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Autore: Night Sins    04/01/2012    4 recensioni
Questa one shot inizia esattamente da dove è finita la 3x10.
Pensieri e reazione di Neal, contro Peter, sulla base di tutto quello che è successo nei mesi prima; perché sa che è colpa sua, ma non può accollarsi tutto il peso di quanto successo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: How about you?
Fandom: White Collar
Personaggi: Neal Caffrey, Peter Burke
Pairing:nessuno
Rating: PG
Genere: introspettivo, malinconico
Avvertimenti: one shot, spoiler
Timeline: post-3x10
Spoiler: fino alla 3x10
Conteggio Parole: 904
Betareader: nessie sun
Disclaimer: "Io scherzo... forse." (cit. A.Costa) // I personaggi non sono miei, ma degli autori e di chiunque ne abbia diritto; tanto meno sono utilizzati a fini di lucro, ma solo per mero piacere personale.
Note: Perché io amo Peter, ma il suo comportamento mi ha dato sui nervi per tutta la S3. E vorrei che Neal gli facesse sul serio un discorso del genere, ma SO che non lo farà, perché lui lo ama più di me. u_u
- Il titolo è da una song di Frank Sinatra. ♥



“Ha preso mia moglie.”
Era distrutto, Neal glielo leggeva negli occhi assieme alla rabbia e all'indignazione per quella mossa ingiusta, fuori dal classico scontro tra ladro e poliziotto.
Avrebbe voluto fare qualcosa, anche se sapeva che non era nella posizione giusta. Era tutto così… difficile. Si sentiva in colpa, sapeva che doveva sentirsi in colpa; Keller voleva il tesoro e niente lo poteva fermare. Se Kate fosse stata viva, ci sarebbe stata lei al posto di Elizabeth, probabilmente - o, giusto per star sicuro, avrebbe preso entrambe.
Eppure non poteva fare a meno di volersi avvicinare a lui e abbracciarlo, lasciarlo sfogare.
“Peter…”
Prima che riuscisse a pensarlo razionalmente, stava già avanzando.
“Vattene”, lo bloccò il federale; il tono gelido e impersonale, così diverso dal solito, era la cosa più difficile da sopportare.
Neal si era fermato, ma non se ne andò. “Io…”
“Vai via, Caffrey. Esci da questa casa.”
Il truffatore lo fissò negli occhi, ma non riusciva a ritrovarci niente dell’uomo che aveva conosciuto e di cui aveva imparato a fidarsi, a cui aveva imparato a volere bene. L’unica cosa che vedeva in quel momento era rabbia che voleva esplodere e che stava facendo di tutto per trattenere, ultimo baluardo del ricordo di quello che era il loro legame; perché Neal sapeva che Peter stava pensando che fosse tutta colpa sua, perché aveva nascosto il tesoro, perché non gli aveva detto la verità. E aveva ragione, era colpa sua.
Finalmente Neal si voltò verso la porta e fece un passo avanti. Poi si bloccò nuovamente, avviluppato da un’altra improvvisa e travolgente sensazione. Era vero, aveva la sua parte di colpa, ma non era il solo.
Tornò a guardare Peter; la compassione, e comprensione, e dolore che provava pochi attimi prima quasi sommersi dietro quell’ondata di rabbia.
“Sai cosa? Puoi pensare quello che vuoi; che abbia rubato io il tesoro, che abbia voluto ingannarti di proposito, che tutto questo sia solo ed esclusivamente colpa mia, ma la verità è…”
“Zitto”, ordinò il federale, secco, “non dire una sola altra parola.”
E, per una frazione di secondo, Neal ebbe la sensazione di scorgere qualcosa del Peter che conosceva, dell’uomo che aveva tentato e tentava sempre di proteggerlo. Si ricordò di tutti gli altri agenti che ancora erano intorno a loro, che non erano solo Diana e Jones, ma oramai non gli importava.
“No, devi starmi ad ascoltare ora”, replicò serio. “Posso sapere dove si trova il tesoro; posso non avertelo detto; però sono qui perché non sono voluto scappare, perché volevo dirtelo, sul serio, ma avevo paura, perché tu non avresti creduto mai che non era stato un mio piano. E quindi ho fatto di tutto per metterti nella giusta direzione, tutto quello che mi è passato in mente che non comprendeva il puntarmi contro una freccia al neon lampeggiante con la scritta: ‘ehi, il tuo partner vorrebbe che tu lo obbligassi a dirti dov’è il tesoro perduto dei nazisti’. Volevo essere catturato, per una volta. Speravo riuscissi a capire quello che ti stavo dicendo tra le righe…”
Neal stava urlando; ogni frase e ogni parola gettate con violenza contro l’altro. Rabbia e frustrazione e biasimo per Peter nel suo sguardo. Per essere stato distante, per non aver compreso, per aver creduto così tanto in lui da aspettarsi sul serio che sarebbe andato a confessargli tutto, tranquillamente. Neal non si capacitava ancora di come tutto quello poteva essere possibile.
“Ma non lo hai fatto, quindi non dare tutta la stramaledettissima colpa a me! Non sono contento che Keller abbia preso Elizabeth, e certo non era una possibilità a cui pensavo; e sì, mi sento tremendamente responsabile, ma so che non è solo colpa mia. Non puoi darla tutta a me e pretendere che mi senta il solo responsabile.”
Senza accorgersene, si era avvicinato a Peter e aveva stretto i pugni attorno ai risvolti della sua giacca. Non sapeva nemmeno lui se per picchiarlo, abbracciarlo o che altro.
Peter lo guardava incredulo, incapace di replicare, probabilmente ancora sconvolto da quel fiume di parole che gli si era riversato addosso. Posò una mano sulla sua spalla, la stretta era quasi dolorosa, poi la lasciò scivolare verso il collo, tra i suoi capelli corti, in una strana carezza.
Neal non poté evitare che alcune lacrime scendessero lungo le sue guancie. Sentì la presa sul retro del suo collo attirarlo in avanti senza troppi sforzi. Posò la fronte sulla spalla di Peter e chiuse gli occhi, per liberarli dalle lacrime.
“Mi dispiace”, mormorò.
“Vai da June, resta in casa.”
Il tono ancora duro, ma c’era anche qualcos’altro oltre al vuoto dello shock e della rabbia.
Neal annuì e fece un passo indietro; la mano di Peter scivolò nuovamente sulla sua spalla, nuovamente dolorosa.
“Non le farà del male”, disse il federale, e sembrava fosse il ragazzo ad aver bisogno di rassicurazione invece che sé stesso.
“Non ci riuscirà”, assicurò il truffatore, anche se, tra tutte le non complete verità che aveva detto a Peter quella era quella che più si avvicinava ad una bugia. Non aveva la possibilità di affermare con certezza che sarebbero riusciti ad evitare che Keller toccasse Elizabeth, nemmeno consegnandogli quello che voleva.
Peter abbassò la mano. “Vai a casa”, ripeté per la terza volta.
Neal abbassò lo sguardo e se ne andò senza aggiungere altro, senza venire fermato da nessuno, pensando a dove potesse trovarsi in quel momento Moz.
   
 
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