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Autore: Life In Fangirling Motion    24/12/2011    1 recensioni
E' quasi Natale, per le strade di Westerville, Blaine Anderson venne invaso da un senso di Deja-Vu e poi risucchiato in un ricordo, che, per aver cercato inutilmente i segni d'affetto di suo padre, aveva completamente rimosso.
Ma era un ricordo importante. Molto importante, che aveva segnato per sempre la sua vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte della Vigilia si avvicinava sempre di più, la neve continuava a scendere lenta, tingendo il paesaggio di un bianco candido e puro.

 

L'atmosfera natalizia si era diffusa ormai per tutta la città e in ogni angolo lucine colorate e agrifoglio sembravano sussurrare che: il Natale era alle porte.

 

Blaine Anderson camminava per le strade, ormai bianche di Westerville, assaporando il profumo di cannella e castagne che aleggiava nell'aria.
Aveva sempre amato quella festa, così piena di magia e felicità.

Si ricordava di quando, da bambino, si alzava presto la mattina di Natale e correva sotto l'albero per scartare i regali, il sorriso dolce e soddisfatto di sua madre.
Poi un movimento dalla finestra lo faceva alzare, pieno di aspettativa. Scostava le tende e...un manto bianco lo accoglieva, facendogli sgranare gli occhi per la meraviglia.
Sarebbe potuto stare li, a guardare la neve scendere per ore, ma la voglia pressante di essere immerso nel bianco, di vedere i fiocchi i neve posarsi delicatamente sulle sue ciglia lunghe e sui suoi capelli ricci e corvini lo facevano sempre correre fuori, senza pensare a niente.

 

Dopo quello, Blaine si sforzò, in ogni Natale, di ricordare suo padre.
Qualche suo gesto d'affetto, una carezza, un sorriso, anche solo uno sguardo che non lo attraversasse come se fosse un fantasma.

Ma ogni anno, non riusciva a ricordare niente del genere, solo il suo sguardo duro, o peggio, vuoto.
I suoi regali costosissimi, ma in realtà senza valore.

 

 

 

Il suono di una campanella risvegliò Blaine da i suoi ricordi.
Sbatté più volte le palpebre, tornando al presente e trovandosi davanti un uomo vestito di rosso con la barba bianca, che, con una mano agitava una campanella e con l'altra una scatola di cartone.
Abbassò lo sguardo su quest'ultima, notando che era contrassegnata da un biglietto: OFFERTE DI NATALE.

Sotto il sorriso dell'uomo, Blaine s'infilò una mano in tasca, estraendo il portafogli e mettendo nella scatola 20 dollari.


Si allontanò dall'uomo, sfregandosi le mani per scaldarle e infilandole in tasca.
 

Camminava a testa bassa, cercando di scacciare quei pensieri.
“Ormai sono alla Dalton” pensò “Ora è quella la mia casa. E gli Warblers sono la mia famiglia”annuì alle sue stesse parole, mentre il sorriso di sua madre gli passava davanti agli occhi e una fitta di dolore al petto lo costrinse a fermarsi.

 

Quando alzò lo sguardo e riprese a camminare vide un bambino, che teneva per mano una donna, sicuramente sua madre.
I due parlavano fitto, ridendo e scherzando.
La pelle bianca del bambino, i suoi grandi occhi azzurri, i capelli castani che spuntavano fuori dalla cuffia, il sorriso dolce, innocente.

Il ragazzo venne invaso da un senso di Deja-Vu e poi, risucchiato in un ricordo, che, per aver cercato inutilmente i segni d'affetto di suo padre, aveva completamente rimosso.
Ma era un ricordo importante. Molto importante, che aveva segnato per sempre la sua vita.

