Un grazie sincero a tutti
quelli che hanno recensito, o anche solo letto la mia precedente
fanfiction su questo fandom, spingendomi a mettere per iscritto altre
mie idee. Grazie, grazie, grazie!
Questa è un'altro mio 'figlioletto', nato così di
getto, da un'idea/lampo che ho voluto subito mettere nero su bianco.
Spero vi piaccia e che non abbia fatto troppo male, al solito!
Buona lettura!
S.
Il fine giustifica i mezzi
*
“Sinceramente, certe
supposizioni non hanno il minimo criterio scientifico” disse
Sherlock,
sbuffando “una scimmia avrebbe saputo scrivere una
sceneggiatura dieci volte
più brillante, e decisamente più ricca di colpi
di scena”
John, che sedeva accanto a
lui scosse la testa, rivolgendo gli occhi al cielo, distogliendo
svogliatamente
lo sguardo dal televisore al volto del suo coinquilino.
Era in terzo dvd che inseriva nel lettore quella sera, ed era il terzo
misero
fallimento davanti all’incontentabilità epica,
esagerata e dannatamente
irritante del geniale Sherlock Holmes.
“Sherlock, giusto
perché
tu lo sappia il mio livello di sopportazione stasera è
pericolosamente vicino
al limite massimo” sbottò John, cercando di essere
chiaro e conciso “vada per
il cellulare nella tua giacca, vada per il piede umano nella scatola
sotto il
mio letto, vada per la tua malsana abitudine di avvolgerti nudo in quel
lenzuolo ma ti prego, puoi rimanere in silenzio almeno fino alla fine
del primo
tempo?”
Sherlock lo guardò
come se
avesse appena visto un fantasma. O meglio, lo guardò come
una persona
cerebralmente normodotata guarderebbe un fantasma. Sherlock non tollerava l’irrazionale.
“Non puoi sfidare le
mie
capacità John, avvilendole con questa richiesta. Un altro
quarto d’ora di
questa pellicola e potrei arrivare a preferire un’intera
serata in compagnia di
Molly Hooper e delle sue frivole chiacchiere”
borbottò con la sua voce chiara e
profonda, come se stesse parlando di qualcosa di impensabile e brutale.
John si voltò verso
di
lui, reprimendo l’incredibile voglia di prenderlo a pugni.
Scosse la testa e lo
guardò, gli occhi ridotti a fessure.
“A me piacerebbe passare qualche ora con Molly. E’
una ragazza a modo” disse,
in sua difesa.
Sherlock abbozzò un versetto sarcastico, stringendosi nel
suo lenzuolo. John
intravide le sue gambe nude al di sotto e distolse velocemente lo
sguardo,
arrossendo.
“Per te sono tutte ragazze a modo, dolci, carine,
simpatiche” elencò tenendo il
conto con la mente “Una noia. La dottoressa, la maestrina, la
volontaria,
la…veterinaria?” domandò, ma era
palesemente già chiaro che sapeva
perfettamente di aver ragione.
“se lo dico è perché lo
penso!” rispose John puntellandosi sul divano,
sgranchendosi le mani, mentre la voglia di colpirlo si acuiva sempre di
più.
Eppure doveva esserci abituato ormai, dannazione! Spense la
televisione,
seccato.
“E poi, elemento ancora più curioso, è
confrontare il contenuto del tuo
notebook con le tue scelte sentimentali. Scegli ragazze dai lavori
rispettabili, fedina penale intonsa, tutte casa e chiesa e poi ti
trastulli con
certe…cose?”
sfilò il portatile di
John da sotto la seduta del cuscino, aprendolo e mostrando lo schermo
al
dottore.
John non sapeva dove
nascondere la faccia. Avrebbe voluto essere un qualche stupido
supereroe per
potersi eclissare all’istante senza essere visto.
Avvampò violentemente mentre
cercava in tutti i modi di riappropriarsi del suo computer, tenuto in
pugno da
Sherlock che non aveva la minima intenzione di cedere.
“Tu non hai alcun diritto di…rovistare nella
mia…roba!” sbraitò John,
imbarazzato come non mai, mentre cercava di riacquistare un tono di
voce umano.
“Scelte interessanti, le tue” continuò
Sherlock come se il dottore non avesse
proferito parola, guardando i due uomini sullo schermo, seminudi e
palestrati,
scambiarsi effusioni sempre più appassionate
“questi due signori sembrano…competenti.
