Salve!
Quella che mi appresto a
scrivere è un’opera di mia fantasia, composta da 5 capitoli, che di certo non
può rispettare gli avvenimenti degli ultimi capitoli del romanzo “Le piccole
donne crescono” e tantomeno quelli di “Piccoli uomini” perché in questa
fic, Laurie non si sposa con Amy e Jo non si mette con il
professor Bhear. Non so voi, ma io ssin da piccola sono sempre stata una fan
accanita di questa coppia, e quindi sono rimasta pressochè sconvolta da come
la Alcott ha concluso le relazioni dei due ragazzi! Allora mi sono presa questa
piccola libertà... spazio agli stravolgimenti!
I cambiamenti iniziano dal
capitolo 18 di “Le piccole donne crescono”. Buona lettura.
Chiaretta
°°°
Laurie
& Jo
1- Ritorni
Theodore Laurence era
sdraiato sul divano dell’ampio salone.
La testa appoggiata sui
cuscini purpurei e le gambe lunghe distese liberamente, lo sguardo perso,
l’espressione corrucciata.
Era tornato a Parigi da suo
nonno la sera precedente, colto da un improvviso malumore.
Si scompigliò la chioma
ricciuta con una mano e fece una smorfia: perché, nel momento più importante,
gli era tornata in mente Jo?
I ricordi del giorno prima
continuavano a scorrere davanti ai suoi occhi, increduli che tutto fosse
successo veramente, e delle domande rimbombavano nelle sue orecchie.
Aveva fatto la cosa giusta?
E si rivedeva su quella
barca con Amy, l’ultima delle sorelle March, intento a remare e a prepararsi:
avrebbe sicuramente chiesto alla bella ragazza di sposarlo.
Lei si divertiva ad agitare
l’acqua con la mano, mentre lui remava. Dopo un po’ aveva posato i remi e
l’aveva fissata intensamente. Si erano scambiati alcune parole e poi
l’irreparabile era successo.
“Come si sta bene noi due
insieme, vero?” aveva sussurrato Amy, imbarazzata.
Agli occhi blu della ragazza
aveva iniziato lentamente a sovrapporsi altre due iridi scure, alla bocca
delicata, delle labbra decise, ai boccoli biondi, una lunga chioma castana e
liscia.
“Talmente bene, che…”
stava replicando Laurie, ma poi l’aveva vista.
Aveva rivisto nella sua
mente il volto sorridente di colei che più aveva amato: Josephine March, la sua
Jo.
Fissava di nuovo i suoi
vivaci occhi grigi, il naso buffo, la bocca decisa e i lunghi e corvini capelli,
e non si spiegava perché, proprio mentre faceva la sua propostadi matrimonio
alla ragazza che forse, oltre a lei, avrebbe potuto renderlo felice, non poteva
fare a meno di pensarla.
Jo...
“Laurie?” l’aveva
allora richiamato Amy, ma ormai era troppo tardi. Non poteva più chiederle di
sposarlo perché quel pensiero aveva riportato lo sgomento nel suo cuore, quello
sgomento che a poco a poco credeva di aver allontanato per sempre.
“Scusa Amy, in effetti
sono molto stanco. Torniamo.”
Ed era ripartito alla volta
di Parigi, senza avvertire nessuno, sperando con tutto se stesso che quel
pensiero assurdo gli fosse tornato in mente per puro errore, sperando
con tutte le sue forze di non essere ancora innamorato dell’unica donna
che l’aveva rifiutato.
Si mise a sedere sul divano
rosso e si scompigliò ancora i capelli: doveva smettere di rimuginare
sull’accaduto, altrimenti la sua immagine non sarebbe mai sparita dalla sua
mente! Ma mentre pensava questo, subito la rivedeva, piangente, abbracciata al
cuscino rosso di Beth, la terza delle sorelle March prematuramente scomparsa
poco tempo prima.
Proprio nel momento più
doloroso per lei, lui l’aveva lasciata sola, ma che altro poteva fare? Non era
stato forse freddamente rifiutato ben tre volte?
Eppure, nonostante
l’orgoglio gli ordinasse di dimenticarla, quel pensiero lo faceva impazzire.
“Cosa c’è Theodore?”
