Chap
1
Prendere
un aereo non
era mai
stato così difficile come in quell’istante!
C’era in gioco tutta la mia vita, i
miei sogni e la speranza di stare bene, una volta atterrata.
New
York era diventata troppo piccola per me e la gente che ci abitava,
troppo
opprimente. Non sarei riuscita a stare soltanto un altro secondo in
quella
città, anche se dovevo ammettere che alcune persone mi
sarebbero mancate.
Non
si poteva fingere che la propria vita passata non fosse mai esistita,
anche se,
certe persone, avresti voluto non incontrarle durante il tuo cammino,
ma ci
sono sempre quelle che sono state un punto di riferimento per te. Come
i
genitori e gli amici, quelli veri, con cui hai vissuto per tutta la
vita e ti
senti in colpa a lasciarli ma sai che è la cosa giusta da
fare, abbandonare
quella città infernale, e niente ti avrebbe fatto cambiare
idea, anche se una
parte di me, chissà quale, stava lottando per non farmi
partire.
“Si
avvisano i passeggeri che il volo TD 30128 per San Diego è
in partenza al Gates
3, vi preghiamo di dirigervi verso l’imbarco”,
aveva annunciato lo speaker
dell’aeroporto.
Avevo
fatto un lungo respiro e poi mi diressi verso l’imbarco.
Poche ore di aereo non
mi sarebbero costate nulla se in cambio c’era una vita nuova.
“Grazie
per aver volato con noi, benvenuta a San Diego”, mi
annunciò l’hostess quando
le passai davanti per scendere dall’aereo.
Percorsi
tutto il corridoio che mi portò nella zona del ritiro
bagagli e quando furono arrivate
le mie valigie, mi diressi verso il bancone delle informazioni.
Era
sera tardi, quasi mezzanotte e mezzo, e l’aeroporto era
particolarmente vuoto
ad accezione dei passeggeri che aspettavano il loro volo sulle panchine
o che
dormivano ignari di quello che succedeva intorno. Regnava il silenzio
più
assoluto.
“Mi
scusi, col volo avrei anche prenotato una macchina”, dissi
alla ragazza dietro
al bancone.
“Certo,
ha il biglietto con sé?”
“Sì,
aspetti un attimo”, poggiai la mia borsa sul bancone e
iniziai a tirare fuori
tutti gli oggetti che avevo all’interno e la ragazza
m’inviò un’occhiata di
disapprovazione.
È
strano come, quando hai bisogno di una cosa e
‘casualmente’ non la trovi perché
s’infila sempre sul fondo della borsa, sotto a tutto.
“Ecco,
scusi”, le porsi il biglietto. “Sa
com’è, quando si cerca una
cosa…”, iniziai a
blaterare imbarazzata.
“Non
si preoccupi”, mi disse digitando sulla tastiera del
computer. “Ecco, vede, c’è
un problema”
“Quale
problema?”, chiesi nervosa.
“Non
so davvero come sia potuto capitare, ma la macchina che aveva prenotato
non c’è
nel nostro parcheggio”.
“Come
la macchina non è nel vostro parcheggio?", dissi alzando
leggermente il
tono della mia voce. "Guardi bene, la prego! Ci deve essere
assolutamente
un errore”
“Niente”
“E
non ci sono altre auto?”, l’hostess scosse la testa
desolata.
“Può
prendere un taxi”, mi suggerì.
“Un
taxi? Mi costerebbe un occhio della testa”, dissi esasperata.
“Dannazione! Non
doveva andare così!”, mi ripetei camminando avanti
e indietro davanti a lei.
“Ehi,
ti sono caduti questi”, la voce di un ragazzo mi aveva
interrotto dal mio
monologo. Mi voltai a fissare quel tipo strano. Indossava una maglietta
gialla
e portava un berretto nero e bianco la cui visiera gli copriva
metà viso. In
una mano aveva un borsone da viaggio e nell’altra mi porgeva
la custodia dei
miei occhiali da sole.
“Grazie”,
gli dissi prendendoglieli e riponendogli in borsa per poi tornare a
discutere
con l’hostess. “Davvero non
c’è una sola macchina nel parcheggio?”
“Sono
desolata”
“Serve
una mano?”, mi aveva chiesto lo stesso ragazzo di prima.
“No,
grazie”
“Dico
sul serio, sembri una che ha bisogno di aiuto”.
“So
badare a me stessa, grazie per gli occhiali e buona serata”,
gli dissi
voltandomi verso di lui.
“Scommetto
che sei una di quelle che non parla con gli sconosciuti”.
“Non
si è mai troppo cauti”
Non
avevo la minima idea di cosa volesse da me. L’avevo
già ringraziato per gli
occhiali ora poteva anche andarsene.
“La
prego, guardi bene”, le chiesi decidendo di ignorarlo mentre
se ne stava fermo
in piedi a fissarmi. Dopo qualche istante, scosse la testa e si diresse
verso
l’uscita.
L’hostess
aveva scrollato la testa per la medesima volta e si era scusata. Certo,
tanto
quella che rimaneva a piedi ero io e non lei!
Poi
come se fosse un segno, mi si accese una lampadina, o qualcosa che le
assomigliasse e capii che l’entrata nella mia nuova vita era
stata un completo
disastro ma il proseguimento non avrebbe dovuto fare la stessa fine,
certo che
no, si poteva correggere.
“Fa
niente, grazie lo stesso”, dissi alla ragazza.
Presi
la mia valigia e il mio borsone e corsi verso il ragazzo che era quasi
arrivato
alla porta e lo afferrai per la maglietta.