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Autore: Selene Silver    07/01/2012    4 recensioni
[Misha/Jensen u.u]
Adesso che la roulotte era completamente buia, priva dei loro respiri affannosi che lentamente erano tornati alla normalità da alcuni minuti, Misha si permise di ripercorrere con la mente l'inizio di quella nottata come Jensen stava percorrendo con la punta delle dita i contorni delle sue costole, dei suoi capezzoli e dei muscoli che gli sporgevano leggermente dallo stomaco.
Com'era iniziata?
Ah, già.
«Allora? Adesso me lo dici?»
«Mmh?»
Passò dolcemente le dita fra quei corti ciuffi di capelli, che gli fecero il solletico sui polpastrelli. «Com'è cominciata.»
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Jensen Ackles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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We must make some time together.

«Avanti, Jared, premi play!»
«Hai la tua birra?»
«Sissignore.»
«E la mia?»
«No, non me la sono bevuta, non farmi quella faccia. Ecco.» Jensen gli passò la bottiglia e poi si sistemarono davanti, in religioso silenzio, davanti allo schermo del computer.
Jared premette play.
I primi due minuti, risero insieme, quasi strozzandosi con la birra. Quel Misha Collins, che dicevano dovesse essere il loro nuovo amichetto - dio, perché Jared doveva usare termini così da checche? - aveva un paio di labbra per cui le donne avrebbero fatto follie, e certi occhi azzurri da far sciogliere cuori a destra e a manca.
Wow. Avrebbe dovuto andarci lui, a Dawson's Creek.
Proprio mentre lo pensava, il buon Collins si alzò e fece per slacciarsi i pantaloni. Poi iniziò una serie di esercizi di riscaldamento - e Jared: «Dai, quelli riuscirei a farli anch'io» - e poi…
Oh.
Jensen lo guardò alzare le gambe, si ritrovò una splendida visuale di un culo a dir poco perfetto e… e quando Misha allungò la lingua, la bottiglia gli cadde di mano.
Fissava allucinato lo schermo, e c'era qualcosa di decisamente duro nei suoi pantaloni.

 

***


«L'angelo è chiaramente innamorato del cacciatore.» Vicky teneva i gomiti poggiati graziosamente sul bancone della cucina ed il mento fra le mani, scrutandolo da dietro gli occhiali con gli occhi che le brillavano, divertiti, la prima volta che gli disse queste parole.
Lui, che stava cucinando, si era voltato con un sopracciglio inarcato.
«Ho finito di leggere la sceneggiatura» aveva chiarito sua moglie, allungando una mano per prendere un grissino; lui l'aveva bacchettata con un mestolo di legno. Vicky aveva replicato con un'occhiataccia.
«Hai finito di leggere e questo è ciò a cui sei giunta?» aveva riso Misha, riprendendo a muovere il suddetto mestolo nella padella piena di pomodori e peperoni verdi.
«Esatto.» L'aveva sentita sgranocchiare con soddisfazione il suo grissino. «L'angelo è innamorato del cacciatore. Che penso lo ricambierà, prima o poi, ma non saprei; da quello che ho letto dev'essere orribilmente testardo.»
Aveva alzato gli occhi al cielo, sapendo che lei se ne sarebbe accorta anche se non poteva vederlo. «E quindi?» 
Aveva spento il fuoco sotto la padella per voltarsi e guardarla. «Quindi non lo accetterà. D'altro canto sarà difficile anche per l'angelo, visto che lui è… com'è che dice?, una creatura del signore, e quindi non conosce le emozioni umane…» Vicky giocherellava con le briciole cadute sul bancone, e sembrava che stesse per impossessarsi del manoscritto e riscriverlo daccapo. D'altro canto era il tipo da amare le storie angosciose e con alto contenuto di sesso frustrato - ma non era quello il caso, vero? -, quindi magari non l'avrebbe fatto.
«Vicky, dubito che Kripke e il suo staff stessero pensando a questo, mentre ideavano la trama.»
Lei l'aveva guardato con aria di compatimento, come se non riuscisse a credere che lui fosse tanto ingenuo. Lui si era sentito nudo, e dentro di sé aveva pensato che magari un'altra leggiucchiata alla sceneggiatura non avrebbe potuto fargli male; ma poi Vicky aveva riso, socchiudendo gli occhi come faceva lei, e lui si era sentito decisamente sollevato.
«Mmm, vedremo. Attento solo a non fare la fine dell'angelo, eh.»

