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Autore: None of me    01/01/2012    2 recensioni
Mary trattiene a stento in mano uno scatolone, alla vigilia del trasferimento di John a casa sua. Sherlock è lì, ma Mary ama troppo John.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Heilà, gente! Mio primo approdo nel fandom di Sherlock, da quando ho scoperto questa meravigliosa serie - fin troppo intrisa di slash. Per iniziare ho scritto una cosa piccola piccola - giusto per entrare nell'atmosfera - che pubblico ora, giorno nel quale inizia la seconda serie (evvai!!). Spero vivamente vi piaccia e, come sempre, ogni critica/consiglio/commento è più che gradito e mi farebbe un gran piacere. Ho tutta l'intenzione di migliorare i mio modo di scrivere, e senza il vostro parere non posso riuscirci.
Detto ciò, la storia è ambientata in un futuro abbastanza lontano, nella quale John sta per andare a vivere con Mary, sua futura moglie (ovviamente mi sono ispirata allo scritto originale di Doyle per questo). Buona lettura, e tanti tanti auguri di buon anno nuovo!!!




Holmes è al centro della stanza, in piedi. La sta scrutando con aria annoiata e, forse, con un velo di risentimento – troppo celato dalla profondità delle sue iridi per essere chiaro e reso troppo evidente dallo scintillio delle sue pupille per non risultare evidente.

Non mostra alcuna espressione, così come il suo corpo suona del tutto estraneo al movimento.

Si limita a fissarla, nemmeno un accenno di curiosità nello sguardo. Mary si sente annullata da quegli occhi in un modo così completo, così totale, da faticare persino a mantenere il respiro regolare. La stretta sullo scatolone si fa ogni istante più debole e sente le dita – sudate, bianchicce e scosse da un tremito – scivolare lentamente, ma in maniera inesorabile, lungo la superficie del cartone, rendendo vano ogni suo sforzo di mantenere forte la presa e evitare ai beni di John di spargersi sul pavimento con un rumore sordo.

Rimane immobile, congelata da quell'azzurro così implacabile che, fisso su di lei, ridimensiona sempre di più la sua importanza come persona, il suo valore come essere umano.

Per pochi attimi percepisce la sua esistenza come del tutto vana, irrilevante, fastidiosa.

Si sente quasi soccombere sotto quelle terribili consapevolezze, sotto il peso di ciò che Sherlock – pur senza parlare – sembra del tutto intenzionato a rivelarle.

Sherlock – lo Sherlock di John, lo Sherlock a cui appartiene John – continua a non proferire parola, non muta neanche la smorfia in cui ha stretto le labbra, non abbassa lo sguardo – come se avesse mai fatto qualcosa del genere.

Mary si sorregge con disperazione alla scatola che stringe tra le braccia, unico rimasuglio della realtà a cui può tenersi aggrappata – gli oggetti di John, di John, sono là dentro – prova che lui andrà via con lei, che ha vinto.

Eppure continua a sentire gli occhi di Sherlock che la reclamano, pezzo per pezzo, la lacerano e la distruggono, strappandole ogni organo e smontandola nella sua interezza, rubando viscere e brandelli di anima.

La sta eliminando con lo sguardo, e lei avverte una stanchezza sempre più pressante, il respiro farsi affannoso, il cuore cedere – un malessere impadronirsi di lei.

Nella sua mente comincia a farsi largo una idea, che sembra spazzare ogni suo altro pensiero, che avanza con prepotenza e le urla quanto tutto ciò sia fasullo.

Le mani tremano sempre più visibilmente, finché un fremito più consistente degli altri la costringe ad abbandonare la scatola che ha in mano e a lasciarla rovinare a terra.

Il rumore - la consapevolezza del contenuto- costringono il suo orgoglio a ribellarsi, dandole la forza necessaria a staccare gli occhi da quelli di Sherlock e a ravvivare il fuoco della rabbia – unica sua possibile salvezza.

-È inutile che mi guardi così. Ha scelto me! È mio ora!

Urla con tutta la forza, usurandosi le corde vocali. Tenta con violenza di marcare il territorio – la sua serenità – tenendo lontano la minaccia. E sente strana la sua voce, in quanto non ha mai urlato così tanto in tutta la sua vita. La spaventa, ma le da anche ciò di cui ha bisogno: artigli, zanne e ringhi animali per difendere quello che è suo – quello che magari non vuole, ma di cui ha bisogno.

E mentre urla la sua frustrazione gli occhi di Sherlock non la abbandonano un istante, e si tingono di ironia, di scherno.

Quello stesso azzurro che prima la stava inghiottendo ora la prende in giro, quasi compatendola.

Le labbra assumono la forma di un ghigno, e Mary sa fin troppo bene il perché.

Rivedrà quello sguardo così derisorio ogni volta che udirà John parlare del suo Sherlock – il luccichio negli occhi troppo visibile e malcelato per non suscitarle gelosia.

Le tornerà in mente quella smorfia quando il suo compagno dirà il nome di Holmes nel sonno, e percepirà chiaramente la sottile risata del consulente investigativo ogni qual volta John guarderà la finestra, sconsolato – sempre più spesso.

Il suono della tristezza e dei sospiri di John la divoreranno da dentro lentamente, fino al momento in cui – dentro – non le rimarrà più niente.

La sconfitta la preme già in partenza, e Mary è spaventata, distrutta da questo.

Ma la sua momentanea felicità vale troppo – è una ipotesi troppo allettante – per rinunciarci, e non può fare altro che raccogliere gli ammennicoli sul pavimento e riportare la scatola in macchina, dove John – ignaro – la aspetta.

Sempre che le sue orecchie riescano a liberarsi del tutto della risata cattiva di Sherlock, e i suoi pensieri della presenza costante di quest'ultimo, che la accompagna sempre. La può sentire sotto pelle, come una sanguisuga. Le sottrae tutti i momenti passati con John e si nutre della sua felicità. È sempre lì, che striscia e le ricorda che la vittoria acquisita – l'amore ottenuto – non sono che fasulle illusioni.

Perchè John, alla fine, tornerà da lui – da Sherlock.

Perchè Sherlock è di John – e John, appartiene a Sherlock.

  
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