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Autore: Faust_Lee_Gahan    06/01/2012    8 recensioni
"Noi tutti siamo convinti che diventeremo il massimo. E poi ci sentiamo un pochino derubati quando le nostre aspettative vengono deluse. […] Ma alcune volte la realtà supera addirittura le aspettative."
[Sherlock/John - Mycroft/Lestrade]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Lestrade , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Transylvanian Lullaby

Summary: Noi tutti siamo convinti che diventeremo il massimo. E poi ci sentiamo un pochino derubati quando le nostre aspettative vengono deluse. […] Ma alcune volte la realtà supera addirittura le aspettative.

Pairing: SherlocK/John – Mycroft/Lestrade

Rating: Verde

Words: 2204

Disclaimers: Non miei e “blablablabla! Lascia stare! Abbiamo detto queste cose centinaia di volte!”

Notes: Schifezza a ore 12! Per la Maritombola, per giunta! (#68: “Non credi che ci starebbe benissimo nel tuo soggiorno?”)



Transylvanian Lullaby



Whatever you are, I love you. Oh, it's horrible, I know! But I do love you.”

(Marnie)



Dal blog di John H. Watson:

Noi tutti siamo convinti che diventeremo il massimo. E poi ci sentiamo un pochino derubati quando le nostre aspettative vengono deluse.



«Non puoi entrare.» disse svogliata Anthea, pigiando velocemente sui tasti del cellulare.

Lestrade le passò davanti senza fermarsi a fare il loro solito scambio di battute. Era troppo infuriato.

Spalancò la porta dell'ufficio con la grazia di un elefante ed entrò.

«Mi spieghi questo che cazzo significa?»

Mycroft alzò lo sguardo su di lui, per niente stupito.

«Chiudi la porta, almeno.»

Ovviamente doveva averlo previsto.

Lestrade eseguì e tornò a fronteggiarlo dall'altro lato della scrivania.

«Allora?» disse

«Allora cosa?»

«Mi prendi in giro? Voglio sapere che cosa cazzo significa questo!» e gli sbatté sotto al naso un misero post-it giallo.

Mycroft lo guardò col sopracciglio alzato.

«Credevo fosse abbastanza chiaro.» replicò

«Oh, per essere chiaro, è chiaro!» esclamò lui «Il concetto è espresso bene, anche in forma particolarmente corretta. Mi chiedo solo perché mai non potevi dirmi le stesse cose di persona!»

«Perché sapevo che avresti reagito così.» disse «Non volevo fare discussioni. E poi non esiste un modo giusto per tagliare i ponti con qualcuno.»

«Interessante davvero, Mycroft, perché in realtà esiste! Lascia che te lo illustri.»

Prese le carte dal tavolo che stava insistentemente guardando e le gettò alla rinfusa sul pavimento.

Mycroft lo guardò sconvolto.

«Ho la tua attenzione? Perfetto. Ecco, vedi, tu avresti potuto avere il coraggio e la cortesia di dirmi faccia a faccia che non avevi più intenzione di vedermi. Credo che prima o poi dovrai riuscire a concludere o iniziare una relazione in un modo che non comprenda una mail, un messaggio o un rapimento. Credo che prima o poi tu dovrai affrontare la paura di sembrare un cattivo ragazzo, e avere effettivamente qualche conversazione poco piacevole con altri esseri umani, perché la verità è che è proprio tentare di evitarla che ti rende il cattivo ragazzo! Io avrei solo voluto una fine che fosse ponderata e... decente e... giusta per quello che avevamo, qualsiasi cosa fosse. Quindi la questione, Mycroft, è questa: c'è un modo giusto di rompere con qualcuno e non -ripeto, non- include un post-it!» (1)

Gregory riprese fiato, mentre Mycroft sbatté le palpebre un paio di volte. Lo vide ingoiare a vuoto e raccogliere le carte più vicine a lui.

«Molto bene.» commentò freddo «Adesso, se hai finito, avrei del lavoro da fare.»

Lestrade annuì, contraendo le labbra in una smorfia di disprezzo, e uscì lasciando la porta aperta.

Anthea si affacciò ghignando. «Mi scusi, capo. Era così sicuro di sé che non ho voluto fermarlo.»

Lui annuì in silenzio.

«Capo?»

«Sì?»

«Posso farle una domanda?»

«Certo.»

«E' proprio innamorato, vero?»

Mycroft alzò lo sguardo verso di lei. Sbuffò e tornò alle sue carte. «Questa domanda non è pertinente.»



Ma, alcune volte, la realtà supera addirittura le aspettative.