Riprese all'aperto.
Si passò il pollice sulla curva del labbro inferiore. Screpolato com'era, gli sembrava che anche la più piccola pressione potesse spaccarlo e farlo sanguinare, ma al momento vi avrebbe affondato tranquillamente i denti, pur d'impedirsi di pensare.
Teso nella sua posa da Dean, Jensen gli dava la schiena. Lui osservava le sue spalle larghe contratte e l'adorabile arco che formavano le sue gambe allargate - Dio, pensò. Devo avere qualche problema.
In attesa della sua entrata in scena, teneva un cappotto sopra quel ridicolo trench, e osservava. Seguì di nuovo col dito la curva delle proprie labbra, stavolta senza nemmeno accorgersene.
Non era un attore alle prime armi, diavolo. Non riusciva a spiegarsi perché si sentisse così fottutamente emozionato. Nel cast c'era una bella atmosfera, erano tutti allegri - tanto che le prime volte si era pure chiesto se non circolasse erba, da quelle parti; l'atmosfera l'avrebbe lasciato intendere facilmente - e l'avevano accolto senza problemi. Jared l'aveva quasi spedito a terra con una pacca sulle spalle, diamine!
È colpa sua. Il pensiero fu fuggevole e comunque formulato male, perché lui non era tipo da attribuire colpe e grazie; però era vero, e gli strisciava spesso sotto la pelle.
Diciamo causa. Causa suonava meglio.
Era a causa di Jensen se si sentiva nervoso. Con gli altri, quel benedetto ragazzo sembrava la versione badass di un panda; con Jared, poi, non parliamone neanche: sembravano due amichette del liceo. Lo vedeva spesso corrersene in giro per il set come un bambino, scherzando e ridendo. Poi gli si avvicinava lui e - bum! - di botto si quietava, lo guardava come un coniglietto spaurito e gli faceva un sorrisetto nervoso.
Maledizione.
E ogni volta che Misha lo vedeva comportarsi in quel modo, quasi che lui fosse un genitore intransigente e Jensen un bambino, si sentiva un po' ferito.
«Diavolo, sembra che abbia paura di me!»
Vicky, a quelle parole, aveva alzato gli occhi dal computer e l'aveva guardato con l'espressione un po' vacua di quando la interrompeva mentre scriveva. «Mmh?»
«Jensen, dico. Scappa ancora. Quando mi avvicino diventa tutto rigido e fa un sorrisetto nervoso che mi fa sentire una vera merda.»
Le sopracciglia di lei si erano corrugate appena, poi aveva fatto un sorriso mezzo compassionevole. «Vedrai che gli passerà.»
Erano rimasti un attimo in silenzio, lui che la guardava con aria inquisitoria. «Tu hai capito cos'ha, vero?»
Vicky non aveva risposto con altro che un sorrisetto, riprendendo a ticchettare sui tasti del portatile. «Vedi un po' come va, Mish. Mentre recitate la cosa non è evidente, no?»
«No, c'è solo la tensione fra Dean e Castiel.»
«Be', allora devi solo aspettare. Magari sarà lui a chiarirti cos'ha… altrimenti, be', metti da parte la tua biblica pazienza da angelo e affrontalo.»
Ripensando a quella conversazione ora, sul set, mentre osservava spalle larghe di Jensen  tanto fissamente da darsi dello stupido, si sentì nervoso esattamente come un adolescente che chiede a una ragazza di andare al ballo della scuola. Che paragoni di merda, Collins.
D'altro canto lui ne aveva abbastanza di quella situazione, e se Jensen non si fosse deciso a dirgli che diavolo…
Proprio in quel momento, il ragazzo si voltò. Non era previsto che lo facesse, nella scena, e Misha si accorse subito che stava cercando lui, gli occhi verdi quasi angosciati, come se avesse percepito il suo sguardo; lo vide deglutire mentre i loro occhi s'incrociavano, ed un attimo dopo erano costretti a rilasciarsi, una voce che urlava «Stop!» e quella di Jared che chiedeva «Ehm, Jens, forse dovresti guardare verso di me.»
Ackles si passò una mano sul viso. «Scusate, scusate, mi ero… distratto.» E gli uscì anche una risatina nervosa, mentre evitava accuratamente di guardare Misha.
Lui si morse il labbro. Se non si decide a dirmi che diavolo c'è in quella sua testolina bacata, giuro che glielo tiro fuori a forza.

