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Autore: Lady Anael    23/12/2011    2 recensioni
L'altra notte ho fatto un sogno bellissimo, molto realistico, e perciò ho deciso di romanzarlo un po' e di metterlo per iscritto!
E' solo una piccola stupidaggine, ma avevo voglia di scriverla. Spero vi piaccia ed abbiate voglia di lasciarmi almeno un commentino!!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con un calcio faccio volare lontano una lattina di Heineken vuota. Non capisco bene se preferirei piangere fino a farmi scoppiare la testa o spaccare qualcosa nel vano tentativo di placare la mia anima.

Mi seggo, sconsolata, su di una sgangherata panchina di fronte all'Hilton Hotel, rigirando tra le mani il pass, inutilizzabile.

Ricordo il giorno di Natale, quando mia sorella Serena, con le mani tremanti, mi ha porto una busta rossa con un grande fiocco. Era agitata come una scolaretta e non vedeva l'ora che l'aprissi.

Quando ho rotto quel fragile involucro ed ho scorto il pass per la convention, il mio cuore ha perso un colpo, poi l'ho abbracciata stretta ed ho sorriso.

Era da tanto che non sorridevo così. La mia malattia non me lo permette.

Sono venuta a Roma dal nord Italia con il cuore pieno di gioia e di speranze, peccato che il pass si sia rivelato falso. Le meraviglie di internet.

Avevo riposto molte speranze in questa convention, era un punto d'arrivo importante per me. Ogni giorno, nella mia vita, sono costretta a darmi degli obiettivi a lungo termine, altrimenti, senza qualcosa in cui sperare, la morte sarebbe dietro l'angolo.

Appoggio la testa tra le mani e lascio che le lacrime scorrano sul mio viso, immaginando tutto ciò che sta accadendo al di la di quelle porte, tutto ciò che mi sto perdendo.

Lacrime, ultima silenziosa ribellione alle avversità della vita.

Resto seduta li per quello che mi sembra un tempo infinito, poi, raccogliendo tutto il mio coraggio, mi alzo per dirigermi alla fermata dell'autobus. Non mi resta più nulla da fare qui.

Mentre frugo nella borsetta alla ricerca del mio i-phone, uno stridore di gomme attira la mia attenzione, seguito dalle grida di alcune persone.

Mi precipito verso il luogo del presunto incidente, mentre una vocetta nella mia testa mi urla di non andare.

“Un medico! Chiamate un medico!” strilla un donnone sgraziato in uno stentato italiano.

“Io sono un medico” esclamo facendomi avanti tra i curiosi presenti.

Lo ammetto, forse vestita cosi', con jeans attillati, top scollato e stivali con la zeppa, sembro più una spogliarellista.

La donna mi lancia un'occhiataccia inquisitrice, poi si fa da parte, indicandomi un punto alla sua sinistra.

Deglutisco, restando per un'attimo senza parole. Jensen Akles se ne sta seduto a terra, tenendosi la gamba sinistra tra le mani e lamentandosi sommessamente.

“Hei” gli dico tentando di assumere un'aria minimamente professionale.

Lui alza la testa e punta i suoi occhi verdi su di me, facendomi sussultare.

“Io sono Simona, e sono un medico. Posso dare un'occhiata alla gamba?” chiedo educatamente parlando nella sua lingua.

Vent'anni di lezioni d'inglese saranno pure servite a qualcosa!

Lui esita, poi allontana le mani e mi lascia spazio. Sollevo il fondo dei jeans chiari con le mani tremanti. Mai in vita mia avrei pensato di visitare Dean Winchester.

Appena al di sotto del ginocchio, rilevo un'escoriazione rossastra, segno dell'impatto con l'auto. I bordi sono tumefatti, ma non vi sono lacerazioni. Gli chiedo di estendere la gamba, e lui obbedisce con un lamento. Ruoto il piede mettendo in trazione la muscolatura dell'arto, e tasto la zona circostante. Facendo il mio lavoro, mi dimentico per un'attimo di chi ho davanti.

“Buone notizie! Niente di rotto!” esclamo con un sorriso.

Lui sorride di rimando e tenta di alzarsi. È cocciuto proprio come il suo personaggio.

“Aspetta” dico facendogli passare un braccio sotto le ascelle ed aiutandolo a rimettersi in piedi “Ecco, non caricare troppo peso sulla gamba. E poi ti conviene fare una lastra”

“Grazie doc!” mormora muovendo alcuni passi, poi si ferma e mi fissa con insistenza “Sei qui per la convention?” mi chiede.

Abbasso gli occhi imbarazzata.

“Teoricamente” mormoro “Ma il biglietto che mi hanno regalato si è rivelato essere falso, così... me ne stavo tornando a casa...”

