Aggiungo ancora un paio di cose in modo tale da delucidare ogni dubbio, altrimenti chiedete pure ^^
Per scrivere questa prima one-shot mi sono ispirata al gdr di Other World, dove Antinea (la protagonista) è la mia pg a tutti gli effetti e dove i fatti raccontati si rfanno a quello che è il suo background, solo più ampliato e prendendo spunto anche dalle ruolate fino ad ora fatte.
Raquel e Kyle invece sono altri due personaggi presi gentilmente in prestito da altri due partecipanti al gioco di ruolo giusto per scrivere la storia.
Ringrazio poi Raq per avermi sopportata e sostenuta nella revisione.
Buona lettura a tutti ^^
ps= spero di poter scrivere altri spezzoni sempre facendo riferimento al gdr e di non abbandonare il progetto che è ancora in cantiere. Ho intenzione di farne una piccola raccolta di episodi incentrati sempre sulla protagonista e spero di riuscirci.
Moonlight
Shadow
Soggiogata
da una sfera perlata, evanescente e luminosa...
Sono
un lupo, cosa volete che faccia se non obbedire alla mia bianca Signora?
Lasciate
che il mio canto riempia la notte di New Orleans, squarciandone il
silenzio.
Non
potete impedirmelo, è la mia natura.
Quel
pomeriggio pioveva e a lei
piaceva tanto la pioggia autunnale. Adorava
l’umidità che si percepiva
nell’aria e moriva di piacere soltanto al sentire il rumore
dell’acqua che
scrosciava lungo le vetrate di Starbucks, in Magazine Street, a qualche
isolato
dalla sua nuova casa, lì, a New Orleans.
Era
seduta a uno dei tavolini
proprio attaccati alle vetrate. Guardava fuori distrattamente, non
vedendo in
realtà granchè dato che l’acqua, che
scorreva lungo le vetrate, distorceva la
strada fuori, i passanti, le auto e qualsiasi cosa ci fosse al di
là di quello
strato trasparente che la teneva al caldo e all’asciutto.
Sorseggiava una delle
fantastiche miscele di Starbucks e, con lo sguardo fisso ai finestroni,
vagava
tra i suoi ricordi degli ultimi dieci anni e al fatto di aver
finalmente un
tetto tutto suo sopra la testa.
Una
casa che aveva cercato e
trovato fortuitamente dopo tre anni che viveva in una delle suite
dell’hotel
più prestigioso della città della Louisiana, il
Monteleone. E il ringraziamento
andava tutto alla sua amica umana, Raquel, una ragazza dai lunghi
capelli mori
e gli occchi scuri, la voglia di vivere e un carattere forte.
Sì,
perché Antinea di umano aveva
soltanto l’aspetto. Una pelle liscia e sempre leggermente
abbronzata, una
figura esile, due occhi da cerbiatta color cioccolato, una bocca
invitante e
spesso tinta di rosso e una chioma lunga, mossa e folta della medesima
tonalità
delle sue iridi.
Antinea
Mendez, di origini per
metà ispaniche e per metà greche, era
più animale, più istintiva e più
pericolosa di quanto il suo bel viso e il suo bel fisico lasciassero
intendere.
Antinea
Mendez era una licantropa
e New Orleans, città famosa per le sue stranezze e per le
credenze che sia
fulcro pulsante di creature esoteriche e paranormali, l’aveva
attirata a sé
come una calamita fa con un pezzo di ferro e non l’aveva
più lasciata.
Antinea
era nata a Còrdoba e
venticinque anni fa nemmeno i suoi genitori pensavano che fosse diversa
a tal
punto. Avevano preferito omettere le strane storie che si tramandavano
nella
famiglia da generazioni, ignari che la loro bambina, al compimento del
suo
quindicesimo anno d’età, avrebbe manifestato i
geni animali del lupo sopito in
lei.
Erano
stati attimi di panico per
la ragazzina e di orrore e sgomento per i genitori che avevano sempre
creduto
che quelle storie fossero frutto di una fervida immaginazione. Si erano
sbagliati tutti quanti.