 

***

«Sai, Jens, credo che tu gli stia facendo saltare i nervi.»
Il ragazzo dagli occhi verdi inclinò la sua bottiglia di birra, osservando il movimento del liquido da dietro il vetro trasparente, e si sforzò d'ignorare le insinuazioni di Jared. «Perché? Non gli sto facendo niente.»
Padalecki grugnì una risata divertita, scuotendo la testa. «No, certo. Gli stai facendo salire una frustrazione da strangolarti, ma in realtà è solo un effetto collaterale della tua nuova politica di… come potremmo dire?… allontanare Misha Collins, l'orco incredibilmente snodato.»
A quel punto, con le guance che gli diventavano rosse per quel riferimento neanche tanto velato a ciò che lo rendeva così nervoso in quei giorni, Jensen iniziò a pensare che accettare l'invito dell'amico per una birra non fosse stata una buona idea.
Se c'era una somiglianza fra Jared e Sam, infatti, era quella propensione allo psicanalizzarlo - ora, Jensen era di sicuro più tranquillo con se stesso di quanto non lo fosse Dean, ma avere quegli occhi verdi quasi quanto i suoi fissi addosso non lo rendeva particolarmente tranquillo. Soprattutto se lo squadravano mentre parlavano di un certo argomento.
«Andiamo, Jens!» continuò Jared, inclinando la testa per catturare il suo sguardo - inutile, lui avrebbe continuato a tenerlo affogato nella sua birra, costasse quel che costasse - «Non puoi continuare così all'infinito. È una cosa che avrebbe potuto succedere a chiunque…»
«A te non è successa» si decise finalmente a sbottare Jensen, schiaffando la bottiglia sul tavolo e fulminandolo con gli occhi.
Al che, Jared si disse che tanto valeva smettere di trattarlo come un bambino ed iniziare coi metodi per un adolescente appena entrato nella pubertà - il che era un bel passo avanti, eh. «E allora, a maggior ragione, devi parlarci. Su, su, non farmi quel faccino afflitto, sono sicuro che non ti mangerà vivo. Se a te Misha fa quell'effetto, devi affrontare la cosa.»
Jensen sembrò essere tornato sordo alla sua voce, riprendendo a sorseggiare il suo alcool. Jared sospirò - non era davvero pronto per essere trattato in quel mondo più diretto, allora? - e si sorprese quando dalla gola dell'amico sgorgò una risatina. «Siamo ridicoli.»
«Tu sei ridicolo, bello.» Fece cozzare la sua bottiglia contro quella di lui. «Io non mi sono preso una cotta irrisolta per nessuno.»
«Al diavolo» grugnì Jensen, scolandosi il resto della bottiglia.

Il giorno dopo, a riprese ormai finite, Jensen si dirigeva verso la sua macchina massaggiandosi il collo. La tensione che sentiva nelle spalle era quasi dolorosa, e per una volta non c'entrava col troppo lavoro. 
Maledetti occhi blu.
Se di solito Misha lo guardava con l'aria sorpresa di un cucciolo sgridato ingiustamente, o al massimo con una punta d'incredula frustrazione, oggi l'aveva guardato come se volesse letteralmente mangiarlo.
Rabbrividì. Jared non sapeva di cosa stava parlando, ieri sera. Sentì anche una certa pressione nello stomaco, quando pensò a un altro modo in cui Misha avrebbe potuto mangiarlo, e trattenne per un attimo il fiato, allontanando ancora una volta quella parte della sua mente che ultimamente lo tormentava. Soprattutto quand'era solo, soprattutto di notte.
«Al diavolo» borbottò, scuotendo la testa.
Stava passando proprio in quel momento accanto alla roulotte di Collins, sforzandosi di non concederle neanche un'occhiata - quando, ecco, sentì una mano afferrarlo per la spalla e tirarlo ed improvvisamente c'era la lamiera del caravan contro la sua schiena ed un paio di occhi blu a due centimetri dai suoi, e lui si sentì affogare in quelle iridi ed ebbe la consapevolezza di non poter riemergere più.