Il giovane alzò stupito lo
sguardo e vide il signor Laurence sulla soglia, che lo guardava con aria
preoccupata.
“Nulla, nonno.” cercò
di tranquillizzarlo il nipote, sedendosi compostamente.
“Anche ieri sera, quando
sei arrivato, stavi poco bene, dimmi, forse ti fa ancora male la testa?” il
vecchio si avvicinò e si accomodò sul divano.
“Si, mi fa ancora male, ma
non molto forte… cosa stavi facendo?” doveva sviare l’argomento. Aanche se
il nonno sapeva tutto di come erano andate le cose tra lui e Jo, non aveva
voglia di raccontargli della sua angoscia.
“Stavo scrivendo una
lettera ad un conoscente.” il nonno aveva capito con un solo sguardo che il
nipote voleva nascondergli qualcosa, ma pensò di reggergli il gioco: non stava
certo a lui costringerlo a confidarsi!
“L’ho invitato a venire,
una di queste sere, a trovarci… non l’ho ancora spedita, se vuoi gli chiedo
di portare qualche giovane da farti conoscere, per farti compagnia…” azzardò.
“Grazie, nonno, ma credo
che presto ripartirò, quindi non ti disturbare.” Laurie si alzò e fece
lentamente il giro del salone cercando di concentrare la sua attenzione sui
piccoli soprammobili di ceramica che facevano capolino sul grande pianoforte a
coda. Perché diavolo la voce di Jo continuava a risuonargli nelle orecchie?
Perché ripensava al suo sguardo mentre lo chiamava affettuosamente ‘Teddy’?
“Va bene, allora vado a
chiuderla e la faccio spedire…” concluse il signor Laurence riferendosi alla
lettera. Forse doveva veramente chiedere al quel conoscente di portare
urgentemente dei giovani e delle fanciulle per far compagnia al nipote…
“Stai tranquillo,
nonno.” Dal tono con cui il vecchio aveva parlato, non era stato difficile per
il nipote intuire a cosa stava pensando “non ho bisogno di nessuna
compagnia.” Affermò.
Laurie attese qualche
istante che il nonno si allontanasse e poi si avvicinò alla finestra spostando
l’elegante tendaggio con una mano.
“Forse dovrei
tornare…” pensò.
@@@
INTERMEZZUCCIO
Scusate l'interruzione, ma
prima di ricominciare, avrei una domanda da porre a tutti voi gentili lettori…
QUANTI ANNI HA LAURIE?
Sembra una domanda idiota,
ma, secondo “Piccole donne”[cap 1], Jo e
Meg si passano un anno e Teddy è più piccolo di Meg e più grande di Jo,
quindi deduco che i due ‘innamorati’ si passino qualche mese, ma in “Le
piccole donne crescono”[cap 20], Jo ad un certo punto dice a Laurie che *lui
ha qualche anno in più di lei*… com’è possibile?
Com’è possibile che abbia
qualche anno in più di Jo, ma sia comunque più piccolo di Meg (che in teoria
dovrebbe essere più grande solo di un anno di Jo)?
Mah… pensateci e poi
inviate le vostre risposte alla casella postale de “le domande che avrebbero
risposta solo se gli autori fossero ancora vivi, peccato che siano morti da
parecchio…”
@@@
Josephine March sedeva in
soffitta, avvolta dal suo famoso vestito da scribacchina, il cappello nero
abbandonato per terra.
Si era rifugiata nello
‘studio’ per cercare di lenire il suo dolore con la scrittura, ma niente
poteva distrarre la sua mente dal ricordo della dolce Beth.
Era passata quasi una
settimana dalla morte di sua sorella, ma ogni giorno una nuova sofferenza le
attanagliava il cuore; oltretutto si sentiva terribilmente sola ed incapace di
trattenere il peso di quella così spiacevole situazione.
Aveva promesso a Beth di
essere forte e di sostenere i suoi genitori, ma lei stessa si sentiva così
vulnerabile e confusa!
Spesso scoppiava nel pianto,
senza riuscire a darsi pace, mossa da una ribellione.
Perché Beth era morta?
Perchè era dovuto succedere proprio a lei, la creatura più dolce che
esistesse?