 

 

 

 

 

Il forte profumo di biscotti al cioccolato, che proveniva dalla cucina invase tutta la casa, arrivando fino alla camera di Blaine, che ancora addormentato, si svegliò con il sorriso sulle labbra e l'acquolina in bocca.
I suoi grandi e allegri occhi color caramello spuntarono fuori dalle coperte. Sembravano ancora più vivaci del solito.
In un lampo scese la scale, arrivando al piano di sotto ed entrando in cucina.
Vide sua madre che decorava i biscotti appena sfornati e si avvicinò a lei, mettendosi in punta di piedi e stampandole un bacetto sulla guancia.
- Buon Natale!- disse poi, sorridendo e sfregandosi gli occhi con il pugno chiuso.
- Anche a te tesoro- rispose lei passando una mano tra i capelli scompigliati del bambino.
- Non vai ad aprire i regali?- chiese poi indicando con un cenno della testa il soggiorno.
Senza farselo ripetere due volte, Blaine corse in salotto.
Si trovò davanti un enorme albero e un insieme di colori: verde, oro, rosso, bianco.
Sotto l'albero ad aspettarlo trovò tanti pacchetti di ogni forma e colore. S'inginocchiò vicino a quello più grande, che, scritto con la bella grafia della madre, portava il suo nome.
Iniziò a scartarlo, euforico, senza preoccuparsi di strappare la carta. Sorrise quando, una volta aperto, trovò uno slittino in legno. Esattamente quello che aveva sognato per tutto l'anno.
Lo guardò un attimo, alzandosi subito dopo e correndo verso la finestra.
Scostò le tende e vide il giardino completamente bianco.
Rimase estasiato davanti a quella vista magica, gli occhi sgranati, le mani poggiate sul vetro, come per cercare di afferrare quei fiocchi così leggeri.
Andò verso la porta, girandosi solo per vedere il sorriso soddisfatto della madre, aprì la porta e si tuffò nel bianco candido della neve, stringendo saldo con una mano il suo nuovo slittino.
L'aria fredda lambiva le guance di Blaine, come tanti piccoli spilli, ma continuò ad andare avanti, il sorriso sempre più largo. Ad ogni respiro una piccola nuvoletta bianca usciva dalle sue labbra.
Prese un grande respiro, assaporando la purezza dell'aria ed osservando accuratamente ogni angolo del giardino.
Si mosse molto lentamente, quasi per paura di rovinare quello spettacolo magnifico, di alterare il perfetto equilibrio che quel posto incantato aveva assunto.
Era quasi incredibile.
Un po di freddo in più del normale portava ad uno spettacolo così bello.
Prese tra le mani un po di neve. Il freddo gelido gli arrivò fino alle ossa, facendolo rabbrividire. La lanciò oltre un cespuglio.
- Ahi!- un lamento arrivò proprio da li dietro.
Blaine si avvicinò curioso e s'inchinò preoccupato, vedendo che la sua palla di neve aveva colpito un bambino.
- Ti ho fatto male?- chiese, realmente preoccupato, alzando il volto del bambino.
- Un po- rispose lui alzandosi subito in piedi, segno che non stava poi tanto male.


Il riccio lo guardò meglio: indossava un maglione rosso, che aveva l'aria di essere nuovo e firmato, sotto un pesante cappotto marrone, lungo fino alle ginocchia.


Qualche ciuffo di capelli castano chiaro, spuntava da un cappello verde scuro, in forte contrasto con la pelle chiara del bambino. Le guance e la pinta del naso erano diventate rosse per il freddo pungente.
Ma la cosa che stupì Blaine più di tutto furono gli occhi.
Di un azzurro-verde. Così profondi ed innocenti.
Rimase un po a fissarli, quasi per capire se erano un'allucinazione o un effetto del ghiaccio, che si rifletteva dentro quegli specchi d'acqua.
- Bene- sorrise Blaine, alzandosi a sua volta
- Io sono Blaine Anderson- si presentò, reprimendo l'istinto di allungare la mano, come gli avevano insegnato i suoi genitori.
Erano sempre stati molto severi riguardo all'educazione, ma presentarsi con un bambino, che sembrava avere la sua stessa età, con una stretta di mano, non era il caso; pensò Blaine, infilando la mano nella tasca del cappotto.
- E tu, come ti chiami?- chiese poi.
- Kurt Hummel, sono ospite da mia zia per le vacanze di Natale- rispose lui, con un sorriso, indicando con un cenno della testa la casa a fianco.
I due erano vicini di casa, per le vacanze almeno.