 

***


«Perdonami per la scena un po' troppo alla Supernatural» si sentì in dovere di dire Misha, sperando che Jensen non fraintendesse il suo tono nervoso per uno più aspro e sarcastico. «Ma, davvero, non avrei saputo in che altro modo avvicinarti.»
Gli teneva ancora le mani sul bavero della giacca, e non sapeva bene dove metterle, perché se l'avesse lasciato andare probabilmente Ackles sarebbe scappato a gambe levate. Solo che, osservandolo meglio, si accorse che non ne sembrava neanche in grado. Stava completamente accasciato contro la parete della roulotte, con le gambe piegate che quasi sfioravano le sue, e lo guardava con le labbra socchiuse e gli occhi sgranati, ed un respiro convulso gli gonfiava il petto. Prima che potesse chiedergli se stava bene, però, Jensen sembrò ritrovare la voce.
«Ehm, parlarmi non ti sembrava abbastanza?» Ritrovato, oddio; sembrava più che altro che si stesse sforzando di fare un discorso coerente dopo aver subito un pestaggio, o aver avuto uno dei migliori orgasmi della sua vita.
«Non credo che avresti accettato di starmi a sentire.» Ora che l'aveva detto, si sentì abbastanza sicuro di poterlo lasciare andare, e le braccia gli ricaddero lungo i fianchi, inoffensive. Jensen lo scrutò, prese un profondo respiro e si raddrizzò. Misha si sforzò, per non diventare ancor più nervoso, di non notare che gli tremavano le gambe. Ma quando formulò il pensiero di non volersene accorgere se n'era già accorto, e - oh, Dio, perché doveva essere così complicato mantenere un filo di pensieri logico, quando stava accanto a quell'idiota? 
Respirò tentando di riempire bene i polmoni - era una lezione basilare dello yoga, la conosceva da anni e gli era stata utile in parecchie situazioni, ed in effetti non tardò ad esserlo anche in questa - e si sforzò di continuare. «Mi eviti da quando ci siamo incontrati per la prima volta e, uhm, be'… vorrei un chiarimento.»
«Vorresti un chiarimento» replicò Jensen un attimo dopo; ripeteva le sue parole come se stesse cercando di trovarci un senso nascosto. Poi sembrò ripensare a qualcosa. «Cioè, mi hai teso questa specie di imboscata per…»
Misha si sentì arrossire. «Mi dispiace, forse mi sono fatto un po' prendere la mano.»
«Un po'» ringhiò il ragazzo con gli occhi verdi. Poi dovette succedere qualcosa che Collins non riuscì a capire, tipo qualcosa che andava in corto circuito in quella testa ricoperta da corti capelli castano-biondicci, perché un attimo dopo si ritrovò lui con le mani dell'altro sul bavero del cappotto e la schiena premuta contro la lamiera, ed un ginocchio - che non tremava più - infilato fra le sue gambe.
«Tu… devi essere… un grandissimo idiota» sbuffò Jensen, schiacciandoglisi addosso. Dove diavolo è finito, il panda badass di questi giorni? «Mi sono sforzato, e te ne sei accorto, no?, di non arrivare a questo punto… e tu vieni a provocarmi e mi schiaffi contro la parete della tua fottuta roulotte.» Alzò gli occhi al cielo, come se volesse chiedere consiglio alle stelle. Misha si ritrovò a fissare un paio di iridi straordinariamente verdi, e si sentì in balia, pur inconsapevolmente, della stessa sensazione che aveva colto il collega quando era stato lui a guardarlo negli occhi. «Tanto per sapere, nella roulotte c'è un letto, vero?»
Jensen era tornato a guardarlo fisso, con un'aria che Misha avrebbe potuto definire senza problemi predatoria, se quella domanda assurda non gli avesse risucchiato via ogni considerazione, idea e pensiero dal cervello. Gli rimanevano solo sensazioni. E il suo maledetto petto schiacciato contro il suo. Ed il suo maledetto ginocchio fra le sue gambe. E il maledetto fatto che adesso era lui, a tremare.
«Jensen, cosa…?»
«Volevi dei chiarimenti, no?» Avvicinò un altro po' il viso al suo, gli occhi socchiusi, quelle ciglia incredibilmente lunghe - che diavolo. Lo sentì sospirare sul suo viso, in un modo che gli fece schizzare il cuore alle stelle. «E mi parrebbe difficile e ridicolo darteli in altro modo che non sia questo.»