Anche quel giorno, la
sofferenza non le dava pace. Tornò nel salotto e prese tra le braccia il
cuscino rosso di sua sorella, come ormai era solita fare, e pianse ancora amare
lacrime, senza riuscire a dar sfogo al suo dolore.
Fortunatamente, come spesso
accade, qualcuno le venne in aiuto: i suoi genitori.
Lei e i signori March
ripresero a parlare, e ben presto, la cara Jo, sentì la mancanza di qualcun
altro, oltre a Beth…
Aveva iniziato a pulire la
casa con ardore e ad occuparsi sempre più volentieri delle faccende domestiche,
e proprio mentre rassettava la sua stanza, lo sguardo le si era posato su una
grande casa, oltre la finestra, che nel suo lusso faceva quasi scomparire la
casa dei Mach…
La residenza dei Laurence…
La casa di Teddy…
Le si strinse il cuore
ripensando al suo caro amico d’infanzia.
Da quanto tempo era partito?
Sicuramente da parecchio, ma
ancora più lontano era stato il loro incontro… lo ricordava
ancora benissimo…
Allora lei aveva 15 anni…
quel Capodanno passato, aveva ricevuto un’interessante notizia da Meg, la
sorella maggiore, che l’aveva trovata in soffitta, sdraiata su un vecchio
divano a tre gembe con in mano un libro… non ricordava bene che libro fosse,
quello che stava leggendo, ma era di sicuro molto commuovente… forse
‘L’erede di Redcliffe’…comunque sia, la signora Gardiner aveva invitato
sia Meg che Jo ad un ballo… era stato lì, che lei e Teddy si erano
incontrati… proprio mentre stava
per essere invitata a ballare, era sgusciata via, in una saletta attigua, ma non
era rimasta sola, il giovane Laurence era lì ed avevano cominciato a parlare…
Come avevano iniziato?
Ah, già! Jo l’aveva
ringraziata dei fiori che aveva mandato loro a Natale, poi avevano discusso
circa i loro nomi, e da quel momento aveva iniziato a chiamarlo Laurie… poi
avevano ballato soli sulla terrazza e le aveva anche insegnato un ballo tedesco
tutto piroette e salti che le era piaciuto molto…
“Quelli sì che erano bei
tempi…” si sorprese a pensare Jo, ma subito un ricordo più doloroso aveva
preso spazio.
La prima dichiarazione di
Teddy…
Lei non riusciva a provare
altro che amicizia per lui ed aveva invano cercato di farglielo comprendere, ma
quel giorno, quando lei gli era andata incontro come al solito, Laurie l’aveva
guardata intensamente ed allora aveva capito cosa stava per succedere:
“No, Teddy, per favore,
non dire niente!”aveva supplicato
“Parlerò, invece, e tu
devi ascoltarmi. E’ inutile, Jo, continuare a menare il can per l’aia, prima
chiariamo tutto, meglio sarà per tutti e due.
“E allora avanti, ti
ascolto”
La voce di Laurie tremava,
ma deciso aveva proseguito:
“Io ti amo da quando ci
siamo conosciuti, Jo. E non avrebbe potuto essere altrimenti perché sei sempre
stata tanto buona con me…”
Quelle parole adesso avevano
un effetto diverso, pensando che Teddy era molto lontano…
“Il mio amore per te è
diventato ancora più forte” aveva continuato il giovane “ho lavorato duro
per farti piacere, ho rinunciato a giocare a biliardo e ad un’altra infinità
di cose che tu non gradivi, ho aspettato e aspettato senza dare mai segni
d’impazienza perché speravo di conquistarti, anche se non ti merito”
Ma lei lo aveva rifiutato
ugualmente e poi aveva detto con tono pacato:
“Laurie, devo confidarti
una cosa.”
Lui aveva avuto un sussulto,
aveva alzato la testa e aveva gridato, furente:
“No, non dirmela, non in
questo momento! Non potrei sopportarlo!”
“Sopportare… cosa?”
“Che sei innamorata di
quel vecchio!”
“Quale vecchio?”
“Quel dannato professore
al quale non hai fatto altro che scrivere da quando sei tornata. Guarda, Jo, se
dici che lo ami, io… giuro che faccio una pazzia!”
Il professor Bhear... chissà
perché Teddy pensava che ne fosse innamorata… certo, lo stimava molto, ma
niente di più… e pensare che la cosa che doveva confidargli non riguardava
affatto i suoi sentimenti, ma quelli della mamma che non era d’accordo alla
loro unione!
