Titolo: Risa
Personaggi: Battler,
Beatrice.
Pairing: BatoBea.
Rating: Verde.
Genere: missing
moment.
Avvertimenti: One-shot.
Note: Bah. Dovevo finirla. La prossima - quando mai la finirò dato che non ho una dannatissima idea sul come continuarla - sarà più lunga e *si spera* migliore.
Disclaimer: Tutti i personaggi presenti in questa fanfic appartengono a Ryukishi, l'uomo con il maglioncino rosa ed il cappellino molto fashion.
Risa
Battler
s'era spesso chiesto se la strega che odiava –
perché malvagia, inumana, dalla
risata ineducata, e che aveva i capelli dorati, gli occhi blu come
l'oceano e
un rarissimo sorriso dolce – e contro cui giocava avesse mai
avuto un'infanzia.
Certo, probabilmente era stata anche lei una bambina, era cresciuta
come
chiunque... ma che ne fu della sua gioventù? Che ne fu di
quel periodo
spensierato in cui inizia a crearsi lentamente il carattere di una
persona? La
sentiva ogni tanto scherzare con Gaap su come avesse riempito di
cioccolata la
stanza di Virgilia quand'era poco più di una ragazzina, o di
come l'avesse
fatta impazzire evocando svariati dolci e facendoli piovere dal cielo.
Giochi e
scherzi di una bambina, piccoli divertimenti che solo una come Beato
poteva
avere.
Quindi,
si disse Battler mentre beveva un sorso di tea e la fissava fare lo
stesso
dall'altro lato del tavolo, anche lei era stata piccola.
E ingenua,
forse.
(Non
che ora non fosse infantile, molto spesso)
La
osservò battere appena le ciglia e alzare lo sguardo, gli
occhi color del mare
fissi nei suoi – una punta di... tristezza, forse?, in loro.
(Notalo,
capisci ciò che voglio dirti, dicevano)
“Cosa
c'è Battler?”
Un altro sorso di tea, lo sguardo ora languidamente puntato sul fondo
di quella
tazzina decorata.
“Mh?
No... nulla.”
La
calma ed il controllo di Beatrice sorprendevano Battler certe volte.
Si
sarebbe aspettato un'ulteriore domanda da parte sua, una che magari
l'avrebbe
punto sul vivo e l'avrebbe messo in imbarazzo... ma Beato rimase muta,
troppo
intenta, forse, a sorseggiare il tea prima che si raffreddasse.
Così calma e
composta... sembrava una bambola enorme, bellissima in quell'abito che
le
avvolgeva perfettamente il seno e la vita, e s'allargava sui fianchi.
La
fissò per qualche lungo istante, rapito dall'immagine di una
donna tanto bella,
da un'immagine che non faceva pensare a lei come ad una strega
– le streghe
dovevano essere brutte, eppure perché lei aveva quel viso
dai tratti dolci
circondato da quella chioma dorata?
Non
era proprio come s'era aspettato che fosse una strega. Nelle favole
erano
sempre descritte come vecchie ed orrende... quindi perché
lei si discostava
così tanto da quel cliché?
“Ehi,
Beato...”
La
donna dall'altro capo del tavolo alzò il capo, facendogli
capire che aveva la
sua attenzione, ma rimase in silenzio, le dita strette attorno a quella
piccola
tazzina ancora calda.
“Perché...
perché sei diventata una strega?”, non la
guardava, timoroso dello sguardo che
sapeva l'avrebbe altrimenti trafitto da parte a parte,
“Voglio dire... non
sembri una strega, eppure...”
“Non
sembro una strega?”, un sorriso derisorio sul volto da
bambina cresciuta troppo
in fretta.
“N-no...
lascia perdere quello. Pe-perché sei diventata una strega?
Una volta eri
umana...”
Sperare
in una risposta sincera da parte della donna parve inutile a Battler;
probabilmente gli avrebbe parlato per enigmi come faceva sempre,
limitandosi ad
esprimersi con metafore che lui non avrebbe mai compreso e che non
avrebbero
mai avuto un senso.
Contro
ogni sua aspettativa, però, la strega abbassò il
capo, fissando lo sguardo nel
poco tea rimasto nella tazzina. Mormorò qualche parola a
bassa voce,
costringendo il ragazzo a sporsi verso di lei per poterla sentire.
“...
-omessa.”
“Omessa?”
“...”
Lasciò la tazzina, stringendo con un pugno il lungo abito.
“Non importa. Tanto
non capiresti.”
Parve
triste, pensierosa ed arrabbiata a Battler in quel labile istante in
cui rialzò
lo sguardo ed i loro occhi s'incontrarono. Lo guadava con
disapprovazione e
risentimento, come se lui le avesse fatto un torto – che,
ovviamente, non
ricordava.
“Ehi...
Beato?”
“Riprendiamo
il gioco, Ushiromiya Battler. Non hai nemmeno iniziato a creare teorie
sulla
morte delle vittime del primo crepuscolo! Ahahahah, come puoi anche
solo
sperare di vincere con quella tua attitudine da perdente,
eeeeh?”
La
solita espressione beffarda era tornata sul viso della strega, ora non
più così
dolce. Quel sorriso totalmente diverso da quello che le aveva visto
fare quando
avevano lottato assieme contro EVA-Beatrice.
“Aaah...
E' inutile, è tutto inutile! Ti sconfiggerò
Beato! E' una promessa!”
L'atteggiamento
distaccato e derisorio della donna parve cadere a pezzi per un breve
istante,
spazzato via da quello che Beatrice era sicura fosse un cuneo che
l'aveva
colpita proprio vicino al cuore. Un singhiozzo ruppe la sua risata
quasi
isterica e nasconderlo fu difficile.
“Perfetto!
Davvero perfetto! Vedi di mantenerla questa tua promessa, Ushiromiya
Battleeeeer!!”
“Non
preoccuparti, Beato. Come ti ho già detto una volta, io non
infrango mai lei
ambizioni di una donna!”, il dito puntato contro di lei,
un'espressione dura e
sicura sul volto stanco e teso. L'avrebbe battuta ad ogni costo, doveva
vincere
quel gioco perché... perché doveva tornare a casa
dalla sua famiglia, dalla sua
sorellina che lo aspettava proprio come gli aveva suggerito Gretel.
“Allora
Battleeer!! Inizia pure a spiegare, su! Non trattenerti e fammi
divertire!”
“Certo!
E' una promessa questa, Beato: vincerò questo gioco e
tornerò dalla mia
famiglia.”
La
donna scoppiò in un'ulteriore risata fragorosa ed i vetri
nella stanza in cui
si trovavano s'infransero nello stesso istante; un vento nato dal nulla
iniziò
a soffiare fra quelle mura impregniate di fumo.
Ed
anche se stava ridendo, l'espressione sul volto di Beato era quella di
una
donna dilaniata dal dolore, incapace di odiare l'uomo che aveva davanti
a sé ed
incapace di porre fine a quel gioco che per lei rappresentava un mondo.
Un
mondo che non poteva mantenere in vita ancora a lungo, essendo
incompleta.
“Preparati,
Beatriceee!!”