Fu a quel punto che le labbra di Jensen sfiorarono le sue. All'inizio fu appena un tocco, come se volesse solo sentirne l'effettiva morbidezza, e nient'altro. La bocca di Misha si schiuse e tese verso la sua, alla ricerca di un vero bacio. Poi Jensen gli mordicchiò gentilmente il labbro superiore, e con più forza quello inferiore, succhiandolo. Infine ci fu un vero bacio, e le ginocchia di Misha crollarono definitivamente, costringendolo ad aggrapparsi alle spalle dell'altro - più larghe delle sue, perfette per sorreggerlo, per affondarvi dentro le dita - mentre la sua lingua s'intrecciava a quella dell'altro, gli percorreva il palato, sembrava rubare ogni soffio del suo fiato e ogni stilla di pensiero che in quel momento non concepisse lui e perché diavolo ci aveva messo così tanto a capire che era tensione sessuale?!
Si staccarono, e a Misha venne quasi da ridere vedendo le guance rosse di Jensen, sentendo i loro petti che continuavano a sfiorarsi mentre, più che respirare, ansimavano. «Ah, era questo… Ah…» L'impulso di ridere divenne più forte quando pensò a Vicky, anche se si mescolava a un lieve isterismo dovuto al senso di colpa.
«Già» concordò Ackles, posando la testa sulla sua spalla per un attimo, per poi guardarlo di nuovo alle sue successive parole.
«Qualcuno me l'aveva accennato… velatamente.»
Le sopracciglia del ragazzo con gli occhi verdi s'aggrottarono. «Hai parlato con Jared?»
A Misha sfuggì un'altra risatina. «Oh, no… Non preoccuparti.»
Rimasero lì a fissarsi, con le guance bollenti; le braccia di Jensen attorno alla sua vita mentre lui gli passava le proprie attorno al collo. A Misha sfuggì un sospiro, di quelli profondi e senza speranza, quando i loro occhi s'incontrarono di nuovo; poi sbatté le palpebre, tornando almeno un po' presente a se stesso. «Posso chiederti com'è cominciata?»
«Per colpa tua» mugugnò Jensen; sembrava in imbarazzo, però sorrideva. E gli brillavano gli occhi. E Misha pensò che la sua curiosità investigativa avrebbe potuto aspettare. 
In fondo s'era parlato di un letto, no?
Jensen sembrò leggergli quel pensiero negli occhi, perché sogghignò - se era nervoso, incerto, non lo fece vedere. Doveva aver ponderato la questione talmente a lungo da non averne più paura. E Misha aveva alcune esperienze alle spalle - risalivano al liceo e ai primi anni del college, ma confidava fosse come andare in bicicletta: una volta che hai imparato, non lo scordi più. Quando l'altro lo prese - delicato, ma fermo - per il polso, e lo guidò fino alla porta del caravan, che si aprì ad una leggera spinta, nessuno dei due perse tempo a guardarsi in modo imbarazzato.
Misha chiuse la porta con un calcio e lo afferrò per la nuca, premendosi contro di lui; le mani di Jensen s'infilarono nei suoi capelli, tirandoli leggermente per costringerlo a piegare più indietro la testa, e le mani del moro lo liberarono rapidamente dall'impedimento nel cappotto e della felpa e s'infilarono sotto la sua maglietta, agguantandogli i fianchi.
«E dire che tu» ansimò Jensen «non ti eri neanche accorto di cosa stava succedendo.»
«Zitto» ringhiò Misha, mordendogli con forza il labbro inferiore «non avevo capito cos'era, e basta.»
«Ah-ah, vuoi dire che anche tu eri attratto da me?» Come se la risposta non gl'importasse, gli aprì a strattoni la zip del cardigan e glielo fece scivolare lungo le spalle accompagnandolo con mani; però il modo in cui lo guardava, in cui quegli occhi verdi non accennavano a staccarsi dai suoi neppure per un attimo, raccontava un'altra storia.
Misha sogghignò ed interruppe quel gioco di sguardi schiacciandosi di nuovo su di lui e premendo le labbra sulle sue con una foga che rasentava una fame feroce; e con quello, si disse, aveva risposto più che con mille parole. Poi lo spintonò indietro, e l'altro si lasciò guidare finché - finalmente - non si ritrovarono a cadere sulla branda, in un cigolio rumoroso di molle e uno svolazzare selvaggio di coperte.

