Salve gente!!Nuova fanfic nata completamente e totalmente a caso in questi lunghi mesi di astinenza da EFP!!
Ho notato che molte fan chiamano Belgio con il nome di Alice e visto che l'ho trovato carino l'ho lasciato così!
Buona lettura!!^^
Neige <3
Piacere Caldo Come Il Sole
By NoireNeige
«Romano,
me lo daresti un bacio?»
Ecco
qual è stata la prima cosa che mi ha detto.
Ero
un bambino piuttosto scontroso allora e l’idea di baciare una
ragazza che stava così
simpatica al
bastardo non mi andava giù. Per questo quella volta
arricciai il naso
disgustato e mi voltai senza degnarla di uno sguardo.
«sparisci strega amica del
bastardo!» le
avevo detto. Ma ero arrossito.
Ero
un bambino scontroso ma pur sempre un bambino.
Me
ne andai mangiando un pomodoro e mi promisi che non le avrei parlato
mai più.
Pensavo che sarebbe stato facile, visto che suo fratello aveva
annunciato che
sarebbero rimasti lì solo per pochi mesi…
Sono
passati quindici anni e Alice è ancora qui. È
rimasta sempre la stessa,
bassina, allegra, pazza e con una detestabile voglia di ficcare il naso
ovunque. Il problema è che io sono cresciuto, sono diventato
un ragazzo e ho
l’aspetto di un ventitreenne disoccupato.
Ora
se mi chiedesse di darle un bacio…
Chi
rifiuterebbe?
Non
sono più il bambino capriccioso di tanto tempo fa e, anche
se molte persone di
mia conoscenza farebbero fatica a crederci, ho dei sentimenti.
Mi
limitavo a guardarla da lontano, mentre parlava con Spagna. Andava bene
così,
pensavo, finchè nessuno avesse sospettato di quello che
provavo.
Un
giorno venne da me suo fratello, con aria di chi non aspettava altro
che fare a
botte. Mi spinse contro il muro tenendomi per il colletto della camicia
e mi
squadrò con aria minacciosa.
«Stai
lontano da mi sorella. Ho visto come la guardi… non
è cosa per te, Romano»
Quello
avrebbe dovuto bastare a farmi passare la voglia di fare il
“principe azzurro”,
quindi decisi di farmi da parte. I miei sentimenti erano cresciuti
lentamente,
giorno per giorno, mentre io diventavo un uomo e lei restava sempre la
stessa.
Forse era davvero arrivato il momento di sopprimerli, come mi aveva gentilmente consigliato Paesi Bassi.
Così
io continuai la mia vita da fallito e lei si fidanzò con il
bastardo. Fu un
duro colpo, ma incassai. Mi dissi che infondo non era un problema,
perché quel
capitolo della mia vita era finito. Chiuso. Eliminato. Ovviamente non
era del
tutto così, ma non lo sapevo ancora.
Mi
complimentai con i due con il solito grugnito sfastidiato ma non ci fu
verso di
togliermi dalla testa la dolce risata di Alice. Quella che mi rivolse
la prima
volta che ci parlammo.
Dannazione,
perché quel giorno rifiutai di baciarla? Non potevo
immaginare che
quell’incontro avrebbe segnato la mia vita così
tanto.
Quando
ormai mi ero rassegnato a non averla però, fu lei a venire
da me.
Era
sera, faceva caldo e me lo ricordo come se fosse ieri. Alice aveva
chiesto a
delle sua amiche di andare fin là, per festeggiare.
Festeggiare cosa, poi?
…
Ovviamente tenere rinchiuse in una stanza un gruppo di donne, pazze e
fin
troppo esaltate non può che portare guai. Guai seri.
Sentivo
le loro urla attraverso le pareti, avevo cercato in tutti i modi di non
pensare
al fatto che lei fosse lì a pochi passi da me. Mi ero
perfino chiuso in bagno.