“Be', la salvatrice del protagonista merita un biglietto d'ingresso speciale!” esclama ridacchiando.

Spalanco gli occhi stupita. Jensen mi ha appena invitata alla convention? Oh mio Dio!

“Solo se prometti di fare attenzione alla gamba!” esclamo tentando di mantenere un certo contegno.

Entriamo sottobraccio all'interno dell'albergo, mentre io mi sento improvvisamente leggera.

Lo accompagno fino al suo pannello e poi prendo posto in seconda fila per ascoltare i loro discorsi. Il tempo sembra volare, mentre Jansen scherza sul palco insieme a Jared e Misha.

Quando tutto finisce, mi avvicino al dietro le quinte, ma una specie di armadio in giacca e cravatta mi blocca dicendomi che l'ingresso è riservato solo al personale.

“E' tutto ok, è con me” esclama Jansen zoppicando nella mia direzione. L'armadio mi guarda infastidito prima di lasciami passare.

“Mi aspettavo una qualche domanda...” mi dice sorridendo.

“Da me?” chiedo scuotendo il capo “Sono troppo timida per lanciarmi in queste cose”

“Non mi sembri molto timida... anzi! Sei stata davvero gentile ad aiutarmi”

Il mio imbarazzo sale alle stelle, e mi rigiro i pollici nervosamente tentando di trovare qualcosa di sensato da dire.

Camminiamo lentamente attraverso i corridoi del backstage, in silenzio, fino a quando giungiamo ad un'ampia stanza illuminata a giorno.

“Allora” incomincia lui accomodandosi su di un divanetto in pelle “Cosa fai nella vita, Simona?”

“Sono davvero un medico!” esclamo ridendo “Non è stata una scusa per avvicinarti. Sono un'anestesista”

Lui ride a sua volta ed i suoi occhi si fanno ancora più verdi.

“Lavoro impegnativo” incomincia lui “Ammetto che non riuscirei davvero a fare quello che fai!”

“Scommetto che anche fare l'attore non deve essere semplice, non ai vostri livelli, almeno”

“A volte, ma ci divertiamo un sacco” mormora una voce alle nostre spalle.

Ci voltiamo in sincrono, ed io resto senza fiato e senza parole.

“Oh Mark!” esclama Jansen a mo di saluto.

“Chi è la tua affascinante ospite?” chiede mentre sento le guance avvamparmi.

Ho le allucinazioni uditive, o Mark Pellegrino mi ha appena definita affascinante?

“Questa impavida dottoressa mi ha soccorso fuori dall'albergo dopo che un cretino mi ha investito!” spiega con una punta di ironia nella voce.

Mi alzo con gambe insicure e gli stringo la mano.

“Simona” mormoro con un filo di voce che pare più un sussurro.

“Piacere di conoscerti dottoressa” mi dice con voce bassa.

Cavolo, è anche più bello che in video. I suoi occhi azzurri sono così brillanti che sembrano emanare luce propria. Inspiro a fondo tentando di calmarmi.

“Allora vi divertite davvero così tanto sul set?” chiedo con allegria.

Loro si scambiano un'occhiata complice, poi tornano a rivolgere a me la loro attenzione.

“Ci divertiamo come bambini la maggior parte delle volte! Devi vedere quando lui e Misha sono insieme che cazzate combinano!” risponde Mark battendogli sulla spalla.

“Effettivamente siamo un po' due casinisti, ma non troppo...”

“Attenti a non dare troppo materiale alle fan che scrivono fanfic...” mormoro con un sorrisetto beffardo.

Mark scoppia a ridere e Jansen mi rivolge uno sguardo fintamente offeso.

“Non toccare questo triste argomento” esclama Jansen con un gesto della mano.

“Dai, non essere così categorico! Ci sono alcune storie davvero carine...”

“Tu le leggi?” mi chiede schifato.

“Alcune. E a dire il vero, scrivo anche, ma non quello che pensi!” preciso prima che riesca ad aggiungere qualcosa o che mi strappi gli occhi..

“Sentiamo, cosa scrivi?” mi chiede indicandomi con un dito ammonitore, sempre senza smettere di sorridere.

E adesso come mi tiro fuori da questa situazione del cavolo? Abbasso gli occhi, imbarazzata.

“Ho scritto una storia su... Lucifero” mormoro fissando di sfuggita Mark.

“Interessante!” sussurra “E di cosa parla?”

“Di una giornalista che indaga con Sam e Dean, fino a quando fa un'incontro che le cambia la vita...”

A questo punto vorrei solo scavarmi una fossa e nascondermici dentro.