Adesso che la roulotte era completamente buia, priva dei loro respiri affannosi che lentamente erano tornati alla normalità da alcuni minuti, Misha si permise di ripercorrere con la mente l'inizio di quella nottata come Jensen stava percorrendo con la punta delle dita i contorni delle sue costole, dei suoi capezzoli e dei muscoli che gli sporgevano leggermente dallo stomaco.
Com'era iniziata? Ah, già.
«Allora? Adesso me lo dici?»
«Mmh?»
Passò dolcemente le dita fra quei corti ciuffi di capelli, che gli fecero il solletico sui polpastrelli. «Com'è cominciata.»
«Ah…» Non fosse stato così buio, avrebbe giurato di vedere le sue guance arrossarsi. La mano di Jensen passò sul suo petto, ma lo sentì muoversi con un certo nervosismo al suo fianco. Le coperte, impregnate di sudore e sperma, frusciarono. L'intera roulotte sapeva di sesso, ma Misha grugnì, percependo l'atmosfera di pace e appagamento tutt'attorno a loro sfumare - ma poi Ackles rise, con un'allegria che sapeva di resa e disse solo due parole. «Nip/Tuck.»

***

Tornò a casa la sera dopo, con un succhiotto impresso sulla spalla a renderlo nervoso, alcuni muscoli che non usava da parecchio indolenziti e la sensazione di sentirsi colpevole di qualche reato.
Sarebbe stata di sicuro un'emozione più convincente, se non avesse tremato ogni volta che ripensava a Jensen e a tutto ciò che avevano fatto, e a come si erano salutati - ogni barriera e lontananza finalmente abbattuta, un abbraccio e un bacio sul suo collo.
La cucina era illuminata e lui vi entrò dopo aver posato la borsa in salotto. 
Vicky gli dava le spalle, intenta a leggere un libro mentre aspettava che l'acqua del tè bollisse; ma lo sentì, fermo e nervoso sulla soglia, e si voltò sistemandosi gli occhiali.
Sorrideva mentre lo scrutava dalla cima dei capelli alla punta dei piedi, e non smise neanche un attimo - e adesso, più che altro, sogghignava - quando gli chiese: «E allora, vi siete chiariti?»
«Vicky…» tentò lui, facendo un paio di movimenti inconsulti con la mano; ma poi si accorse che lei si stava palesemente trattenendo dal ridere, e socchiuse la bocca, sentendosi beccato come un pollo e assolutamente… preso per il culo. «Non stavi aspettando altro, eh?» La sua voce aveva cambiato decisamente registro, diventando pungente.
Finalmente, sua moglie rise, e dopo essersi asciugata gli occhi - perché , avevano preso a lacrimare per quanto aveva riso - lo guardò sorridendo e disse: «Be', sembra che le cose si stiano facendo più… piccanti, no?»
E Misha avrebbe avuto la netta sensazione di aver per moglie una specie di aliena venuta direttamente da Cassiopea, se non fosse stato troppo impegnato a trattenersi dal ballare la conga.



Credits titolo: Dark Star - CSN
E il riferimento a Nip/Tuck ovviamente viene da questo video.
Sono di un nervosismo colossale, quindi ve la mollo qui e... non vi dico dove vivo per evitare eventuali pestaggi ditemi che ne pensate ^^
  
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