Antinea
aveva dovuto imparare a gestire la sua nuova forza, a controllare la
rabbia e
gli scatti d’ira improvvisi, innescati anche con una
banalissima battuta di
spirito che poteva ferire nell’orgoglio la ragazzina. Aveva
dovuto imparare a
sopportare il dolore della trasformazione, dello scricchiolio
innaturale delle
sue ossa che si rompono e ricompongono durante le notti di plenilunio,
scoprendo che sì, era vincolata alla luna quando era al
culmine del suo splendore,
ma che poteva gestire la trasformazione anche quando non
c’era la luna piena,
in qualsiasi parte del giorno. Aveva preferito però evitare
la cosa in ogni
modo, limitandosi alla trasformazione obbligatoria durante le notti di
luna
piena.
Era
già abbastanza difficile così. Era fin troppo
straziante sapere di essere
diversa dagli altri suoi coetanei, a tal punto da non poter condividere
questo
peso e segreto con nessuno all’infuori dei suoi genitori. Un
padre e una madre
che, fra le altre cose, non erano in grado di alleviarle la cosa in
alcun modo,
anzi, rischiavano la vita standole accanto comunque e in ogni caso.
A
diciannove anni si era innamorata di un umano, Raùl, un
coetaneo dai capelli
scuri e gli occhi verdi che si era invaghito di lei e l’aveva
corteggiata
serratamente e senza tregua per un paio di mesi, finchè la
ragazza aveva ceduto
e aveva preso a frequentarlo regolarmente, conoscendolo a fondo.
La
situazione si era protratta per un anno circa quando, finiti gli studi
al
liceo, Antinea aveva preso la difficile decisione di lasciare la Spagna
e con
essa anche Raùl. La scintilla si era accesa e spenta in
fretta tra loro,
lasciando tra la terra bruciata un forte sentimento
d’amicizia reciproco.
L’umano
non aveva mai scoperto la vera natura di Antinea e lei aveva deciso di
partire
per girare il mondo non soltanto perché era il suo
desiderio, ma anche per non
ferire lui in alcun modo. Stare con lei era pericoloso.
Uno
dei suoi viaggi l’aveva portata tra i nativi americani, dove,
in una notte di
luna piena, era stata costretta a rifugiarsi tra la natura selvaggia e
mutare
le sue sembianze nell’animale totemico che la popolazione
indigena venerava al
pari di una divinità. Il capo indiano, alla vista del grosso
lupo dal pelo
corvino e gli occhi d’agata, si era prostrato per adorarlo e
Antinea non aveva
trovato la forza per fuggire ed era rimasta fino all’alba,
quando era tornata
umana.
Il
capo tribù era incredulo, poiché vi riconobbe la
stessa ragazza che era in
visita da loro da qualche giorno. L’uomo mantenne il segreto
della ragazza, più
per paura di incorrere nell’ira divina del lupo, e poco prima
della partenza
della giovane le fece dono di un lungo orecchino che aveva come
pendente una
piccola e bianca zanna.
E
fu dopo quel viaggio che arrivò finalmente a New Orleans,
trovando
fortuitamente un posto come barista del Carousel Bar del Monteleone e
qualche
soldo extra prestando le sue doti canore e suonando la chitarra folk.
Erano
passati ormai tre anni da quando era arrivata in quella
città, un tempo colonia
francese, e per nulla al mondo sarebbe voluta tornare in Spagna o
trasferirsi
altrove.
Lì
ormai aveva una casa, un cane, un lavoro, qualche amico umano e non, e
ormai la
solitudine se ne stava andando man mano.
Era
talmente assortra tra i suoi pensieri che nemmeno si era accorta che
aveva
smesso di piovere. Finì in fretta il suo cappuccino, ormai
quasi freddo, e
buttò l’occhio fuori, verso il cielo che si
intravedeva a pezzi tra gli edifici
e le villette di Magazine Street. Era plumbeo e non si vedeva un solo
strato di
azzurro, ma lei sapeva che, dietro quella spessa coltre di nubi
minacciose di
altra pioggia, si nascondeva il globo bianco che, quella stessa notte,
l’avrebbe costretta a trasformarsi.
