Questa storia si è classificata seconda al contest "What do I like?" indetto da Adamantina sul forum di EFP
Seconda anche al contest "Era un Sogno - Seconda edizione" indetto da Fabi_Fabi sul forum di EFP, e vincitrice del premio Sogno.
E' stata scritta per Teresa 74.
Carlisle finì di bendarmi la mano, mi
diede
una pastiglia di antidolorifico per aiutarmi a dormire e poi Edward ed
io ci
congedammo. Era stata una giornata fin troppo ricca di emozioni e
particolarmente
faticosa, tanto che mi addormentai lungo il tragitto tra la villa dei
Cullen e
casa mia.
Salii in camera senza rivolgere a Charlie
nulla di più simpatico di un grugnito; ero ancora
terribilmente seccata dalla
sua palese presa di posizione in difesa di Jacob.
Dio, come aveva potuto anche solo pensare di
dirgli qualcosa come “Buon per te, ragazzo”, quando
il mio (ex) migliore amico
aveva confessato di avermi baciata? Non gliel’avrei fatta
passare liscia. Né a
lui né a Jacob, questo era poco ma sicuro.
La rabbia mi svegliò un poco, ma non cancellò
la stanchezza mortale che avevo addosso. Lavai rapidamente i denti,
infilai la tuta
più comoda che avevo e prima di mettermi a letto aprii la
finestra come al
solito, per permettere a Edward di raggiungermi in camera non appena
Charlie si fosse
addormentato. Poi mi gettai sul letto e mi avvolsi nelle coperte fino
al collo;
finalmente sola e al caldo, riuscii a rilassarmi un poco e la rabbia
cominciò
ad abbandonarmi.
Questo non mi fece bene, purtroppo.
Era facile essere molto, molto arrabbiata
davanti a Jacob che si esibiva nella sua migliore faccia da schiaffi
-letteralmente- e
si comportava tanto
male da darmi la scusa perfetta per detestarlo.
Era parecchio più complicato sentirmi in pace
con me stessa adesso che, finalmente sola, abbassavo la guardia e
ricordavo che
Jake mi aveva accusata di essere crudele. Perché sapevo che
aveva ragione.
La rabbia mi aveva aiutata a detestarlo e a
dimenticare quanto mi sarebbe costato separarmi da lui, ma ora mi
rendevo
conto, di nuovo, che c’erano anche i suoi sentimenti da
tenere in
considerazione, e che restare amici gli avrebbe solo fatto del male.
Questo
significava solo una cosa: che inevitabilmente prima o poi lo avrei
perso. Jacob
non aveva intenzione di mollare, avrei dovuto essere io a prendere la
decisione
per entrambi.
E sarebbe stato molto più che difficile.
Il rumore di una moto mi strappò ai miei
pensieri tristi, e fui decisamente sorpresa di scoprire in me stessa un
sussulto di gioia; conoscevo benissimo il suono di quel motore. Ma
rimasi
tranquilla sotto le coperte, con le orecchie tese, ad aspettare di
capire cosa
stava succedendo.
-Di nuovo qui, figliolo? Permettimi un
consiglio: non tirare troppo la corda. L’ho vista veramente,
uhm… arrabbiata,
stasera. Forse dovresti darle modo di…
-Lo so. Sono venuto solo a portare questo.
-Che cosa…
-Insomma, mi dispiace che si sia fatta male
per colpa mia. Questa è una pomata di noi poveri indigeni,
ma funziona meglio
delle medicine dei visi pallidi. La prepara Sue, è arnica
con qualche erba
dentro… Dovrebbe mettersela tipo due volte al giorno.
L’ho rubata a Billy ma
credo che non se la prenderà molto.
-Gliela farò avere.
-‘Notte, Charlie. Dille che… No, niente. Non
importa.
-Glielo dirò.
La risata di Jacob risuonò più lenta del
solito, quasi malinconica.
-Cosa le dirai, Charlie?
-Er… In effetti non lo so, ragazzo. Ma le dirò
che eri molto dispiaciuto. Sì, le dirò che eri
molto dispiaciuto.
Sentii Charlie chiudere la porta di casa. Allora
mi alzai per sbirciare dalla finestra, giusto in tempo per vedere che
Jake non
si era ancora allontanato e alzava gli occhi in direzione della mia
camera.
Non riuscii a non sorridergli, maledizione.
Perché la sua espressione era troppo triste.
Il Jacob sbruffone mi faceva infuriare, il
Jacob impacciato e premuroso mi costringeva ad una tenerezza che in
quel
momento mi indispettiva profondamente, contro me stessa. Ma che diavolo
stavo
facendo? Non ero forse tremendamente
offesa dal suo comportamento?
Anche sorridergli non fu affatto una buona
idea, perché Jacob tornò indietro, diede
un’occhiata nel soggiorno per
controllare cosa stesse facendo Charlie e poi, con il solito metodo, si
arrampicò
fino alla mia finestra e si infilò in camera.
