Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: LaMicheCoria    17/01/2012    4 recensioni
-Non bevete la vostra medicina, monsieur Bonnefoy?-
A quelle parole il parigino si voltò: l’ombra fremette, si sollevò assieme alla polvere della camera e gli ricadde sul volto. Francia stese le labbra in un ghigno divertito.
-Medicina? Vi sembro forse malato?-
-Di un male incurabile-

[Prima Classifica al contest [Hetalia] D~ is for Dorian's quote // «definire è limitare» indetto da pucchykø_girl]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ufde




Titolo: Una Forma di Esagerazione

Autore:  Nemeryal
Rating: Giallo

Genere: Slice of Life, Malinconico, Introspettivo
Avvertimenti:, Missing Moments, One Shot
Personaggi: Francis Bonnefoy/Francia, Sorpresa

Pairing: Nessuno
Citazione: N.20: “Adoro i piaceri semplici, sono l'ultimo rifugio delle persone complicate”
Dedica: A Silentsky, perché sì. A Rota perché le ho spaccato le palle mandandole le fic di prova del concorso e mi ha aiutato e consigliato, quindi il primo posto è pure suo U_U Ad Harinezumi, perché mi sono fatta attendere *passa bustina di tea* e spero di non deluderla!
Grazie a pucchykø_girl per aver ideato il contest [Hetalia] D~ is for Dorian's quote // «definire è limitare»!
Note:

  • 1.     La Belle Époque ~
  • 2.     Impressionismo ~
  • 3.     La Tour Eiffel è stata inaugurata nel 1889
  • 4.     Sono in qualche modo convinta che le Nazioni possano “sentire” quando una guerra in arrivo. Non tanto una sensazione tangibile, quanto un brivido, una sensazione di disagio, una morsa lo stomaco, insomma qualcosa. Soprattutto dopo aver vissuto qualche secolo e qualche millennio, credo abbiano sviluppato una sorta di sesto senso a riguardo. Poi, questa è una mia Headcanon, ed è ovviamente opinabile!
  • 5.     Note sul personaggio introdotto e Francia a fine racconto!

 

 

 

 

Una Forma di Esagerazione

 

 

 