“Ci
mancava soltanto il plenilunio, come se non avessi gà
abbastanza problemi”
pensò tra sé la lupa.
Ancora
fuggiva la verità a Raquel, l’amica umana, e tutto
per non spaventarla e
allontanarla da sé. Stessa cosa faceva nei confronti di
Kyle, migliore amico
d’infanzia di Raquel e ormai diventato anche suo. Nonostante
Kyle, ragazzo
alto, occhi chiari, dai capelli lunghi, mossi e di un castano tendente
al
biondo, continuasse a ribadirle di non credere a lupi mannari e
vampiri,
Antinea era sicura al cento per cento che fosse a conoscenza di tutta
la verità.
Perché lo sapesse quello era sempre stato un mistero per lei
e non intendeva
indagare oltre, tentando quindi di frenare la sua curiosità
per non cacciarsi
nei pasticci e cercare di vivere mescolandosi ai comuni esseri umani.
Mentire
a due persone alle quali voleva bene, la faceva soffrire parecchio e
più di una
volta era stata tentata di dire tutta la verità a entrambi,
per liberarsi del
pesante fardello che si portava sulle spalle.
“Non
posso. Non capirebbero e perderei anche loro. Chi mai vorrebbe per
amica un
mostro? Una creatura per metà umana e per metà
bestia? È pericoloso stare
accanto a loro anche soltanto così e continuare a raccontare
bugie su bugie.”
continuava ripetersi per non cedere alla forte tentazione di sputare
letteralmente fuori tutto quanto. Afferrò la sua borsa e
uscì da Starbucks per
dirigersi verso casa giacché già si era
attardata. Aveva giusto il tempo per
farsi una doccia, cenare velocemente e con qualcosa di leggero e
infilarsi
dentro ad una tuta. Perché tutto questo? Doveva correre alla
palude prima dello
scoccare del dodicesimo rintocco della Cattedrale di St. Louis, udibile
da ogni
parte della città. A quel punto la luna avrebbe richiamato a
sé la sua figlia
della notte e costretta a trasformarsi.
Un
paio d’ore dopo, infatti, Antinea usciva con una tuta grigio
scuro, fingendo di
andare a fare jogging. Una scusa che funzionava benissimo ogni volta e
che non
destava alcun sospetto, nonostante quella sera ancora piovigginasse.
La
palude verso la costa del Mississippi era un luogo a tratti inospitale
e a
tratti addirittura visitato dai turisti per la bellezza della natura
incontaminata. Antinea era solerte scegliere le zone meno battute, ma
che non
fossero troppo pericolose anche per lei.
“Ma
chi vuoi che ci sia di notte, Antinea?” chiese a se stessa,
mentre camminava a
passo svelto e cominciava a inoltrarsi tra la vegetazione, stando
attenta a
qualche rovo che ogni tanto le si impigliava nei capelli e ad alcuni
arbusti
abbattuti a terra nei quali sarebbe potuta inciampare.
Raggiunto
uno spiazzo vicino alla riva del fiume che quella sera era in piena si
fermò
per controllare che attorno non ci fosse nessuno che potesse vederla.
Non
un’anima.
Antinea
volse lo sguardo al cielo, cercando il suo punto di riferimento e una
volta
avvistato si acquattò per iniziare la sua mutazione. Lo
scricchiolio delle ossa
si fece man mano più udibile e il dolore straziante, che
aveva per forza di
cose dovuto imparare a gestire, le fece scappare qualche gemito
infastidito e
sofferente. I vestiti in poco tempo scomparvero, sostituiti da una
folta e
lucente pelliccia nera come la pece e sbucò dal nulla anche
la coda. Al posto
degli arti stavano prendendo forma quattro zampe forti e dagli artigli
pericolosi che lentamente affondavano nel terreno morbido e umido della
palude.
Il bel viso della ragazza ispanica si era allungato in quello del lupo
in lei e
gli occhi marroni si erano schiariti divenendo d’ambra.