-Non sto facendo niente di male, no? E se
continui a urlare, certo che Charlie verrà su con la pistola.
-Ti sei infilato in camera mia!
-Ma tu mi hai perdonato. Ho visto chiaramente
che mi sorridevi, prima.
Lo avevo perdonato? Non mi sembrava proprio. Beh,
non è che l’avessi proprio perdonato, ma in
effetti non mi sentivo più del
tutto dalla parte della ragione. Mi tornò in mente la sua
tristezza di poco
prima e mi sgonfiai come un soufflé venuto male.
-Jake, non ricominciamo. È vero, non sono più
arrabbiata, ma questo non cambia il fatto che… dovremo
trovare una soluzione.
Se non riusciamo ad essere amici non abbiamo altra scelta che evitare
di
vederci, perché io non voglio più farti star
male. Certo che non sono più
arrabbiata… Ho sbagliato molto più io di te, sono
io la vera colpevole. Ma sì, mi
è passata. E no, non mi arrabbierò più.
Il suo viso cambiò espressione, si
rilassò, tornò dolce come quello del mio migliore
amico di prima della
trasformazione. Il mio Jacob: bello, luminoso, molto più
giovane.
Ma stavolta
quel non so che di infantile che era riapparso sul suo volto non veniva
dai
lineamenti, che ormai erano quelli di un uomo fatto. Era piuttosto, di
nuovo, qualcosa
nella sua espressione, una gioia tenera e innocente che mi
disarmò del tutto. Un’innocenza assoluta, una
felicità così pura che mi fece
abbassare completamente le difese, oltre a devastarmi di senso di colpa.
-Non sei più arrabbiata, ho capito bene? E non
ti arrabbierai più con me?
-No. Oddio, a meno che tu non ne faccia una
proprio…
Sorrise ancora, poi tornò serio. Fece un passo
avanti, esitante.
-Non ti arrabbierai più, l’hai detto.
-Sì, ma…
Si avvicinò di più.
-Non ti
arrabbierai.
-Non… Jacob. Jake.
Non feci in tempo a dire altro, ma in ogni
caso non sarebbe stato niente di intelligente. Mentre parlavamo la
distanza tra
di noi si era ridotta ad un soffio e, benché un campanello
d’allarme stesse
suonando da qualche parte nel mio cervello, ormai era troppo tardi.
Riuscii solo a pensare che non mi volevo
arrabbiare e tardai giusto un attimo, qualcosa meno di un secondo, quel
tanto
che bastò a mandare all’aria la mia
determinazione. Perché non era possibile, diceva qualcosa
dentro di me, che il calore che mi avvolgeva e la luce sul viso di Jake
fossero
qualcosa di cattivo. Qualcosa di sbagliato.
Quando le labbra di Jacob trovarono di nuovo
le mie, il cervello era già scollegato. L’allarme
non suonava più, qualcuno
aveva tagliato i fili.
Non c’era più una me stessa che ragionava,
decideva o agiva: c’era solo qualcuno che guardava -noi due,
da fuori- e
qualcuno che sentiva, da dentro,
proprio lì e proprio in quel momento, qualcosa
di assolutamente inaspettato: la bocca di Jacob sulla mia. Ancora. E
stavolta,
scoprii, non trovavo da nessuna parte né la voglia
né la forza di allontanarlo.
Le nostre labbra combaciano così bene, e lui
è… buono. E’ buono, è lui,
è un odoresapore
che conosco.
Lo bacio, lo bacio, lo bacio.
Sono io la prima ad aprire la bocca per
assaggiarlo meglio, perché ho capito che posso farlo, che
lui non mi fermerà.
Allora è così che succede?
Jacob non mi ferma, piuttosto mi segue.
Sospira, si avvicina ancora e adesso siamo davvero vicini. La pancia
contro la
sua, le sue mani sulla schiena così calde, così
belle, così sue. E’ proprio
Jacob, il mio amico, il mio bellissimo amico, e io lo bacio e la sua
bocca è
nella mia e non ci posso credere, mi sta abbracciando. Mi sta baciando.
Tutto questo è una pura
follia, qualcuno che mi guarda da fuori sta pensando che questa
è una follia
perché io amo Edward, che potrebbe arrivare da un momento
all’altro, oppure
potrebbe salire Charlie; ma chi è qui adesso, in queste
labbra che stanno
strette a quelle di Jacob Black, non si ferma.
Alzo le braccia e lo stringo: come sono caldi
anche i suoi capelli, la pelle del collo, queste spalle così
belle e forti.
Apro gli occhi, lo guardo senza smettere di baciarlo; lui invece ha gli
occhi
chiusi e un’espressione che non comprendo, che non
è gioia, è più… non so,
qualcosa
di così intenso da sembrare tragico.
Chiudo gli occhi di nuovo e mi lascio andare, ancora.
Andrò dove tutto questo mi porterà.