Ma la sua voce era la più alta di tutte le altre mentre
cantava a squarciagola l’inno
spagnolo – sbagliando apposta le parole – e gridava
qualcosa sul suo nuovo
fidanzato. Avrei riso di gusto pensando alla faccia del bastardo che
sicuramente sentiva quelle allegre discussioni tanto quanto me, ma ero
troppo
concentrato nel scacciare certi pensieri che, mano a mano che la notte
calava,
si facevano strada dentro di me.
Non
pensarci Romano, lei non è cosa per te.
Mi
ripetevo. Continuamente.
Finchè
le urla non cessarono all’improvviso. Il silenzio sembrava
quasi irreale
rispetto al chiassoso baccano che era regnato sovrano fino a quel
momento. Io,
che ero ancora sveglio, provai l’irrefrenabile voglia di
aprirmi uno spiraglio
attraverso la porta, per sapere cosa stesse accadendo, ma la parte
razionale
del mio cervello mi obbligò a restare a letto e a fare finta
di nulla.
Qualcuno
bussò alla porta. Prima credetti di sognare, poi quando i
colpi divennero più
forti e mi sembrò di sentire una risatina sommessa al di
là del legno mi alzai
e andai ad aprire.
Alice
era lì, le guance arrossate per il troppo bere, che le
davano un aspetto tenero
da bambina, gli occhi appena lucidi e le labbra incurvate in un
sorriso. Aveva
lo sguardo di una persona incapace di pensare autonomamente e la cosa
mi
spaventava. Dondolava la testa con fare strascicato e solo quando si
mosse per
entrare nella mia stanza mi resi conto che non aveva la solita giacca,
ma
semplicemente una canotta nera, strappata sotto il seno. Aggrottai le
sopracciglia, sconvolto e inebetito.
«A-Alice…
perché i tuoi vestiti sono ridotti in quel modo?»
Se
pensavo che avrebbe avuto le capacità per rispondermi, mi
sbagliavo. Belgio
rise e mi si avvicinò un po’ barcollante.
«Un
errore… è stato…
solo…» frasi sconnesse senza senso uscivano dalla
sua bocca
schiusa. Posai lo sguardo sulle sue labbra rosee e carnose e dovetti
deglutire
un paio di volte.
Lei
mise le braccia attorno al mio collo.
«Romano
me lo daresti un bacio?Eh?» mi chiese ingenuamente. Non aveva
idea di cosa
quella frase avrebbe scaturito in me. Sussultai e alzai lo sguardo per
non
cedere alle sue lusinghe, ma meccanicamente le mie mani si posarono
sulla sua
esile vita.
Dopo
qualche minuto mi resi conto che Alice stava cominciando ad
indietreggiare e io
la seguivo come un obbediente burattino. Scossi la testa, mi sentivo
ubriaco
quasi più di lei.
«Alice
non…»
Mi
mise un dito sulle labbra e si lasciò cadere sul letto,
spingendomi contro di
lei. I nostri visi furono sul punto di sfiorarsi. La presi per le
spalle con
l’intenzione di allontanarmi ma qualcosa nel mio cervello mi
costrinse a fare
l’esatto contrario. Quindi accontentai il suo desiderio, la
baciai.
Lei
ne sembrò felice, fin troppo visto che pochi secondi dopo la
mia camicia era
già per terra.
Che
diavolo stai facendo? Mi
chiedevo mentre,
invece di toglierla semplicemente, le strappavo quello che rimaneva
della
canottiera. Lei rise.
Perché
rideva, maledizione?!?Rendeva le cose ancora più difficili
di quanto non lo
fossero già.
Lentamente
le sfiorai il reggiseno nero mentre lei emetteva un mugolio di piacere,
quindi
pensai bene di toglierle anche quello. Ormai il danno era fatto, tanto
valeva
andare fino in fondo.
Quando
la mia pelle andò a stretto contatto con i suoi seni piccoli
e sodi ebbi un
fremito in tutto il corpo e mi irrigidì contro di lei. La
sua pelle era morbida
e fresca, nonostante il suo viso arrossato bruciasse ancora.