Quando sentì che anche
le ultime ossa si erano ricomposte com’era giusto che fosse
cominciò a muovere
qualche passo per abituarsi.
Si
sentiva più forte, più istintiva, più
aggressiva e più animale del solito. I
sensi si erano acuiti. Percepiva ogni più piccolo e flebile
rumore e le lunghe
orecchie scattavano nella direzione di provenienza del suono come per
accertarsi che fosse tutto apposto.
Vedeva
nell’oscurità praticamente come se tutto fosse
illuminato a giorno, come se i
suoi occhi fossero stati creati per vedere nel buio più
totale e assoluto,
senza sforzo alcuno.
Erano
passati dieci anni da quando aveva scoperto di essere una licantropa,
ma a ogni
trasformazione era come se fosse ancora la prima. Ci voleva qualche
minuto per
abituarsi al cambiamento. L’unico handicap, se
così si poteva definire, era che
la ragione era per la maggior parte offuscata dalla sua parte istintiva
e
lupina. Le veniva difficile controllarsi e quello che le passava per la
testa
il più delle volte lo metteva anche in pratica.
I
suoi occhi dorati catturarono l’immagine di una lepre che
sbucava di tanto in
tanto. La voglia di accucciarsi in posizione di caccia era tanta e
l’acquolina
in bocca stava divenendo persistente e impossibile da ignorare o
respingere.
Antinea
si era abbassata, strisciando pancia a terra e tenendosi bassa per non
farsi
notare dalla sua preda. Fu un attimo solo, un balzo e piombò
direttamente sulla
malcapitata, affondando le pericolosissime zanne nel tenero animale.
I
suoi denti strapparono e lacerarono la carne morbida e gustosa del
piccolo
animale, saziando la fame del lupo in lei. A fine pasto si
leccò via il sangue
rimasto su zampe e muso e si mise seduta, alzando lo sguardo, ancora
una volta,
alla sua bianca Signora.
Lei
adorava definirla così, poiché riusciva sempre a
piegare Antinea al suo volere,
a comdando, una volta ogni mese. Diresse il muso appuntito allungato
verso il
cielo e cominciò a ululare.
Ululati
lunghi per cantare la candida luna, per esprimere la sua condizione di
metà
umana e metà animale, carica di dolore e sofferenza, ma che
non avrebbe mai
voluto cambiare. Lei era così per natura, ci era nata e
aveva imparato a
conviverci con il lupo in cui si trasfomava.
Gli
occhi gialli erano nascosti dalle palpebre. Era concentrata in quello
che stava
facendo e sapeva che il suo richiamo si sarebbe potuto avvertire anche
a
chilometri di distanza dal punto in cui lei si trovava. Ma la cosa non
le
importava e non la turbava minimamente.
Continuò
instancabilmente così, fino al sorgere del sole,
intervallandosi con qualche
corsa per sgranchire le zampe e un piccolo riposo di tanto in tanto.
Quando
la luna scomparve a causa dei primi raggi del sole, il lupo dal manto
color
petrolio aveva invertito il processo di trasformazione tornando a
essere la
solita ragazza di bell’aspetto che era per la maggior parte
del tempo.
Antinea
si sistemò i capelli raccogliendoli in una coda alta e
cominciò a percorrere il
sentiero a ritroso per uscire dalla palude. Con la luce
dell’alba era più
facile evitare le zone melmose e i rami bassi degli arbusti che
avrebbero
potuto ferirla. Una volta sbucata sulla strada, riprese a correre come
se nulla
fosse, sorridendo tra sé, perché ancora una volta
era riuscita a non farsi
scoprire e a passare la notte del plenilunio in santa pace.
Si
diresse verso casa. Aveva bisogno di una doccia veloce e di cambiarsi.
Un’altra
giornata la aspettava e cominciava con il turno lavorativo al Carousel
Bar,
circondata da persone normali che mai avrebbero sospettato cosa lei
fosse in
realtà: una creatura della notte, una creatura che viveva
alla luce lunare e
che era l’ombra nera di quella sfera opalescente che
comunemente è definita
Luna.