Era caliginosa, l’aria di Parigi.
Francis osservava la vita che brulicava sotto il cielo grigio, già impregnato del profumo dolciastro della pioggia; teneva il bastone da passeggio nell’incavo del gomito e si stava sfilando lentamente i guanti neri, senza distogliere lo sguardo da quel mosaico di schegge lucide che era la Ville alla luce pallida del sole.
Accanto, sul davanzale, un flûte di champagne ancora pieno. Vicino ad esso, la tuba grigia che la Nazione si era levato poco prima, nell’entrare.
-Non bevete la vostra medicina, monsieur Bonnefoy?-
A quelle parole il parigino si voltò: l’ombra fremette, si sollevò assieme alla polvere della camera e gli ricadde sul volto. Francia stese le labbra in un ghigno divertito.
-Medicina? Vi sembro forse malato?-
-Di un male incurabile-
Francis gettò indietro la testa, sottraendosi al tocco impalpabile del buio e rise; sulle guance avvertì il calore accennato dell’autunno e si sentì meglio.
Nonostante venire in quella stanza fosse ormai divenuta un’abitudine, non si era ancora abituato all’aria gelida che vi si respirava: in un’Europa dove la vita ribolliva in ogni angolo di strada, quella finestrella era un fastidioso ritaglio da cui osservare la stagnante realtà dei fatti. E a Francia questo non poteva che far salire un brivido lungo la schiena.
-E quale sarebbe questo male incurabile? Sentiamo!- ridacchiò, posando una mano sul davanzale.
Malato? Lui? E di che mai poteva soffrire?
Non c’era salotto che non desiderasse la sua presenza, donna che non bramasse un suo bacio. Era l’espressione della più alta vitalità di Parigi, splendente come i fianchi della giovane Tour, svettante contro il cielo.
-La Belle Époque-
Francia storse la bocca per il palese disgusto con cui quel nome era stato pronunciato, e s’impose il sorriso.
-Vi piace questo termine? L’ho coniato io stesso- glissò gelido, cercando di mantenere tutta l’ironia e il divertimento di cui era capace –Non trovate che sia appropriato? Non avvertite la pace che...- le parole gli morirono d’improvviso sulle labbra, ma non demorse –Dovrei portarvi dei quadri d’Impressione. Certo renderebbero questa stanza meno stantia-
-L’Impressione sta facendo troppo rumore di questi tempi: la gente si aspetterà che io compri una sua opera. Che originalità ci sarebbe in questo?-
Il parigino alzò gli occhi al cielo e sbuffò, il volto livido: tutta quell’ostentata provocazione lo stava innervosendo non poco. Il modo con cui l’altro gli si rivolgeva, masticando le parole tra quei moncherini che ancora si ostinava a chiamare denti, il suo continuo richiamarlo al grigiore di…di cosa?
Parigi non era grigia. Parigi era oro, oro e sole e luci e bastoni da passeggio e fumi di treni. Parigi non era grigia, non stagnava. Non nella Belle Époque. Nella Belle Époque Parigi viveva e prosperava, tra i profumi e le sete, senza che nessuno potesse farle del male. Nessuno.
Nessuno.
-L’originalità di fare ciò che la gente veramente si aspetta. Si sa già che non ne prenderete nemmeno uno-
Con un riso appena accennato, Francis gustò la dolcezza di quella rivincita verbale; improvvisò addirittura un inchino nella direzione del letto all’altro capo della stanza. Una lama di luce gli passò accanto, andando a conficcarsi nel verde pesante del baldacchino, e Francis fu certo di aver colto un baluginio seccato negli occhi foschi dell’altro.
-Stavo pensando…- la Nazione estrasse dal taschino del soprabito un portasigari d’argento e ne rimase a contemplare il giglio sopra inciso -Potrei rubarvi l’idea del completo a lutto per il mio compleanno?-
-Se rubare la vita è l’unico modo per voi di esistere, ne sarò ben lieto-
Francia assottigliò le labbra e ripose il portasigari; socchiuse gli occhi, serrando la mascella e rivolgendo all’altro un ghigno astioso.
-Le vostre parole mi feriscono nel profondo, monsieur- sibilò -Stavo addirittura per chiedervi il garofano, ma temo che ne farò a meno-
Cercò di sciogliere la tensione con una risata. La mano sul davanzale si chiuse a pugno.
Forse accortosi dell’effetto provocato –forse soddisfatto da ciò-  l’altro lasciò cadere l’argomento e la stanza fu riempita unicamente dallo strusciarsi e dall’accartocciarsi delle lenzuola.
Anche senza vederlo, Francis poté immaginare l’uomo mentre si tirava pesantemente a sedere, il volto livido segnato dagli arrossamenti, le unghie incrostate di pelle e sangue vecchio, ridotto a grumi violacei.
Non riuscì a reprimere un gemito di disgusto al solo pensiero. Dieu, era stato così grande una volta…
-Ditemi, monsieur Bonnefoy, vi piace lo champagne?-
Colto di sorpresa dal repentino cambio d’argomento, Francia impiegò qualche istante prima di rispondere.
-Naturalmente- annuì poi, sbattendo confuso le palpebre -Sebbene sia convinto che nelle vostre condizioni non dovreste berne-
-L’ambra dello champagne è il rimedio del grigiore di un’Epoca patinata d’oro. Se aveste vissuto come ho vissuto io..-
-Se avessi vissuto come voi- lo interruppe il parigino, per evitare che l’altro continuasse con le assurde illazioni sull’“esistenza” e sul “grigiore” –che idiozia- della Belle Époque -Come persona comune, badate bene, giacché come Nazione non mi appartenete, allora…non credo che avrei vissuto troppi anni- concluse,  ridendo.
-Se aveste vissuto come persona comune, avreste vissuto veramente-
Di nuovo, il silenzio.
La risata di Francis gelò, sgretolandosi sulla bocca ancora aperta; il volto si contrasse e la furia crepitò nei suoi occhi con un lampo metallico.
-Siete piuttosto sgradevole quest’oggi, monsieur- ribattè, freddo –Il prurito è forse aumentato?-
-Tento solo di far sì che una Nazione veda la disillusione del proprio popolo e non l’ipocrisia- uno sbuffo di scherno -Ahimè! Temo sia impossibile-
-Disillusione?- il parigino allargò le braccia e la testa a giglio del bastone da passeggio s’inclinò, bagnandosi di luce -Come potete parlare di disillusione quando regna la pace? Trovate che la pace sia disillusione?-
Non riuscì a finire la frase, che già le parole erano morte in un sussurro sfumato. Suonava davvero così falsa la sua voce? Dov’era finita la sicurezza che l’aria della Ville gli infondeva ad ogni respiro?
-Trovo che sia illusione. Ma siete voi l’esperto, non io-
Francia distolse gli occhi e si umettò le labbra. Maledì la maestria con cui l’irlandese aveva messo a nudo la maschera che si era così sapientemente calato sul volto.
-So solo che qualcosa ribolle, nel mondo- mormorò, con voce roca -Tra le dita sento la grana della polvere da sparo, se guardo lontano, vedo sollevarsi al cielo mille occhi vuoti, mani e dita scheletriche, come fiori pallidi che si torcono nel sangue alla ricerca di un po’ di sole. C’è un nervo teso ad arte nel cuore dell’Europa. Mi chiedo solo di chi sarà il tocco abbastanza forte da farlo vibrare-
Non era qualcosa che riusciva a spiegare: era una sensazione, una visione vaga e lontana, che ghignava all’orizzonte. Il lezzo del fuoco vomitato dalle pistole, lo stridio di ali metalliche contro il cielo erano così intensi, che Francis poteva rimanere ore a fissare il soffitto, ansante. Il sudore di una nottata in compagnia della donna più bella gli si congelava sulla pelle e i polmoni pesavano nel petto; respirava a fatica e vedeva ombre sanguinolente accartocciarsi, srotolarsi, raggrinzirsi ai lati degli occhi. Di fondo, il fumo e la polvere dominavano la scena.
-Dunque la Belle Époque non è che una gabbia dorata dentro cui nascondervi? Dove rimanere per non essere il primo a far vibrare il nervo?-
Non c’era durezza in quelle parole, solo un accenno di curiosità e Francis lo comprese; tornò a voltarsi verso il suo interlocutore e sorrise, beffardo.
-Una gabbia? Non, direi una rete! Tra quelle maglie dorate ho intrappolato l’Europa. Nessuno potrà fuggire da questi anelli in lamina di felicità e benessere. Chi, poi, vorrebbe farlo?-
Gli uomini non potevano vedere, non potevano sentire ciò che lui provava, che avvertiva come mille aghi sottopelle. Vivevano le loro esistenze scivolando nella sinfonia grottesca di quel mondo perfetto, tessuto ad arte da dita incrostate di sangue, da mani piagate per il pomo di una spada o appesantite dal ferro del fucile. Che restava alle Nazioni, che tanto avevano faticato per intrappolare il popolo e rimanendone intrappolate a propria volta, se non lasciarsi ingannare dalla medesima melodia?
Non esisteva inganno migliore di quella menzogna che Francis aveva contribuito a creare e in cui amava perdersi, annegare fino ad annaspare nella troppa mortalità, fino a quando le sue visioni non diventavano che meri fumi di una presunta –e umana, oh sì, così umana- ubriachezza.
-E se accadesse?-