Sono passati dei minuti, ci siamo staccati,
abbiamo ricominciato, Charlie è andato a dormire e nessuno
di noi due parla. La
notte ormai è buia, è buio tutto, Edward non mi
vedrà. Non voglio che Jacob
vada via, deve restare. Non voglio che vada via. Non gli permetto di
staccarsi
da me.
Vieni, Jake.
Cerco di non staccarmi da lui, arretro verso
il letto, lo trascino sul letto e sopra di me, e lo bacio. Il bacio
continua,
c’è sempre qualcosa da assaggiare nella sua bocca
e poi di nuovo sulle sue
labbra e poi ancora dentro, dove il sapore
è più buono, più segreto,
più solo suo e solo nostro. Mi bacia e sto perdendo
la testa, ma non tornerò da dove sto andando, non mi
fermerò. So solo che mi
manca e che lo voglio, e che stavolta non lo lascerò andare.
Lui mi guarda stupito, il respiro affannato
caldo sopra di me, gli occhi accesi e teneri, la bocca semiaperta;
è più
stordito di me, cerca di non schiacciarmi ma non mi importa nulla che
mi
schiacci, non lo sento nemmeno questo peso, sento solo lui.
Da quanto tempo lo sto baciando? Troppo, o
troppo poco?
Perciò lo bacio, lo bacio ancora, infilo le
mani sotto la sua maglietta perché adesso anche le mani
vogliono di più. Non
sono certo una dea del sesso, non so cosa sto facendo esattamente ma
quella che
è qui e sente sa che le mani vogliono di più. E
allora lui fa lo stesso,
aspettava solo me?
Con un gemito si gira, mi gira, è al mio fianco,
così le
nostre bocche non devono lasciarsi e le mani possono trovare quello che
stanno
cercando. La pelle, la mia pelle, la sua pelle, la bocca. Le mie mani,
le sue
mani.
Ti amo.
Non è possibile.
Sto baciando Jacob.
Lo bacio, lo bacio, lo sto
stringendo contro di me e lui mi asseconda, dolce e prudente, si muove
quando
io mi muovo, mi tocca quando io lo tocco, e io penso che lo amo e che non voglio
che si controlli,
voglio lui, voglio che mi voglia. Lo bacio, da quanto tempo lo sto
baciando?
E di nuovo.
Gli sfilo la maglia, e stavolta un suono basso
e profondo esce dal suo petto, e stavolta siamo costretti a staccare un
attimo
le labbra che subito soffrono e si cercano e muoiono di nostalgia
mentre lui
fa lo stesso con me; ma è veloce a liberare anche me dal
poco che ho addosso e torna subito e così
non mi sento troppo male, sono di nuovo sulle sue labbra e sto bene, di
nuovo.
E lo amo.
E credo lo sappia, perché non si controlla
più.
Non
lascia la mia bocca, ma mi accarezza la
spalla e poi la sua mano scende sul seno, il capezzolo tra le dita, la
curva
dei fianchi, i miei fianchi che cercano i suoi. Lo voglio vicino, siamo
ancora
troppo lontani, lo voglio vicino, ancora più vicino.
Sto per fare l’amore?
Allora è questo?
Lo bacio.
Mi bacia.
E io lo amo.
Lo bacio.
Lui mi lascia per un attimo e di nuovo è una tremenda
nostalgia.
Si sdraia sul letto e guardandomi negli occhi
slaccia il primo bottone dei jeans, poi mi apre le braccia.
Sì, sto per fare l’amore.
Ora sono vestita solo dei miei capelli e lui
mi sta aspettando. Con lentezza, mi sdraio sopra di lui, i seni sulla
sua
pelle, tra un breve attimo riavrò la sua bocca, lo
bacerò ancora, tornerà da
me, perché mi manca così tanto.
Lo amo.
E all’improvviso ho freddo.
-…Edward?
-Scusami se ti ho
svegliata. Era molto
interessante, ma… Ti prego. Ricordi? Non mettiamo troppo
alla prova il mio
autocontrollo.
-Da…da
quanto tempo sei qui?
-Come al solito. Ho
aspettato che Charlie si
addormentasse e poi sono entrato, ma dormivi anche tu e non ho voluto
svegliarti. Va tutto bene? Sembri… scossa.
-Va… Oddio,
va…tutto bene, sì. Mi fa male la
mano, credo. Ouch.
-Dovrei essere in
grado di rifare la
steccatura di Carlisle senza problemi. Vuoi che te la tolga un attimo,
così ci
mettiamo un po’ di quella?
Seguii con gli occhi
le dita di Edward che indicavano
qualcosa sul mio comodino.
Un vasetto bianco.
Arnica, diceva l’etichetta,
e poi c’era il nome strano di qualche erba che non avevo mai
sentito nominare.
«Stanotte
ci ripenserai.
Mentre lui ti
crederà
addormentata,
tu starai vagliando le
alternative.»
Jacob Black, Eclipse, capitolo 15