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Autore: Wiwa    20/01/2012    3 recensioni
Allora, devo assolutamente trovare un titolo migliore è la mia oprima fiction,abbiate pietà, intanto.....
La nostra storia inizia ai tempi dei cavalieri. Quando L'Inghilterra era ancora coperta di verde e di fiori e quando ancora i castelli si ergevano fieri dalle alture. Anni e anni hanno modificato il mondo, portandolo a come lo conosciamo ora. Ma prima, ai tempi della nostra storia, gli uomini valorosi avanzavano su cavalli scattanti e quelli nobili sedevano su immense sedie dorate in stanze riccamente decorate. Ma il nostro racconto non parla solo di uomini, ma anche di donne. Donne che si trovano nelle sale del potere a muovere i fili o che corrono selvagge nelle foreste. Le avventure, le vicende e i sogni, si alternano correndo come ombre su una parete, fra le zone d'ombra di un castello o fra i pini più alti di una foresta scura. Le lacrime scorrono silenziose, mentre le spade luccicano al calore di una torcia. Le labbra si piegano in sorrisi e il sangue scorre sulle ferite aperte. Laddove gli animi di persone diverse si intrecciano tracciando leggende. Ed è da un leggenda che la nostra finisce. O meglio, dalla fine di una leggenda. Dalla fine di
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole colpiva, attraverso delle finestre, l'esatto centro di una tavola ovale. Un uomo, col volto coperto dal sole e la schiena completamente all'ombra, osservava il paesaggio esterno che si intravedeva dall'enorme finestra davanti alla quale si trovava.
-Signore, vuole davvero andare lì fuori?
L'uomo rise, scostando leggermente l'enorme tenda di velluto rosso che si trovava accanto a lui.
-Come potrei restarmene qui impalato, fedele Gerwyn? La battaglia sta per cominciare, non la senti?
-Veramente no, signore.
L'uomo magrolino che aveva parlato sembrò quasi scusarsi.
-Come potresti? Tu la guerra non l'hai mai affrontata. Io invece sì, l'ho fatto e molte volte anche. So bene quando una lotta sta per cominciare, me  lo sento nelle ossa. Dopo tanti anni, riesco molto bene a riconoscerne le avvisaglie. La guerra, ormai mi sta chiamando.
-Ma signore, lei non è...
Prese coraggio.
-Non è più in grado di tener testa ad una battaglia! É passato troppo tempo...
Il servitore era sinceramente preoccupato per l'uomo che si trovava di fronte a lui. Pochi regnanti erano stati nobili, forti e saggi come lui. Ma il tempo passa per tutti e Artù  Pendragon non era più quel forte combattente che era una volta e Gerwyn temeva che in questa battaglia il tempo potesse avere la meglio.
-La prego, non intervenga...nessuno la biasimerà.
-E lasciare i cavalieri da soli? Senza una guida? Ho consacrato la mia vita a questo. Al mio regno. Gli ho donato tutta la mia giovinezza, il mio entusiasmo, la mia passione!Non ho rimpianti....
L'uomo si voltò finalmente, rivelando un volto vecchio e consumato dagli anni. Si diresse verso un lettino piccolissimo che si trovava nella stanza, con coperte di seta  drappeggiate d'oro e introdusse un dito. Subito delle piccole manine lo afferrarono.
-Solo questa piccolina che lascio da sola....
Il re sorrise, increspando la ragnatela di rughe tracciata su tutto il viso.
-Se almeno ci fosse sua madre.
Un'ombra scura calò sul suo viso. Vecchi dolori passarono veloci negli occhi di quell'anziano re, che aveva amici ovunque poiché chiunque ammirava il re di Camelot , ma che era terribilmente solo.
-La regina....
-Spero solo che lei sia felice, dovunque ora sia e con chiunque sia al suo fianco. L'amo ancora troppo per poter dire di odiarla. Ma ora è tempo di andare.
Il vecchio si riscosse alzandosi.
-Addio, mio buon Gerwyn,
Poggiò una mano sulla spalla del servitore, che ormai piangeva.
-Devo scrivere il mio ultimo capitolo.