Cosa rimarrebbe, se non i frantumi di una Nazione mascheratasi da uomo? Era la domanda non posta, cui il parigino temeva di rispondere.
Sorrise, comunque.
L’uomo davanti a lui, seppur irriconoscibile per il riso venato dalla nevrastenia o per il fetore d’assenzio di cui era intriso il suo alito, aveva fatto dello sgretolare maschere la propria arte.
Di che si stupiva se aveva scoperto l’inganno?
-Se ciò accadesse...- Francia portò la mano ad accarezzare il collo del flûte -C’è la medicina per il mio male incurabile: lo champagne- sorrise -Nel sentirlo scorrere come una lingua di fuoco, divento ebbro d’umanità e mi convinco che poco o nulla ho a che fare con quello che succede- sospirò, lanciando un ultimo sguardo alla sua bella Parigi -Nell’ambra di un calice colmo, vedo riflessa la mia esistenza e mi convinco che sia vita- con gesto felino, si portò il flûte alle labbra e lo svuotò in un unico sorso.
Francis chiuse gli occhi, raccogliendo a punta di dita una goccia che dalla bocca era scivolata fino al mento.
-E voi, monsieur?- domandò, tenendo sempre il calice in mano –Voi perché bevete champagne?-
-Io? Oh, io adoro i piaceri semplici, sono l'ultimo rifugio delle persone complicate-

 

 

[Parigi, 1900.
Rue des Beaux-Arts 13]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

Note Pre-Consegna

Spero si sia capito che il personaggio con cui Francis sta avendo il suo dialogo – discussione – introspezione, altri non è che lo stesso Oscar Wilde.
Da parte puramente storica, Wilde terminò la sua vita proprio a Parigi, dove alloggiava in Rue des Beaux-Arts 13. Cito da
Wikipedia:
“Malato di nevrastenia o di avvelenamento da cozze, come sosteneva lo stesso Wilde, soffriva di un forte prurito e si doveva continuamente grattare le varie chiazze sul corpo. Il medico, che secondo Ross tardò nella corretta diagnosi, lo visitò 68 volte.
Rimase confinato a letto dal settembre del 1900 e venne operato per una paracentesi del timpano (o forse per asportazioni di polipi) , A mezzogiorno del 29 ottobre si alzò dal letto, dopo pranzo passeggiò con Ross e al bar bevve dell'assenzio.
Il giorno dopo peggiorò, per un'otite media probabilmente dovuta alla sifilide terziaria, una malattia che si era manifestata molti anni prima  Morfina, oppio e cloralio gli venivano somministrati per alleviare il dolore, ma beveva champagne ogni giorno. La vecchia suppurazione dell'orecchio destro peggiorò, a novembre l'infiammazione arrivò al cervello causando una meningoencefalite.”