“E questo incontro sarebbe con me...?” mi chiede Mark abbassando il tono di voce ed assumendo l'espressione cupa del suo personaggio.

Per un'istante, un'istante solo, mi sembra di essere realmente all'interno di Supernatural e di avere di fronte a me il vero Lucifero. Ed è dannatamente sexy!

Annuisco.

“Mi piacerebbe leggere la tua storia” mi dice tornando a sorridere “E mi piacerebbe conoscerti meglio. Sei una persona particolare, Simona. Sei un dottore, scrivi racconti... Cos'altro fai?”

“Suono il basso, decoro torte, canto in un coro, tengo corsi di cucina...”

“Alt!” esclama Mark fermandomi con un gesto secco “Troppe cose tutte insieme. Se ti va” dice con estrema sicurezza “Potresti raccontarmi tutto questa sera, a cena”

Resto ammutolita. Il respiro si mozza ed il cuore si ferma. Tutto il mondo sembra ruotare intorno a quella stanza e a quelle parole.

“Ok” mormoro.

 

 

 

Alle otto e trenta spaccate, il taxi mi lascia in via di Porta Pinciana. Mi guardo intorno un po' spaesata.

È da molto tempo che non esco la sera. Il massimo dei miei spostamenti, negli ultimi quattro anni, è stato da casa al lavoro e dal lavoro a casa. La depressione mi ha chiusa in me stessa ed ha tagliato i ponti con tutti i miei amici.

Osservo il mio riflesso nella vetrina di fronte a me, aggiustandomi il vestito nero che ho scelto per l'occasione. Per fortuna che mi sono portata un'abito elegante!

“Buonasera” esclama una voce alle mie spalle in uno stentato italiano.

Mi volto sapendo già a chi appartiene.

Mark indossa uno smoking nero su di una camicia viola scuro, i capelli biondi sono leggermente arruffati, ed i suoi occhi brillano nel riflesso della luna.

“Buona sera a lei” mormoro sorridendo imbarazzata.

“Vieni” dice porgendomi il braccio e facendomi strada verso il palazzo dall'altra parte della strada.

Prendiamo l'ascensore e saliamo all'ultimo piano. Il tragitto è permeato da un silenzio poco confortevole rotto solo dai reciproci sorrisi.

Mi rendo conto solo ora di quanto sia difficile tenere un discorso con un perfetto estraneo, sebbene star del tuo telefilm preferito.

Il ristorante scelto da Mark si trova esattamente al centro di Roma ed è uno dei più eleganti. Io personalmente sono abituata alle pizzerie senza troppe pretese della mia Torino, e tutto questo mi sembra la cosa più vicina ad un sogno che abbia mai visto.

Il cameriere in livrea che ci accoglie, ci accompagna attraverso il salone, fino ad un'ampia terrazza panoramica. Mentre cammino in mezzo ai presenti, non posso non notare le occhiate assassine provenienti dalle donne presenti in sala. La bellezza del mio accompagnatore non può passare inosservata.

Ci accomodiamo in un tavolo sul limitare della terrazza. Sotto di noi Roma brilla con le sue mille luci ed io riesco distintamente a riconoscere il parco di Villa Borghese immerso nell'oscurità ed in lontananza, la cupola di San Pietro. La vista mi toglie il fiato.

“Ti ho portato la storia” incomincio io rompendo il ghiaccio.

Lui sorride “Fa vedere” dice con un gesto della mano.

Estraggo i fogli dalla mia Louis Vuitton (per comprarla ho risparmiato undici mesi, ma non si dice) e glieli porgo con le mani tremanti.

“L'avevo scritta in italiano, poi l'ho tradotta. Perdona gli eventuali errori” spiego pregando di non aver scritto eccessive stupidate.

Lui inizia a scorrere le pagine, silenzioso, fino a quando il cameriere non viene a prendere le nostre ordinazioni.

Quando si allontana, Mark riprende a leggere il mio piccolo manoscritto.

“Hai una bella fantasia” mi dice dopo aver letto i primi capitoli.

“Grazie! Ho sempre avuto la passione della scrittura” mormoro.

Lo vedo sgranare gli occhi e deduco sia arrivato alle scene piccanti.

“Wow” mormora “Questo tuo personaggio femminile è costruito su di te?”

“In parte. Metto sempre qualcosa di me in ogni personaggio che invento”

Annuisce.

“Hai davvero una passione per l'occulto?” chiede ancora.

“Un po'” rispondo facendo spallucce “Diciamo che preferisco descrivere figure negative piuttosto che positive, sono più complesse. Poi, devo ammettere che il tuo personaggio mi ha sempre affascinato molto”

Il cameriere ci interrompe nuovamente, depositando i piatti di fronte a noi.