Quando John tornò da lavoro, quella sera, Sherlock aveva appena preso il violino.

«Siamo artistici, stasera?» commentò chiudendo la porta

Sherlock si voltò a guardarlo.

«Non componi più?» chiese, notando l'assenza del leggio.

«No, stasera no.» lo informò

John si stese sul divano ad occhi aperti. «Hai preferenze?» chiese Sherlock.

Lui fece spallucce. «Tu sai quali sono, ma tanto se chiedessi non le suoneresti lo stesso.»

L'altro ghignò. «Non esageriamo. Magari potrei fare un'eccezione.»

John si voltò a guardarlo incredulo. «Davvero?»

«Sì, ma non stasera.»

«Ah, ecco.» mormorò John mettendosi comodo

«Non sono mica un juke-box, John.»

Lui appoggiò la testa sul bracciolo del divano, per niente stupito. «Suona quello che ti pare, allora.» sospirò «Tanto ti riesce sempre bene.»

Sherlock si fermò un attimo nell'atto di posizionare il violino e sorrise. Poi cominciò a suonare.

John ascoltò attentamente per riconoscerne il suono. Poi sorrise.

Il tema di Young Frankenstein. Era tra le sue melodie preferite, e Sherlock lo sapeva.

Chiuse gli occhi e ascoltò la musica, senza pensare a niente. Cosa che, checché ne dicesse Sherlock, accadeva alquanto di rado.

Mentre stava lì a godersi quella musica -suonata benissimo, accidenti a lui!- l'improvviso silenzio e un peso sulle gambe lo costrinsero a ritornare alla realtà.

John aprì gli occhi e trovò Sherlock seduto sulle sue gambe, l'archetto e il violino in mano, che lo guardava. Lo fissava. John non riusciva a capire bene in che modo. Quindi lo fissò a sua volta.

Lo scrutava come se... ecco! Come se fosse una bizzarra creatura venuta da chissà dove.

Si appoggiò sui gomiti e si alzò un po' per vederlo meglio. «Cosa c'è?»

Sherlock lo guardò ancora, in silenzio, imperscrutabile. Sembrava che stesse tentando di analizzargli l'anima. Ma c'era un che di disteso nel suo sguardo, come se lo stesse soltanto... ammirando? No, impossibile.

A un certo punto sorrise, senza smettere di guardarlo, come se fosse giunto a una conclusione. Mandando lui sempre più in confusione.

«John.»

«Dimmi.»

«Sposami.»



A volte, quello che ci aspettiamo, di fronte a quello che non ci aspettiamo, impallidisce.



Non era mai stato così furioso in vita sua.

Nemmeno quando Sherlock gli aveva messo un tasso nella doccia. Da dove diavolo l'aveva preso, poi?

Oppure quando erano misteriosamente scomparsi i suoi biscotti preferiti. Una macchia di cioccolato non era un indizio sufficiente, ma la sua dieta non era una buona scusa.

«Potresti spiegarmi cosa significa questo?»

Cercò di controllare la voce mentre gli sbatteva davanti il motivo del suo sdegno.

Lestrade gli dedicò appena un'occhiata.

«Perfino per la mia mente inferiore appare chiaro: è un ombrello rotto.»

«E' il mio ombrello rotto!» esclamò Mycroft «E sei stato tu! Lo so!»

L'ispettore si alzò e chiuse la porta. «Non capisco perché avrei dovuto romperlo.» replicò amabile

«Non fare il saccente con me, Gregory! Trovo questo gesto davvero idiota e infantile! Insomma, guardalo!»

Lestrade lo guardò e ghignò. «Mi piace.» commentò «Forma una splendida L. Non credi che ci starebbe benissimo nel tuo soggiorno?»

Mycroft gli si avvicinò furioso. «Ti proibisco di parlare del mio ombrello in questo modo.»

Gregory smise di ghignare e arrivò a un centimetro da lui. «Ringrazia che non è il tuo collo, piuttosto.» (2)

«Non capisco perché tutta questa rabbia repressa nei miei confronti.»

«Mi hai lasciato con un post-it, Mycroft. Un fottuto post-it. Per giunta senza neanche darmi spiegazioni. Evidentemente non mi consideravi degno di una tua spiegazione. Forse non mi hai mai considerato abbastanza degno di fare parte della tua vita, ti sono venuto a noia e mi hai scaricato. Permetti che sia, almeno, un po' incazzato?»

Rimasero a guardarsi male per qualche altro secondo, finché all'improvviso Mycroft gli prese il braccio.

«Vieni con me.» sibilò, trascinandolo fuori dall'ufficio.

