tutti noi abbiamo avuto storie simili. La nascita di un nephilim nero non è mai un evento tranquillo, perché tendenzialmente ci apriamo la strada a morsi. Solo se la madre è molto forte, sopravvive al parto, o solo se è ben seguita durante la nascita del proprio figlio” mi spiegò lei, scrollando le spalle.

Rabbrividii, ripensando ai racconti da ubriaca di mia madre, in cui mi aveva detto di come fosse quasi morta per un’emorragia interna, nel darmi alla luce. Ero stato io, allora!

La donna annuì alla mia domanda inespressa e continuò dicendo: “Le zanne le abbiamo fin da neonati, ma la nostra speciale natura di nephilim neri le nasconde fino a che esse non servono. Siamo creature guardinghe, non ci fidiamo di nessuno e la violenza è la nostra unica legge, poiché è la Morte che ci chiama a sé a spingerci a usare la nostra forza. Siamo destinati a Lei fin dal giorno della nascita, molto più di qualsiasi altra creatura sulla Terra. Noi vogliamo raggiungerLa, e la violenza è il nostro strumento. Mi stupisce che tu abbia raggiunto i ventidue anni. Di solito, si diventa Angeli Neri attorno ai sedici anni o giù di lì.”

Rammentai le persone nella stanza in cui mi ero risvegliato. Effettivamente, erano tutte piuttosto giovani.

“Sono stato fortunato” chiosai, prima di chiederle: “Come ti chiami? Da quanto tempo sei un Angelo Nero? E cos’è la Falce?”

“Mi chiamo Eva, e sono un Angelo Nero da almeno un centinaio d’anni” si limitò a dire lei, scrollando ancora le spalle. Sembrava essere il suo marchio di fabbrica.

“Scherzi, vero?” sollevai un sopracciglio con ironia.

“Sull’età, o sul nome?” celiò lei, ridacchiando “Gli abbinamenti non vengono mai fatti a caso, così come i nostri nomi non vengono mai dati a caso” gorgoglio lei, divertita, prima di aggiungere: “Tu eri destinato a lavorare con me. L’Oscuro Signore ha il senso dell’umorismo, tutto qui.”

“E sarebbe, poi?”

Fissandomi divertita, replicò: “Chi vuoi che sia? Lucifero. Chi altri?”

“Domanda idiota, scusa” brontolai. Di che mi stupivo, in fondo?

“E per venire incontro alla tua ultima domanda…” continuò lei, sollevando la mano destra. “...questa è la Falce.”

Sotto i miei occhi sgomenti, un alone di luce oscura sgorgò dal suo palmo come sorgente d’acqua dalle rocce, allungandosi, distendendosi, arcuandosi fino a divenire… sì, un’enorme falce dalla lunga lama scintillante.

Tenendola in mano con sapienza, la fece sibilare nell’aria un paio di volte prima di dirmi: “Lei è la Falce Mietitrice che noi Angeli Neri usiamo per portare a termine il nostro compito, e ci serve anche per difenderci dagli Angeli Bianchi, che tenteranno in ogni modo di strappare dalle nostre mani le anime di coloro che ci spettano di diritto. Sei pronto a impugnare la tua, Adam?”

“Angeli Neri e Angeli Bianchi combattono spesso?” chiesi allora, fissando affascinato l’arma che teneva in mano.

Sempre” sogghignò lei, intuendo forse cosa mi stesse passando per la testa. “Per ottenere te, ho fatto fuori un’Ala Bianca davvero fastidiosa.”

“Grazie” dissi eccitato, ammiccando al suo indirizzo. Chi voleva la noia del Paradiso, se potevo ottenere quell’affare strepitoso?

“Non vedo l’ora di menar le mani anch’io” ridacchiai subito dopo, stendendo il mio braccio e imitando le mosse che Eva aveva compiuto per richiamare la sua stupefacente arma.

“Allora…benvenuto alla tua prima lezione, Adam” sussurrò Eva mentre una seconda falce compariva sul mio palmo, in tutto simile alla sua, nera come pece e dalla lama mortalmente affilata.

“Qual è la nostra prima vittima?” ghignai, stringendo con forza la falce tra le dita.

La sentivo perfettamente bilanciata nel palmo, neanche fosse stata il proseguimento del mio braccio, esattamente come era avvenuto per le ali. Ero davvero nato per questo!

A quel punto, con mio immenso stupore, Eva estrasse uno smartphone dal corpetto nero che indossava e disse pensierosa: “Uhm, vediamo…ah, Manhattan! Adoro quel posto!”

Sbattendo le palpebre confuso, esalai a occhi sgranati: “Ma…un telefonino?!”

Lei mi fissò vagamente divertita e celiò: “Che ti aspettavi, una pergamena scritta col sangue?”






(la storia non vuole essere in alcun modo lesiva della religione cattolica, ma è stata scritta solo a scopo ludico. Fatti, cose e persone - così come gli eventi - sono ovviamente inventati)
  
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