Durante la cena l'argomento cambia. Parliamo del mio lavoro, di come si svolge la vita di un'anestesista. Mark è un ragazzo educato e gentile, mai eccessivo.

Sorride molto e mi mette decisamente a mio agio. Parlare con lui non è così difficile come pensavo.

Mi racconta dei vari ruoli in cui ha recitato, mi dice che quello di Lucifero è stato il ruolo più interessante ed al contempo complesso che abbia mai fatto. Parliamo di Supernatural, di cosa ci piace e cosa no, e mi azzardo a confessargli che trovo il personaggio di Castiel decisamente poco carino. Lui ride e mi dice che dovrei dirlo a Misha, in modo da farmi fare un panegirico sull'importanza della figura dell'angelo. Tra un bicchiere di vino e l'altro finiamo per parlare di noi, delle nostre vite. Gli racconto così del mio matrimonio finito da un'anno, strappandogli uno sguardo stupito data la mia giovane età, e del periodo difficile che sto attraversando. Anche lui si confida, dicendomi che anche il suo matrimonio è agli sgoccioli. Nonostante io sia qui, su questa splendida terrazza insieme a lui, non posso non dispiacermi per la sua situazione famigliare.

E' davvero strano come la vita sia, in fondo, la stessa, attore famoso o semplice impiegato che tu sia.

Finita la cena, riprende il mio racconto e finisce di leggerlo insieme a me, chiedendomi di leggere, o meglio di interpretare le parti del mio personaggio.

Al principio le frasi mi escono a fatica, imbarazzata come sono. Di certo la recitazione non è una delle mie abilità, poi tutto diventa più semplice ed interessante, ed i discorsi tra il mio personaggio e Lucifero diventano più sentiti.

Quando il nostro piccolo copione finisce, lui mi guarda con aria stupita.

“E' davvero bella! Non pensavo che sapessi scrivere così bene” mi dice.

“Grazie! Sono felice ti sia piaciuta”

Faccio per ritirare i fogli me lui mi ferma appoggiando una mano sulle mie.

“Vorrei tenerla, se non ti scoccia”

“Figurati”

E' un'onore per me!!!

Mi alzo dal tavolo e mi dirigo verso la ringhiera del terrazzo. La notte si è fatta fredda ed io mi stringo nel golfino che indosso sopra al vestito. Improvvisamente sento un braccio passarmi intorno alle spalle, il contatto mi fa rabbrividire. Nemmeno mi ero accorta che Mark si era avvicinato a me.

“Fa freschino, vero?” chiede stringendomi a se.

Il suo corpo è caldo, innaturalmente caldo, quasi come il suo personaggio nel mio racconto. Sento la testa farsi leggera, mai nella mia vita avrei sperato di poter un giorno essere su di una romanticissima terrazza, nel cuore di Roma, con uno degli uomini, a mio dire, più belli al mondo.

Inspiro a fondo il suo profumo con il chiaro intento di imprimerlo a vita nella mia mente.

“Sono stato bene questa sera, Simona” mormora.

“Anch'io. Molto” sussurro io voltandomi verso di lui senza allontanarmi dalla sua stretta.

Il suo viso è a pochi centimetri dal mio e se non fossi una donna di quasi trent'anni con un discreto autocontrollo, sarei tentata di sporgermi in avanti e baciarlo.

“Vorrei rivederti, domani” dice fissando le mie labbra al posto dei miei occhi.

Il mio cuore accelera mentre un sorriso si apre sul mio viso.

“Volentieri” rispondo tentando di dimostrarmi calma, ma evidentemente il mio vano tentativo non va a frutto, perché lui sorride comprensivo, prima di posare un lieve bacio sulle mie labbra.

Il mondo si ferma. Qui è ora. Tutto perde di significato e scompare come neve al sole sotto il tocco delle sue labbra.

Il suo bacio sa di gioia, dei giorni di sole della mia infanzia, di tutta la vita che mi sono finora negata.

Con le gambe che tremano lo seguo fino all'ascensore, che ci riporta al piano terra, dove trovo un taxi ad attendermi.

“Ci vediamo domani mattina alla convention” mi dice sfiorandomi la guancia con il dorso della mano “E poi decideremo cosa fare alla sera”

“A domani, bellissimo” mormoro con un sorriso, prima di salire sul taxi che mi riporta al mio albergo.

 

Giaccio nel letto, incapace di prendere sonno, incapace di credere a ciò che mi è appena successo. Rivivo mentalmente la serata, rivedendo i suoi stupendi occhi blu ogni volta che chiudo i miei.

Non so cosa sarà di quest'incontro, ma una cosa la so. Ora, dopo tanto tempo, sono felice.

  
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