«Ma... dove stiamo andando? E non tirare! Mi fai male!» ribatté Lestrade strattonando

«Vieni con me.» ripeté imperturbabile portandolo fuori da Scotland Yard sotto lo sguardo allibito di colleghi e criminali.

«Guarda che a differenza di te io ho un governo a cui dare conto!»

«Ti prego! Sono io, il Governo! Adesso entra.» aggiunse aprendo la portiera della limousine.

«Smettila di trattarmi come un cane!»

«Hai ragione. Mi dispiace.» disse tra i denti il Governo «Adesso entra, per favore

Lestrade lo guardò male, malissimo, prima di salire. Mycroft entrò e l'autista partì.

«Adesso mi spieghi dove stiamo andando?»

«A fare una cosa che avrei dovuto fare molto prima.» affermò determinato. Aveva recuperato la sua solita aria controllata.

Bussò al vetro che li separava dal guidatore e questo si abbassò un po'.

«Anthea, prepara tutto. Stiamo mettendo in azione il Piano Rutland.» (3)

Lei spalancò gli occhi e li guardò entrambi. «Il Piano Rutland?!»

«Non discutere. Esegui.»

Inaspettatamente per Lestrade, lei fece un gran sorriso. «D'accordo, capo!» e fece per rialzare il vetro, ma il suo boss l'interruppe. «Oh, e comincia a chiamare mio fratello. E se non risponde, cosa assai probabile, chiama il dottore. Ha sicuramente più buon senso di lui.»

«Bene, signore.»

L'ispettore aveva fatto passare lo sguardo sconvolto dall'uno all'altra, e adesso che il vetro nero garantiva loro una certa finta privacy, guardava Mycroft, che intanto assumeva un'aria soddisfatta alquanto irritante, non sapendo cosa pensare.

«Vuoi far capire qualcosa anche a me?» sbottò «Cosa stai cercando di darmi a bere? Cosa sarebbe questo piano segreto? Oppure la mia mente troppo inferiore alla tua per-»

«Sto cercando » lo interruppe Mycroft, non senza soddisfazione «di darti a bere...» alzò gli occhi per trovare le parole e ghignò quando le trovò, guardandolo dritto negli occhi.

«Una proposta di matrimonio.»



Dovremmo chiederci perché ci aggrappiamo alle nostre aspettative.



«Sposami, John.» ripeté Sherlock

John era bloccato, aveva aperto la bocca ma non riusciva a dire una parola.

Sherlock sorrideva. Era sempre contento quando lo stupiva e lo riduceva in quel modo.

«In che senso?» fu quello che riuscì a buttare fuori.

Sherlock rise. «Esiste un solo senso, John.»

Lui sbuffò. Trovava alcune difficoltà a respirare e quindi non gli sembrò una buona idea.

«Lo so, che esiste un solo senso, Sherlock, ma … Perché?» chiese.

«E' alquanto scortese chiedere alla persona che ti sta chiedendo di sposarti perché vuole sposarti.» osservò Sherlock

«Che ne sai tu della cortesia? Sei seduto sulle mie gambe!» sbottò John

«Non c'è spazio!»

«Mi hai fatto venire qui dall'altra parte della città perché ti prestassi il cellulare! E ci conoscevamo da un solo giorno!» ricordò John

Il suo amico sorrise, quasi compatendolo.

«Lì ho capito che saresti stato un assistente prezioso.» disse

«Sono stato rapito dalla mafia cinese!»

«Lì ho capito che eri la mia persona.»

«Moriarty mi ha usato come bomba!»

Sherlock sospirò, appoggiando le mani sulle ginocchia di John.

«Lì ho capito che sarei stato perso senza il mio blogger.»



Perché quello che ci aspettiamo ci fa restare fermi, in attesa.



«Allora? Che mi dici?»

Gregory lo guardò immobile, senza dire una parola. In più quel sorriso stampato in faccia lo confondeva.

«Ma che stai dicendo?» borbottò «Matrimonio?!»

«Esatto, matrimonio.» scandì Mycroft «Come posso dirlo in altri termini?»

Come aveva fatto prima, rifletté un momento e ghignò ancora.

«Ispettore, vuole essere mio?» (4)

«Ma questa cosa non ha senso!» sbottò «Prima mi lasci senza darmi spiegazioni, e poi-»

«Ok, Gregory. Direi che per oggi hai parlato abbastanza.» lo interruppe Mycroft col massimo della calma. Era tornato ad essere il padrone. «Volevi che facessi una conversazione poco piacevole con qualche essere umano? Allora sia.»