Mi
guardò sorridendo appena, quasi timidamente e mi diede un
leggero bacio sulla
bocca. Catturai il suo labbro inferiore e ricambiai mettendoci tutta la
passione che avevo represso in quegli anni, poi mi spostai verso la
clavicola,
assaporando ogni minima parte di lei. Con tutto me stesso… o
meglio, con tutto
quello che restava di me e del mio autocontrollo.
Il resto
fu piacere caldo come il sole.
**
La
mattina seguente mi svegliai lentamente, con il corpo indolenzito
avvolto
strettamente nelle lenzuola. Avevo il viso voltato verso
l’armadio scuro e non
sapevo cosa –o meglio chi- avrei
trovato di fianco a me se mi fossi voltato.
Quando
finalmente mi decisi a girare il viso verso la finestra , da cui
entrava la
solita luce accecante che tanto mi ricordava la terra spagnola bruciata
dal
caldo sole, rimasi quasi deluso.
Alice
non c’era. Nel punto esatto dove l’avevo guardata
per gran parte della nottata
finchè il suo respiro non era diventato regolare e sommesso,
ora c’era solo un
groviglio informe di coperte bianche profumate di pulito. Mi
stropicciai gli
occhi con il pollice e l’indice della mano destra mentre un
leggero mal di
testa mi colpiva le tempie facendomi storcere il naso per il fastidio.
Perché
si era alzata prima di me, se solo la sera prima non si reggeva nemmeno
in
piedi dopo aver bevuto tutte quelle bottiglie?Secondo i miei calcoli,
avrebbe
dovuto essere distrutta…
Diamine,
ma che ore erano?!?
Il
mio sguardo si mosse automaticamente verso l’orologio appeso
al muro, vicino
alla porta.
11.30.
Quand’era stata l’ultima volta che avevo dormito
così tanto?
Scossi
la testa e mi misi a sedere arruffandomi i capelli spettinati. Mi alzai
e mi
rivestii in fretta, trovando strano il fatto che la mia camicia
preferita fosse
letteralmente sparita, ma non diedi troppo peso alla cosa, assorto nei
miei
pensieri. Non riuscivo a smettere di riflettere su quello che era
successo
quella notte.
A
questo punto ero decisamente confuso. Alice non aveva mai smesso di
piacermi e
non mi interessava sapere come avrebbe reagito il bastardo se avesse
saputo
dell’accaduto. Dovevo parlare con lei, dovevo chiarire una
volta per tutte.
Lasciai
la mia stanza e uscii all’aria aperta, sperando di trovare un
po’ d’aria
fresca, ma ovviamente fui subito investito dal solito clima caldo. Per
carità,
non era male, ma in quel momento avevo assolutamente bisogno di
qualcosa di forte che mi
risvegliasse dal coma in
cui sembravo essere caduto.
Mi
fermai nel cortile e guardai dritto davanti a me, dove solo in quel
momento mi
accorsi che Alice mi stava fissando, immobile. Ricambiai lo sguardo
senza
muovere un muscolo e riacquistai la mia lucidità appena
riuscii a specchiarmi
nei suoi occhi verdi e gioiosi.
Aveva
qualcosa in mano e me la stava porgendo gentilmente. La mia camicia.
«l’ho
usata sta mattina per tornare in camera mia. La mia canottiera non
è più
indossabile» spiegò lei con semplicità,
ma non sorrise. Se io mi sentivo scosso
in quel modo, non osavo immaginare quanto potesse esserlo lei.
«Mh»
riuscì soltanto a dire, poi la presi e riabbassai il braccio
lungo il mio
fianco destro. Avrei voluto dirle qualcos’altro, ma non mi
veniva in mente
nulla. Cosa si fa in questi casi?
Lei
mi precedette e mi rivolse un sorriso appena accennato. Non era uno dei
suoi
soliti sorrisi, sembrava quasi triste e seppi subito il
perché.