 

Ho sparso molte citazioni su questo scrittore che tanto ammiro (e di cui spero di essere riuscita a dare un’interpretazione quantomeno plausibile), come il vestito a lutto che egli indossava ad ogni compleanno o il garofano verde, suo simbolo e titolo dell’omonimo film (che amo alla follia).
La “maschera” è quella delle “buone maniere”, di cui l’esempio più lampante si trova nella commedia “The Importance of Being Ernest” [Figura da Nerd, I]
E, ora, la domanda più importante. Perché relazionare Francis Bonnefoy e Oscar Wilde?

Motivo più palese, avendo passato gli ultimi giorni della propria vita a Parigi, non mi sembrava così inverosimile che i due si potessero incontrare.
Poi, motivo Letterario-Estetico:  Oscar Wilde è il Dandy per eccellenza. Il Dandismo trova le sue radici nell’Estetismo, a sua volta una tendenza del Decadentismo. Il Decadentismo nasce in Francia dove trova in Baudelaire il suo precursore e in Verlaine o Rimbaud e nel movimento Bohemienne il suo apice.
A’ Rebours”, romanzo di Huysmans è, di fatto, la Bibbia del movimento Esteta e Decadente, citato proprio ne Il ritratto di Dorian Gray. Senza Huysmans, Wilde non avrebbe mai scritto la sua opera più famosa. [Figura da Nerd, II – La Vendetta]
Hetalianamente” parlando, Francis stesso si descrive come il “più dandy tra i dandy”, quindi mi piaceva l’idea di mettere a confronto questi due personaggi.
Infine, in tutta la storia ho cercato di mantenere una sorta di parallelismo tra l’essere complicato di Francis e l’essere complicato di Wilde. L’uno, il dandy che si nasconde –e lo fa consapevolmente- nella gabbia dorata della Belle Époque, e che cerca di negare la propria progressiva decadenza verso la guerra; l’altro, il Dandy decaduto che si riarma del vecchio spirito, dello scalpello dell’ironia per tornare a frantumare le maschere della società contemporanea, di cui Francis è il rappresentante.
Entrambi sono malati (Wilde nel corpo e Francis nello spirito) e hanno come unica medicina, come unico piacere per lenire il grigiore della loro esistenza, un bicchiere di champagne.
Ecco perché ho voluto inserire la citazione a chiusura de testo, sperando che si riesca a capire quanto essa si riferisca ad entrambi i personaggi, sempre per il parallelismo che ho tentato goffamente di spiegare prima.
Mi riesce sempre più facile lasciare indizi all’interno della storia che spiegare alla fine, lo trovo dannatamente difficile XD Ma volevo comunque spiegare le motivazioni –cervellotiche- che mi hanno portato ad una tale scelta di personaggi.
Spero con tutto il cuore che si capisca, oltre che da quest’ultimo papiro, soprattutto dal testo.
Ancora grazie per la proroga,
Auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo,