Ma dopo il litigio, Laurie
non si era certo arreso.
Adesso gli occhi di Jo
indugiavano sulla finestra della camera di Teddy…
Il secondo tentativo di
conquista di Laurie era stato un più veloce. Nel momento dei saluti, quando lui
stava per partire per l’Europa, l’aveva abbracciata chiedendole ancora se i
suoi sentimenti per lui fossero sempre gli stessi: amicizia e nient’altro.
La risposta non era
cambiata.
E poi, l’ultimo tentativo,
via lettera.
A quella domanda, Jo non
aveva neppure riflettuto, stavolta, nonostante fosse passato parecchio tempo.
Aveva scritto il suo NO deciso per orgoglio e ribellione, senza badare veramente
ai suoi sentimenti. Inoltre, a quei
tempi, credeva che la sua Beth fosse innamorata del giovane Laurence… non
sospettava che i sospiri della sorellina non erano affatto per un ragazzo, ma
per la sua vita che la lasciava…
Una grossa lacrima le scivolò
lungo la guancia.
Come aveva fatto a diventare
una tale piagnucolona?
Eppure, solamente nel pianto
riusciva a trovare un poco di conforto, solo singhiozzando pensava di poter
resistere al dolore che la divorava, nonostante i suoi genitori adesso le
fossero più vicini che mai.
Se solo Teddy fosse stato lì
con lei….
Se solo lui avesse potuto
parlarle, sicuramente l’avrebbe consolata…
“Perché non torni?”
bisbigliò, in modo che solamente le bambole di Beth, lì vicino, avrebbero
potuto sentirla.
***
Alla fine lo aveva fatto.
Laurie aveva preso il suo
coraggio ed era ripartito.
Aveva inviato un messaggio
ad Amy per scusarsi di essere andato via così improvvisamente ed aveva salutato
il nonno pochi minuti prima della partenza, ma solo per non farsi venire altri
dubbi e rimandare il suo ritorno a casa.
Doveva tornare.
In che razza di situazione
si era cacciato!
Aveva rimandato il momento
più bello della sua vita perché si era ricordato di una ragazza!
Non aveva fatto la sua
proposta di matrimonio!
Perché? Perché non poteva
dimenticare Jo?
Ma sorrise, nonostante la
gravità del problema, sorrise e ripensò ai buffi momenti che avevano passato
insieme, e a quanto lui fosse cambiato.
Una volta era un ragazzo
allegro e un po’ dispettoso, che non perdeva mai l’occasione di scherzare,
adesso invece era pieno di dubbi e una profonda tristezza lo circondava.
“Chi sono i tuoi eroi?”
gli aveva chiesto una volta Jo, durante il gioco ‘verità’ che aveva fatto
molti anni addietro al campeggio Laurence, con Fred Vaughn, Sallie e Jo.
“Il nonno e Napoleone.”
Aveva risposto Laurie, in tutta onestà.
“Qual
è la ragazza più carina tra le presenti?” aveva chiesto Sallie.
“Meg.”
“E quale ti piace di più?”
aveva interrogato Fred.
“Jo, naturalmente.”
“Che stupide domande
fate!” aveva alzato le spalle la signorina March, un po’ imbarazzata.
Quella volta sì che si
erano divertiti… e poi, lui sapeva perfettamente quello che provava e non
aveva nessun problema a dirlo ad alta voce.
“Quale ragazza ti piace di
più?”
“Jo, naturalmente.”
Jo, naturalmente… e
adesso?
Chi gli piaceva di più? Amy
o Jo?
Con Amy, ultimamente, aveva
passato dei momenti meravigliosi proprio mentre credeva di non potersi più
riprendere dal rifiuto di Jo, ma lei, la secondogenita delle sorelle March… bè,
lei era semplicemente Jo, e questo bastava a fargli battere il cuore, a fargli
tornare in mente tutte le cose più belle, a farlo sentire sereno.
Era in viaggio da vari
giorni. Ormai non mancava molto al suo arrivo in America… forse due o tre ore,
non di più… che avrebbe fatto?