- Come mai non ti ho mai visto?- chiese Kurt.
Blaine sorrise mentre rispondeva.
- Mia madre ha paura che mi ammali. E' sempre iperprotettiva con me. Ti basta guardarmi- disse, facendo una giravolta su se stesso per farsi vedere meglio.
Kurt soffocò una risata, vedendo tutti gli stati di abiti che la madre gli aveva fatto indossare.
- Beh...neanche io sono messo molto meglio. Mi sento una cipolla con tutti i vestiti che ho addosso- disse poi ridendo il piccolo Hummel.
- Anche tua madre ha sempre paura che ti ammali?- chiese ridendo con lui, Blaine.
Kurt si fece subito serio, abbassando lo sguardo sul terreno.
- In realtà...mia madre è morta quattro anni fa. Quando avevo sei anni- disse con voce flebile.
Blaine si zittì, sbiancando per l'imbarazzo e il dispiacere.
Anche se aveva appena conosciuto quel bambino, sentiva che potevano essere amici. Era, diciamo, scoccata la scintilla tra loro.


- M-mi dispiace- balbettò il moro -Io non ne avevo idea. Non pensavo...- lasciò la frase incompleta, non trovando le parole.
- Non preoccuparti, ormai ci ho fatto l'abitudine- disse Kurt, sorridendo leggermente, quasi per scusarsi del suo comportamento e per far capire a Blaine che non si doveva sentire in imbarazzo.


Ma i suoi occhi si erano fatti più lucidi, limpidi, promettevano lacrime. Sembravano ancora di più due specchi d'acqua.
Il riccio si avvicinò a lui, passando un pollice sulla guancia di Kurt, dove stava scivolando una lacrima, silenziosa come la neve.
Quel semplice gesto allontanò da entrambi la nube di tristezza che si era posata sopra.
- Quindi hai 10 anni? Che coincidenza, anche io!- disse Blaine sorridendo, contagiando anche Kurt, che annuì, osservando quel sorriso così sincero, che portava in buon umore.
- Da dove vieni?- chiese poi.
- Da Lima- rispose, senza mostrare alcun entusiasmo. Anzi, quasi disprezzo.
- Cosa c'è?- chiese Blaine confuso – Non ti piace?-
Kurt alzò gli occhi al cielo.
- Non è che non mi piaccia come città. E che...gli altri bambini mi trovano, strano. Diverso. E non si limitano a lasciarmi solo, mi prendono in giro- rispose pensando a tutti i suoi compagni di classe, tra i quali non aveva neanche un amico. Solo una ragazza a volte lo avvicinava. Si chiamava Mercedes, una ragazzina di colore, che si era seduta con lui a pranzo qualche volta. Senza contare lei, i suoi unici amici erano i soldatini che aveva in camera sua e le facce sorridenti dei cantanti Broadway nei poster appesi al muro.
In imbarazzo, quasi disgustato da se stesso, Kurt si voltò dall'altra parte.
- Diverso?- ripeté Blaine – Secondo me la diversità è una cosa buona. Se fossimo tutti uguali sarebbe una noia mortale -disse con un'alzata di spalle.
Kurt si voltò, stupito da quelle parole. Era la prima persona che conosceva che pensava una cosa del genere.
- E poi, penso che nessuno dei tuoi compagni ti conosca veramente. Che ti abbiano etichettato dall'inizio. Solo pregiudizi. Ma sai che ti dico? Il pregiudizio è solo ignoranza- disse convinto Blaine, guardando negli occhi Kurt, che ora lo fissava, con un misto di speranza, che Blaine potesse diventare suo amico, di ammirazione, per le sue parole così sagge e qualcos'altro, che non riuscì a capire.
Un sentimento mai provato fin'ora, che si agitava nel suo animo, come un mare in tempesta. Non riuscì a decifrare quell'emozione ma si avvicinò lentamente dandogli un bacio sulla guancia. Stettero così per qualche secondo ma la voce di Burt Hummel, il padre di Kurt, lo fece allontanare, un po in imbarazzo.
- Ciao, a presto. Grazie di tutto- disse piano scomparendo oltre la porta della casa a fianco.
Blaine quasi non si accorse di niente, finché il rumore della porta sbattuta non lo riportò alla realtà.
Scosse la testa e sbatté più volte le palpebre, portando una mano nel punto dove le labbra di Kurt avevano sfiorato la sua pelle. Quel punto bruciava, come se stesse andando a fuoco
Non riusciva a pensare a niente o forse troppi pensieri, troppe emozioni contrastanti si accavallavano dentro di lui, per riuscire a capire qualcosa di quello che provava in quel momento.
Tutto quello che sentiva erano le labbra morbide di Kurt ancora premute contro la sua guancia, il suo profumo di cannella, zucchero filato, arcobaleni, rugiada: di Paradiso.