L'uomo si tolse la ricca corona che portava sulla testa  e la pose su un cuscino di seta viola, su un sostenitore in legno di cedro riccamente decorato. Poi si diresse verso l'enorme porta per uscire dalla stanza.
-Diamo il via alle danze.

La nostra storia inizia ai tempi dei cavalieri. Quando L'Inghilterra era ancora coperta di verde e di fiori e quando ancora i castelli si ergevano fieri dalle alture. Anni e anni hanno modificato il mondo, portandolo a come lo conosciamo ora. Ma prima, ai tempi della nostra storia, gli uomini valorosi avanzavano su cavalli scattanti e quelli nobili sedevano su immense sedie dorate in stanze riccamente decorate.  Ma il nostro racconto non parla solo di uomini, ma anche di donne. Donne che si trovano nelle sale del potere a muovere i fili o che corrono selvagge nelle foreste. Le avventure, le vicende e i sogni, si alternano correndo come ombre su una parete, fra  le zone d'ombra di un castello o  fra i pini più alti di una foresta scura. Le lacrime scorrono silenziose, mentre le spade luccicano al calore di una torcia. Le labbra si piegano in sorrisi e il sangue scorre sulle ferite aperte. Laddove gli animi di persone diverse si intrecciano  tracciando leggende. Ed è da un leggenda che la nostra finisce. O meglio, dalla fine di una leggenda. Dalla fine di quella di Artù, re della lieta Camelot. Una città lieta che alla morte del sue vero sovrano è stata conquistata dall'usurpatrice Morgana. Poteva regnare, prendendo il posto di suo fratello incontrastata, poiché aveva ucciso la piccola erede. O almeno così credeva....

 Era una notte terribilmente buia e c'era la luna piena, mentre la neve cadeva lenta, incurante della terribile ingiustizia che si era appena compiuta al castello di Camelot.
-Vi prego, non uccidetela.
Un uomo, dolorante per la terribile ferita al petto, implorava un manipolo di uomini davanti a lui.
-Io e i miei compagni abbiamo dato la vita per salvarla, per il bene che ha sempre fatto suo padre.
Le lacrime gli solcavano il viso sporco di fuliggine e  macchiato di sangue. Nel mezzo della foresta, nel suo angolo più buio e deserto, il servitore si rivolgeva ai primi esseri viventi che aveva incontrato. Un manipolo di briganti.
-Noi eravamo solo dei poveri servitori, non potemmo fare nulla per evitare che Morgana prendesse il potere. Sperammo solo che lasciasse vivere la bambina ed invece...
Tossì violentemente, con una mano a stringere convulsamente il petto.
-Io non posso fare molto, non posso cambiare il corso degli eventi o modificare ciò che persone molto più potenti di me decidono di  fare. Ma quello che potevo fare, l'ho fatto. Vi chiedo solo, di non rendere il mio sacrificio completamente inutile.
Boccheggiò, agonizzando nella neve.
-Addio.
Gli era rimasta la forza solo per sussurrare quell'ultima parola e il suo corpo cadde in avanti, senza più neanche una stilla di vita.
-Che cosa facciamo?-
Chiese una voce rude.
-Diamo una degna sepoltura a quest'uomo per premio della sua fedeltà e poi-
lo sguardo di quello che sembrava il capo cadde sull'involto di coperte che reggeva in mano.
-Ci occupiamo della piccola.
Calò il silenzio.
-Credo che i neonati debbano mangiare circa ogni tre ore...