«Romano…
quello che è successo ieri… mi dispiace tanto di
averti illuso in questo modo…
ma vedi, io…»
«Non
mi sono mai illuso» si affrettò a rispondere la
mia bocca, prima che lei
potesse finire di parlare. Sentivo la mia voce distante, solo dopo
qualche
secondo mi resi conto che ero davvero stato io a parlare. Alice mi
strofinò un
braccio senza che il suo sorriso malinconico si spegnesse.
«Mi
sento male per te… se posso fare
qualcosa…» mormorò lei.
«Non
ti ho mai chiesto di amarmi, Alice» le dissi sforzandomi di
continuare a
fissarla negli occhi «Tu stai con Antonio» aggiunsi
poi, senza conoscere il
vero motivo per cui pronunciai quella constatazione. Forse per rispetto
nei
confronti del bastardo, o forse solo per auto convincermi di quel dato
di
fatto.
«Si,
sto con lui» ripetè lei in un soffio, che fu
portato via dall’unica folata di
vento di tutto l’arco della mattinata.
Non
c’era posto per me. Non in quel momento.
Belgio
abbassò le spalle arrendendosi anche lei
all’evidenza. Ero sicuro che ci fosse
un motivo preciso per cui era venuta da me quella notte e non fosse
andata da
Antonio. Preferii non chiederglielo. Preferii aspettare
finchè non fosse
arrivato il momento di fare spazio anche ai miei sentimenti nella sua
vita.
Non
si poteva dire che fossi distrutto psicologicamente. Avrei vissuto lo
stesso, come
avevo sempre fatto. Guardandola da lontano, sotto gli occhi minacciosi
di suo
fratello, che ogni giorno mi avrebbero fatto un po’ meno
paura. Sempre di meno.
L’unico
problema ora era come fingere. Come non far capire a nessuno cosa era
capitato,
in modo che lei potesse vivere felicemente la sua vita, senza che io
diventassi
un problema. Almeno finchè non fosse arrivata
l’ora per me di farmi avanti
seriamente.
«Come,
Alice?In che modo nasconderemo la verità?» le
chiesi, quasi curioso di
conoscere la sua idea.
Finalmente
mi rivolse uno dei suoi famosi sorrisi sbarazzini e si voltò
lasciando
ondeggiare i capelli color del grano. Guardai il suo profilo mentre si
allontanava quasi saltellando, le mani congiunte dietro la schiena,
pronta a
farmi sapere cosa volesse fare. Quando si voltò era arrivata
all’altezza del
portico. In lontananza sentii la voce di Antonio che mi chiamava ma non
smisi
di fissarla.
Lei
scoppiò a ridere, chinandosi verso il basso con finta
maliziosità e mi urlò «Romano
me lo daresti un bacio?»
Mi
ci vollero alcuni secondi per comprendere cosa stava cercando di dirmi,
poi
ricambiai il sorriso, seppur con una certa malinconia nel cuore.
Certo,
non poteva essere più semplice. Che cosa avremmo dovuto
cambiare in noi perché
tutto potesse finire nel modo giusto?Nulla. Assolutamente nulla.
L’avrei
guardata da lontano, ancora…non avrei mai smesso, se ce ne
fosse stato bisogno.
Perché Alice non sarebbe cambiata mai. E io
l’avrei aspettata.
Finalmente
distolsi lo sguardo dalla sua figura e mi ritrovai a fissare i campi
verdi e
color terra, toccati dal sole che ogni giorno accendeva i miei giorni,
come
Belgio.
«sparisci strega amica del
bastardo… giusto?»
sussurrai a me stesso e, inaspettatamente, un’altra
folata di vento portò
via le mie parole.
Lontano.
***
Cosa diavolo sia venuto fuori non lo so. Fatto sta che
doveva essere un rating rosso e non lo è
ç_ç
Mi piace la RomanoXBelgio...però penso che per loro sia complicato stare insieme.
Spero vi sia piaciuta e ringrazio chi leggerà e recensirà ^^
Un Bacio
NoireNeige