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Autore: LazyMe    30/08/2006    0 recensioni
"Non sono più padrona dei miei folli pensieri e delle mie azioni insensate. Come un acrobata avventato sto camminando sul filo sottile della ragione, sotto di me il barato della pazzia che minaccia di inghiottirmi da un momento all’altro, è tutta questione di equilibrio e di tempo…"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IN EQUILIBRIO NEL VUOTO

 

Non ho più la forza di reagire all’ennesima caduta, all’ennesima perdita, all’ennesima delusione. Troppe volte, ormai, sono state distrutte le mie fragili illusioni, momentanee prigioni dei sogni. Ed ogni volta esse rimangono libere, come bolle di sapone volano nell’aria cristallina, in attesa di quell’innocente attimo in cui un involontario assassino pone fine al loro brevissimo volo. Allora scoppiano improvvisamente, svaniscono nell’abbagliante colore del nulla e come affilate schegge di vetro, i loro frammenti vengono scagliati contro le pareti dell’anima; si insinuano in profondità, lacerando le mie misere difese che non sanno opporsi al dilagare della delusione.

L’amarezza prende il sopravvento, le speranze vengono spazzate via da una bruciante e definitiva sconfitta. Come potranno rimarginarsi le sanguinanti ferite del cuore? Sono semplicemente sola, senza sogni, senza speranze, senza fiducia… E’ così difficile donare la propria fiducia, soprattutto se è stata più volte fatta a pezzi, calpestata crudelmente per il semplice egoismo di chi non ha compreso la sua reale importanza. Ma ne avevo sempre raccolto accuratamente i resti, con pazienza e fatica li avevo rimessi insieme per poter riappropriarmi di una diffidenza sgualcita e maltrattata. Ora non posso più farlo.

I pensieri non hanno più senso, si rincorrono veloci e confusi attorno ad un'unica idea nitida ed assillante che fonda le sue radici nell’insidia del dubbio: il tradimento. La mente si annebbia e il confine fra realtà e illusioni spezzate diventa così sottile da non poter più arginare tutta la sofferenza. Reprimo l’urlo angosciante che sento farsi strada lungo la gola, mentre non ho nemmeno la forza di ribellarmi. Questa volta non ce la faccio proprio a rialzarmi, è troppo.

Mi sono lasciata incantare dall’ammaliante canto delle Sirene dimenticando ciò che quelle melodie soavi celano astutamente. Ci ho creduto veramente, con tutta me stessa; senza riserva avevo affidato il mio futuro a quei sogni ormai distrutti. Li ho rincorsi disperatamente, fino alla fine, per seguire l’inebriante profumo della felicità che mi ha soffocato. Mi aveva invaso un poco alla volta, lentamente mi aveva stordito con mille lusinghe piacevolmente strazianti. Non ne potevo più fare a meno, completamente ubriaca di vita, e mi è stata comunque strappata via brutalmente, senza pietà né rispetto. Di fronte a questa crudele realtà che mi ha già portato via tutto, sono ancora una volta irrimediabilmente sola, vuota, priva di tutto ciò che ho amato e che mi ha permesso di essere quello che sono stata.

Ora è diverso, non sono io quella che formula frasi sconnesse davanti al televisore spento, non sono io quella che rimane chiusa in casa per giorni e giorni. Non mi appartiene quello sguardo vacuo riflesso nello specchio e nemmeno quell’ombra logora dai contorni sbiaditi.

Non sono più padrona dei miei folli pensieri e delle mie azioni insensate. Come un acrobata avventato sto camminando sul filo sottile della ragione, sotto di me il barato della pazzia che minaccia di inghiottirmi da un momento all’altro, è tutta questione di equilibrio e di tempo… Ma che significato ha il tempo quando resta perennemente avvolto nel buio della disperazione? La mia strada va avanti, imperterrita e indifferente nei confronti di chi la percorre, si inoltra nelle tenebre proseguendo dritta e obbligandomi ad avanzare. Voglio fermarmi, voglio raggiungere la meta di questo viaggio tormentato e riposarmi, abbandonarmi finalmente alla pace di un innocuo silenzio. Non sopporto più questa visione distorta del mondo.

Vedo un coltello abbandonato nell’acquaio insieme a una pila di piatti sporchi: è un attimo, perdo l’equilibrio e cado nell’oblio. Cerco miseramente di aggrapparmi agli ultimi brandelli della ragione mentre nella mia mente appare quello che sembra l’unico modo per salvarmi, per liberarmi dall’apatia della follia e della depressione. Non mi rendo realmente conto di quello che faccio, delle mie azioni dissennate, avverto solo un ultimo bagliore di lucidità mentre osservo il sangue scorrere copioso dai polsi, sulle mani, e gocciolare a terra lucido e denso. Mi sento improvvisamente stanchissima e continuo a fissare incredula il palmo delle mie mani: la vita mi scivola via incontrollabile e lieve; le palpebre si appesantiscono e provo inutilmente a mormorare qualcosa, ma dalle mie labbra socchiuse non esce nessun flebile suono e lascio così questo mondo incoerente.

 

Sul ciglio dello strapiombo, in bilico tra la vita e la morte, dico addio a questo mondo nonostante tutto meraviglioso di cui non faccio più parte; senza opporre resistenza mi abbandono alla libertà del vuoto come le bolle di sapone che un tempo hanno racchiuso i miei sogni.

 

 

 

 

  
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