Una donna correva. Con il panico negli occhi color dei narcisi, di notte cercava la fuga. I lunghi capelli biondi cadevano scomposti intorno alle spalle, sollevati dalla corsa. La testa scattava all'indietro, per vedere se aveva seminato il suo inseguitore. Gli occhi erano allargati dalla paura e l'immenso silenzio che la circondava era interrotto solamente dai suoi respiri ansanti e dal rumore dei suoi passi attutiti sull'erba. Superò velocemente una collinetta, raggiungendo poi il fondovalle. Gridò improvvisamente , portandosi una mano al petto e cadendo rovinosamente per terra e non si rialzò più, perchè sapeva che sarebbe stato del tutto inutile. Ormai, aveva perso. Ansando, rimase a fissare con il viso rivolto a terra l'erba fresca sotto di lei ed una piccola Campanula rosata a poca distanza da lei. Com'è strano, che nei momenti terribili, ci rimangano impressi tanti dettagli inutili. Poi, facendosi coraggio si voltò. Sulla cima della collina, un'ombra si allungò nerastra. Poi comparve il suo possessore. Una donna alta, longilinea. La luce della luna rendeva la sua pelle di un calore quasi spettrale. Doveva avere circa trent'anni ed aveva la bellezza terrificante e meravigliosa di una pantera. Portava un vestito nero attillato  ed uno scialle di seta dello stesso colore sulle spalle. Il viso a forma di cuore era circondato da lucenti capelli neri leggermente mossi. Le sopracciglia, gemelle dei capelli erano sottili ed espressive mentre il naso sembrava esser stato rubato ad un gattino, per quanto era tenero e delicato. La labbra erano un grappolo di uva rossa, scure, scarlatte, perfette. Gli occhi erano di un verde vivo, splendente e con un taglio orientale, circondati  da una corolla di ciglia nere lustre e frementi, come le ombre scure della notte. Nella mano, guantata di nero, teneva un sottile bocchino nero, dal quale usciva un leggero fumo bianco.  Tutto il suo viso esprimeva una terribile irritazione della sua padrona.
-Per quanto vogliamo far andare avanti questa buffonata? Voglio solo il bambino e ti lascerò andare.
La donna che fuggiva non rispose, si limitò a guardarla dal basso, con i capelli scarmigliati e gli occhi che esprimevano una rabbia indescrivibile.
-Ma guarda come ti sei ridotta! Sarebbe questa la tanto decantata bellezza che ha stregato Merlino? Tanto da spingerlo a fare un incantesimo per renderla immortale?
La donna sconosciuta rise, di una risata più simile al rombare di un tuono.
-Non fare la stupida e dimmi dove l'avete nascosto. Per una stupida magia di quel mago da strapazzo, non posso individuarlo....
In un battito di ciglia, si trovò accanto alla donna stesa a terra, che si rialzò di scatto incespicando, ma non parlò. La donna in nero le afferrò il braccio destro.
-Parla, sciocca! Non vorrai rischiare la tua vita! Non ne varrebbe la pena.
-Ti assicuro che vale la pena!
-E per cosa? Per un inutile piccolo bambino? Per un essere che ti sta causando solo travagli e sofferenze da quando è nato?
-Non cercare di dare la colpa a mio figlio! L'unica causa delle mie sofferenze, sei tu! Quando avrai compreso l'amore di una madre, quando avrei stretto fra le braccia un bambino, incredula di averlo potuto creare, solo con te stessa e con l'amore del tuo uomo,un bambino, un figlio, la vita! Allora potrai dirmi se non ne vale la pena! L'amore di una madre la lega al suo bambino in modo indissolubile. L'affetto che provo per mio figlio, la gioia che provo al suo ricordo, solo quella mi rende intoccabile da te! Quest'amore mi impedisce in ogni modo di dirti dov'è mio figlio, possa tu usare la magia più atroce o la tortura più tremenda o le lusinghe più terribili!
La donna si dimenò dalle presa della presa dell'altra, incespicando e cadendo di nuovo perdendo l'equilibrio. Fu allora che i loro occhi si incontrarono di nuovo, quelli duri di una, con quelli fieri e risoluti dell'altra.
-Non mi farai mai palare, Morgana.
Fu allora che Morgana, guardando nei suoi occhi vide qualcosa di sconosciuto ed incredibile e seppe di aver perso.
-No, credo di no.
La donna bionda la guardò sorpresa.
-Quindi, tu non mi servi più.
Il fumo che fuorusciva dal bocchino di Morgana scomparve. Poi, una fiamma viola scintillò sinistra.
-Da quello che so, l'acqua ti piace molto.
La donna bionda tremò leggermente.
-Che ne diresti, se ti legassi a lei per sempre?
L'aria tremò elettrica e il tempo parve fermarsi
Si alzò una terribile folata di vento che fece ondeggiare gli steli dell'erba che si bloccò nel mezzo del suo arco. Ci fu un attimo di silenzio. Poi la vita ricominciò a pulsare, l'erba tornò al suo posto rialzandosi e rimase solo una collina vuota.
  
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