Nemeryal ~

Commento del Giudice: pucchykø_girl

Mi sembra stupido dirlo, poiché questa storia s’è classificata prima, ma ho ben poco da commentare a riguardo, perché forse le parole non basterebbero. L’ho trovata non solo ottima, ma anche “bellissima” in quell’accezione del tutto affettiva che lascia capire quanto mi abbia trasmesso e quanto mi abbia coinvolto.
L’ho trovata davvero originale non solo per la trama – di cui parlerò più nello specifico tra poco – ma anche per la scelta del ‘genere’; hai voluto ritrarre un momento, una conversazione, una confronto di pareri tra due persone che per quanto simili sono anche profondamente diversi, sono padre e figlio, maestro e allievo l’uno dell’altro contemporaneamente, Francis forse più di Wilde, che in sé ha maturato una disillusione che bene o male è sempre emersa nei suoi scritti (e che tu stessa citi all’interno della storia). Questa scelta, lo dico sinceramente, m’è sembrata un po’ azzardata, perché è sì vero che sicuramente – come lo stesso Wilde testimonia – non c’è nulla di più “calzante” che un dialogo per parlare della sua filosofia, ma nel contempo lo trovo anche estremamente difficile, perché esiste sempre il rischio di cadere nel banale…
Ebbene, questo non è successo nella tua storia, tutt’altro. L’ho trovata invece molto interessante sotto quel punto, senza che scadezzi in scontatezze di bassa lega, in particolare nel ritrarre Wilde, che, sì, è personaggio assai difficile da inquadrare.
Mi è piaciuta e mi ha convinto davvero molto la tua resa di Francis, premettendo che, in genere, sono molto pignola e critica quando si ha a che fare con lui; mi ha convinto perché credo che tu sia riuscita a racchiuderlo appieno come uomo e come nazione – del resto la tua storia gioca anche su questo doppio livello di lettura – nelle sue contraddizioni, nella sua malinconia così spesso abilmente camuffata e nel contempo in quella sua volontà di illudersi in continuazione.
Sembrerà stupido, ma quello è un aspetto di Francis a cui io bado molto, soprattutto quando cerco di vederlo in un’ottica prettamente storica… che si parli della Guerra dei Sette Anni, della Prima Guerra Mondiale o della Seconda, noto sempre questa volontà dei francesi di “illudersi” da soli. Di negare anche davanti all’evidenza o davanti al loro stesso sentore.
Visto che l’ho già citato, vorrei sprecare due parole su una trovata che reputo ‘geniale’, ovvero quella di giocare questo dialogo anche sui due piani di lettura che di base hanno i personaggi di quest’opera: il lato umano e il lato di “nazione” che ogni personaggio ha in Hetalia; è una cosa che io stessa ho sperimentato nei miei racconti, e trovo affascinante il modo in cui tu hai fissato questo nel tuo “spaccato di vita”, in particolare quando è Wilde stesso a parlarne in un modo che io ho quasi letto in una chiave ironica a lui tanto cara.
Wilde, ecco, visto che l’ho citato, spenderò qualche parole anche su di lui: credibile. L’ho trovato semplicemente credibile – sì, lo so, è una sola parola… - e non potrei aggiungere altro, perché il personaggio che ho visto nella tua storia è esattamente quello che ho sempre visto emergere dai suoi libri e la reazione di Francis alle sue parole volutamente provocatorie è la reazione esatta e precisa che la società, non solo inglese, ebbe rendendosi conto di come Wilde la prendeva in giro senza ch’essa se ne rendesse conto.
Ho trovato il tutto non solo molto calzante con la citazione, ma molto calzante nel contesto generale.
E aggiungo una nota di merito particolare alla scelta linguistica e sintattica che hai adoperato: mi ha ricordato molto il primo capitolo de “Il ritratto di Dorian Gray”, in quella descrizione così particolareggiata e pregna di ‘sensismo’, e che – visto che hai citato anche “l’impressione” nella tua storia – calza anche molto con la filosofia che Schnitzler e Joyce adottano nella loro produzione artistica, nel descrivere i personaggi tramite i loro gesti e le loro reazioni, in un uso sapiente degli aggettivi, senza che il narratore si insinui in maniera fuorviante nella storia.
Questa credo sia la vera forza di tutta la storia, la capacità di giocare con le parole che hai dimostrato, ritraendo un quadro interessante di un dialogo che se non fosse stato così approfondito e curato avrebbe forse lasciato spazio solo a banalità troppo ovvie.
Neanche a dirlo, ho molto apprezzato anche la cura che hai messo nel citare e nell’infarcire la storia di riferimenti letterari e culturali che non fanno mai male—dall’altra parte, come ho già detto per altri, c’è sempre il rischio che la storia non sia comprensibile ai più, e proprio per questo ho anche apprezzato molto le note. Soprattutto quando ho confermato il mio sospetto su chi fosse la “sorpresa” all’interno della storia.
A tal proposito, ho trovato molto originale e divertente anche il disseminare indizi più o meno palesi all’interno della storia riguardo il personaggio di Wilde.
Di note di demerito non ne ho di particolari da sottolineare, se non ogni tanto un uso scorretto della punteggiatura, che in alcuni punti ha in parte appesantito il testo in certi passaggi; questo purtroppo l’ha resa giusto un poco sotto un livello che avrebbe forse rasentato la perfezione, poiché, anche se particolareggiato da un certo “manierismo” che nel contesto non stonava affatto, ho trovato la narrazione parecchio fluida e coinvolgente, in particolare le riflessioni, i ricordi e i sogni di Francis, senza per questo sminuire i sapienti quadri descrittivi che sei riuscita a creare.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: LaMicheCoria