E per quanto non m’intenda
di certe cose noto una certa… predisposizione per la
cosa”
“Sherlock!”
gridò John,
inseguendo il suo compagno, che nel frattempo, tenendo pericolosamente
in alto
il notebook correva attorno al divano, impedendogli ogni tentativo di
riappropriarsene. Nel frattempo, i due protagonisti erano passati a
qualcosa di
più della semplice effusione ed erano decisamente nudi.
Molto.Nudi.
“Oh oh oh, sembra doloroso ma è palese che non lo
sia. L’espressione del…ricevente
è abbastanza rilassata, vero?”
squillò Sherlock fermandosi al centro della stanza mentre
John, ormai dello
stesso colore rosso del tappeto al centro della stanza, si fermava a
riprendere
fiato, ansimante.
“Quello… quello non è roba mia. Si
è aperta una finestra mentre aggiornavo il
mio blog, dev’essere entrato un qualche virus o roba simile.
L’ho chiuso appena
l’ho visto”
Sherlock sorrise,
beffardo.
“Oh, io non credo. Ho installato il miglior antivirus in
circolazione, per
quando aggiorno La Scienza della
Deduzione, ovvio. Non posso rischiare di perdere dati fondamentali. E ho scansionato il tuo
laptop due volte stamattina
senza trovare alcunché. Oltretutto ho dato
un’occhiata alla tua cronologia
internet e ho accertato, grazie alla tua bassa o sarebbe meglio dire scarsa conoscenza di un computer, che
sei rimasto su quel video durante tutta la sua durata, ergo, la cosa
è stata più
che volontaria” sentenziò, reggendo
con una mano il computer e con una il lenzuolo che lo copriva.
John Watson non poté che sospirare dopo
quell’umiliazione. Quella cosa l’aveva
completamente spiazzato e davvero non sapeva cosa dire per tirarsi
fuori da
quella situazione. Sapeva benissimo che sarebbe bastato dire la
verità, sputar
fuori il rospo, sfilarsi quella pesante spada di Damocle dalla testa.
Piuttosto
però, avrebbe preferito spararsi ad un piede. Già
vedeva la reazione del
geniale ed eccentrico Sherlock Holmes mentre cercava di spiegare con
lucidità e
raziocinio la confessione d’amore del suo
assistente-convivente.
“no”
pensò John “non
è davvero il caso”.
Dal laptop provenivano suoni inequivocabili e John non aveva il
coraggio di
incrociare nuovamente lo sguardo di Sherlock. Non avrebbe retto, non
sarebbe
riuscito a frenare l’imbarazzo e soprattutto non sarebbe
riuscito a frenare le
mani ancora per molto.
Lo amava, e ne era certo ormai. Ma anche in amore valevano certe eccezioni. Un occhio nero non aveva mai
fatto male a nessuno, in fondo.
“Io volevo… soddisfare una piccola
curiosità. Perciò ho guardato
quel…quel
video”
I due attori erano nel bel mezzo di una contorsione tanto complicata
quanto
piacevole, a quanto sentivano. Sherlock ridacchiò.
“E sei stato… soddisfatto?”
Sherlock
sottolineò quella specifica parola.
John sprofondò
nella
poltrona, mettendosi una mano sulla testa, come se avesse una
fortissima
emicrania.
“Si, abbastanza, Sherlock. Ora, se sei soddisfatto anche tu,
puoi restituirmi
il mio computer?” alzò il tono della voce e lo
guardò con sguardo grave, che
però non sortì nessunissimo effetto sul detective.
“Non ancora” sentenziò
quest’ultimo con ancora quel sorrisetto beffardo in
volto. “Non mi hai ancora detto la cosa più
importante!” lo guardò intensamente
negli occhi “…ti è piaciuto?”
John lo guardò a
bocca aperta,
incredulo di tutta quella situazione. Gli aveva appena chiesto se
aveva…gradito?
Sherlock guardava lo schermo e John, come a voler studiare le reazioni
di
quest’ultimo.
“Oh, questa deve
fare male
eh? Lo vedo un po’ in difficoltà”
commentò, osservando una performance di uno
dei due. “Qual è il tuo parere medico,
John?” chiese, poi scosse una mano, in
segno di diniego. “Oh no, dimenticavo che hai un'altra
domanda a cui
rispondere. Aspetto, quanto vuoi”
John strinse il pugno.
Passata quella rabbia iniziale e quella totale, imbarazzante vergogna,
quasi
gli veniva da ridere. Oltre alla solita voglia di colpirlo, chiaro. Ma
ci si
stava abituando.