Si immaginava tutto:
innanzitutto avrebbe fatto la strada cantando, poi avrebbe saltato lo steccato
di casa March, come faceva sempre, ed era in quel momento, che Jo usciva dalla
porta chiamandolo ‘Teddy’. Si sarebbero abbracciati? Forse, dipendeva dal
momento.
Poi sarebbe entrato in casa,
avrebbe dato un bacio alla mamma e stretto la mano al signor March e dopo…
dopo avrebbe terminato la giornata chiacchierando con la sua cara, vecchia amica
d’infanzia.
Dai loro discorsi, lui
avrebbe capito cosa provava veramente e avrebbe potuto scoprire quello che
pensava Jo, e in seguito avrebbe deciso sul da farsi…
Ecco.
Come sospettava.
Era bastato pensare a lei un
po’ di più, che subito gli tornava il buon umore!
Mentre rifletteva con un
placido sorriso stampato in faccia, si avvicinò a lui un uomo alto, con un
grosso cappello, avvolto da un cappotto.
“Posso sedermi?” chiese
indicando una delle seggiole del ponte della nave dove era seduto anche Laurie.
Aveva un accento straniero, Teddy avrebbe giurato fosse tedesco.
“Ma certo! Si accomodi,
prego!”
“Sa, il ponte dall’altro
lato è piuttosto affollato” sì, aveva un forte accento tedesco.
“Non si preoccupi…
dov’è diretto?” chiese il giovane Laurence, fissando più attentamente il
nuovo venuto, che nel frattempo si era tolto il cappello, mostrando dei capelli
ispidi.
Ascoltò la risposta in
silenzio e poi sussultò, sorpreso:
“E’ proprio il posto in
cui vado io! Ma lei senta! E’ buffo, ci sono un sacco di persone che vanno in
America, da un sacco di posti differenti, e ci si trova a parlare con qualcuno
che va proprio nello stesso, identico paese!”
L’uomo parve un po’
sorpreso dall’entusiasmo del giovane che gli era seduto di fronte, ma sorrise
dolcemente, mostrando dei denti bianchissimi e fissando l’altro con i suoi
occhi gentili.
“E’ per lavoro?”
chiese Laurie.
“No, mi piacerebbe andare
a trovare un’amica. Lei?”
“Oh, io torno a casa.
Abito lì.”
“Capisco… da dove è
partito, se posso chiederlo?”
“Da Parigi.”
“Io dalla Germania, da
Berlino, precisamente”
“E’ una bella città”
affermò Teddy “ci sono stato un paio di volte…”
“Viaggia spesso?”
“Ho viaggiato molto
durante l’infanzia e adesso sono in giro da parecchio tempo.”
“Di cosa si occupa? … mi
scusi, se faccio tante domande, ma mi piacciono le conversazioni allegre…”
“Anche a me, non si
preoccupi! Dunque, per adesso non lavoro, mi sono da poco laureato. Invece, lei?
Di cosa si occupa?”
“Sono un professore…
insegno a New York…”
“Anche una mia cara amica
è sta a New York, un po’ di tempo fa, ma adesso è tornata a casa.”
Sembrava una persona molto
cordiale e aveva subito ispirato simpatia a Laurie, che continuò a parlare un
bel pezzo con lui, senza però mai sentire il bisogno di presentazioni:
discutevano come se si fossero conosciuti da una vita, con tranquillità e
umorismo.
“Guardi, stiamo per
attraccare al porto.”
Laurie guardò la
terraferma. Adesso sentiva un po’ d’agitazione addosso.
“Già. Bè, è stato un
viaggio veramente lungo, ma grazie a lei, piuttosto piacevole.”
“La ringrazio anch’io
per la compagnia.” Disse il professore, con il suo buffo accento,
stringendogli la mano, poi si separarono per prepararsi a scendere.
A quanto pare,
l’insegnante non si sarebbe recato subito al paese, quindi Laurie si allontanò
da solo per prendere una carrozza.
°°°
Fine del primo capitolo!
Spero che la ff risulti di
vostro gradimento e che non vi abbia fatto perdere troppo tempo. L'aggiornamento
è settimanale, quindi il secodo episodio sarà disponibile lunedì prossimo
^___^
Se volete farmi sapere che
siete passati di qua, per favore, lasciate un commento.
Grazie mille
Chiaretta