Si sistemò la giacca, per darsi quanto più contegno possibile, e lo guardò dritto in viso. «Non l'ho mai detto a nessuno, quindi perdonerai la mia franchezza.» disse «Io ti amo.»

Greg lo guardò, col fiato che gli mancava. Doveva essere impazzito.

«Tu... Ma...» balbettò

«Comprendo il tuo stupore, Gregory. Ma vedi, io credo di aver reagito male quando l'ho scoperto, e mi sono... fatto prendere dal panico. E questo spiega il post-it e la mia omissione delle ragioni che mi avevano spinto a tale gesto.»

L'ispettore tacque, perché non sapeva davvero cosa dire. Mycroft preso dal panico? In quale universo erano?

«Ma... il piano segreto...»

«E' un nome in codice per indicare il matrimonio. Nel caso avessi avuto la voglia improvvisa di farti mio per sempre.»

L'ispettore buttò fuori un po' d'aria e sorrise. Il solito Mycroft Holmes. Il solito previdente, ma imprevedibile Mycroft Holmes.

«Io ti amo, Gregory.» ripeté guardandolo

Lestrade credette di avere un tappo nella trachea.

«Mi vuoi sposare?»



Quello che ci aspettiamo è solo l'inizio.



Sherlock si scostò quanto bastava per piegargli le gambe e appoggiare le braccia sulle sue ginocchia. Lo guardava con quel sorriso sghembo che John conosceva fin troppo bene.

«Tu mi stai chiedendo perché voglio sposarti.» disse e alzò le spalle «Io ti assicuro che non lo so. Per la prima volta nella mia vita c'è qualcosa che non so, e non me ne importa niente. So solo che sono innamorato di te.»

A John fece male lo stomaco.

«Sono innamorato di te, da sempre. Non lo so perché. Non lo so perché suono la tua musica preferita, o perché ti preparo la cioccolata calda quando hai l'influenza. (5) Oppure perché non voglio nessun altro con me. Non lo so. So che tu sei come nessun altro al mondo, e io...»

«Sherlock...» cominciò John senza sapere bene cosa dire. Gli sembrava che qualcuno gli avesse tappato le vene in modo da non fargli andare il sangue al cervello, impedendogli di pensare.

«Io sono innamorato di te.»

«Ma... E Irene Adler?»

Fantastico. Sherlock gli stava chiedendo di sposarlo e lui era geloso di Irene Adler. Ecco cosa succedeva ad avere le vene tappate.

Sherlock rise di gusto. Appoggiò il mento sulle braccia.

«Quello è stato il momento in cui ho capito che anche tu eri innamorato di me.»

Rise ancora e John si sentì uno stupido. Più delle altre volte.

«Non ho preparato anelli.» continuò lui. «Non ho regali di fidanzamento. Non ho niente che sia convenzionale. Non lo voglio e non sarebbe adatto a te. Tu non sei convenzionale. Non voglio feste, cerimonie o quant'altro. Non mi interessano le cose legali o illegali. Non è una carta a stabilire la mia relazione con te. Non mi metterò in ginocchio e non farò domande.» (6)

John lo guardò negli occhi, in attesa.

«Io voglio passare il resto della mia vita con te.»

John credette di avere un tappo nella trachea.

«Sposami.»


Quello che non ci aspettiamo, invece, è quello che cambia la nostra vita.








Notes, again:

Questa è una specie di accozzaglia di citazioni! Quindi cominciamo con (1): lo sclero del povero Greg sul post-it è in parte ispirato a Sex and the city, dove Carrie viene mollata in questo barbaro modo da Berger e sclera con i suoi amici; (2) Harry Potter e la camera dei segreti ♥ (3) il piano folle del nostro Myc l'ho chiamato così dal nome del personaggio di Marnie interpretato da uno Sean Connery d'annata che... ♥; d'altra parte anche (4) è una citazione dal medesimo film (come la frase d'inizio) «Cosa stai cercando di darmi a bere?» «Sto cercando di darti a bere una proposta di matrimonio. Vediamo, come posso dirlo in altre parole? Signorina, vuole essere mia?»; (5) è un riferimento a http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=913574 [Anna ♥]; (6) «Non mi metterò in ginocchio e non farò domande.» Grey's Anatomy, da dove proviene anche la parte del blog di John. Questo è il tema di Frankenstein Junior http://www.youtube.com/watch?v=zN7AaphF3kk&feature=related sto tizio la suona tutta di seguito e quindi ho pensato che vi potesse dare una migliore idea di quello che avevo in mente. (Spero per la vostra incolumità che abbiate visto il film!)

IC è stato approvato da rosmy90 per telefono quindi prendetevela con lei! XD Thanks, dear. ♥

  
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