Sherlock era imperscrutabile. I suoi begli occhi azzurri non lasciavano
trasparire nulla, come al solito, ma c’era qualcosa di
diverso, in lui. Non
aveva smesso di sorridere, nemmeno per un secondo. Sembrava…divertito?
“Io… io
non saprei dire”
decise di rispondere John, anche se sapeva perfettamente che era una
risposta
che Sherlock non avrebbe tollerato.
“Oh, io sono sicuro che puoi, invece”
“No”
“Si”
“No, ho detto”
Sherlock chiuse gli occhi,
riducendoli a fessure, sistemandosi meglio il lenzuolo addosso,
rimanendo in
silenzio, scrutando il suo compagno con meticolosa perizia. John si
sentiva
tanto un vetrino da laboratorio sotto un alto, attraente,
microscopio.
“Beh, pensavo di
poterti
strappare una confessione più facilmente, ma evidentemente
ho sottovalutato la
resistenza di un soldato a farsi
estorcere un’informazione” sentenziò,
distogliendo gli occhi da John e armeggiando
nuovamente con la tastiera del suo computer.
John era compiaciuto e allo stesso tempo preoccupato. Cosa stava
cercando,
ancora?
“Questo, mio caro
John, è
un altro interessantissimo sito che ho trovato nella tua cronologia
protetta da
quella complicatissima e cervellotica password”
John avanzò verso
di lui.
“Io…”
“La tua data di nascita John, insomma…”
gli rispose, interrompendolo. Gli
mostrò nuovamente lo schermo, e il sorriso ricomparve,
nuovamente.
John osservò atterrito la pagina, incapace di muoversi o
parlare. Sembrava che
la lingua gli si fosse bloccata, asciugata, ritirata. Come…
come diavolo
aveva…?
“Interessanti questi forum” continuò
Sherlock “e questo DocJohn è veramente un curiosone” inarcò un
sopracciglio e
tossicchiò, come se si stesse preparando per un discorso.
“Cari amici, ho un problema. Convivo
da
un po’ di tempo con una persona, che qui chiamerò
Sam. Questo Sam è, non trovo altri
modi per dirlo, un pazzo scatenato.
E allo stesso tempo, però, la persona più
geniale, intelligente, brillante che
io abbia mai avuto il privilegio di conoscere. Con lui non si
può certo vivere
tranquilli ma non scherzo quando dico che ha praticamente reso la mia
vita
nuovamente degna di essere vissuta. Ho passato un momento difficile e
lui mi è
capitato ‘fra capo e collo’
all’improvviso. E vi giuro, senza esagerare, che è
stato come una…una medicina, per me. Certo, rischio la vita
dieci volte al
giorno quando sono con lui, e in sua compagnia anche andare a fare la
spesa
diventa un’avventura dalla quale non sai alla fine se ne
uscirai tutto intero
ma non cambierei tutto questo con nulla al mondo.
Ecco, il problema di cui parlavo non è un problema vero e
proprio. Io…credo di
essere follemente innamorato di questa persona. Ci ho pensato a lungo
(ho
sempre avuto relazioni con donne, fino ad ora e mi sento un
po’…mancante), ho
pensato ai pro e i contro, al fatto che magari è solo una
‘degenerazione’
(brutto termine) della forte ammirazione che provo nei suoi confronti.
Ma non è
così. Credo di essere veramente, seriamente fuori di testa
per lui. Però non ho
idea di come approcciarmi, di come… cominciare. E’
abbastanza complicata, come
cosa. Lui ti studia, ti legge dentro, e a volte inevitabilmente finisce
con il
metterti in imbarazzo. Come posso anche solo fargli capire che per me
è
cambiato qualcosa? Un piccolo gesto, qualunque cosa? Sono veramente
confuso,
bloccato. Accetto ogni consiglio possiate darmi. Grazie! J
Sherlock concluse la
lettura e piegò la testa, come un buffo cagnolino che
osserva il suo padrone.
“Quello smile finale da
al tutto
un’impronta talmente dolce, John” lo prese in giro
Sherlock con espressione
semiseria.
John sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro. Se
prima aveva potuto
cavarsela, arrampicandosi sugli specchi quel tanto che bastava per
sollevarsi
dalla spinosa situazione, adesso non vedeva via di scampo.
“Quello. Non. Sono. Io” disse, scandendo ogni
parola con forza, come ad auto
convincersi della cosa, anche se sapeva che non l’avrebbe
data a bere a
nessuno, tantomeno a Sherlock.
“Oh, si, John? Bel
tentativo. Molto riuscito. Hai lasciato aperto il login” si
complimentò,
beffandosi di quel misero espediente.