In quel momento capì che qualcosa in lui era cambiato, per sempre: qualcosa di spaventoso, di misterioso, ma allo stesso tempo magico e stupendo. Per merito di Kurt.


Blaine non ricordò altro dopo. Quello che fece per il resto del giorno, per il resto dell'infanzia e poi l'adolescenza. E forse non c'era altro da ricordare.
Ora il comportamento del padre era chiaro, o almeno in parte.
Da un lato capì che il suo affetto gli era mancato dopo quel bacio, dopo aver avuto la certezza, dentro di se di essere gay. In realtà, non lo capì davvero, almeno fino ai 13 anni. Infatti negli anni successivi a quel bacio, tutte le ragazze con le quali i suoi amici gli combinarono degli incontri, non presero mai un posto nel suo cuore, ormai occupato dal bambino, conosciuto in quel giorno di neve.

Ma non riuscì ancora a capire le difficoltà del padre ad amare un figlio, che aveva scoperto il significato dell'amore con un uomo, o meglio, un bambino.
Un padre che però gli aveva fatto comprendere il significato della parola “omofobia”, essendone l'esempio calzante.



Blaine capì che aveva dovuto scambiare l'affetto di suo padre per essere veramente se stesso, per riuscire a provare l'amore vero.








Il ragazzo si ritrovò senza rendersene conto, davanti al cancello della Dalton.
Lanciò uno sguardo all'accademia, ormai completamente bianca.

Per lui era qualcosa di molto di più di una semplice scuola, con dei semplici compagni di classe: ormai era una casa e tutti i componenti del Glee Club “gli Warblers” erano la sua famiglia, i suoi amici più fidati.
Per questo aveva deciso di restare all Dalton anche durante le feste, ogni sorta di riavvicinamento con la famiglia, o meglio, con suo padre, finiva con una lite che portava sono disagio e rancore, rovinando a tutti il Natale.

Appena entrò nella sua stanza, Blaine non ebbe neanche la forza di sorridere per il forte russare del suo compagno di stanza e migliore amico Wes; ma si buttò letteralmente sul letto, cercando di riflettere su quella scena della sua infanzia che la memoria aveva riportato a galla.


Il realtà non sapeva neanche cosa c'era da riflettere, aveva scoperto il motivo dell'allontanamento di suo padre e tutto si era aggiustato. Ma il ragazzo sentiva di non essere ancora completo, sentiva di dover fare qualcosa per trovare quel bambino che gli aveva fatto aprire gli occhi su suo padre, che gli aveva rubato il cuore, che l'aveva fatto entrare nel mondo dell'amore.
Si addormentò subito, senza riuscire a pensare a niente.

Ma non era tutto finito, anzi...

Blaine non poteva immaginare che proprio Kurt Hummel si sarebbe presentato davanti a lui, con la stessa pelle chiara, le stesse labbra morbide e rosee, gli stessi occhi azzurri, l'anno successivo, proprio nel periodo di Natale.















Ecco qui la mia storia di Natale. Non riesco a credere di essere riuscita a pubblicare in tempo.
Ma, essendo la Vigilia di Natale non ho molto tempo a disposizione quindi...spero che la storia vi sia piaciuta.

Come sempre, le recensioni sono sempre gradite.

Buon Natale a tutti. Siete la mia gioia.

  
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