“Tu…tu…tu…”
Sherlock gli puntò
contro
l’indice.
“Eh già. Io, io, io. La chiave di tutto. Ancora
una volta al centro delle
attenzioni, ancora una volta…protagonista”
sussurrò, come se stesse recitando in una pomposa piece teatrale. “Sam.
Troppo anonimo però, se posso fare un appunto”
John aprì e chiuse
la
bocca, senza sapere cosa dire.
“Cento e-mail di
risposta e
oltre, John. Dovrei essere lusingato, forse.”
“Sherlock,
smettila”
sibilò John “dammi quel computer o giuro
che… ti lancio dietro quel tuo violino
maledetto”
“Sherry dice:
‘Devi capire
qual è il suo punto debole e colpire’. Che
sciocchezza” continuò Sherlock senza
calcolarlo di striscio. “poi sesso. Sesso sesso e ancora
sesso. Quanto poco
sentimento è rimasto in questo mondo”
John ormai era talmente rosso da sembrare sul punto di scoppiare. Solo
con lui,
solo con Sherlock sarebbe potuta accadere una… follia del genere.
“Tu parli di
sentimenti?”
Sherlock gli piantò
addosso i suoi occhi azzurri, penetranti, bellissimi. John
ammutolì ancora. Gli
facevano sempre quell’effetto, quand’erano puntati
dritti nei suoi.
“Le hai lette tutte, John” si
limitò a dire tornando a
guardare il notebook “e scommetto che hai riassunto il tutto,
da qualche parte,
magari su carta per essere sicuro che nessuno lo trovasse.”
John sospirò.
Sentì
qualcosa scorrergli nel sangue, nelle vene. Sentì una strana
sensazione,
adrenalina, eccitazione, pervaderlo tutto, completamente. Si accorse di
voler
sapere. Si accorse di volere una risposta chiara, sincera, non i suoi
soliti
commentini sarcastici, cinici. Sherlock non aveva detto nulla, ancora,
su tutta
quella faccenda. Paragonandolo ad un caso, si era limitato ad
analizzare le prove,
esponendo le sue ipotesi scientifiche ma non era ancora riuscito a dare
un
parere proprio, personale, alla cosa. Il caso era ancora aperto,
senza… una soluzione.
“E allora,
Sherlock?”
domandò il medico, raccogliendo tutto il coraggio che
riuscì a racimolare.
“Cos’hai da dire a proposito, ora che…
ora che sai?”
Il cuore di John era sul
punto di scoppiare, nell’attesa di sapere, di avere una sua
risposta. Una
risposta che significasse davvero qualcosa.
Sherlock si limitò
a
guardarlo, senza aprir bocca, solo studiandolo, analizzandolo,
leggendolo, fin
dentro la sua anima. Vi avrebbe solo trovato il suo nome, il suo volto,
i suoi
occhi. Perché era quello che John sognava, che John bramava,
con tutto se
stesso.
Se avesse visto la sua
anima vi avrebbe trovato un suo riflesso perfetto.
“Ho da dire molto,
John. Ma
credo… credo che questa sera non ci sia tempo per esporre
tutto il mio pensiero”
disse Sherlock, guardandolo con occhi nuovi, che John non
riuscì a decifrare.
“Cosa…
vuoi dire?”
“Cosa voglio dire,
John?”
ripeté il compagno con le labbra piegate in un sorrisetto
“che dopo tutte
queste… ricerche, sarai
diventato
talmente esperto…” indicò il computer,
con lo sguardo “che sarebbe un peccato
non mettere subito in pratica un tale lungo e approfondito studio
mediante un…esperimento sociologico?”
domandò. John
era confuso. Cosa…?
John lo guardò posare il laptop, e stringersi addosso il
lenzuolo, fissandolo. Con
un leggero scatto poi, quello gli scivolo velocemente di dosso, cadendo
a terra
e lasciandolo completamente, meravigliosamente,
nudo.
John rimase a bocca
aperta, incapace di formulare un pensiero coerente, con gli occhi
sbarrati e un’espressione
inevitabilmente shockata.
“Allora, da dove
cominciamo, dottore?” domandò Sherlock,
incrociando le braccia e guardandolo
con espressione maliziosa.
La belva dentro John
esultò trionfante mentre, riuscito a sbloccare le gambe,
avanzava verso
Sherlock, in stato di grazia. Non si sarebbe decisamente mai
più lamentato di
quella sua malsana voglia di sperimentare.
Mai, mai più.
*